Il paesaggio come obiettivo. Riflessioni a tre anni di distanza dall’inserimento dei paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato nella lista del patrimonio mondiale UNESCO
Lucilla Conte [1]
Sommario: 1. Il paesaggio tra Costituzione italiana, Convenzione Europea e riconoscimento UNESCO. 2. Il percorso della Regione Piemonte con riferimento alla candidatura e al successivo riconoscimento del sito “I Paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato”. 3. L’adozione delle Linee guida.
1. Il paesaggio tra Costituzione italiana, Convenzione Europea e riconoscimento UNESCO.
In Costituzione non è presente una definizione di paesaggio: l’art. 9, comma 2, rinviando alla nozione di paesaggio quale è presente nel linguaggio ordinario, statuisce che esso è oggetto di tutela da parte della Repubblica insieme al patrimonio storico e artistico della Nazione.
L’art. 9 Cost., prevede che il soggetto su cui grava il dovere di promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica (comma 1) e di tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione (comma 2) sia la Repubblica in quanto «una e indivisibile» (art.5 Cost.), ma anche le articolazioni (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato) che nel loro insieme la costituiscono (art. 114 Cost., comma 1).
La tutela del paesaggio non appare completamente sovrapponibile alla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali (competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett s) Cost.) e alla valorizzazione dei beni culturali e ambientali (competenza legislativa concorrente ai sensi dell’art. 117, comma 3, Cost.)[2].
La Corte costituzionale ha fornito un’interpretazione del concetto di paesaggio all’interno della Carta: «il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioè l’ambiente nel suo aspetto visivo. Ed è per questo che l’art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della “tutela del paesaggio” senza alcun’altra specificazione. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale»[3].
Una ulteriore definizione di paesaggio è presente all’art. 131 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Esso è identificato in un «territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni» (comma 1).
Si tratta di una definizione che largamente si ispira all’art.1, lett. a) della Convenzione europea sul paesaggio (firmata a Firenze il 20 ottobre 2000) ove per paesaggio si intende «una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni».
Gli Stati membri del Consiglio d’Europa, nel Preambolo di quel documento, hanno constatato come il paesaggio svolga «importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale» e costituisca «una risorsa favorevole all’attività economica», e che, «se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato», possa «contribuire alla creazione di posti di lavoro». Il paesaggio, inoltre «coopera all’elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale dell’Europa, contribuendo così al benessere e alla soddisfazione degli esseri umani e al consolidamento dell’identità europea».
L’attenzione nei confronti del tema del paesaggio nasce in ambito internazionale a partire dalla Convenzione UNESCO sulla tutela del patrimonio mondiale del 1972 firmata a Parigi e ratificata in Italia con legge 6 aprile 1977, n.184. La Convenzione effettua una distinzione tra patrimonio culturale e patrimonio naturale.
Nel patrimonio culturale rientrano i monumenti (opere architettoniche, plastiche o pittoriche monumentali, elementi o strutture di carattere archeologico, iscrizioni, grotte e gruppi di elementi di “valore universale eccezionale” sotto il profilo storico, artistico o scientifico), gli agglomerati (gruppi di costruzioni isolate o riunite che, per la loro architettura, unità o integrazione nel paesaggio hanno “valore universale eccezionale” dal punto di vista storico, artistico o scientifico), i siti (opere dell’uomo o opere coniugate dell’uomo e della natura, come anche le zone, compresi i siti archeologici, di “valore universale eccezionale” dal punto di vista storico, estetico, etnologico o antropologico).
Nel patrimonio naturale sono invece collocati i “monumenti naturali” costituiti da formazioni fisiche e biologiche o da gruppi di tali formazioni aventi “valore universale eccezionale” dal punto di vista estetico o scientifico, le formazioni geologiche e fisiografiche e le zone strettamente delimitate costituenti l’habitat di specie animali e vegetali minacciate, che hanno “valore universale eccezionale” dal punto di vista della scienza o della conservazione, i siti naturali o le zone naturali rigorosamente delimitate aventi “valore universale eccezionale” dal punto di vista della scienza, della conservazione o della bellezza naturale.
Il paesaggio risulta quindi un ambito di indagine per definire, ai sensi della Convenzione, sia gli “agglomerati”, sia i “siti”. Soltanto in quest’ultimo caso però la relazione tra opere dell’uomo e la natura può intensificarsi per giungere quasi ad una fusione. L’elemento culturale così determinato dall’interazione tra uomo e ambiente ne costituisce dunque l’aspetto qualificante.
Il 22 giugno 2014 in occasione del 38° World Heritage Committee a Doha in Qatar, il sito “I Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato” è stato riconosciuto come Patrimonio dell’Umanità UNESCO (50° sito UNESCO italiano).
Si tratta di un sito seriale, costituito da sei componenti: quattro di esse identificano un particolare legame tra il territorio e le tecniche di vinificazione (la Langa del Barolo; le colline del Barbaresco; Nizza Monferrato e il Barbera; Canelli e l’Asti Spumante), mentre le altre due (il Monferrato degli Infernot e il Castello di Grinzane Cavour) si ricollegano, in prospettiva storica, all’architettura del vino.
Di particolare interesse sono le motivazioni del riconoscimento: i paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato costituiscono una «outstanding living testimony to winegrowing and winemaking traditions that stem from a long history, and that have been continuously improved and adapted up to the present day. They bear witness to an extremely comprehensive social, rural and urban realm, and to sustainable economic structures. They include a multitude of harmonious built elements that bear witness to its history and its professional practices» (Criterion III). Essi, inoltre, rappresentano «an outstanding example of man’s interaction with his natural environment. Following a long and slow evolution of winegrowing expertise, the best possible adaptation of grape varieties to land with specific soil and climatic components has been carried out, which in itself is related to winemaking expertise, thereby becoming an international benchmark. The winegrowing landscape also expresses great aesthetic qualities, making it into an archetype of European vineyards» (Criterion V)[4].
I paesaggi vitivinicoli costituiscono dunque un paesaggio culturale, caratterizzato dalla tradizione della vinificazione che ha determinato nel tempo, da un lato, l’insorgere di caratteristiche peculiari del territorio, dall’altro, il radicamento di una vera e propria “cultura del vino” all’interno delle comunità.
Il riconoscimento UNESCO ha la funzione di iscrivere un sito nella lista del patrimonio mondiale: questo lo rende meritevole di una speciale protezione che travalica i confini regionali e nazionali.
Tuttavia la base per ottenere l’iscrizione è proprio la preesistenza di politiche attive a livello locale e regionale che identifichino lo speciale valore del sito e l’esigenza della sua protezione, e la loro implementazione in seguito al riconoscimento quale patrimonio mondiale dell’umanità.
Nel caso del patrimonio culturale, questa esigenza di “tutela continuata” è di maggiore complessità rispetto a quella che investe il patrimonio naturale: la tutela infatti non investe soltanto il sito nei suoi aspetti materiali, ma anche in quelli umani, di relazione e di percezione, che possano garantire – in questo caso – l’integrità e la perdurante esistenza del paesaggio.
Fondamentale è l’attivazione – secondo i rispettivi ambiti di competenza – del legislatore statale e regionale. La Corte costituzionale, infatti, ha affermato in una sua recente sentenza che «nel nostro ordinamento i siti UNESCO non godono di una tutela a sé stante, ma, anche a causa della loro notevole diversità tipologica, beneficiano delle forme di protezione differenziate apprestate ai beni culturali e paesaggistici, secondo le loro specifiche caratteristiche»[5].
2. Il percorso della Regione Piemonte con riferimento alla candidatura e al successivo riconoscimento del sito “I Paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato”.
La Convenzione Europea sul paesaggio rappresenta una presa di coscienza, da parte degli Stati membri, del suo crescente valore culturale e identitario. Ed è proprio a cavallo degli anni 2000 che si manifesta l’esigenza di adottare non solo una pianificazione territoriale (già in atto a partire dal 1997), ma anche una pianificazione di tipo paesaggistico[6]. La pianificazione territoriale ha infatti ad oggetto l’ambito conoscitivo-strutturale del territorio regionale suddiviso in ambiti di integrazione territoriale, la pianificazione strategica alla luce dei principali assi di sviluppo, la definizione di ruoli e funzioni esercitati dai diversi ambiti di governo del territorio. I criteri adottati non contemplano in via prioritaria il dato estetico che invece qualifica l’analisi paesaggistica.
Con la legge regionale del 16 giugno 2008, n. 14, recante “Norme per la valorizzazione del paesaggio”, è stato introdotto il concetto di «qualità paesaggistica». La legge regionale recepisce la mutata sensibilità introdotta dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 19 febbraio 2004, n. 40) che all’art. 131, comma 1, definisce il paesaggio «il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni».
La legge regionale 1 dicembre 2008, n. 32, recante provvedimenti di adeguamento al Codice dei beni culturali e del paesaggio, istituisce la commissione regionale e le commissioni locali per il paesaggio.
Nel 2009 il Piano Paesaggistico regionale è adottato con D.G.R. n. 53-11975 del 4 agosto e successivamente innovato nel 2015 (con D.G.R. del 18 maggio, n. 20-1442). Anche il Piano Territoriale Regionale è aggiornato nel 2011 (D.G.R. n. 12-29783 del 21 luglio).
Nella relazione illustrativa al nuovo Piano Territoriale Regionale (PTR) si precisa come sia presente una esplicita complementarietà tra esso e il Piano Paesaggistico Regionale (PPR): essi partecipano al processo di pianificazione volto alla gestione, salvaguardia e valorizzazione dei territori della Regione, ma secondo obiettivi specifici.
Il PTR, infatti, sviluppa tre obiettivi prioritari: 1) coesione territoriale: 2) policentrismo nel senso del riconoscimento dei sistemi urbani all’interno delle reti; 3) copianificazione. Il raggio di azione è dunque essenzialmente quello del governo del territorio e dell’attrazione territoriale anche sotto il profilo della sostenibilità economica e produttiva.
Il PPR fornisce, d’altro canto, una lettura strutturale delle caratteristiche paesaggistiche (sono individuati 76 ambiti di paesaggio) di cui è dotato il territorio piemontese, volta a favorire ed implementare politiche per la tutela e la valorizzazione del paesaggio[7].
A partire dal 2013 – e contemporaneamente al progredire del percorso di candidatura dei Paesaggi vitivinicoli del Piemonte – il PPR è stato oggetto di una approfondita rilettura (sulla base delle osservazioni presentate dai soggetti interessati e dalle autorità aventi competenze ambientali di carattere strategico) cui ha fatto seguito una complessiva ricognizione dei beni paesaggistici. Tale ricognizione è stata integrata dalla consultazione con i Comuni piemontesi in merito ai beni presenti sul loro territorio (ex artt. 136 e 157 e 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio)[8].
La Regione si è inoltre attivata per fornire strumenti di protezione immediatamente operativi non soltanto per la core zone (zona di eccellenza), ma anche per la buffer zone o zona tampone o di servizio, comprendente 100 Comuni (D.G.R. 30 settembre 2013) del sito che si stava via via identificando e che già in precedenza aveva potuto beneficiare delle semplificazioni procedurali per accelerare le varianti urbanistiche (D.G.R. n. 87-13582 del 16 marzo 2010).
La funzione del PPR è di tipo conoscitivo, regolativo e strategico. Per queste sue caratteristiche e per gli obiettivi che persegue (in primis lo sviluppo equilibrato e sostenibile del territorio, ma anche la valorizzazione dei cosiddetti “paesaggi identitari” e la salvaguardia dei paesaggi agrari ove presenti) e per la previsione da parte dello stesso di un piano di monitoraggio dello stesso, rappresenta lo strumento che più di altri è in grado di implementare la tutela del sito iscritto nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità come paesaggio culturale.
Il paesaggio culturale, infatti, per la sinergia tra fattore antropico e naturale che lo caratterizza, necessita di una tutela continuata che non miri alla semplice preservazione, ma coordini in modo armonioso tali componenti.
3. L’adozione delle Linee guida.
Le Linee guida sono state adottate con D.G.R. n. 26-2131del 21 settembre 2015 in attuazione dell’art. 33, comma 6 del Piano Paesaggistico Regionale. L’azione di analisi paesaggistica effettuata dal PPR si coordina e armonizza dunque con le Linee guida che forniscono prescrizioni di adeguamento dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi indirizzati agli enti preposti alla tutela del sito.
È opportuno considerare che le Linee guida non rappresentano ancora un adeguamento al Piano, ma ne costituiscono una prima modalità sperimentale di attuazione. L’adeguamento, ai sensi dell’art. 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio deve infatti avvenire entro il termine di 24 mesi successivi all’adozione del PPR.
L’obiettivo e la ratio delle Linee guida consiste nella possibilità per i Comuni di conformare i propri strumenti di pianificazione al complesso delle previsioni del Piano Paesaggistico Regionale secondo criteri di coordinamento chiari e condivisi. Esse hanno dunque una funzione di supporto delle amministrazioni comunali nella revisione dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi e di coordinamento con l’analisi paesaggistica approfondita elaborata dal Piano. Dopo il riconoscimento, infatti, si è aperta la fase – forse ancora più delicata e strategica – della conservazione nel sito delle caratteristiche che ne hanno garantito l’inserzione nella Lista del patrimonio mondiale. Risulta dunque essenziale una tutela sinergica attraverso strumenti di pianificazione territoriale e paesaggistica su scala regionale e provinciale e attraverso la pianificazione urbanistica a livello comunale.
I nuovi assetti del livello di governo provinciale e relativi alla costituzione di unioni di comuni per l’esercizio associato delle funzioni fondamentali di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56 (cosiddetta Legge Delrio) richiedono una particolare attenzione nel definire ambiti di azione stratificati e complessi soprattutto dal punto di vista della pianificazione strategica e cioè della condivisione tra i soggetti istituzionali afferenti ai livelli di governo che insistono sul sito nella condivisione di linee d’azione di medio-lungo periodo[9].
Gli obiettivi da perseguire nella revisione del PRG della buffer zone[10] (che in tutto o in parte interessa la quasi totalità dei Comuni del sito) sono raggruppati dalla Linee Guida in macro-aree di riferimento: 1) componente naturalistico-ambientale; 2) componente storico-culturale; 3) componente percettivo-identitaria; 4) componente morfologica-insediativa. Obiettivo trasversale è invece riconosciuto nella mitigazione di eventuali impatti pregressi e nella riqualificazione delle aree e dei manufatti insistenti sul sito nonché degli assi viari per garantirvi l’accesso.
Tra gli obiettivi generali da perseguire nella revisione del PRG di core zone[11], invece, vi è, in particolare la tutela dei contesti di valore scenico ed estetico e delle visuali, con particolare attenzione ai rapporti visivi fra buffer zone e core zone (Obiettivo n. 4)
L’aspetto percettivo legato al paesaggio risulta qui nella sua essenzialità. In particolare nelle Linee guida si sottolinea come occorra verificare la compatibilità delle previsioni del PRG in funzione della loro “sensibilità visiva” derivante dalla Carta della sensibilità visiva: più è alto il grado di visibilità di un’area, più andranno contenute le trasformazioni (ad esempio: inedificabilità, edificabilità condizionata alle modalità costruttive: altezze, disposizione dei fabbricati rispetto alle curve di livello, ecc.).
La Carta della sensibilità visiva, predisposta dalla Regione con la collaborazione delle province di Alessandria, Asti, Cuneo e dei 101 comuni interessati, si configura come una carta tematica che fornisce una lettura del territorio di tipo nuovo. Alla base vi è l’individuazione – condivisa e partecipata anche attraverso l’analisi sul campo – da parte dei Comuni dei migliori belvedere e percorsi panoramici del proprio territorio. I vari belvedere determinano un “bacino visivo” e, complessivamente considerati, forniscono le coordinate materiali per individuare le aree che costituiscono un affaccio sui paesaggi riconosciuti patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, alle quali vanno garantite le relative condizioni di integrità e di intangibilità.
Le Linee guida contengono inoltre il riferimento alla manualistica elaborata dalla Regione in tema di adeguamento del regolamento edilizio, con un elenco sintetico delle principali normative. Anche in questo caso vi è una differenziazione per macro ambiti: inserimento paesaggistico e progettazione; recupero edilizio; interventi ambientali; edifici industriali; interventi edilizi su fabbricati esistenti.
Da ultimo, sono indicati i contenuti e le procedure per le varianti urbanistiche di adeguamento.
Si prevede che i Comuni attivino le procedure per il previsto adeguamento dei propri PRG attraverso l’avvio di un confronto tecnico con gli enti territoriali competenti (Regione e Provincia) nell’ambito del “Tavolo di Lavoro Preliminare” (TLP). Il TLP ha l’obiettivo di definire i contenuti della variante.
Al Comune spetta l’elaborazione dell’analisi paesaggistica di dettaglio: essa si propone di rendere visibili tutte le componenti che caratterizzano il paesaggio.
Con le leggi regionali 22 dicembre 2015, n. 26 e 29 dicembre 2015, n. 28 è stata introdotta una modifica all’art. 4 della legge regionale n. 32 del 2008: essa consiste nell’attribuzione alle commissioni locali per il paesaggio del rilascio di un parere obbligatorio per gli interventi ricadenti sul sito I Paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato inserito nella Lista del Patrimonio mondiale dell’UNESCO e nelle relative aree di protezione. Questa disposizione assume particolare rilievo nelle more del recepimento dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi alla luce delle Linee guida. La previsione è che in seguito all’adozione delle varianti urbanistiche di recepimento delle Linee guida, l’esame delle Commissioni locali per il paesaggio sia limitato ai soli interventi di nuova costruzione (salvo i casi di parere vincolante della Commissione ai sensi dell’art. 49, comma 7, della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 nel caso di interventi che ricadano in area individuata dal piano regolatore ai sensi dell’art. 24 della legge regionale n. 56 del 1977). L’articolo 28 della legge regionale n. 26 del 2015, inoltre, ha riformulato gli articoli 3, 4 e 5 della legge regionale n. 32 del 2008 conferendo la funzione autorizzatoria in materia paesaggistica anche alle forme associative riconosciute dall’ordinamento giuridico per l’esercizio associato di funzioni degli enti locali. In questa fase risulta dunque particolarmente strategico il ruolo delle aggregazioni di Comuni non solo nella concreta gestione delle commissioni locali per il paesaggio (cui compete l’istruttoria tecnica dei progetti sottoposti ad autorizzazione paesaggistica), ma anche con riferimento al rilascio del relativo provvedimento di autorizzazione[12].
A testimonianza del ruolo centrale svolto dalle aggregazioni di Comuni all’interno di questo processo, la fase sperimentale dell’adozione delle Linee Guida ha preso avvio in collaborazione con il Comune di La Morra (che ha partecipato anche alla loro stesura), con il Comune di Costigliole d’Asti e con le Unioni di Comuni “Colline di Langa e del Barolo” e “Comunità collinare Vigne & Vini” con cui sono stati sottoscritti Protocolli di intesa nel 2015. Essa ha ad oggetto la costruzione dell’analisi paesaggistica e della carta della sensibilità visiva[13].
[1] Assegnista di ricerca in Diritto costituzionale, Università del Piemonte Orientale.
[2] Per una ricostruzione dei principali filoni interpretativi sulla definizione di paesaggio, cfr. B. Caravita, A. Morrone, L’ambiente e i suoi confini, in B. Caravita, L. Cassetti, A. Morrone, Diritto dell’ambiente, Il Mulino, Bologna, 2016, pp. 41 ss. e, con particolare attenzione al dibattito svoltosi in Assemblea Costituente, M. Ainis, Articolo 9, in M. Ainis, V. Sgarbi, La Costituzione e la Bellezza, La nave di Teseo, Milano, 2016, p..169 ss. Con riferimento alla distribuzione tra le competenze statali e regionali in materia di tutela dell’ambiente e valorizzazione dell’ambiente e sulla natura trasversale della della competenza statale in materia dell’ambiente, così come ricostruita dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, cfr., da ultimo, R. Fattibene, L’evoluzione del concetto di paesaggio tra norme e giurisprudenza costituzionale in www.federalismi.it, (18 maggio 2016), in particolare § 3, e A. Sterpa, Il ruolo delle Regioni nella tutela ambientale, in B. Caravita, L. Cassetti, A. Morrone, Diritto dell’ambiente, cit., p.114.
[3] Corte cost., n. 367/2007, punto 7.1 del Considerato in Diritto.
[4] Il testo integrale della motivazione è consultabile al sito http://whc.unesco.org/en/list/1390. I criteri in base ai quali può essere effettuata l’iscrizione sono quelli contenuti all’art. 77 delle Operational Guidelines per l’iscrizione di un sito nella Lista del Patrimonio Mondiale. Essi si suddividono i criteri naturali e criteri culturali, UNESCO, Operational Guidelines for the Implementation of the World Heritage Convention, http://whc.unesco.org/en/criteria.
[5] Corte cost., sentenza n. 22/2016, Considerato in Diritto, punto 6.1.
[6] Il livello di governo regionale, al di là del riparto di competenze tracciato dall’art. 117 della Costituzione, appare quello dotato della maggiore sensibilità strategica nella individuazione delle direttrici di valorizzazione paesaggistica, anche in ragione della sua matrice storica, come rilevato da S. Roda, Alle origini di una Regione: la lunga storia amministrativa del Piemonte, in questa Rivista, n. 2/2014, p.1: «il termine regione, a differenza ad esempio di quello di provincia, ha avuto nel tempo prevalentemente una connotazione geografica o fisica che definisce un’ampia porzione della superficie terrestre caratterizzata e distinta da alcuni elementi individuanti: la posizione geografica, la conformazione geologica, il clima e i fattori ambientali, il paesaggio, la flora e la fauna, ma anche caratteri storici, culturali e linguistici propri nonché quell’insieme di componenti sociali e sociologiche, comportamentali e di mentalità che possono essersi consolidate e fissate in continuità col medesimo, determinato spazio territoriale».
[7] Sulle caratteristiche e gli obiettivi dei piani paesaggistici, nonché sulla loro elaborazione concertata, M.G. Rodomonte, Beni paesaggistici, in B. Caravita, L. Cassetti, A. Morrone, Diritto dell’ambiente, Il Mulino, Bologna, 2016, p. 280 e ss.
[8] Sul punto, con particolare riferimento ai vincoli paesaggistici ex lege, G. Sciullo, I vincoli paesaggistici ex lege: origini e ratio, in Aedon, Rivista di arti e diritto online, n. 1-2/2012, § 3.
[9] Cfr., sul punto, C. Tubertini, L’assetto delle funzioni locali in materia di beni ed attività culturali, in Aedon. Rivista di arti e diritto online, n.1/2016.
[10] Cfr. p. 48 ss. del testo delle Linee guida per l’adeguamento dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi alle indicazioni di tutela per il sito UNESCO, reperibili al sito http://www.regione.piemonte.it/territorio/dwd/paesaggio/linee_guida_Unesco.pdf.
[11] Cfr. p. 25 del testo delle Linee Guida.
[12] Sul punto, C. Tubertini, op.cit., § 4, rileva che sono in atto in molte zone del Paese «processi di fusione, che portano come conseguenza la necessità di rivedere le reti di collaborazione preesistenti. Anche l’incremento dei processi di Unione – benché, quasi inspiegabilmente, i servizi culturali non compaiono tra quelli espressamente oggetto di esercizio associato obbligatorio – non può non avere un riflesso anche nei confronti delle reti e dei sistemi attuali, che vanno irrobustiti e ripensati in un’ottica di adeguatezza, anche per far fronte ai forti tagli ed al ridimensionamento dei servizi che hanno caratterizzato questi ultimi anni di crisi economica».
[13] C. A. Barbieri, Contenimento del consumo di suolo come obbiettivo e azione del governo del territorio, in questa Rivista, n. 2/2016, p. 3, pone l’accento sulla «recente vitalità e innovazione della pianificazione su base intercomunale e unionale, con l’avvio in alcune Regioni, di una seconda generazione di piani associati del territorio locale».