Concessione di servizi e rapporto con l’utenza
Tullia Quattrone1
Sommario: 1. Premessa. – 2. Gli elementi costitutivi del contratto pubblico di concessione: appalto vs concessione. – 3. Il c.d. rischio di gestione. – 4. Nozione giuridica di servizio pubblico. – 5. L’interesse per il rapporto di utenza. – 6. Analisi dell’istituto giuridico dell’ “housing sociale”. – 7. Housing sociale e concessione di servizio pubblico. – 8. Concessione di servizi e realizzazione di cospicui lavori. – 9. Concessione di servizi: applicabilità dell’art. 30 del codice dei contratti pubblici e obbligo di osservanza dei principi comunitari ma non anche delle disposizioni. – 10. Concessioni di servizi: differenza tra principi applicabili alle concessioni di servizi e disposizioni espressamente escluse. – 11. Portata applicativa dell’art. 37 comma 13 del codice dei contratti pubblici. – 12. Concessionario di un pubblico servizio: assenza dell’obbligo di corrispondenza tra quote di partecipazione ed esecuzione. – 13. Verso nuovi orizzonti? – 14. Il ruolo delle concessioni all’interno della strategia c.d. Europa 2010. – 15. Considerazioni conclusive.
(ABSTRACT)
Il contributo esamina la recente pronuncia del Consiglio di Stato con cui è stata affrontata la questione dell’applicabilità alle procedure per l’affidamento di concessioni di servizi delle disposizioni del codice dei contratti, in tema di analisi sulla portata applicativa dell’art. 37, comma 13, con particolare riferimento all’obbligo di corrispondenza tra quote di partecipazione e quote di esecuzione, escludendo la sussistenza di un siffatto obbligo, con riferimento alle sole concessioni di servizi, in considerazione delle disposizioni, oggetto di approfondimento.
L’esame della citata decisione fornisce altresì, l’occasione per svolgere alcune puntuali riflessioni, in ordine all’attuale stadio evolutivo (dottrinale e giurisprudenziale) della materia dei contratti di concessione di servizi, in rapporto con l’utenza, alla luce delle recenti direttive in ambito europeo, ove viene rimarcata la peculiarità del ruolo svolto dai contratti di concessione, all’interno della strategia Europa 2010, considerati, in ambito europeo, come importanti strumenti nello sviluppo strutturale, a lungo termine, di infrastrutture e servizi strategici. Infatti, essi concorrerebbero al miglioramento della concorrenza, in seno al mercato interno, consentirebbero di beneficiare delle competenze del settore privato e contribuirebbero a conseguire efficienza e innovazione. Viene altresì enfatizzato, il dato positivo secondo cui si approderebbe a una diversa configurazione dei servizi pubblici, rispetto alla eccessiva pervasività dell’intervento pubblico in economia e ai regimi di riserva che storicamente avevano caratterizzato il panorama dei servizi pubblici. In tale prospettiva, il mercato assumerebbe valenza positiva, in quanto sistema di organizzazione delle transazioni economiche, che conduce a un risultato massimamente efficiente, solo in presenza di equilibri concorrenziali perfetti, di una competizione tra il maggior numero possibile di imprese, ove le transazioni economiche avvengano in assenza di limiti alla capacità di autodeterminazione negoziale delle parti, sulla base di scelte consapevoli e rapporti paritari tra contraenti.
1 .Premessa
La sentenza in epigrafe 2 offre l’occasione per esaminare l’istituto della concessione dei servizi con particolare attenzione alla disciplina codicistica, ad esso applicabile, nonché alla luce delle nuove direttive, adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio europeo in data 26 febbraio 2014 ed entrate in vigore il 17 aprile 2014 3 , con riferimento alle quali, si rinvia per un’analisi e un approfondimento nei successivi paragrafi.
In primo luogo e in via preliminare, occorre sottolineare che le disposizioni del codice dei contratti pubblici, riferibili al tema delle concessioni di preminente rilievo sistematico, dedicano alla materia una disciplina fortemente peculiare, se pure limitata ad un solo articolo del codice dei contratti, l’art. 30.
In secondo luogo, l’essenzialità del dato normativo riguardante la concessione di servizi e l’incertezza del confine, tra tale istituto e la nozione di appalto pubblico di servizi, consigliano un approfondimento che senza alcuna pretesa di esaustività, mira a una ricostruzione della normativa vigente che passando, via via, per una netta separazione concettuale, oggi sembra proporre una sostanziale unificazione tra i due istituti, sotto l’egida del codice dei contratti pubblici.
2. Gli elementi costitutivi del contratto pubblico di concessione: appalto vs concessione
L’espressione “concessione” è stata utilizzata, nei secoli scorsi, in moltissimi significati. Senza addentrarci sul dibattito in ordine alla natura giuridica 4 dell’istituto – provvedimento o contratto – basti ricordare in questa analisi che l’ordinamento interno conosce due tipologie astratte e generali: l’una implicante il trasferimento al concessionario, mediante atto autoritativo, di vere e proprie potestà pubbliche ed una seconda tipologia, avente natura contrattuale, assimilabile all’appalto di pubblico servizio, dal quale differisce per il fatto che il corrispettivo è rappresentato dal diritto a gestire l’opera e/o da questo accompagnato ad un prezzo.
Alla luce della normativa vigente, si tratta però di verificare se all’interno di questa seconda ipotesi la fissazione di un prezzo non determini il mutamento della natura intrinseca della concessione, avvicinandola ulteriormente all’appalto pubblico di servizi. In ogni caso, in entrambe le ipotesi prese in considerazione, il concessionario riveste una duplice qualifica: di destinatario dell’affidamento (di servizi e/o lavori) e di stazione appaltante, se è questo il soggetto tenuto a provvedere agli affidamenti di lavori e/o servizi a soggetti terzi. In tale ipotesi, occorre però ulteriormente distinguere tra nozioni di concessione di lavori e servizi.
Relativamente alla fattispecie per cui è causa, l’analisi verrà condotta, con particolare riferimento, all’istituto giuridico della concessione di servizi, riservando all’istituto giuridico della concessione di lavori, alcune riflessioni, senza alcuna pretesa di esaustività.
A fronte di tali problematiche, è possibile partire da un punto fermo: con l’entrata in vigore del D.lgs del 12 aprile 2006 n. 163, si è tentato di introdurre nel nostro ordinamento una nozione tendenzialmente unitaria di “contratto pubblico” o “ad oggetto pubblico” che, da un punto di vista, molto generale, può essere definito come un contratto a prestazioni corrispettive a titolo oneroso, avente forma scritta ed il cui oggetto si sostanzia in una prestazione (di lavori, servizi o forniture) che presenta una rilevanza pubblica per la natura stessa della prestazione ovvero perché destinatario della stessa è un soggetto pubblico.
Ora, se la causa di un contratto è la sua ragione pratica, cioè l’interesse che l’operazione è diretta soddisfare, i contratti pubblici si configurano come contratti di natura sinallagmatica (a prestazioni corrispettive), a titolo oneroso, in cui l’eventuale rischio sotteso o connesso alle diverse attività, si atteggia diversamente, a seconda se si tratta di prendere in considerazione il caso in cui il contratto rientra nella categoria dell’appalto ovvero in quella della concessione.
Se infatti, in entrambi i casi, si può parlare di vera e propria sinallagmaticità e di prestazioni fra loro corrispettive, nella seconda fattispecie il contratto può evidenziare connotati anche aleatori, ove l’alea grava sul concessionario che ritrae dalla gestione il titolo remunerativo della propria prestazione. Per tale ragione, il tipo di sinallagma, cioè l’oggetto dello scambio è differente a seconda che si tratti di appalto o di concessione.
Nell’appalto pubblico, infatti lo scambio avviene tra il facere in capo all’appaltatore ed il suo prezzo cui è tenuta la stazione appaltante (ente aggiudicatore). Nella concessione, invece, l’oggetto dello scambio cui è tenuto “l’aggiudicatario” è il diritto di realizzare, utilizzare e gestire (per un certo tempo) un’attività economica di interesse generale, verso l’obbligo, in capo al concedente, di corrispondere un canone (con le precisazioni che si andrà a svolgere successivamente) ovvero di svolgere quella determinata attività, secondo specifici parametri.
A conquistare un rilievo crescente, nel contesto complessivo dei due istituti, è la diversa natura dello scambio che incide sulla ripartizione del rischio economico, gravante sulle parti. Infatti, se è vero che l’appalto pubblico differisce dall’ipotesi generale, contemplata dal codice civile, solo in funzione del fatto che una delle parti è una pubblica amministrazione e l’oggetto, in genere, è la realizzazione di un’opera di interesse pubblico, sul piano genetico non differisce dalla disciplina posta nell’art. 1655 c.c. ss.
Proprio sulla base delle disposizioni del codice civile, l’obbligazione assunta dall’appaltatore di eseguire l’appalto con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, non significa che il contratto di appalto possa essere fatto rientrare nella categoria dei contratti aleatori per l’appaltatore e tantomeno per il committente che acquisisce la proprietà del bene alla consegna del medesimo. La natura dell’obbligazione assunta dall’appaltatore è infatti, “di risultato” dal momento che l’appaltatore non assume un rischio diverso da quello conseguente alla normale alea, insita in ogni contratto congenere. La differenza tra obbligazione di mezzi e obbligazione di risultato va ravvisata nel tipo di prestazione dovuta: nell’obbligazione di risultato, il prestatore d’opera è tenuto a realizzare una determinata finalità, a prescindere da una specifica attività strumentale. Ne consegue che oggetto del contratto non è il lavoro, ma il risultato del lavoro svolto, con la conseguenza che il prestatore d’opera non può dirsi adempiente e quindi non ha diritto al corrispettivo fino a quando non abbia procurato al committente, il risultato pattuito. Nell’obbligazione di mezzi, invece, il prestatore è tenuto a svolgere una determinata prestazione a prescindere dal conseguimento di una determinata finalità; pertanto egli è adempiente e ha diritto al compenso, se ha agito con la diligenza e la perizia richiesta, anche se non è riuscito ad assicurare al cliente un risultato 5 .
Nella concessione, ferma restando la sua natura di contratto, anch’esso a prestazioni corrispettive, non può configurarsi un contratto di natura commutativa, dato che ciò comporta che l’entità delle reciproche prestazioni dipenda da fattori casuali che trasferiscono necessariamente l’alea su una delle parti. Nella concessione, il concessionario assume su di sé il diritto di gestire l’opera e si accolla il rischio dell’impresa che corrisponde a quello correlato all’investimento finanziario, fondato su previsioni di rimuneratività che potrebbero non avverarsi.
3. Il c.d. rischio di gestione
Secondo quanto si è tentato di mettere in rilievo, la concessione si connoterebbe per essere un contratto che assume il carattere dell’aleatorietà in capo al concessionario. La citata caratteristica traspare con una certa evidenza nella Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario6 . In base al citato atto di indirizzo, il diritto di gestione permetterebbe al concessionario di percepire, per un determinato periodo, alcuni diritti dall’utilizzatore dell’opera realizzata e/o altre forme di remunerazione derivanti dalla gestione. Si può trattare, ad esempio, di un pedaggio, di un canone o di una remunerazione. Secondo la comunicazione interpretativa, il diritto di gestione può essere accompagnato da un prezzo, ma ciò non cambia nulla circa il mantenimento nell’alea, se questo copre soltanto una parte del costo dell’opera. Può accadere infatti, che uno Stato sostenga parzialmente il costo di gestione della concessione, al fine di diminuire per gli utilizzatori il prezzo da pagare per il servizio. Tuttavia – prosegue la Comunicazione – tale remunerazione parziale non può avere l’effetto di eliminare totalmente il rischio di gestione che è a carico del concessionario, altrimenti il contratto dovrà essere fatto rientrare nella tipologia degli appalti pubblici. In tal senso, è fuor dubbio che anche negli appalti pubblici, una parte del rischio può essere a carico del contraente, tuttavia l’alea legata all’aspetto finanziario dell’operazione – c.d. “rischio di impresa” – è propria del fenomeno delle concessioni. A ben vedere e ad ulteriore conferma di quanto anzidetto, il rischio di impresa è in genere collegato ai proventi che il concessionario ritrae dalla gestione dato che, nel caso di concessione, la società in genere sopporta i rischi collegati alla prestazione del servizio ed ottiene la sua controprestazione dagli utenti. Esiste in tal caso, un rapporto giuridico trilaterale tra affidante (amministrazione), affidatario (concessionario) ed terzi (pubblico o utenti) mentre al contrario, nell’appalto pubblico di servizi, il rapporto giuridico è di norma bilaterale e all’interno del quale, il compenso per la prestazione è a carico della stessa amministrazione aggiudicatrice che tra l’altro, sopporta il rischio economico collegato alla fornitura di servizio.
Il quadro generale, fin qui delineato, ha cercato di mettere in luce le criticità di maggior peso qualitativo che si rinvengono nell’analisi dell’istituto giuridico della concessione, in rapporto a quello dell’appalto.
La concessione di servizi viene definita nella direttiva 2004/18/CE nonché nel codice dei contratti pubblici (art. 3, comma 12) come “il contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura dei servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo”.
Il codice dei contratti pubblici fornisce altresì, una disciplina più puntuale, derivante dall’art. 30, comma 2 che definisce la controprestazione a favore del concessionario derivante unicamente nel “diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio”.
Al citato quadro normativo, si aggiunga la regola codificata nell’art. 30, comma 3 del codice dei contratti pubblici, recante indicazione della circostanza che la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti7 .
4. Nozione giuridica di servizio pubblico
E’ bene precisare brevemente che le incertezze, in ordine alla consistenza del concetto di servizio pubblico 8 >, emergono fondamentalmente sotto due profili: da un lato infatti, resta particolarmente sfumata la linea di demarcazione che consenta di affermare quali attività possano e/o debbano rientrarvi e quali invece partecipino di altri ambiti della funzione pubblica; dall’altro, permane il dibattito sull’individuazione del criterio più valido in base al quale ricostruire gli elementi strutturali della nozione in esame, stante la complessità e la diversificazione, progressivamente crescente, della natura dei bisogni che la Pubblica Amministrazione è chiamata a soddisfare, nonché l’eterogeneità dei servizi pubblici e delle rispettive modalità di organizzazione e gestione 9 .
Da un’analisi, di certo non esaustiva, degli orientamenti sulla nozione di servizio pubblico, si evince come, nel cogliere pregi e difetti di originarie impostazioni (soggettive/oggettive), le più recenti tendenze dottrinarie, si sono mostrate propense ad ammettere una soluzione dialettica di contemperamento o meglio, a riconoscere l’insussistenza di una vera e propria dicotomia 10 . Si tende cioè, a riconoscere l’assunzione e l’organizzazione dei servizi pubblici, come compiti propri dell’Amministrazione Pubblica, in quanto oggetto di valutazioni “a carattere essenzialmente politico” 11 , funzionali al soddisfacimento di interessi pubblici, unitamente alla rilevanza delle finalità di interesse generale, al cui soddisfacimento i servizi pubblici devono propendere, mettendo a disposizione del pubblico, quelle prestazioni atte a garantire, qualitativamente e quantitativamente, l’assolvimento di bisogni essenziali. Emerge in tale ambito, un’inscindibile compenetrazione di criteri di natura giuridica ed economica che si integrano, vicendevolmente, alla ricerca di un punto di equilibrio. Ne deriva, che l’attributo “pubblico”, di un’attività di servizio, possa discendere, in diversa misura, dalla necessaria assunzione “pubblica” della titolarità del servizio e dall’essere la relativa attività – per sua natura – destinata a rivolgersi e adeguarsi alle esigenze del pubblico 12 .
5. L’interesse per il rapporto di utenza
Alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, a seguito di profondi mutamenti dell’assetto sociale ed economico del Paese e del processo di integrazione comunitaria, si è resa necessaria una rilettura dei rapporti tra potere pubblico e libera iniziativa economica privata.
Il legislatore è intervenuto da una parte, rinnovando la disciplina delle modalità di organizzazione e funzionamento interno delle strutture politiche e amministrative, conferendo dignità e forza precettiva al principio del buon andamento, di cui all’art. 97 Cost.13 e dall’altra, ridistribuendo competenze e funzioni normative e amministrative tra Stato, Regioni ed Enti locali.
Il potere pubblico non era più in grado di provvedere ad ogni bisogno dei cittadini.
Nuove istanze individualistiche hanno spinto a porre al centro del sistema di organizzazione e gestione dei servizi alla collettività, non più il perseguimento di interessi sociali, ma il soddisfacimento di interessi articolari nell’ambito di un sistema che favorisca il confronto tra operatori economici e la libera scelta dell’utente 14 .
In questa prospettiva, il mercato poteva provvedere, secondo regole e modelli di diritto comune, al soddisfacimento di doveri di solidarietà, precedentemente ritenuti assolvibili, solo riconducendo la relativa attività economica nella sfera dell’attività amministrativa 15 .
In considerazione della possibilità di “pensare l’interesse sociale anche in una dimensione individuale” 16 , il rapporto tra gestore (pubblico o privato) di servizi e singoli fruitori non rileva, in relazione alla mera esecuzione di prestazioni materiali.
In altri termini, si prende in considerazione l’utilità, derivante al singolo, dal godimento della prestazione in cui il servizio pubblico si concretizza, come finalità in relazione alla quale vengono previsti – ex ante rispetto alla effettiva erogazione – atti normativi e di indirizzo rivolti alle Amministrazioni Pubbliche e ai gestori per regolamentarne le attività.
Il rapporto di utenza tende a diventare dunque, “lo strumento più idoneo a rendere operative ed effettive le garanzie che l’ordinamento offre all’interesse al godimento dei pubblici servizi” 17 .
In tale contesto, il mercato, in quanto sistema di organizzazione delle transazioni economiche, conduce a un risultato massimamente efficiente, solo in presenza di equilibri concorrenziali perfetti, creando una base di offerta – se non illimitata – quanto più possibile estesa e una competizione tra il maggior numero possibile di imprese. Il mercato è tanto più efficiente, quanto più le transazioni economiche avvengano in assenza di limiti alla capacità di autodeterminazione negoziale delle parti, sulla base di scelte consapevoli e rapporti paritari tra contraenti 18 .
Nell’ordinamento comunitario emerge dunque, la necessità che in ogni ambito di mercato comunitario vengano individuati principi e regole atti a promuovere e a tutelare la concorrenza perfetta e ad eliminare ogni ostacolo all’apertura dei mercati, alla libera competizione e alla parità tra operatori.
Ciò si traduce in una sorta di “rovesciamento di prospettiva” 19 , anche rispetto alle ricostruzioni tradizionali della nozione di servizio pubblico.
Alla luce dei principi vigenti nell’UE, infatti, tende a sovvertirsi il tratto comune del servizio pubblico, in cui il regime giuridico speciale di tale attività, si giustificava in virtù della natura degli interessi perseguiti, ovverosia, dell’assunzione in mano pubblica, di talune attività di prestazione 20 .
Si impone, al contrario, la necessità di valutare la scelta del regime giuridico di un’attività di servizio, posta in essere con la finalità specifica di assolvere ad interessi generali, indagandone, in primo luogo, la natura economica e la misura entro cui le dinamiche del libero mercato consentano di soddisfare, efficacemente, i bisogni essenziali della collettività.
Il mercato unico rappresenta il valore primario dell’ordinamento comunitario e ruolo primario, assume la tutela della concorrenza nella gerarchia delle forme di intervento pubblico, riconosciute in funzione della sua conservazione21 .
In tal senso, obiettivo generale della Comunità è quello di ripristinare o introdurre condizioni concorrenziali negli ordinamenti nazionali, ove possibile, rimuovendo eventuali limiti all’accesso agli operatori, situazioni discriminatorie, asimmetrie informative o condotte opportunistiche che possano influenzare negativamente i rapporti negoziali e condurre, di riflesso, a rischi di fallimento del mercato 22 .
La presenza della Pubblica Amministrazione, in tale quadro, non è da escludersi in radice, ma da riconsiderarsi sulla base del principio di sussidiarietà che richiede una rivalutazione in termini di necessarietà e di intensità dell’intervento pubblico.
In detto quadro, il rapporto con utenza può a ragione, attualmente considerarsi un parametro per misurare il grado di prossimità dell’organizzazione dei servizi pubblici, da parte di un’Amministrazione territorialmente competente, a soddisfare i bisogni di una comunità di riferimento. Sullo stesso piano, il rapporto con l’utenza rappresenta altresì, un criterio di giudizio per valutare il livello di conformità delle modalità di gestione dei servizi pubblici, alle regole poste dalla Unione europea, a tutela del mercato unico. Esso si configura ulteriormente, come punto di riferimento per misurare l’effettività – in termini di efficacia ed efficienza – delle norme introdotte a disciplina delle attività di servizio che rivestono interesse generale e degli strumenti, a tal fine predisposti, nell’ambito di ciascuna realtà territoriale 23 .
I principi di proporzionalità e sussidiarietà tendono poi ad assegnare all’Amministrazione una funzione di garanzia del perseguimento delle missioni di interesse generale e del rispetto delle regole concorrenziali 24 , stimolando ad esempio, tramite procedure competitive di selezione del gestore, l’accesso di operatori idonei a fornire i servizi all’utenza, secondo standard di qualità ed efficienza, predeterminati dall’Ente locale, nel rispetto dei principi di parità di trattamento e non discriminazione.
Alla luce delle citate statuizioni, nell’ambito di un quadro evolutivo che tende all’affermazione dei servizi pubblici di rilevanza economica, come attività di natura imprenditoriale, destinate ad assolvere ad obblighi di servizio universale e alla realizzazione di risultati positivi, in termini di miglioramento delle prestazioni, di efficienza ed economicità della gestione e di soddisfacimento dei bisogni dell’utenza, nonché in termini di buon andamento della pubblica amministrazione, si colloca l’istituto giuridico dell’housing sociale, oggetto della fattispecie per cui è causa.
6. Analisi dell’istituto giuridico dell’ “housing sociale”
Oggetto del giudizio in esame è la procedura competitiva indetta da Roma Capitale per la realizzazione del programma di housing sociale nell’area F del Comprensorio direzionale di Pietralta 25 .
In via preliminare, si ritiene opportuno richiamare puntualmente che cosa si intenda per istituto giuridico dell’ housing sociale.
Va precisato, che l’istituto dell’ housing sociale si è sviluppato alla metà del secolo scorso, nei paesi dell’Europa settentrionale, in conseguenza dell’evoluzione della scienza urbanistica, come tentativo di ampliare, qualificandola, l’offerta degli alloggi in affitto e in misura minore, anche in vendita, mettendo a disposizione nuove unità abitative, a favore di quelle persone che, escluse per ragioni di reddito, dall’accesso all’edilizia residenziale pubblica, non sono tuttavia in grado di sostenere i costi del libero mercato.
L’istituto si sostanzia in un programma volto alla progettazione e realizzazione di alloggi e servizi, di azioni e strumenti, diretti a fasce di persone “disagiate” che non riescono a realizzare, sul mercato immobiliare, le proprie esigenze abitative, per ragioni economiche o per l’assenza di un’offerta adeguata (bolle speculative del mercato immobiliare, ritiro della mano pubblica dagli investimenti immobiliari a fini sociali ecc.).
Più precisamente, l’istituto si rivolge a cittadini che sono disagiati, in quanto si trovano nell’impossibilità di sostenere il costo, dato dal sistema degli affitti del mercato, ma in misura non così significativa, da non poter accedere all’edilizia residenziale pubblica. In altri termini, con il citato istituto giuridico, si vuole migliorare la condizione abitativa e lo status sociale di alcune fasce di cittadini, con il fornire alloggi dignitosi e adeguati e soddisfare esigenze di relazioni umane significative.
La finalità dell’istituto è pertanto, riconducibile a due profili: uno quantitativo in termini di insediamenti di edilizia sociale sul territorio e uno economico-sociale da intendersi in funzione del contenuto economico-qualitativo-sociale, ove gli aspetti immobiliari debbano essere ricondotti alla soddisfazione di esigenze di accesso a una casa dignitosa, per coloro che non riescono a sostenere i prezzi di mercato, ma anche da una specifica attenzione alla qualità dell’abitare.
L’istituto consente pertanto, di costituire una politica volta all’incremento del patrimonio in affitto, a prezzi calmierati e controllati (es. l’affitto calmierato, l’acquisto della casa mediante l’auto-costruzione e le agevolazioni finanziarie, unitamente a soluzioni integrate per diverse tipologie di bisogni).
In questo contesto socio-economico, si è collocato il legislatore, tramite alcuni interventi normativi che hanno individuato i destinatari di tali progetti, ovvero le categorie di cittadini destinatari di alloggi realizzati, tramite il programma di housing sociale 26 .
In attuazione della normativa primaria, il D.P.C.M. 16 luglio 2009 – recante approvazione del Piano nazionale di edilizia abitativa c.d. Piano casa – ha previsto espressamente, quale prima linea di intervento, la costituzione di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari per l’acquisizione e la realizzazione di immobili per l’edilizia residenziale ovvero, la promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi, con partecipazione di soggetti pubblici e privati per la valorizzazione e l’incremento dell’offerta abitativa in locazione 27 .
Il Giudice amministrativo ritiene che dall’esame del contenuto degli elementi essenziali del programma citato, intrapreso da Roma Capitale, emerga l’attuazione di un’iniziativa di partenariato pubblico-privato per la gestione di un servizio pubblico locale di rilievo economico che si realizza, anche attraverso la formula organizzatoria della concessione di un pubblico servizio, la quale dà vita ad un partenariato non istituzionale (ovvero privo della creazione di enti ad hoc preposti alla gestione della collaborazione e del servizio) 28 .
7. Housing sociale e concessione di servizio pubblico
Nell’ambito del citato quadro normativo, edilizio, finanziario e urbanistico, si è collocato il Comune di Roma nell’intento di realizzare un programma di housing sociale che soddisfacesse le necessità di categorie sociali differenziate, mediante criteri di perequazione sociale, unitamente a strumenti, modalità e procedure per l’acquisizione di aree.
In tale prospettiva, è stato intrapreso uno studio di fattibilità volto a verificare, sotto il profilo giuridico, finanziario ed amministrativo, la possibilità di realizzazione concreta dell’intervento di housing sociale 29 .
La pronuncia si sofferma altresì, sulla presenza degli indici qualificanti una concessione di servizio pubblico locale, di rilievo economico e a domanda individuale, come disciplinati da fonti nazionali e da fonti europee 30 nonché dai principi derivanti dalla giurisprudenza europea e nazionale 31 .
Nel caso di specie, il Consiglio di Stato 32 ha ravvisato la sussistenza di una concessione di servizio pubblico locale, di rilievo economico. In tale prospettiva, l’istituto giuridico della concessione è stato ricondotto nella presenza di un servizio pubblico locale, volto alla produzione di beni e utilità, per obiettive esigenze sociali. Nei termini espressi dall’Unione Europea 33 , si configurerebbe altresì, un servizio di interesse economico generale che viene a svolgere una funzione determinante, all’interno della costituzione economica di tutti i Paesi membri. Si tratterebbe cioè, di un servizio rivolto all’utenza, in grado di soddisfare gli interessi generali e di garantire una redditività – del quale i cittadini usufruiscono uti singuli e come membri della collettività di appartenenza.
Sullo stesso ordine di idee, il Consiglio di Stato ha riscontrato la presenza della prestazione a carico degli utenti che si ritrova tipicamente nei servizi, a domanda individuale: nel caso di specie, gli utenti devono partecipare ad apposita selezione, gestita dal concessionario per l’assegnazione degli alloggi, versando, di volta in volta, il corrispettivo della locazione o delle varie tipologie di vendita, in base al complesso sistema tariffario, individuato dalla legge di gara, unitamente all’assunzione a carico del concessionario del rischio economico, relativo alla gestione del servizio. Sul punto, come rilevato nella pronuncia in commento, dovrebbe reputarsi irrilevante che la legge di gara abbia previsto un parziale corrispettivo a carico dell’ente concedente, ove lo stesso abbia carattere meramente eventuale e sia frutto della scelta dell’offerente, finalizzata alla garanzia dell’equilibrio finanziario dell’impresa, scelta comunque penalizzante in sede di attribuzione del relativo punteggio; inoltre, “la subordinazione al pagamento di un corrispettivo – rilevante nella prospettiva europea e nazionale in sede di distinzione tra la figura dell’appalto e quella della concessione – dipende dalle caratteristiche tecniche del servizio e dalla volontà “politica” dell’ente ma non incide, ex se, sulla sua qualifica di servizio pubblico e non può essere pertanto sottovalutata” 34 .
A ulteriore conferma della citata posizione, il Consiglio di Stato avvalora il proprio orientamento giurisprudenziale, soffermandosi sulla preordinazione dell’attività, volta a soddisfare in modo diretto, esigenze di una platea indifferenziata di utenti, tendenzialmente a tempo determinato o comunque per un periodo di lunga durata (nella specie il rapporto ha una durata pari a 25 anni). Il Consiglio di Stato rivolge altresì, l’attenzione sulla sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l’espletamento dell’attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico-professionale e qualità. Infatti, ciò che connota in modo rilevante, la natura di servizio pubblico è il conseguimento di fini sociali, a favore della collettività, per il tramite dell’attività, svolta dal gestore.
Secondo il Consiglio di Stato, sarebbe indice rivelatore della presenza di una concessione di servizio pubblico locale, la delega traslativa di poteri organizzatori dall’ente al privato: nel caso di specie, non solo i compiti in materia di stazione appaltante per la realizzazione di opera monumentale, ma soprattutto quelli organizzatori, inerenti la scelta dei beneficiari, l’assegnazione degli alloggi, la gestione dei conseguenti rapporti. Tale elemento deve esprimere, al di là del nomen iuris impiegato dalla legge di gara (concessione, assegnazione, affidamento, contratto di servizio, atto di incarico), la sostanza di un atto di organizzazione e in quanto tale, ontologicamente diverso da un contratto di appalto: vi sarebbe dunque, una proiezione esterna dell’utilitas perseguita con l’atto concessorio, a differenza della dimensione interna dell’utilitas che si consegue con il contratto di appalto. Solo grazie al modulo concessorio, sarebbe possibile esternalizzare il servizio affidandone la gestione a soggetti privati, per i quali il vantaggio sarebbe costituito dalla possibilità di esigere un prezzo (tariffa) nei confronti degli utenti. Da qui, deriverebbe l’importanza della durata del rapporto, idonea a far conseguire un utile al concessionario (caratteristiche queste tutte presenti nella fattispecie in causa).
Ulteriore indice rivelatore della differenza tra concessione di pubblico servizio e contratto di appalto, nella fattispecie per cui è causa, deriverebbe dalla struttura trilaterale del programma di housing sociale caratterizzato dalla sussistenza di prestazioni in capo ai tre soggetti coinvolti (PA, gestore e utenti), mentre nel contratto di appalto il rapporto si connoterebbe dal carattere bilaterale: nella specie, risulterebbe pacifico che la gran parte delle prestazioni del concessionario, siano rivolte a soddisfare esigenze dell’utenza disagiata, nel rispetto dei vincoli gestionali, imposti e monitorati dall’amministrazione.
8. Concessione di servizi e realizzazione di cospicui lavori
Nella fattispecie per cui è causa, il concessionario prescelto, in osservanza al programma di housing sociale, doveva realizzare anche cospicui lavori.
In tal senso, come rilevato 35 la realizzazione di cospicui lavori non rappresenta un impedimento alla qualificazione della procedura in esame, quale concessione di pubblico servizio.
Nell’ambito di una procedura di affidamento che contempli congiuntamente entrambe le tipologie, la linea di demarcazione tra l’esecuzione di lavori e la gestione di un sevizio va infatti, individuata nel nesso di strumentalità che lega gestione del servizio ed esecuzione dei lavori. Si giunge a configurare l’ipotesi della concessione di lavori pubblici ove la gestione di servizio sia servente, rispetto alla costruzione di opere. Laddove invece, l’esecuzione dei lavori si colloca all’interno di un programma complesso, rivolto alla gestione di un servizio, diretto a sua volta, a soddisfare esigenze primarie, di rilevante impatto sociale ed economico (situazioni di disagio abitativo proprie di fasce deboli della popolazione), i lavori risultano accessori e strumentali, rispetto alla gestione di strutture al servizio della collettività 36 .
Nella fattispecie in esame 37 , occorre evidenziare come tutte le opere sia quelle pubbliche, sia quelle di pubblica utilità, sia quelle commerciali, fossero destinate nel loro complesso ad assicurare il servizio di housing sociale, garantendo condizioni di vita decorose a tutti i futuri utenti che saranno selezionati in base ad apposite graduatorie. Il valore delle opere – alloggi di edilizia residenziale pubblica, scuola pubblica ed opere di urbanizzazione – sarebbe, in tal senso, di gran lunga inferiore, al valore dell’insieme delle opere di pubblica utilità e di quelle meramente private 38 .
Inoltre, la durata del rapporto esorbiterebbe dai tempi strettamente necessari alla realizzazione delle opere, in quanto il servizio di assegnazione e gestione degli alloggi si sviluppa in un arco minimo di 25 anni.
9. Concessione di servizi: applicabilità dell’art. 30 del codice dei contratti pubblici e obbligo di osservanza dei principi comunitari ma non anche delle disposizioni
Definita la fattispecie e con riferimento alla medesima, assodata la natura di concessione di servizio pubblico locale, effetto diretto della citata statuizione, consisterebbe nell’applicazione dell’art. 30 del codice dei contratti pubblici, nell’ambito della cornice esegetica, delineata nel tempo dall’Adunanza plenaria 39 .
Le conclusioni alle quali è pervenuto il Giudice amministrativo, sancite dal compendio di norme derivanti dall’art. 30 cit., rispecchierebbero l’elaborazione comunitaria.
In linea con questa prospettiva, il Consiglio di Stato ha sostenuto che la concessione di servizi occupa uno spazio limitato nella direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004.
Si consideri altresì, una scarna definizione 40 nell’art. 1 ed un’unica regola di non discriminazione dei fornitori 41 nell’art. 3. Per il resto, risulta un’espressa previsione di esclusione 42 dall’ambito della direttiva – art. 17 – nonché l’applicazione alle concessioni di servizi dei principi del Trattato FUE e il carattere essenziale, derivante dal trasferimento del rischio di gestione in capo al concessionario.
Ne deriva pertanto, l’inapplicabilità diretta delle disposizioni del codice dei contratti pubblici alle concessioni di servizi ai sensi dell’art. 30, comma 1, nonché l’obbligo di rispettare i principi desumibili dal Trattato FUE unitamente, all’obbligo di rispettare i principi generali relativi, ai contratti pubblici (trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, gara informale, predeterminazione dei criteri selettivi) 43 .
10. Concessioni di servizi: differenza tra principi applicabili alle concessioni di servizi e disposizioni espressamente escluse
La disposizione sancita dall’art. 30 comma 1 del codice dei contratti pubblici reca: “Salvo quanto espresso nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi…omissis…”.
Ne consegue la non applicabilità alle concessioni di servizi delle disposizioni del codice, salvo quanto disposto nell’articolo in questione.
In tal senso, emerge la necessità di valutare quale siano i principi e le disposizioni certamente applicabili anche alle concessioni (principi desumibili dal Trattato ma anche principi generali relativi ai contratti pubblici) e viceversa disposizioni del codice, espressamente escluse dal campo di applicazione.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto opportuno premettere che nell’accezione principi generali e disposizioni rientrano non solo quelli definiti dal codice, di massima nelle sue parti iniziali (art. 2 codice dei contratti pubblici), come principi generali di una data materia, nel senso di superprincipi o valori o finalità teleologiche del sistema, ma rientrano anche principi che si traggono da talune specifiche norme che rendono possibile la comprensione delle singole parti, connettendole al tutto e che rendono intellegibile il disegno armonico, organico e unitario sotteso, rispetto alla frammentarietà delle parti: quest’ultima caratteristica viene di regola ricondotta all’aspirazione propria dei codici di settori ad essere “sistema”.
Tuttavia, il Giudice amministrativo riconosce l’applicabilità di talune disposizioni specifiche di tali codici, solo quando esse superino uno scrutinio rigoroso di indagine, basato sull’accertamento della natura dell’interesse presidiato dal precetto e della sua ampiezza applicativa, trovando la propria ratio immediata e diretta, nella tutela di valori immanenti al sistema (nella specie dei contratti pubblici di appalto di lavori, servizi e forniture, in funzione nomo genetica, rispetto alle singole norme costitutive delle codificazioni di settore 44 .
In altri termini, i principi generali esprimono valori e criteri di valutazione immanenti all’ordine giuridico.
Come rilevato 45 , singole e specifiche disposizioni invece, sono prive del carattere di immanenza, anzi esse si riconducono necessariamente ai principi generali. Questi ultimi, inoltre, sono qualificati da un’eccedenza di contenuto deontologio, in confronto con le singole norme.
Ne deriva, che i principi generali, quali criteri di valutazione che costituiscono il fondamento giuridico della disciplina considerata, hanno anche una funzione nomo genetica, rispetto alle singole norme.
Seguendo il ragionamento espresso nella fattispecie per cui è causa, il Consiglio di Stato sostiene come, in base a quanto disposto dall’art. 30 del codice dei contratti pubblici, non parrebbe potersi sostenere l’applicabilità di tutte le disposizioni del codice citato, in quanto tutte le norme costituiscono una derivazione e un’applicazione, più o meno immediata, di principi generali.
Come rilevato 46 tuttavia, i principi generali comunitari o di rilievo nazionale, derivanti dall’art. 2 e 30 del codice citato, necessitano anche di declinazioni in norme legislative specifiche, le quali troverebbero la loro ratio nei medesimi principi, sia pure riferibili ad esigenze più particolari e che a loro volta, si caratterizzerebbero per essere tradizionalmente considerati principi generali della specifica materia, ovvero quella dei contratti pubblici.
Ai sensi del comma 3 dell’art. 30 del codice dei contratti pubblici, la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati, in relazione all’oggetto della concessione e con predeterminazione dei criteri selettivi.
Sulla base di tali principi, risulterebbe pacifico che la scelta del concessionario debba essere conseguente a una procedura competitiva e concorrenziale, ispirata ai principi dettati dal Trattato istitutivo.
L’art. 2 comma 1 del codice dei contratti pubblici recita che l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l’affidamento deve altresì, rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nello stesso codice.
Inoltre, secondo l’interpretazione prevalente della giurisprudenza comunitaria, la normativa di principio di derivazione comunitaria trova applicazione non limitatamente agli appalti di lavori, servizi e forniture ma presenta una valenza pressoché generalizzata nel settore dei contratti pubblici 47 .
11. Portata applicativa dell’art. 37 comma 13 del codice dei contratti pubblici
Il comma 13 dell’art. 37 del codice dei contratti pubblici è stato novellato dalla lettera a), del comma 2 bis dell’art. 1 del D.L. 6 luglio 2012 n. 95, convertito nella legge del 7 agosto 2012 n. 135 recante “nel caso di lavori, i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento”.
Il disposto normativo di cui sopra, prevede pertanto, un principio di necessaria corrispondenza tra quote di qualificazione, di partecipazione all’a.t.i. e quote di esecuzione, principio che ha trovato consacrazione nell’unanime e stratificato indirizzo giurisprudenziale 48 .
In particolare, è stato statuito che “il principio affermato si basa sulla considerazione che l’aggregazione economica di potenzialità organizzative e produttive per la prestazione oggetto dell’appalto, connotante l’istituto delle associazioni di imprese, non dà luogo alla creazione di un soggetto autonomo e distinto dalle imprese che lo compongono, né ad un loro rigido collegamento strutturale, per cui grava su ciascuna impresa, ancorché mandante, l’onere di documentare il possesso dei requisiti di capacità tecnico-professionale ed economico – finanziaria richiesti per l’affidamento dell’appalto.
E ciò al fine di evitare l’esecuzione di quote rilevanti dell’appalto da parte di soggetti sprovvisti delle qualità all’uopo occorrenti e per consentire alla stazione appaltante l’accertamento dell’impegno e dell’idoneità delle imprese, indicate quali esecutrici a svolgere effettivamente le parti di lavori indicate, in particolare dell’offerta con i requisiti di qualificazione e dunque della serietà e dell’affidabilità dell’offerta 49 ”.
In tale contesto, si inserisce la novella introdotta dall’art. 1, comma 2 bis, lett. a) del D.L. n.95/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 135/2012 la quale si è limitata ad inserire le parole “Nel caso di lavori, i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento”.
In altri termini, con tale previsione, il legislatore ha limitato ai soli appalti di lavori il principio della necessaria corrispondenza tra quote di qualificazione, quote di partecipazione all’a.t.i. e quote di esecuzione dell’appalto mentre, per converso, è intervenuto a modificare – rispetto a quanto ritenuto in precedenza – la sola fase di esecuzione dei contratti di servizi e fornitura, specificando a contrario che per detti contratti, l’a.t.i. non è tenuta ad eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione all’associazione temporanea.
La novella in parola non ha però, in alcun modo, modificato la disciplina relativa alla fase di partecipazione alle procedure di gara, lasciando immutato il principio – assolutamente immanente nella disciplina dei contratti – di necessaria corrispondenza tra quote di qualificazione delle imprese e quote di partecipazione all’a.t.i. che pertanto, continua a doversi applicare anche agli appalti di servizi e forniture.
A sostegno della predetta interpretazione, milita la circostanza per cui non è stata oggetto di modifica la previsione del comma 4 dell’art. 37 che continua a prevedere che “nel caso di forniture o servizi, nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati”, previsione che ha senso, solo per consentite alla stazione appaltante di verificare, nella fase di ammissione alla gara, se per la prestazione che il concorrente dichiari di voler assumere, vi sia effettivamente la corrispondente (necessaria) qualificazione.
Pertanto, anche a seguito della modifica dell’art. 37, permane in capo all’a.t.i. – in caso di appalto di servizi e forniture – l’obbligo normativo di indicare le parti del servizio o della fornitura imputate alle singole imprese raggruppate o raggruppande, obbligo che tende a garantire la Stazione aggiudicatrice in ordine all’affidabilità del concorrente, dato che “la singola impresa componente dell’a.t.i. deve avere la qualifica, ovvero i requisiti di ammissione, in misura corrispondente alla quota di partecipazione 50 ”.
Sul punto ha avuto modo di pronunciarsi l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con due recenti pronunce, ha chiarito che “l’indicazione delle “parti” del servizio o della fornitura imputate alle singole imprese associate o associande si rende necessaria onde evitare l’esecuzione di quote rilevanti dell’appalto da parte di soggetti sprovvisti delle qualità all’uopo occorrenti in relazione ai requisiti di capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria fissati dalla lex specialis e che siffatte esigenze, di controllo e di trasparenza, si pongono in modo persino rincarato nei raggruppamenti a struttura orizzontale, in seno ai quali tutti gli operatori riuniti eseguono il medesimo tipo di prestazioni, per cui, in difetto di specificazione anche quantitativa delle parti di servizi che saranno eseguite dalle singole imprese, sarebbe inibita alla stazione appaltante una verifica in ordine alla coerenza dei requisiti di qualificazione con l’entità delle prestazioni di servizio da ognuna di esse assunte 51 ”.
Del resto, la giurisprudenza sul punto si è graniticamente consolidata nel senso di ritenere che “le quote di partecipazione all’a.t.i. e le parti del servizio da eseguire debbano essere indicate già in sede di offerta anche in assenza di una espressa previsione del bando o della lettera di invito e che la singola impresa componente dell’a.t.i. debba avere la qualifica, ovvero i requisiti di ammissione, in misura corrispondente alla quota di partecipazione, il tutto a garanzia della stazione appaltante e del buon andamento del programma contrattuale e che il detto principio, che discende dall’art. 37, comma 4 e comma 13 del d.lgs. n. 163/2006, trova applicazione anche con riferimento ai raggruppamenti di tipo orizzontale e pure nell’ambito degli appalti di servizi 52 ”.
In conclusione, a fronte di quanto detto, l’Ordinamento e con esso i principi di trasparenza, concorrenza e par condicio, non può tollerare che l’esecuzione della prestazione, dedotta in gara, sia eseguita da un’impresa priva, seppur in parte, della qualificazione in una percentuale simmetrica alla quota di prestazione ad essa devoluta dall’accordo associativo temporaneo.
Tale principio vale per ogni tipo di appalto pubblico, sia esso di lavori, di servizi o di fornitura, mentre solo per questi due ultimi la novella intervenuta di recente, con il citato D.L. n. 95/2012 ha interrotto tale necessaria corrispondenza, con riferimento alla sola fase esecutiva dell’appalto, lasciando quindi libera l’autonomia delle parti di modificare o comunque, di non far coincidere le quote indicate, in sede di procedura di gara, relativamente alla partecipazione delle singole imprese a.t.i., rispetto alle quote fissate per l’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’affidamento.
Prima della citata novella, la giurisprudenza amministrativa 53 si era consolidata sul fronte di una lettura unitaria della norma sancita dal comma 13 dell’art. 37 del codice dei contratti pubblici (secondo cui nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati).
In ottemperanza al citato orientamento, ripreso tra l’altro dal Consiglio di Stato, nella fattispecie per cui è causa 54 , la giurisprudenza amministrativa aveva sostenuto la necessaria corrispondenza sostanziale, già nella fase dell’offerta, tra quote di partecipazione all’a.t.i. e quote di esecuzione delle prestazioni, costituendo, la relativa dichiarazione, requisito di ammissione alla gara e non contenuto di obbligazione, da far valere solo in sede di esecuzione del contratto.
La corrispondenza tra quote di partecipazione all’a.t.i. e quote di esecuzione delle prestazioni, consentirebbe alla stazione appaltante una conoscenza preventiva del soggetto incaricato di eseguire le prestazioni e della misura percentuale, a tal fine da rendere più spedita l’esecuzione del rapporto, individuando ciascun responsabile. Inoltre, agevolerebbe la verifica della competenza dell’esecutore, in relazione alla documentazione di gara e consentirebbe di prevenire la partecipazione alle gare di imprese non qualificate.
Trattandosi altresì, di un precetto imperativo che introduce un requisito di ammissione, determinerebbe l’esclusione dalla gara. L’obbligo di dichiarazione in sede di offerta, assumerebbe un connotato a carattere generale, nel senso di imporsi per tutte le tipologie di a.t.i. (costituite, costituende, verticali orizzontali), per tutte le tipologie di prestazioni (scorporabili o unitarie, principali o secondarie) e per tutti i tipi di appalti (lavori, servizi e forniture), indipendentemente dall’assoggettamento della gara alla disciplina comunitaria. Poiché l’obbligo di simmetria tra quota di esecuzione e quota di effettiva partecipazione all’a.t.i. scaturisce e si impone ex lege, sarebbe necessaria e sufficiente, in sede di formulazione dell’offerta, la dichiarazione delle quote di partecipazione a cui la legge attribuisce un valore predeterminato che è quello dell’assunzione dell’impegno da parte delle imprese di eseguire le prestazioni, in misura corrispondente.
L’art. 37, comma 13, nel testo vigente alla data del bando, era il seguente: “I concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento”.
Come anzidetto, tale disposizione è stata novellata dalla lettera a del comma e bis dell’art. 1 del D.L. 95/2012 convertito in Legge n. 135/2012 recante “ Nel caso di lavori, i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento”.
Il Giudice amministrativo ha ritenuto che poiché il citato art. 37, comma 13 stabilisce che i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni, nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento, risulterebbe evidente sussistere una perfetta corrispondenza tra quota di lavori e quota di effettiva partecipazione al raggruppamento.
Sarebbe, ulteriormente necessario, che anche la quota di partecipazione ai lavori dovesse essere stabilita e manifestata dai componenti del raggruppamento all’atto della partecipazione alla gara.
Ne discenderebbe che l’indicazione delle quote di partecipazione e, conseguentemente dei lavori, si rivelerebbe requisito di ammissione alla gara e che dovrebbe provvedersi a tale incombente, nella domanda di partecipazione alla gara e non in sede di esecuzione del contratto 55 .
Più in dettaglio, in base al citato art. 37, comma 13 del codice dei contratti pubblici, il legislatore sancisce la sussistenza di una perfetta simmetria tra quota di lavori e quota di partecipazione al raggruppamento e inoltre, la quota di partecipazione deve essere stabilita e manifestata dai componenti del raggruppamento nel momento della partecipazione alla gara e non in quello successivo dell’esecuzione del contratto aggiudicato.
In altri termini, la definizione delle quote di partecipazione ad un’a.t.i. non riguarderebbe la fase esecutiva del rapporto contrattuale, ma la sua fase prodromica; cosicché è nella risposta contrattuale della partecipante a un procedimento di gara che deve risultare esplicitata l’identità del soggetto contraente, ossia nel caso di partecipazione in associazione temporanea, le quote attribuite a ciascun componente.
Come rilevato 56 , la funzione della disposizione appare riconducibile alla finalità di escludere dalla fase di svolgimento della gara e non nel successivo momento esecutivo partecipazioni fittizie, apparenti, effettuate al solo scopo di far aggiudicare contratti a soggetti privi delle necessarie qualificazioni e quindi, ad evitare che alla spendita delle quote partecipative, non corrisponda quella dei requisiti di qualificazione e non corrisponda un identico impegno, in sede di esecuzione dei lavori.
Sullo stesso fronte interpretativo, come rilevato 57 , l’intento antielusivo di una partecipazione con finalità esclusivamente antilucrative e parassitarie che potrebbe condurre a fenomeni di assenza totale di concreta esecuzione di quote di lavori, troverebbe riscontro in altre disposizioni del codice, come quella di cui all’art. 37, comma 9 il quale vieta, in modo assoluto, l’associazione in partecipazione la quale costituisce tipo negoziale, attraverso il quale si può realizzare un meccanismo partecipativo, assenteista e irresponsabile, essendo riconosciuto alle parti del contratto, la facoltà di determinare la partecipazione alle perdite, in misura diversa da quella della partecipazione agli utili ovvero, di escludere del tutto la partecipazione alle perdite 58 .
Di qui, la conseguenza che non è l’indicazione dei requisiti di qualificazione, ma la formale determinazione delle quote di partecipazione (e il corrispondente impegno contrattuale) a far sorgere il vincolo ad eseguire l’appalto, in un determinato e non modificabile assetto, con conseguente impossibilità di stabilire l’equipollenza tra la spendita dei requisiti di qualificazione e la formale indicazione, ad opera dei relativi componenti delle quote di partecipazione al raggruppamento.
In sintesi e per conclusione sul punto, dal combinato disposto dei commi 2 e 13 dell’art. 37 del codice dei contratti, consegue che prima, in sede di domanda di partecipazione, deve essere formulata almeno l’indicazione delle quote partecipative del raggruppamento, dalle quali desumere la quota, parte dei lavori, da eseguire da ciascun associato, dovendo sussistere una perfetta corrispondenza tra quota di lavori e quota di effettiva partecipazione al raggruppamento, l’indicazione delle quota di partecipazione rivelandosi dunque, requisito di ammissione alla gara e non contenuto di obbligazione da far valere in sede di esecuzione del contratto 59 .
Secondo il ragionamento svolto dal giudice amministrativo, l’obbligo di corrispondenza tra quote di partecipazione e quote di esecuzione, sancito dal comma 13 dell’art. 37, sarebbe circoscritto ai soli appalti di lavori. Per gli appalti di servizi e forniture, continuerebbe ad applicarsi unicamente, la norma derivante dal comma 4 dell’art. 37 che impone alle imprese raggruppate il più modesto obbligo di indicare le parti del servizio o della fornitura, facenti capo a ciascuna di esse, senza pretendere anche l’obbligo della corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione, fermo restando però, che ciascuna impresa deve essere qualificata per la parte delle prestazioni che si impegna ad eseguire, nel rispetto delle speciali prescrizioni e modalità contenute nella legge di gara. In entrambi i casi, le norme in questione continuerebbero ad esprimere un precetto imperativo da rispettarsi, a pena di esclusione e sono dunque capaci di etero integrare i bandi silenti 60 .
12. Concessionario di un pubblico servizio: assenza dell’obbligo di corrispondenza tra quote di partecipazione ed esecuzione
Il Consiglio di Stato riconosce che la norma derivante dall’art. 37, comma 13 del codice dei contratti pubblici che impone ai concorrenti riuniti, già in sede di predisposizione dell’offerta, l’indicazione della corrispondenza fra la quota di partecipazione al raggruppamento e la quota di esecuzione delle prestazioni (per i contratti di appalto di lavori, servizi e forniture fino al 14 agosto 2012 e per i soli contratti di appalto di lavori a decorrere dal 15 agosto 2012), pur integrando un precetto imperativo, capace di imporsi anche nel silenzio della legge di gara, come requisito di ammissione dell’offerta a pena di esclusione, non esprime un principio generale desumibile dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea ovvero dalla disciplina dei contratti pubblici di appalto.
Principale conseguenza di tale impostazione, consisterebbe nel negarne – a mente dell’art. 30, comma 3, del medesimo codice – l’applicazione ad una selezione, per la scelta del concessionario di un pubblico servizio.
Secondo un orientamento minoritario e di segno opposto 61 , espresso dalla giurisprudenza di legittimità, sussisterebbe un necessario parallelismo, in modo congiunto tra quote di partecipazione, requisiti di qualificazione e quote di esecuzione.
Tuttavia è stato evidenziato 62 , come il citato filone esegetico contrasterebbe con l’impianto codicistico in particolare, con il tenore testuale delle disposizioni del codice dei contratti pubblici (precisamente art. 37 commi 4 e 13) che non consentono di avvallare una siffatta opzione interpretativa.
Il Consiglio di Stato precisa altresì, che l’orientamento minoritario contrasterebbe con la sistematicità del codice dei contratti pubblici il quale fornisce una disciplina, puntuale e completa, in ordine al regime della qualificazione delle imprese anche riunite in a.t.i. per lavori, mentre affida alla legge di gara ogni determinazione, in materia di appalti di servizi e forniture, salvi i limiti sanciti dagli artt. 41-45.
A ciò, si aggiunga che deriverebbe un’esclusione impropria dalle pubbliche gare di raggruppamenti ai cui partecipanti sarebbe ascritto solo una sorta di eccesso di qualificazione, negando il rispetto dei principi del favor partecipationis e della libertà giuridica di impresa e conseguentemente negando, in radice, la possibilità per taluni operatori economici (in particolare quelli maggiormente qualificati) di individuare, in modo autonomo, la configurazione organizzatoria ottimale, per partecipare alle pubbliche gare.
Il Giudice amministrativo, aderendo all’orientamento giurisprudenziale prevalente e avendo chiarito, nei termini sopracitati, il principio in questione, sottolinea altresì, che il dovere di corrispondenza fra la quota di partecipazione al raggruppamento e la quota di esecuzione delle prestazioni, derivante dal comma 13 cit. dell’art. 37, non esprime un principio generale a tutela del valore della trasparenza, poichè l’esigenza da esso soddisfatta sarebbe riconducibile all’interno della sfera degli interessi della stazione appaltante e in essa si esaurisce, in funzione di esigenze di semplice correttezza dell’azione amministrativa, rendendo più agevoli i compiti di accertamento e di controllo da parte del seggio di gara.
Il Consiglio di Stato si è spinto oltre, nella direzione di ritenere che la ratio essendi di tale norma non sarebbe incentrata, in via immediata e diretta, nella tutela di valori immanenti al sistema dei contratti pubblici.
Il ragionamento svolto dal Giudice amministrativo conduce ad avvalorare e rafforzare le sopraesposte conclusioni, laddove ritiene che il legislatore, con la novella derivante dal D.L. 95/ 2012, pur non applicabile alla fattispecie per cui è causa, abbia inteso circoscrivere la portata applicativa dell’obbligo di corrispondenza tra quote di partecipazione e quote di esecuzione ai soli appalti di lavori.
In conclusione, principale conseguenza di tale impostazione consiste pertanto, nella dimostrazione che il legislatore ha mostrato di ritenere il precetto citato vincolante, non per l’intero settore dei contratti (comprensivo di forniture e di servizi), ma solo per il più ristretto ambito dei lavori pubblici, facendo così venir meno anche il profilo soggettivo (inteso come comunanza della regola a tutti gli appalti), del principio generale, residuando pertanto un precetto che seppur imperativo, rimane confinato ai soli appalti di lavori.
13. Verso nuovi orizzonti?
La sentenza in commento, come indicato nelle premesse, offre l’occasione per esaminare l’istituto della concessione, alla luce delle nuove Direttive in materia di appalti pubblici e concessioni adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio europeo in data 26 febbraio 2014 ed entrate in vigore il 17 aprile 2014, data dalla quale inizierà a decorrere, per gli Stati membri, il termine di due anni, entro il quale provvedere al loro recepimento nell’ambito della normativa nazionale.
La sussistenza di aree di criticità e l’incertezza giuridica, riconducibili entrambe, all’assenza di una chiara normativa che disciplini a livello dell’Unione, l’aggiudicazione dei contratti di concessione, ostacola la libera fornitura di servizi e provoca distorsioni nel funzionamento del mercato interno. Di conseguenza, gli operatori economici, in particolare le piccole e medie imprese (PMI), vengono privati dei loro diritti nell’ambito del mercato interno e perdono importanti opportunità commerciali, mentre le autorità pubbliche talvolta, non riescono a utilizzare il denaro pubblico nella maniera migliore, in modo da offrire ai cittadini dell’Unione, servizi di qualità a prezzi migliori.
A fronte di tale contesto, l’intervento del legislatore europeo rappresenta un punto di svolta, nell’ottica di garantire una qualità e un rapporto qualità – prezzo migliori e in termini più vantaggiosi nonché maggiori benefici economici, ambientali e per la società, attraverso la generazione di nuove idee e la loro traduzione in prodotti e servizi innovativi promuovendo, in tal modo, una crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva.
Con riferimento alla Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici (che abroga la Direttiva 2004/18/CEE), numerose disposizioni individuano, infatti, l’ecoinnovazione e l’innovazione sociale, quali principi motori della crescita futura dell’Unione Europea e non per nulla, sono poste al centro della c.d. strategia Europa 2020 63 .
Sarà inoltre più facile, per le piccole e medie imprese presentare offerte, mentre le nuove regole contengono disposizioni più severe, in materia di subappalto. Le nuove direttive modificano le norme attuali sugli appalti pubblici comunitari e per la prima volta, sono stabilite norme comuni UE, in materia di contratti di concessione.
La rivisitazione e l’aggiornamento della nuova disciplina appare collocabile nella prospettiva di accrescere l’efficienza della spesa pubblica favorendo da un lato, la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici e dall’altro, permettendo ai committenti di farne un miglior uso per sostenere il conseguimento di obiettivi condivisi di valenza sociale, ambientale e di tutela del lavoro.
Si è altresì, manifestata l’intenzione di dover fissare con chiarezza, concetti e nozioni di base, onde garantire con maggior fermezza, non sola la certezza del diritto, ma anche incorporare, con e nella materia normata, l’orientamento ormai consolidato, di pervenire al completamento del processo di unificazione del mercato europeo. In tale ottica, le esigenze citate sembrerebbero rappresentare la ratio del progetto di riforma che l’Europa, negli ultimi anni, ha prioritariamente coltivato.
La Commissione europea argomenta il rispetto del principio di sussidiarietà, in termini di necessità di intervento dell’Unione, in quanto l’azione dei singoli Stati membri comporterebbe l’istituzione di requisiti disomogenei, se non di regimi procedurali tra loro contrastanti che aumenterebbero la complessità della regolamentazione e creerebbeo ostacoli ingiustificati per le attività trasfrontaliere. Inoltre, il principio di sussidiarietà rappresenterebbe altresì, un valore aggiunto per l’Unione, in termini di maggior trasparenza e oggettività delle gare, con conseguenti notevoli risparmi e migliori risultati, a vantaggio dei gestori dei servizi, dei loro clienti e, infine, del contribuente europeo 64 .
In estrema sintesi, la ratio che sottende alla Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici e alla Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali (che abroga la Direttiva 2004/17/CEE) deve essere ricondotta alla visione del legislatore europeo, il quale considera gli appalti pubblici, come il perno, attorno al quale ruota la citata strategia Europa 2020. Infatti, essi vengono considerati uno degli strumenti, più efficaci, per realizzare una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, di cui precedentemente detto.
In quest’ottica, da un lato, con riferimento alla nuova direttiva 2014/24/UE, viene predisposta, a favore degli Stati membri, un’ampia gamma di opzioni e strumenti, tali da assicurare la flessibilità necessaria ad adeguare le procedure e gli strumenti alla situazione specifica di ognuno. Così, sono previsti due tipi di procedure base: quella aperta e quella ristretta a cui si affiancheranno, a determinate condizioni, la procedura negoziata (con o senza indizione di gara) e il dialogo competitivo, in particolare per i servizi o le forniture che richiedono attività di adattamento e progettazione. Particolare attenzione è stata posta alle procedure di appalti, in materia ambientale: i relativi limiti ed adempimenti dovranno essere inseriti in apposite clausole contrattuali e la loro violazione costituirà motivo legittimo di esclusione dalle procedure di aggiudicazione dell’appalto pubblico 65 . La nuova direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, si muove principalmente su due fronti: quello dell’innovazione delle procedure d’appalto e quello dell’aumento della partecipazione alle procedure di selezione delle piccole e medie imprese – PMI. Occorre altresì, sottolineare come tra le più rilevanti novità sotto il profilo dell’innovazione delle procedure d’appalto, vi siano i “partenariati per l’innovazione” 66 . Come anticipato, la nuova direttiva appalti pubblici è anche, volta a facilitare l’accesso e la partecipazione delle PMI agli appalti pubblici, ciò in quanto nelle PMI, il legislatore europeo riconosce un grande potenziale per la creazione di posti di lavoro, la crescita e l’innovazione. Sotto questo secondo profilo, le nuove disposizioni contribuiscono al miglioramento del “livello di successo”, ossia della percentuale delle PMI rispetto al valore complessivo degli appalti aggiudicati. A tal fine, il legislatore europeo impone alle amministrazioni aggiudicatrici di attuare le pratiche suggerite nel c.d. “Codice europeo di buone pratiche” 67 . Con riferimento alle citate “buone pratiche” viene prevista la suddivisione in lotti dei grandi appalti, su base quantitativa, facendo in modo che l’entità dei singoli appalti corrisponda meglio alla capacità delle PMI o su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti, per adattare meglio il contenuto dei singoli appalti ai settori specializzati delle PMI o in conformità alle diverse fasi successive del progetto. Con riferimento al miglioramento dell’accesso al mercato delle piccole e medie imprese e delle imprese in fase di avviamento, sono state altresì, introdotte ulteriori facilitazioni: semplificazione degli obblighi di informazione, migliore accessibilità agli accordi-quadro conclusi nei settori di pubblica utilità e la possibilità di pagamento diretto dei subappaltatori. Un’ulteriore facilitazione, è rappresentata nel nuovo divieto, per le amministrazioni aggiudicatrici, di richiedere requisiti di capacità economico – finanziaria degli operatori economici eccessivamente severi; in particolare, il requisito del fatturato minimo non potrà più superare, di regola, il doppio del valore stimato dell’appalto. In tale prospettiva, si colloca il c.d. criterio del “miglior rapporto qualità/prezzo” (MEAT), da intendersi come nuovo criterio di “offerta economicamente più vantaggiosa”. Grazie a tale nuovo criterio, le autorità pubbliche saranno in grado di mettere più enfasi su qualità, considerazioni ambientali, aspetti sociali o innovazione, pur tenendo conto del prezzo e dei costi del ciclo della vita dei prodotti o dei servizi. I nuovi criteri si appresterebbero a porre fine alla “dittatura” del prezzo più basso e la qualità sarà, in tale ottica, il punto focale di ogni procedura di aggiudicazione. In estrema sintesi, il criterio MEAT dovrà contenere almeno un elemento relativo al prezzo o al costo ed almeno, un elemento relativo alle qualità connesse all’oggetto dell’appalto, corrispondenti ad aspetti ambientali e sociali; in alternativa, esso potrà sul rapporto costo/efficacia. La nuova direttiva sugli appalti pubblici si occupa anche di contrastare i diffusi fenomeni di dumping sociale e di garantire il pieno rispetto dei diritti dei lavoratori, prevedendo disposizioni più severe per le “offerte anormalmente basse” e in particolare, imponendo maggiore trasparenza, nella catena dei subappalti. In tal senso, dovrà essere esplicitato l’obbligo del contraente principale di fornire le necessarie informazioni, in virtù di clausole specifiche che l’amministrazione aggiudicatrice dovrà inserire in tutte le procedure di appalto, o in virtù di obblighi imposti al contraente principale mediante disposizioni di applicazione generale. Infine, viene attribuita alla Commissione la competenza di esecuzione riguardo alla stesura di modelli di formulari per la pubblicazione degli avvisi e di modelli di formulari per le autodichiarazioni, ciò in conformità al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio. Con riferimento alla Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali – settori speciali – numerose sono le disposizioni introdotte nella direttiva citata che collimano con quelle inserite nella direttiva sugli appalti pubblici per i settori ordinari (crescente ricorso all’autocertificazione, ampia gamma di strumenti e opzioni volti ad assicurare la flessibilità, promozione degli appalti elettronici, modernizzazione delle procedure, uso strategico degli appalti pubblici… ecc.). Brevemente, si può segnalare che le motivazioni che hanno spinto il legislatore europeo ad emanare la nuova direttiva sembrano risiedere nella necessità di contenere pratiche poste in essere da taluni Stati membri in questi settori speciali che sono state valutate dall’Unione Europea in termini negativi 68 . Si ravviserebbero cioè, attività volte a condizionare il comportamento degli operatori economici nei settori speciali, tramite la partecipazione degli Stati membri al loro capitale sociale o l’inserimento di propri rappresentanti nei loro organi amministrativi, direttivi o di vigilanza. La natura stessa di tali mercati appare altresì chiusa a causa dell’esistenza di diritti speciali o esclusivi su varie materie. Pertanto, la Direttiva 2014/25/UE stabilisce anzitutto, disposizioni di coordinamento per i contratti che superano una certa soglia, al fine di garantire l’apertura alla concorrenza, il rispetto dei principi del TFUE, la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi nonché, la non discriminazione, mutuo riconoscimento, proporzionalità e trasparenza. Inoltre, il legislatore europeo, da un lato, precisa l’ambito di applicazione delle disposizioni presenti nella citata direttiva e dall’altro, delinea una serie di disposizioni volte ad adattare, alle procedure di appalto nei settori speciali, gli istituti già previsti nella direttiva sugli appalti pubblici per i settori ordinari, puntando alla necessità di incrementare il grado di innovazione tecnologica e di garantire la libera concorrenza 69 . Comuni sono le disposizioni relative alla vigilanza della correttezza delle procedure, arginando la possibilità di conflitti di interessi, favoritismi e corruzione. In materia di misure di governance, si segnala la costituzione di organi di vigilanza con l’individuazione di un’autorità unica incaricata del monitoraggio, dell’attuazione e della vigilanza in materia di appalti pubblici, unitamente alla presenza di centri di conoscenza ovvero strutture di sostegno, fornite agli Stati membri che offrano agli enti aggiudicatori che ne abbiano bisogno, consulenza, orientamenti, formazione e assistenza, di tipo legale ma anche pratico, nella preparazione e nello svolgimento delle procedure di appalto nonché forme di cooperazione amministrativa che consentano agli organi nazionali di vigilanza di scambiare informazioni e buone prassi, collaborando mediante l’istituendo sistema di informazione del mercato interno.
In conclusione, a fronte delle numerose novità contenute nelle nuove direttive in materia di appalti pubblici per il settore ordinario e per i settori speciali, se recepite tout court, ridisegnerebbero i contorni delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici. Ad oggi, non risulta noto se il legislatore nazionale sceglierà di recepire le nuove direttive andando a sostituire tout court il Codice dei contratti pubblici ovvero protenderà per una più agevole integrazione e modificazione. A fronte di quanto detto, sembrerebbe auspicabile una preventiva determinazione dei contenuti della futura legge delega, almeno per definire l’ambito specifico delle norme di recepimento obbligatorio.
14. Il ruolo delle Concessioni all’interno della strategia Europa 2020
Completamente innovativa è la Direttiva 2014/23/2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione. Per la prima volta, sono stabilite norme comuni UE in materia di contratti di concessione, per promuovere una concorrenza leale e garantire il miglior rapporto qualità-prezzo, introducendo nuovi criteri di aggiudicazione che pongano maggiormente l’accento su considerazioni ambientali, aspetti sociali e innovazione.
Analogamente alle osservazioni circa le nuove direttive in materia di appalti pubblici nei settori ordinari e nei settori speciali, anche nel caso della nuova direttiva concessioni, il preambolo d’obbligo, riguarda la rilevanza attribuita alle concessioni pubbliche, all’interno della strategia Europa 2020. Infatti, i contratti di concessione vengono considerati, come importanti strumenti, nello sviluppo strutturale, a lungo termine, di infrastrutture e servizi strategici, in quanto concorrono al miglioramento della concorrenza in seno al mercato interno, consentono di beneficiare delle competenze del settore privato e contribuiscono a conseguire efficienza e innovazione 70 .
L’emanazione di una direttiva ah hoc, tra origine dalla presa d’atto del legislatore europeo della mancanza, a livello dell’Unione, di una chiara disciplina in proposito.
Sempre sulla stessa linea, si aggiunge che un accesso effettivo e non discriminatorio al mercato sarebbe garantito, a tutti gli operatori economici dell’Unione, grazie a un quadro giuridico idoneo, chiaro, equilibrato e flessibile, per l’aggiudicazione di concessioni che assicurando certezza giuridica, non ostacolerebbe la libera fornitura di servizi né provocherebbe rischi di distorsioni nel funzionamento del mercato interno e anzi, favorirebbe gli investimenti pubblici in infrastrutture e servizi strategici per i cittadini.
Tale quadro giuridico potrebbe altresì, costituire una base e uno strumento per aprire maggiormente i mercati internazionali degli appalti pubblici e rafforzare gli scambi commerciali mondiali.
Particolare importanza dovrebbe essere attribuita al miglioramento delle possibilità di accesso effettivo e non discriminatorio, a tutti gli operatori economici, con particolare riferimento alle PMI che, molto spesso, si trovano ad essere private dei loro diritti nell’ambito del mercato interno e perdono importanti opportunità commerciali.
In estrema sintesi, il legislatore europeo propone di disciplinare, non solo l’aggiudicazione delle concessioni di lavori, attualmente regolate da un numero limitato di disposizioni di diritto derivato, ma anche l’aggiudicazione delle concessioni di servizi e forniture, allo stato attuale esclusivamente disciplinate dai principi generali del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e sulle quali gli Stati membri non abbiano deciso ancora per l’esternalizzazione.
Nell’emanazione della direttiva de quo, è stata tenuta in grande considerazione l’autonomia, dimostrata dagli Stati membri, nello scegliere le modalità di gestione, ritenute più appropriate, per l’esecuzione di lavori e la fornitura di servizi.
Inoltre, è stata affermata l’opportunità di lasciare impregiudicata l’autonomia delle autorità regionali e locali, esercitata in conformità all’art. 14 del TFUE e al protocollo n. 26 allegato al TFUE e al trattato sull’Unione europea (TUE).
La nuova disciplina verrà applicata anche per le concessioni pubbliche, date ai raggruppamenti di operatori economici, inclusi le associazioni temporanee d’impresa, fermo restando che ciascuno Stato membro definisca condizioni diverse da quelle imposte ai singoli partecipanti.
In ogni caso, rimangono esclusi dalla piena applicazione della direttiva i c.d. servizi alla persona, quali ad esempio taluni servizi sociali, sanitari e nel settore dell’istruzione, in ragione della loro limitata dimensione transfrontaliera e per la circostanza che i suddetti servizi vengono forniti in un contesto particolare, che varia sensibilmente da uno Stato membro all’altro, a causa delle differenti tradizioni culturali.
Sono stati esplicitamente esclusi, i servizi non economici di interesse generale, quelli concessi attraverso sistemi basati sulla scelta del cliente o sistemi di buoni servizio e quelli concessi, su richiesta dello stesso operatore economico, dietro licenza o autorizzazione, nonché, in presenza di determinate condizioni, la gestione di taluni beni o risorse del demanio pubblico nel settore dei porti marittimi e degli aeroporti e l’attribuzione di diritti di passaggio su beni immobili pubblici per la fornitura o la gestione di linee o reti fisse.
Occorre porre attenzione altresì, all’ambito di applicazione della direttiva in commento, con riferimento ai contratti di concessione di servizi e di lavori, il cui valore stimato sia pari o superiore a euro 5.000.000,00.
Il legislatore europeo ha ritenuto opportuno introdurre una definizione più precisa dei contratti di concessione, in particolare, con riferimento al concetto di rischio operativo sostanziale.
All’art. 5 della Direttiva de quo, recante “Definizioni” – si legge che “ …omissis… l’aggiudicazione di una concessione di lavori o di servizi comporta il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla gestione dei lavori o dei servizi, comprendente un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta, o entrambi. Si considera che il concessionario assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita al concessionario comporta una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile…omissis”. Il diritto di gestire i lavori o i servizi, oggetto del contratto, comporta il trasferimento al concessionario del c.d. rischio operativo sostanziale. Esso rappresenta il rischio di natura economica, trasferito dal concessionario all’operatore economico e consistente nella possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi aggiudicati, in condizioni operative normali o, in ogni caso, dipendente da fattori al di fuori del controllo delle parti. Inoltre, esso viene ravvisato quale elemento indefettibile, affinché possa dirsi di essere in presenza di una concessione pubblica che non viene meno in presenza di accordi, aventi ad oggetto il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dall’operatore per eseguire il lavoro o fornire il servizio in relazione all’effettiva domanda del servizio o del bene o della loro fornitura. Il legislatore europeo infine, ritiene che si sia in presenza di concessione pubblica, anche quando l’accordo preveda una garanzia a favore del concessionario per il recupero degli investimenti e dei costi sostenuti per l’esecuzione del contratto 71 .
Il legislatore europeo ha ritenuto altresì, necessario inserire specifiche previsioni, relativamente alle concessioni aggiudicate nei settori dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, con riferimento ai quali, gli Stati membri dovranno prevedere norme apposite ed uniformi che garantiscano un giusto equilibrio e l’effettiva apertura al mercato, a prescindere dalla definizione giuridica dell’ente aggiudicatore (Stato, di autorità regionali o locali, di organismi di diritto pubblico, di imprese pubbliche o di altri enti che godono di diritti esclusivi o speciali).
Il legislatore europeo ha altresì, precisato i casi in cui i contratti di concessione stipulati tra amministrazioni pubbliche non siano soggetti all’applicazione delle norme sull’aggiudicazione delle concessioni.
Rimane escluso il settore idrico, data l’importanza del bene acqua, quale bene pubblico, di valore fondamentale per tutti i cittadini dell’Unione europea. L’esclusione riguarda le concessioni di lavori e di servizi per la messa a disposizione o la gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile o l’alimentazione di tali reti con acqua potabile. Anche le concessioni per lo smaltimento o il trattamento delle acque reflue e per progetti di ingegneria idraulica, irrigazione o drenaggio (in cui il volume d’acqua destinato all’approvvigionamento d’acqua potabile rappresenti più del 20% del volume totale d’acqua reso disponibile da tali progetti o impianti di irrigazione o drenaggio) dovrebbero essere escluse, nella misura in cui siano collegate ad una attività esclusa.
Ulteriore eccezione, riguarda le concessioni relative a taluni servizi di media audiovisivi e radiofonici e aventi ad oggetto l’acquisto, lo sviluppo, la produzione o la coproduzione di programmi, pronti per essere diffusi, ovvero altri servizi preparatori, quali quelli relativi alle sceneggiature o alle prestazioni artistiche, necessarie alla realizzazione del programma.
Occorre altresì, prestare attenzione alla previsione di requisiti concreti e più dettagliati, applicabili alle diverse fasi del processo di aggiudicazione delle concessioni, sulla base dei principi previsti dal Trattato, nell’interpretazione offerta dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea 72 .
Il legislatore europeo detta inoltre, disposizioni specifiche riguardanti la modifica di concessioni in vigenza delle stesse, stabilendo che, qualora vi siano modifiche sostanziali delle disposizioni della concessione iniziale, venga avviata una procedura di aggiudicazione ex novo. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori non sono, invece, tenuti a ricorrere a una nuova procedura in presenza di circostanze esterne che non potevano essere previste al momento dell’aggiudicazione della concessione.
Infine, viene esteso l’ambito di applicazione delle norme relative ai mezzi di riscorso nel settore degli appalti pubblici anche alle concessioni di cui alla presente direttiva in commento 73 .
In conclusione, riprendendo le osservazioni fornite nel precedente paragrafo con riferimento alla materia degli appalti nei settori ordinari e nei settori speciali, occorre aggiungere altresì, di considerare di primaria importanza, il conseguimento dell’obiettivo di armonizzazione della disciplina degli Stati membri in materia di concessioni pubbliche.
15. Considerazioni conclusive
Con riferimento alle novità introdotte dalle nuove direttive in commento, sugli appalti pubblici per i settori ordinari e per i settori speciali, nonché in materia di aggiudicazione dei contratti di concessione, si rinvia alle conclusioni, fornite nei precedenti paragrafi.
Occorre altresì, aggiungere come la sentenza in commento, si collochi all’interno di un nuovo contesto giuridico che ribalta la prospettiva nella quale il pensiero giuridico nazionale ha sempre inquadrato i servizi pubblici: posto il mercato unico come luogo delle libertà di ogni soggetto, pubblico o privato, si rende necessario valutare la rilevanza economica di ciascuna attività e garantire, quanto più possibile, la concorrenzialità nei rapporti tra gli stessi attori del mercato, ammettendo la programmazione e la gestione pubblica, nei limiti e nel rispetto dei principi di sussidiarietà, proporzionalità e adeguatezza.
Per i servizi pubblici, tali principi sono modulabili, tra l’altro, in relazione alle singole attività, di volta in volta, prese in esame e in considerazione della tutela dell’interesse generale, al miglioramento della qualità della vita e al godimento di diritti fondamentali degli utenti, la cui garanzia è doverosa per ciascun ordinamento giuridico nella misura entro cui la fruizione di taluni servizi di base si riveli essenziale e funzionale, ad assolvere una funzione solidaristica, nonché di coesione economica e sociale.
È nella suddetta cornice, che gli interventi più attuali del legislatore e della giurisprudenza, sotto tale profilo, sembrano perseguire la precipua finalità di specificare la responsabilità del gestore in relazione alla predeterminazione e al rispetto degli standard di qualità ed efficienza delle prestazioni fornite all’utenza: da una parte, implementando la gamma degli strumenti di intervento e controllo sull’operato del gestore a tutela delle posizioni soggettive individuali e collettive dei fruitori dei servizi pubblici; dall’altra, riconoscendo, anche a favore del singolo utente, la possibilità di ricorrere alla tutela giurisdizionale avverso atti che, sebbene non immediatamente lesivi della propria sfera giuridica, siano astrattamente idonei a riverberare i loro effetti conformativi su tutte le situazioni giuridiche di utenza.
In particolare, l’introduzione della disciplina in materia di Carta della qualità dei servizi, da intendersi come modalità applicativa a livello locale della normativa generale sulla carta dei servizi pubblici, si rivela funzionale a favorire un collegamento diretto tra contratto di servizio e contratto di utenza. Per un verso, infatti, si vincolano Enti locali e gestori ad attivarsi a garanzia della qualità, della universalità e dell’efficienza dei servizi pubblici territoriali, specificando i livelli qualitativi ed economici delle prestazioni erogate a beneficio dell’utenza. Per altro verso, invece, si prevedono forme di intervento e di controllo da parte degli utenti, individualmente o in forma associata, tanto nel procedimento di predeterminazione dei contenuti del rapporto di utenza, quanto nel corso della sua esecuzione.
Oltre alla Carta della qualità dei servizi, sul piano della tutela, la legislazione regionale e nazionale ha affiancato, ai tradizionali rimedi giurisdizionali, taluni meccanismi utili, a facilitare l’accesso alla tutela delle posizioni soggettive, pregiudicate dalla condotta del gestore, senza necessariamente sottostare a costi e tempo dei procedimenti giurisdizionali ordinari. In tal senso, da una parte, è stato ampliato il novero degli strumenti di tutela non giudiziale tramite l’introduzione, ad esempio, di misure di compensazione automatica, forfettaria degli utenti per i disservizi provocati dal gestore o di modalità alternative di risoluzione delle controversie, come procedure conciliative o arbitrali; dall’altra, si sono introdotti nel panorama dei mezzi di tutela giurisdizionali – accanto all’azione esperibile individualmente o tramite associazione di categoria, innanzi al giudice ordinario o amministrativo e agli strumenti inibitori disciplinati dal Codice del Consumo – la c.d. azione di classe. Attraverso l’azione di classe, l’ordinamento consente la tutela risarcitoria – ex art. 140 bis del Codice del Consumo – o ripristinatoria secondo il D.lgs. del 20 dicembre 2009 n. 198, di diritti o interessi seriali e omogenei, il cui pregiudizio è suscettibile di investire l’intera utenza di un servizio pubblico offrendo, peraltro, la possibilità ad altri utenti interessati di aderire all’azione giurisdizionale, così deflazionando i contenziosi, favorendo l’uniformità dei giudicati e l’economicità e la fruibilità della tutela, nonché fungendo da deterrente per i gestori.
Dal tenore della disciplina dell’azione di classe per la tutela nei confronti delle inefficienze dei servizi pubblici dunque, sembrerebbe che il legislatore abbia inteso offrire all’utenza uno strumento finalizzato a stimolare il controllo diffuso sull’operato del gestore, con finalità del tutto simili a quelle perseguite con la Carta della qualità dei servizi: creare un circolo virtuoso, finalizzato a migliorare l’efficienza delle prestazioni di servizio, erogate a beneficio della collettività e consolidare il principio – che sta trovando accoglimento anche in certa giurisprudenza – per cui risultano riconducibili alla posizione soggettiva dell’utente individuale dei servizi pubblici, non solo diritti e interessi del singolo, ma anche interessi differenziati e qualificati che fanno capo all’utenza complessivamente intesa.
1 Funzionario Sezione Acquisti e Assicurazioni dell’Università degli Studi di Torino.
3 Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici che abroga la direttiva 2004/18/CE, Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’aggiudicazione dei contratti pubblici di concessione, Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali che abroga la direttiva 2004/17/CE, in www.europarl.europa .eu.
4 La produzione dottrinaria e giurisprudenziale, sul tema della natura giuridica delle concessioni e le differenti tesi è vastissima. Senza alcuna pretesa di esaustività, appare opportuno limitarsi a richiamare: G. Zanobini G.(1958), Corso di Diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, p. 261; Benvenuti F. (1992), Il ruolo dell’amministrazione nello Stato democratico contemporaneo, in Marongiu G. – De Martin G.C. (a cura di), Democrazia e amministrazione, Milano, Giuffrè, pp. 13 ss.; Ranelletti O. (1894), Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative, parte I: Concetto e natura delle autorizzazioni e concessioni amministrative, in Giur. It., vol. LVI, vol. IV, p. 25 e pp. 37 ss.; D’Alberti M. (1988), Le concessioni amministrative, in Enc. giur. Treccani, vol. VII, p. 2 ss.; Forti U. (1900), Natura giuridica delle concessioni amministrative, in Giur. It.,vol. IV, pp. 369 ss; Vivarelli M.G., La Concessione: uno tra gli strumenti di gestione dei servizi pubblici, in Rivista trimestrale degli appalti, 2010, fasc. 3, pp. 823-852; C.d.S., sez. V, 09 settembre 2013, n. 4471, in Urbanistica e appalti, 2013, p.11, p. 1228, “con nota di” Ferrari G., Tarantino L., La Disciplina applicabile alla concessione di servizi; C.d.S., 11 agosto 2010, n. 5620, in I Contratti dello Stato e degli Enti pubblici, 2010, fasc. 4, p. 479-484, “con nota di” Sironi C., La concessione di pubblico servizio e i suoi tratti distintivi; C.d.S., sez. V, 13 luglio 2010, n. 4510, in Munus, 2011, fasc. 1, p. 245-268, “con nota di” Massera A., La concessione di servizi. Una questione di regime sempre aperta; C.d.S., sez. V, 13 luglio 2010, n. 4510, in Urbanistica e appalti, 2010, fasc.12, pp. 1438-1447, “con nota di” Contessa C., Le regole applicabili alle concessioni di servizi fra peculiarità disciplinare e lacune normative; C.d.S., adunanza plenaria, 07 maggio 2013, n. 13, in Giur. It., 2013, 11, p. 2369, “con nota di” Caranta R., I principi dettagliati e le concessioni di servizi.
5 In generale sulla distinzione tra obbligazione di mezzi e obbligazione di risultato, si veda nella dottrina italiana: Bianca C.M. (1993), Diritto Civile, vol. IV, L’obbligazione, Milano, Giuffrè, p. 71; Di Maio A. (1988), Delle obbligazioni in generale, in collana Commentario Codice civile Scialoja-Bianca, a cura di Galgano F., Bologna, Zanichelli Editore/Roma, Il Foro Italiano, p. 105; Cappai F. (2011), La natura della garanzia per vizi nell’appalto, Milano, Giuffrè; Conzutti M., Obbligazioni di mezzi e di risultato, inadempimento e prova, in www.personaedanno .it, a cura di Paolo Cendon, secondo cui “La differenza viene utilizzata nel linguaggio corrente per effettuare una contrapposizione descrittiva dei rapporti obbligatori nei quali la finalità che spinge il creditore a cercare la collaborazione altrui, è condizionata soprattutto dal comportamento del debitore, dai rapporti nei quali questa finalità presenta margini significativi di incertezza, perché risulta essere condizionata da fattori estranei alla sfera di controllo del soggetto obbligato. La dottrina più attenta considera come un confine mobile quello che intercorre tra l’area delle obbligazioni di mezzi e delle obbligazioni di risultato, e questa mobilità si può apprezzare in una duplice prospettiva. Si rileva innanzitutto la dipendenza dall’evoluzione costante delle regole dell’arte dello stato della tecnica, nel senso che la valutazione della “risultato dovuto” dal debitore risente del contesto nel quale egli agisce in concreto, e può essere influenzato da molteplici altre variabili rispetto al progresso scientifico raggiunto in un determinato settore, come ad esempio il grado di specializzazione del debitore e le potenzialità delle dotazioni strumentali a sua disposizione. La suddetta mobilità di confini, inoltre, è legata al fatto che la selezione del “risultato dovuto”, deriva da scelte negoziali che non dipendono dalle potenzialità tecniche, perché le parti possono decidere di limitare la misura della pretesa del creditore ad una utilitas minore, oppure, possono decidere di farla arrivare ad una soglia maggiore di quella assicurata, applicando le regole dell’arte disponibili in un determinato momento storico… omissis”.
6 Di fondamentale importanza per la ricostruzione della materia concessoria nel diritto UE è la Comunicazione interpretativa della Commissione europea sulle concessioni nel diritto comunitario del 12 aprile 2000, in Foro It., 2000, vol. IV, pp. 389 ss.; Corte di Giustizia Unione Europea, sez. II, 10 novembre 2011, n. 348, in Leggi d’Italia, “con nota di” Caranta R., La Corte di Giustizia ridimensiona la rilevanza del rischio di gestione; C.d.S., sez. VI, 4 settembre 2012, n. 4682, in Il Foro Amministrativo C.d.S., 2013, fasc. 1, pp. 243-253, “con nota di” Monzani S., Il trasferimento al privato del rischio economico di gestione quale tratto distintivo della concessione rispetto all’appalto di servizi e le conseguenze in tema di normativa applicabile; Goisis F., Rischio Economico, trilateralità e traslatività nel concetto europeo di concessioni di servizi di lavori, in Diritto amministrativo, 2011, fasc. 4, p. 703-740; T.A.R. Lazio Roma, sez. II , sent.11 maggio 2007, n. 4315
, in Urbanistica e appalti, 2007, p.10, p. 1276, “con nota di” Giannelli A., La Concessione di servizi: verso un’interpretazione estensiva del requisito del rischio di gestione. Sul tema si veda altresì: Caranta R. (2012), I contratti pubblici, Torino, Giappichelli.
7 La regola codificata recepisce gli orientamenti espressi dalla Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario del 12 aprile 2000, in GUCE C-12, nonché, nell’ordinamento interno: Circolari della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1 marzo 2002, n. 3944, in GURI; 3 maggio 2002, n. 102; n. 8756, 6 giugno 2002, in GURI; 31 luglio 2002, n.178; Decisione n. 13 del 7 maggio 2013 pronunciata dal C.d.S., in seduta plenaria.
8 Merusi F. (1970), Servizio Pubblico, in Novissimo Digesto Italiano, Torino, Tipografia Sociale Torinese, vol. XVII, pp. 215-221.
9 Giannini M.S. (1986), Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, Bologna, Il Mulino, pp. 69 ss..
10 Giannini M.S. (1985), Il servizio pubblico sotto il profilo giuridico, in Statistica e Pubblica Amministrazione, II, I Servizi pubblici, Perez R. (a cura di), Milano, Giuffrè, pp. 3 ss..
11 Romano A. (1994), Profili della concessione di pubblici servizi, in Dir. Amm., p. 460; Pericu G., Romano A., Spagnolo Vigorita V. (1995), La concessione di servizio pubblico, Milano, Giuffrè, p.40 ss., Cavallo Perin R., (1998), La struttura della concessione di servizio pubblico locale, Torino, Giappichelli..
12 Ferrara R., Profili della disciplina dei servizi di interesse economico generale: aiuti di Stato e principi dell’Unione europea in materia di concorrenza in Il Diritto dell’economia. Rivista quadrimestrale di diritto, giurisprudenza e documentazione, vol. 26, fasc. n. 81 (2013), Modena, Mucchi Editore, pp. 321-337; Scoca F.G. (1991), La concessione come strumento di gestione dei servizi pubblici, Padova, Giappichelli, p. 562, in cui si sostiene che, concretandosi il servizio in una serie di prestazioni rese al pubblico, anche sul piano economico la presenza dell’utente sia determinante per l’individuazione del carattere pubblico del servizio.
13 Tale principio è stato infatti decodificato – nell’ambito della legislazione degli anno ’90 – nei principi di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, pubblicità. Si veda sul punto Farneti G., Il sistema dei controlli sulle partecipate alla luce della riforma e delle recenti modifiche ordinamentale, in Amministrazione in cammino, 10 marzo 2010, pp. 248-249; Libanora M. (2011), Le società miste pubblico-privato e le operazioni di project financing, in Ipsoa, pp. 247-271; Lariccia S. (2008), Buon andamento ed economicità: nuovi criteri per la funzione del diritto e il mestiere del giurista? In Atti del convegno Efficienza ed efficacia dell’azione pubblica, tenutosi il 20 ottobre 2008 presso l’Università di Roma La Sapienza.
14 Galeotti G. (2008), Perché una direttiva dovrebbe funzionare meglio di un ordine?In Atti del convegno Efficienza ed efficacia dell’azione pubblica, tenutosi il 20 ottobre 2008 presso l’Università di Roma La Sapienza.
15 Cerulli Irelli V.(2006), Impresa pubblica, fini sociali, servizi di interesse generale, in Rivista Italiana diritto pubblico, pp. 748-749:“Ciò ha prodotto (sta producendo) una trasformazione rilevante del ruolo dell’impresa pubblica, presenza dominante da noi nei primi decenni dell’esperienza dello Stato costituzionale, supportata peraltro dalla normativa della stessa Carta, e adesso in principio marginale e recessiva (anche se di fatto ancora cospicua); una diversa configurazione dei servizi pubblici come attività consistenti in prestazioni rese ai cittadini anche in forma economica (e perciò attraverso imprese), prima espletate per regola dai pubblici poteri attraverso proprie strutture operative ed adesso gestite da operatori indifferentemente pubblici o privati, ma tendenzialmente privati, sottoposti ad obblighi di servizio imposti e regolati dai pubblici poteri; un ridimensionamento del ruolo di questi ultimi (dello Stato), ricondotti si direbbe alla loro posizione originaria di soggetti esercenti funzioni pubbliche (di regolazione, di direzione, di sanzione) piuttosto che gestori diretti di servizi attraverso operazioni e prestazioni”; Boschetti B. (2007), Diritti e rapporti nell’amministrazione per servizi, Padova, Cedam, p. 111, Corte Costituzionale, 20 marzo 2013, n. 46, in Giur.It., 2013, p. 12, p. 2659, “con nota di” Scoca S.S., La tutela della concorrenza come contenitore omnibus dell’evidenza pubblica, dell’affidamento dei servizi pubblici di rilevanza economica, ma anche funzionale a garantire la virtuosità degli enti territoriali nell’ambito del patto di stabilità.
16 Boschetti B. (2007), Diritti e rapporti nell’amministrazione per servizi, Padova, Cedam, cit., p.123.
17 Boschetti B. (2007), Diritti e rapporti nell’amministrazione per servizi, Padova, Cedam, cit., p.123.
18 Bassi G. (2008), La riforma dei servizi pubblici locali, Rimini, Maggioli, p.163.
19 Boschetti B. (2007), Diritti e rapporti nell’amministrazione per servizi, Padova, Cedam, cit., p.111.
20 Con l’affermarsi delle istanze comunitarie, in sostanza, la produzione privata di servizi di interesse generale non si ritiene né un modulo inconcepibile, alla luce di una visione in cui l’elemento pubblico del servizio derivava dall’Autorità pubblica titolare della cura degli interessi della collettività, né un’eventualità neutra, da programmare e funzionalizzare all’interesse alla fruizione pubblica della relativa attività, ma, rispetto alla eccessiva pervasività dell’intervento pubblico in economia e ai regimi di riserva che storicamente avevano caratterizzato il panorama dei servizi pubblici, assume valenza positiva di affermazione del ruolo primario del mercato. Sul punto Napolitano G. (2005), Towards a European legal order for services of general economic interest, in European public law, p. 572.
21 Gianfelici C. (2008), I servizi pubblici locali in outsourcing. Le funzioni di indirizzo e di controllo dei comuni, Franco Angeli, Milano, p. 82..
22 Napolitano F. (2009), Analisi Economica e il Diritto Pubblico, Bologna, Il Mulino, secondo cui “ Il diritto, secondo la scienza giuridica, è un insieme di ordini, divieti e precetti (comando o divieto di compiere un azione) accompagnati da una sanzione. Nell’analisi economica del diritto invece si attua una prospettiva dinamica, in cui i diversi attori dell’ordinamento adottano comportamenti strategici per massimizzare i loro interessi. L’analisi economica, infatti, è un metodo interdisciplinare applicato per studiare i fondamenti logico-economici delle regole giuridiche, valutando anche i loro effetti: essa considera il diritto come una tecnica di incentivazione (o disincentivazione), scaturita dalle norme, per adottare comportamenti volti a conseguire determinati obiettivi. I precetti giuridici introducono un sistema di prezzi impliciti per i comportamenti degli individui… omissis”.
23 Merloni F. (2009), L’assunzione/istituzione dei servizi pubblici (locali) tra ordinamento italiano e ordinamento comunitario, in www.astrid-online.it , p. 3.
24 Napolitano G. (2001), Servizi pubblici e rapporti di utenza, Padova, Cedam, p.418.
25 Determinazione, 11 agosto 2010, n. 660, bando di gara ed annesso disciplinare pubblicati il 19 novembre 2010.
26 D.L. 25 giugno 2008 n. 112, convertito con la legge 6 agosto 2008 n. 133 – art. 11, comma 2 – recante disciplina generale per la realizzazione del c.d. Piano casa al fine di garantire su tutto il territorio nazionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona umana – ha individuato le sottonotate categorie di soggetti:
– nuclei familiari a basso reddito, anche monoparentali o monoreddito;
– giovani coppie a basso reddito;
– anziani in condizioni sociali o economiche svantaggiate;
– studenti fuori sede;
– soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio;
– altri soggetti in possesso dei requisiti di cui all’art. 1 della legge 8 febbraio 2007 n. 9 (particolari categorie sociali, soggetti a procedure esecutive di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazioni e residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni con essi confinanti con popolazione superiore a 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa);
– immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno 10 anni nel territorio nazionale ovvero da almeno 5 anni nella medesima regione.
27 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
28 Il partenariato pubblico-privato secondo i principi derivanti dalle risoluzioni del Parlamento europeo di maggior interesse (cfr. risoluzione 14 gennaio 2004 riguardante il libro verde sui servizi di interesse generale; risoluzione 26 ottobre 2006 riguardante i partenariati pubblico-privati e il diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni) recepite dal codice dei contratti (art. 3, comma 15 ter, introdotto dal D.lgs 11 settembre 2008, n. 152); Daidone A., Il Partenariato pubblico-privato: contesto di riferimento e analisi comparativa, in Rassegna dell’avvocatura dello stato, 2011, fasc. 4, p. 29-52.
29 Deliberazione consiliare n. 23 del marzo 2010 inwww.comune.roma .itrecante indicazioni in ordine al c.d. Piano casa di Roma che ha proposto un programma organico di iniziative da intraprendere per il soddisfacimento dei bisogni alloggiativi per il c.d. segmento debole della popolazione comunale, giungendo a stimare necessaria la realizzazione di 25.700 alloggi entro il 2016.
30 Comunicazioni interpretative della Commissione europea, 5 febbraio 2008 e 12 aprile 2000, in www.eur-lex.europa .eu; direttive 2004/18 e 2004/17 in www.eur-lex.europa .eu; art. 3, comma 12, codice dei contratti pubblici, recante “la concessione di servizi è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura dei servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità all’art. 30”; art. 30 del codice dei contratti pubblici; artt. 112 e 113 t.u.e.l.; circolari della P.C.M., 1 marzo 2002, n. 3944 e 6 giugno 2002, n. 8756.
31 Corte Giust. CE, 15 ottobre 2009, C-196/08, in www.eur-lex.europa .eu; 13 settembre 2007, C-260/04, in www.eur-lex.europa .eu;Corte Cost., 7 giugno 2013, n. 134, in www.cortecostituzionale.it; 12 aprile 2013, n. 67, in www.cortecostituzionale .it; 20 luglio 2012, n. 199, in www.cortecostituzionale .it;17 novembre 2010, n. 325,in www.cortecostituzionale .it ; Cass. Civ., sez. un., 15 giugno 2009, n. 13892 in Giust. civ.; 22 agosto 2007, n. 17829in Giust. civ; C.d.S., adunanza plenaria, 7 maggio 2013, n. 13, in www.giustizia-amministrativa .it; C.d.S., 3 marzo 2008, n.1, in www.giustizia-amministrativa .it.
32 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
33 artt. 16 e 86 del Trattato FUE.
34 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
35 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
36 C.d.S., adunanza plenaria, 6 agosto 2013, n. 9, in www.giustizia-amministrativa.it;Giurisprudenza Comunitaria: Corte giust., 14 novembre 2001, C-310/01, inwww.eur-lex.europa .eu; Corte giust., 18 novembre 1999, C-107/98; Corte di giust., 19 aprile 1994, C-331/92, in www.eur-lex.europa .eu con riferimento alla disciplina applicabile ai contratti di appalto misti, caratterizzati da prestazioni lavori e servizi: in tal senso, occorre far riferimento all’oggetto principale della prestazione, secondo la funzione prevalente o accessoria, svolta da ciascun componente (c.d. criterio qualitativo), a prescindere dal valore economico delle prestazioni medesime (c.d. criterio quantitativo). Tali principi sono stati recepiti dall’art. 14 del codice degli appalti, salvo il temperamento costituito dal criterio quantitativo, inteso come canone esegetico per la determinazione delle prestazioni che cede a fronte del carattere meramente accessorio dell’una prestazione rispetto all’altra.
37 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
38 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.: secondo il dato riportato dalla difesa dell’A.t.i. Stile – pag. 14 del ricorso incidentale, dato non contestato specificamente da controparte, solo il 15% degli alloggi complessivi è destinato a edilizia residenziale pubblica, mentre la restante parte, oltre il 75% riguarda la realizzazione di alloggi privati, oltre agli immobili a destinazione commerciale.
39 C.d.S., adunanza plenaria, 6 agosto 2013, n.19, in www.giustizia-amministrativa .it; 7 maggio 2013, n. 13; 3 marzo 2008, n. 1, in www.giustizia-amministrativa .it.
40 Direttiva 2004/18 CE – art. 1 – Definizioni, paragrafo 4 in www.eur-lex.europa .eu: “La “concessione di servizi” è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo”.
41 Id. – art.3 – Concessione di diritti speciali o esclusivi: clausola di non discriminazione: “Se un’amministrazione aggiudicatrice concede ad un soggetto che non è un’amministrazione aggiudicatrice diritti speciali o esclusivi di esercitare un’attività di servizio pubblico, l’atto di concessione prevede che, per gli appalti di forniture conclusi con terzi nell’ambito di tale attività, detto soggetto rispetti il principio di non discriminazione in base alla nazionalità”.
42 Id. – art. 17 – Concessioni di servizi: “Fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui all’Articolo 3, la presente direttiva non si applica alle concessioni di servizi definite all’Articolo 1, paragrafo 4”.
43 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
44 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
45 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
46 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
47 C.d.S., adunanza plenaria, 7 maggio 2013, n. 13.
48 C.d.S., sez. IV, 24 gennaio 2011, n. 472 in www.gazzettaamministrativa .it; C.d.S., sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8253, in www.giustizia-amministrativa .it; C.d.S., sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1038, in www.giustizia-amministrativa .it; C.d.S., sez. V, 28 settembre 2009, n. 5817 in www.giustizia-amministrativa.it; C.d.S., sez. V, 7 maggio 2008, n. 2079, in www.contratti-appalti .it; C.d.S., sez. VI, n. 2310/2007, in www.contratti-appalti .it.
49C.d.S., sez. V, 31 ottobre 2012, n. 5565 in www.giustizia-amministrativa .it.
50 C.d.S., sez. III, 16 febbraio 2012, n. 793, in www.giustizia-amministrativa .it.
51 C.d.S., adunanza plenaria, 13 giugno 2012, n. 22, in www.giustizia-amministrativa .it; C.d.S., adunanza plenaria, 5 luglio 2012, n. 26, inwww.giurdanella .it.
52 TAR Lazio, sez. II, 13 febbraio 2013, n. 261, inwww.giustizia-amministrativa .it; conformi C.d.S., 11 maggio 2011, n. 2804, in www.avcp .it; 15 luglio 2011, n.4323, in www.appaltiecontratti .it; 16 febbraio 2012, n. 793, in www.dirittodeiservizipubblici .ite sez. IV, 1 agosto 2012, n. 4406, inwww.giustizia-amministrativa .it.
53 C.d.S., sez. V, 29 settembre 2013, n. 4753, in www.giustizia-amministrativa .it; C.d.S., sez. VI, 20 settembre 2013, n. 4676, in www.giustizia-amministrativa .it.
54 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
55 C.d.S., sez. V, 28 settembre 2009, n. 5817, inwww.giustizia-amministrativa .it;sez.V, 7 maggio 2008, n. 2079, inwww.giustizia-amministrativa .it; TAR Lazio Roma, sez. III, 27 febbraio 2010, n. 3118, in www.osservatorioappalti.unitn .it;TAR Calabria, Reggio C., 28 marzo, n.127, inwww.osservatorioappalti.unitn .it.
56 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
57 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
58 Cass., sez. I, 1 ottobre 2008, n. 24376, in www.gazzettaamministrativa .it; Cass. n. 5759/1985, in www.gazzettaamministrativa .it; Cass. n. 197/1982, in www.gazzettaamministrativa .it; Cass. n. 6750/1981, in www.gazzettaamministrativa .it.
59 C.d.S., sez. V, n. 5817/2009, in www.giustizia-amministrativa .it.
60 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
61 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
62 Passaggio tratto dalla sentenza in commento, C.d.S., adunanza plenaria, 30 gennaio 2014, n. 7, cit.
63 La Commissione europea ha presentato tre proposte legislative finalizzate a rivedere la disciplina sugli appalti pubblici, nell’auspicio di rendere le commesse pubbliche più efficaci, a fronte dell’attuale contesto di restrizioni di bilancio e di ristrettezze economiche e di ammodernare la normativa in vigore, perché sia più idonea alla costante evoluzione del contesto politico, sociale ed economico. Si muove dalla considerazione che le autorità pubbliche dedichino, ogni anno, circa il 18% del PIL europeo per gli appalti di forniture opere e servizi, rendendo l’appalto una leva decisiva per il raggiungimento di obiettivi sociali specifici. In tal senso, è stato ritenuto, di fondamentale rilievo, assicurare un impegno ottimale di tali fondi, potenziale leva per realizzare un mercato unico che promuova una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva: strategia “Europa 2010”. Il pacchetto è stato caratterizzato da tre documenti: la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali (COM (2011) 895 def.) che sostituirà la Direttiva 2004/17/CE, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici (COM (2011) 896 def.) che sostituirà la Direttiva 2004/18/CE e la nuovissima proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (COM (2011) 897 def.) in www.europarl.europa .eu. Il 26 febbraio del 2014 il Parlamento europeo e il Consiglio europeo hanno adottato la Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici che abroga la Direttiva 2004/18/CE, la Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’aggiudicazione dei contratti pubblici di concessione e la Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali che abroga la Direttiva 2004/17/CE, entrate in vigore il 17 aprile 2014.
64 “Le Nuove Direttive sugli Appalti Pubblici” in Servizio affari internazionali ufficio dei rapporti con le istituzioni dell’Unione europea.
65 Si riportano di seguito, in estrema sintesi, alcuni punti significativi:
– Il crescente ricorso all’autocertificazione;
– La promozione degli appalti elettronici in grado di generare importanti risparmi e migliorare i risultati delle procedure, riducendo, contemporaneamente sprechi ed errori (art. 34 del COM (2011) 895 def.;
– La modernizzazione delle procedure, tramite ad esempio l’abbreviazione di termini o la distinzione tra criteri di selezione degli offerenti e di aggiudicazione dell’appalto OM (2011) 896 def.;
– L’uso strategico degli appalti pubblici, tramite il c.d. “approccio attivo” che fornirebbe agli enti appaltatori gli strumenti necessari per contribuire a raggiungere gli obiettivi della strategia “Europa 2020”.
– Gli Enti utilizzerebbero il loro potere di acquisito per ottenere merci e servizi che promuoverebbero l’innovazione, rispettino l’ambiente e contrastino il cambiamento climatico, migliorando l’occupazione, la salute pubblica e le condizioni sociali (Considerando 17 del COM (2011) 896 def. e art. 31 del COM (2011) 895 def.).
66 I partenariati per l’innovazione vengono descritti al Considerando (49) quali speciali procedure d’appalto tali da consentire accordi a lungo termine per lo sviluppo e il successivo acquisto di prodotti, servizi o lavori caratterizzati da novità e innovazione; le norme procedurali applicabili ai “partenariati per l’innovazione” sarebbero le stesse delle procedure competitive con negoziazione, ove l’unico criterio di aggiudicazione applicabile sarebbe costituito dal miglior rapporto qualità/prezzo (criterio ritenuto dal legislatore europeo il più adatto per comparare le offerte concernenti soluzioni innovative).
67 Documento di lavoro dei servizi della Commissione, 25 giugno 2008, “Codice europeo di buone pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici”, in www.ec.europa.eu.
.
68 Per un approfondimento, “Sintesi della valutazione dell’impatto e dell’efficacia della legislazione UE in materia di appalti pubblici” della Commissione europea del 27 giugno 2011, in www.ildirittoamministrativo.it.
69 Considerando n. (7) secondo cui la direttiva in commento non contiene un obbligo rivolto agli Stati membri per l’esternalizzazione o l’affidamento a terzi della prestazione dei servizi riguardanti i settori speciali e dunque, non è precluso agli Stati medesimi continuare ad organizzare essi stesi la fornitura di certi servizi alla collettività. Anzi, a norma dell’art. 345 TFUE è richiesto che sia lasciato impregiudicato l’eventuale regime di proprietà già esistente negli Stati membri. Con riferimento al settore speciale della fornitura dell’acqua, la nuova direttiva troverà applicazione anche per l’appalto di progetti di ingegneria idraulica, di drenaggio nonché d’evacuazione e di trattamento delle acque reflue.
70 Direttiva 2014/23/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione in www.europarl.europa .eu. Si riportano alcuni passaggi significativi, senza alcuna pretesa di esaustività: “ Considerando n. (1) – L’assenza di una chiara normativa che disciplini a livello dell’Unione l’aggiudicazione dei contratti di concessione dà luogo a incertezza giuridica, ostacola la libera fornitura di servizi e provoca distorsioni nel funzionamento del mercato interno. Di conseguenza, gli operatori economici, in particolare le piccole e medie imprese (PMI), vengono privati dei loro diritti nell’ambito del mercato interno e perdono importanti opportunità commerciali, mentre le autorità pubbliche talvolta non riescono a utilizzare il denaro pubblico nella maniera migliore, in modo da offrire ai cittadini dell’Unione servizi di qualità ai prezzi migliori. Un quadro giuridico idoneo, equilibrato e flessibile per l’aggiudicazione di concessioni garantirebbe un accesso effettivo e non discriminatorio al mercato a tutti gli operatori economici dell’Unione assicurando altresì la certezza giuridica e favorendo quindi gli investimenti pubblici in infrastrutture e servizi strategici per i cittadini. Tale quadro giuridico consentirebbe inoltre di fornire maggiore certezza giuridica agli operatori economici e potrebbe costituire una base e uno strumento per aprire maggiormente i mercati internazionali degli appalti pubblici e rafforzare gli scambi commerciali mondiali. Particolare importanza dovrebbe essere attribuita al miglioramento delle possibilità di accesso delle PMI a tutti i mercati delle concessioni dell’Unione; Considerando n. (2) – Le norme del quadro legislativo applicabile all’aggiudicazione di concessioni dovrebbero essere chiare e semplici. Esse dovrebbero tenere debito conto della specificità delle concessioni rispetto agli appalti pubblici e non dovrebbero comportare eccessivi oneri burocratici; Considerando n. (3) – Gli appalti pubblici hanno un ruolo fondamentale nella strategia Europa 2020, definita nella comunicazione della Commissione del 3 marzo 2010 intitolata «Europa 2020 – una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» («strategia Europa 2020»), in quanto costituiscono uno degli strumenti basati sul mercato necessari per ottenere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, garantendo contemporaneamente la massima efficienza nell’uso dei fondi pubblici. In tale contesto, i contratti di concessione rappresentano importanti strumenti nello sviluppo strutturale a lungo termine di infrastrutture e servizi strategici in quanto concorrono al miglioramento della concorrenza in seno al mercato interno, consentono di beneficiare delle competenze del settore privato e contribuiscono a conseguire efficienza e innovazione; Considerando n. (4) – Attualmente, l’aggiudicazione delle concessioni di lavori pubblici è soggetta alle norme di base della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, mentre l’aggiudicazione delle concessioni di servizi con interesse transfrontaliero è soggetta ai principi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) , in particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi, nonché ai principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza. Vi è il rischio di mancanza di certezza giuridica dovuto a interpretazioni divergenti dei principi del trattato da parte dei legislatori nazionali e a profonde disparità tra le legislazioni dei diversi Stati membri. Tale rischio è stato confermato dalla copiosa giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, che tuttavia ha affrontato solo parzialmente alcuni aspetti dell’aggiudicazione dei contratti di concessione. È necessario, a livello di Unione, applicare in maniera uniforme i principi del TFUE in tutti gli Stati membri ed eliminare le discrepanze nell’interpretazione di tali principi al fine di eliminare le persistenti distorsioni del mercato interno. Ciò favorirebbe altresì l’efficienza della spesa pubblica, faciliterebbe la parità di accesso e l’equa partecipazione delle PMI all’aggiudicazione dei contratti di concessione, sia a livello locale che a livello dell’Unione, e promuoverebbe il conseguimento di obiettivi sostenibili delle politiche pubbliche; Considerando n. (18) – Le difficoltà legate all’interpretazione dei concetti di «contratto di concessione» e di «appalto pubblico» hanno generato una costante incertezza giuridica tra i soggetti interessati e sono state oggetto di numerose sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea. Ne consegue che è necessario precisare meglio la definizione di concessione, in particolare facendo riferimento al concetto di «rischio operativo». La caratteristica principale di una concessione, ossia il diritto di gestire un lavoro o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore . L’applicazione di norme specifiche per la disciplina dell’aggiudicazione di concessioni non sarebbe giustificata se l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore sollevasse l’operatore economico da qualsiasi perdita potenziale garantendogli un introito minimo pari o superiore agli investimenti effettuati e ai costi che l’operatore economico deve sostenere in relazione all’esecuzione del contratto. Allo stesso tempo, occorre precisare che alcuni accordi remunerati esclusivamente dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore dovrebbero configurarsi come concessioni qualora il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dall’operatore per eseguire il lavoro o fornire il servizio dipenda dall’effettiva domanda del servizio o del bene o dalla loro fornitura; Considerando n. (19) – Qualora la regolamentazione settoriale specifica elimini il rischio prevedendo una garanzia a favore del concessionario per il recupero degli investimenti e dei costi sostenuti per l’esecuzione del contratto, il contratto stesso non dovrebbe configurarsi come una concessione ai sensi della presente direttiva. Il fatto che il rischio sia limitato sin dall’inizio non dovrebbe escludere che il contratto si configuri come concessione. Può essere questo il caso, per esempio, di settori con tariffe regolamentate o dove il rischio operativo sia limitato mediante accordi di natura contrattuale che prevedono una compensazione parziale, inclusa una compensazione in caso di cessazione anticipata della concessione per motivi imputabili all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore ovvero per cause di forza maggiore.
71 Considerando n. (20) – Un rischio operativo dovrebbe derivare da fattori al di fuori del controllo delle parti. Rischi come quelli legati a una cattiva gestione, a inadempimenti contrattuali da parte dell’operatore economico o a cause di forza maggiore non sono determinanti ai fini della qualificazione come concessione, dal momento che rischi del genere sono insiti in ogni contratto, indipendentemente dal fatto che si tratti di un appalto pubblico o di una concessione. Il rischio operativo dovrebbe essere inteso come rischio di esposizione alle fluttuazioni del mercato, che possono derivare da un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta ovvero contestualmente da un rischio sul lato della domanda e sul lato dell’offerta. Per rischio sul lato della domanda si intende il rischio associato alla domanda effettiva di lavori o servizi che sono oggetto del contratto. Per rischio sul lato dell’offerta si intende il rischio associato all’offerta dei lavori o servizi che sono oggetto del contratto, in particolare il rischio che la fornitura di servizi non corrisponda alla domanda. Ai fini della valutazione del rischio operativo, dovrebbe essere preso in considerazione in maniera coerente ed uniforme il valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario. …omissis.
72 Si annoverano al riguardo:
– L’obbligo di pubblicare sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, precedentemente alla loro aggiudicazione, i bandi relativi ai contratti di concessione. Tale obbligo è introdotto al fine di garantire la trasparenza e la parità di trattamento di tutti gli operatori economici;
– Una serie di garanzie procedurali da applicare all’aggiudicazione delle concessioni, in particolare durante la fase delle negoziazioni. Le norme proposte, pur lasciando alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori ampio margine di manovra, quanto all’organizzazione delle procedure di aggiudicazione – non contemplano, infatti, un elenco prefissato di procedure – stabiliscono determinati requisiti, al fine di rendere l’intero processo più equo e trasparente;
– Il termine minimo di 52 giorni, dalla data di spedizione del bando (ugualmente vigente per le concessioni di lavori pubblici) per la presentazione delle domande di partecipazione alla concessione, può essere ridotto di 5 giorni, laddove l’autorità aggiudicatrice/ente aggiudicatore ammetta la presentazione delle offerte tramite modalità elettronica;
– Gli obblighi attinenti ai criteri di selezione che devono essere applicati in sede di valutazione qualitativa dei candidati, devono essere indicati nel bando di concessione e devono riguardare soltanto la capacità economica, finanziaria e tecnica dell’offerente;
– I criteri di aggiudicazione delle concessioni devono essere tali da garantire il rispetto dei principi di trasparenza, non discriminazione, e parità di trattamento, nonché la possibilità di una concorrenza effettiva;
– I criteri di aggiudicazione delle concessioni devono essere tali da garantire il rispetto dei principi di trasparenza, non discriminazione, e parità di trattamento, nonché la possibilità di una concorrenza effettiva;
73 Cfr. Direttiva 89/665 CEE del Consiglio che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori e Direttiva 92/13/CEE del Consiglio che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni.