Non è motivo di ineleggibilità a consigliere comunale la carica di presidente di una fondazione senza scopo di lucro (nota a Tribunale di Torino, ordinanza del 28 gennaio 2022, R.G. 22023/2021)

Elena Belliardo[1]

(ABCSTRAT)

Il Tribunale di Torino si è espresso in tema di ineleggibilità rispetto alle cariche elettive negli enti locali territoriali. La pronuncia offre la possibilità di formulare alcune riflessioni rispetto alla causa di ineleggibilità prevista dall’art. 60, comma 1, n. 11, d.lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.) secondo cui non sono eleggibili alla carica di sindaco, presidente della Provincia, consigliere comunale, Provinciale e circoscrizionale gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente dal Comune o dalla Provincia.

Sommario:

1. La questione posta al vaglio del Tribunale di Torino – 2. La questione dell’ineleggibilità degli amministratori dell’istituto dipendente dal Comune o dalla Provincia – 3. Il rapporto di dipendenza tra la fondazione e il Comune di Torino – 4. Conclusioni

1. La questione posta al vaglio del Tribunale di Torino

Un gruppo di elettori del Comune di Torino, tra cui anche un consigliere comunale di detto ente, ha proposto un’azione popolare nei confronti del consigliere comunale ed ex candidato a Sindaco della Città, Paolo Damilano, per ottenere l’accertamento da parte del Tribunale di Torino della sua ineleggibilità e conseguente dichiarazione di decadenza dall’incarico. Secondo i ricorrenti, l’elezione di Paolo Damilano sarebbe stata illegittima per violazione dell’art. 60, c. 1, n. 11 del Testo unico degli Enti Locali (TUEL)[2] ai sensi del quale sono ineleggibili alla carica di consigliere comunale gli amministratori di istituti dipendenti dal Comune[3].

I ricorrenti ritengono che il convenuto, nominato in precedenza dalla Regione Piemonte quale componente del consiglio di amministrazione di Film Commission, una fondazione senza scopo di lucro sostenuta finanziariamente dal Comune di Torino e dalla Regione Piemonte, avrebbe ricoperto la carica di presidente della fondazione[4] allo scadere del termine per la presentazione delle candidature alle elezioni del consiglio comunale di Torino, fissato il 4 settembre 2021.

Dalla ricostruzione dei ricorrenti, emerge che il finanziamento della fondazione Film Commission da parte del Comune di Torino sarebbe stato un elemento sufficiente ad integrare il legame di dipendenza tra l’ente locale e la fondazione previsto dalla causa di ineleggibilità descritta nell’art. 60, c. 1, n. 11 TUEL. Inoltre, i ricorrenti ritengono che, nonostante la formale scadenza dell’incarico presidenziale fosse avvenuta nel mese di giugno 2021[5], Paolo Damilano avrebbe ancora ricoperto la carica allo scadere del termine per la presentazione delle candidature alle elezioni comunali in ragione del regime di prorogatio disposto dalla legge regionale 23 marzo 1995, n. 39 e dal decreto legge 8 aprile 2020, n. 23[6].

Per tali ragioni, secondo i ricorrenti, Paolo Damilano sarebbe stato ineleggibile alla carica di consigliere comunale.

Con l’ordinanza in commento, il Tribunale di Torino concentra la propria attenzione sulla scadenza dell’incarico di presidente di Film Commission, tralasciando di analizzare se sussista un reale legame di dipendenza tra la l’ente locale e la fondazione e se tale rapporto possa essere rintracciato nel sostegno finanziario offerto dalla Città di Torino alla fondazione.

Il collegio si limita a rilevare che, ai sensi dello statuto della fondazione, l’incarico di presidente del consigliere Damilano deve ritenersi concluso il 16 agosto 2021. Per il Tribunale di Torino, nella vicenda in commento è applicabile il regime di prorogatio legale di 45 giorni disposto dalla legge regionale 23 marzo 1995, n. 39 che disciplina la proroga degli organi amministrativi, ma si esclude l’applicazione della proroga prevista dal più recente decreto legge 8 aprile 2020, n. 23 emanato durante la pandemia da Covid-19[7]. Quest’ultima disciplina normativa mira ad assicurare continuità nell’amministrazione degli enti pubblici in caso di scadenza degli organi amministrativi in corso di pandemia.

Il collegio ritiene, tuttavia, che, poiché lo statuto della fondazione prevede espressamente che, allo scadere della prorogatio legale, il potere gestorio venga esercitato dal direttore generale, la disposizione normativa invocata non possa trovare applicazione nel caso in esame avendo lo statuto della fondazione già previsto un’idonea soluzione volta ad evitare vuoti nella gestione dell’organizzazione.

Per tali ragioni, secondo il collegio, Paolo Damilano risulta eleggibile alla carica di consigliere comunale[8].

Ricostruiti i fatti alla base della decisione in commento, si intende commentare la decisione presa dal Tribunale di Torino. In particolare, dopo una sintetica analisi della causa di ineleggibilità invocata da parte ricorrente e della sua ratio, si approfondirà se l’incarico di presidente della fondazione, pur non essendo espressamente menzionato dall’art. 60, c.1 n. 11 TUEL, possa determinare una fattispecie di ineleggibilità e se possa realmente ravvisarsi un legame di dipendenza tra il Comune e la fondazione di cui parte resistente ricopre il ruolo di presidente.

2. La questione dell’ineleggibilità degli amministratori dell’istituto dipendente dal Comune o dalla Provincia

La questione sottoposta all’attenzione del Tribunale di Torino riguarda la disciplina dell’ineleggibilità alla carica di consigliere comunale, materia in cui si riscontra, come evidenziato dalla dottrina[9], una notevole confusione posto che l’istituto è stato a lungo studiato unitamente a quello dell’incompatibilità[10].

L’ineleggibilità si configura come un istituto che incide sulla capacità elettorale e inibisce l’acquisizione dell’elettorato passivo in ragione della carica o dell’ufficio ricoperto al momento della candidatura o precedentemente la candidatura, purché entro i termini stabiliti dalla legge[11]. L’istituto in esame, assicurando il rispetto del principio della par condicio tra tutti gli eligendi, mira quindi ad evitare qualsiasi forma di captatio benevolentiae al fine di assicurare la piena libertà ed indipendenza del corpo elettorale nella scelta del proprio rappresentante[12] e la stessa possibilità di accedere alle cariche elettive pubbliche per tutti i cittadini. Il legislatore ha, tuttavia, riconosciuto quali cause di ineleggibilità alcune fattispecie che per le loro caratteristiche sembrerebbero trovare più adeguata collocazione tra quelle di incompatibilità. Alcune fattispecie di ineleggibilità, tra le quali vi è quella su cui si è pronunciato il Tribunale di Torino nella vicenda oggetto del presente commento, sarebbero orientate a prevenire possibili conflitti di interesse, escludendo, per esempio, la possibilità di elezione per tutti coloro che vantino rapporti di dipendenza diretta o indiretta o di affari con l’ente locale, nonché di coloro che per posizioni personali di conflitto con l’amministrazione non garantiscano obiettività e disinteresse nell’esercizio delle funzioni a cui ambiscono[13].

Analizzando in maniera più dettagliata il contenuto della causa di ineleggibilità rilevante nella vicenda in esame, emerge come l’art. 60, c.1 n. 11 TUEL tratti il tema riguardo alle cariche di amministratori negli enti locali territoriali con specifico riferimento alle cariche elettive di primo grado, cioè a quelle di membro dei consigli comunali, Provinciali e circoscrizionali[14]. La disposizione normativa in esame qualifica come ineleggibili gli amministratori e i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal Comune o dalla Provincia. Viene così configurata una causa di esclusione dall’elettorato passivo in capo a tutti gli amministratori degli enti indicati e, più in generale, alla totalità dei componenti dei consigli di amministrazione e a tutti i dipendenti che siano in grado di influire sulla gestione dell’ente in forza dello stretto legame che essi vantano con il territorio su cui potrebbero essere chiamati a ricoprire tali cariche politiche.

Volgendo attenzione alla tipologia di ente rispetto a cui vengono ricoperte queste funzioni, occorre evidenziare che gli amministratori e i dipendenti sono ineleggibili solo se svolgono tali attività in istituti, consorzi o aziende dipendenti rispettivamente dal Comune o dalla Provincia. Mentre sulla nozione di consorzio e azienda e sul relativo legame di dipendenza con l’ente locale non sono sorte particolari questioni di carattere interpretativo, si sono posti alcuni problemi con riferimento alla nozione di istituto. Come rilevato sia dalla dottrina[15] sia dalla giurisprudenza[16], con il termine istituto si rinvia a una categoria residuale comprensiva di tutti i soggetti legati al Comune o alla Provincia da un rapporto di dipendenza da verificarsi caso per caso in ragione dell’ampiezza e della portata del controllo sulla gestione dell’istituto spettante all’ente territoriale[17]. Per la configurazione di tale rapporto di dipendenza, non è sufficiente una generica potestà di indirizzo politico o amministrativo, ma è necessario che la Provincia o il Comune eserciti un penetrante potere di ingerenza, che lo ponga in condizione di dirigerne l’attività, assicurandosi, attraverso gli amministratori ed i dipendenti, il rispetto delle prescrizioni impartite in via generale o per ogni singolo atto. L’istituto, limitandosi all’adempimento dei compiti fissati, si configura dunque come uno strumento attuativo della volontà direttiva della Provincia o del Comune[18].

Poste queste brevi considerazioni, pare opportuno concentrarsi sulla vicenda in commento ed interrogarsi sull’effettiva possibilità di ricondurre la fondazione – organizzazione non espressamente menzionata dal Testo Unico Enti Locali – tra gli istituti il cui ruolo di amministratore possa configurare una fattispecie di ineleggibilità e sulla sussistenza di un reale rapporto di dipendenza tra il Comune e la fondazione.

3. Il rapporto di dipendenza tra la fondazione e il Comune di Torino

Volendo analizzare se tale rapporto di dipendenza sussista o meno con riferimento alla vicenda oggetto del presente commento, occorre preliminarmente evidenziare come la fondazione di diritto privato[19] sia una persona giuridica, che gode di un patrimonio autonomo anche se alimentato da risorse pubbliche. L’elemento patrimoniale unitamente al riconoscimento della personalità giuridica privata e alla costituzione della fondazione per il perseguimento di uno scopo non economico escludono un potere di ingerenza esterno sulle attività e decisioni della fondazione[20].

Come ha rilevato la Corte dei Conti – sezione regionale di controllo per la Lombardia, chiamata a pronunciarsi sulla natura giuridica di una fondazione di diritto privato, il potere di nomina degli amministratori e la devoluzione del patrimonio agli enti fondatori in caso di suo scioglimento non determinano la sussistenza di un penetrante controllo da parte degli enti locali sulla fondazione stessa posto che quest’ultima è dotata di un patrimonio autonomo funzionale al raggiungimento dello scopo per il quale è istituita e, per tali ragioni, è difficilmente individuabile da parte dell’ente fondatore un controllo su tale organizzazione analogo a quello esercitato sui propri organi[21].

Nel caso in esame, si ritiene di dover escludere la sussistenza di un penetrante potere di controllo da parte del Comune di Torino sul presidente della fondazione in esame, la Film Commission, poiché, ai sensi dello statuto di detto ente, tre dei cinque membri del consiglio di amministrazione sono nominati dalla Regione Piemonte[22] e solo due sono nominati dalla Città di Torino[23]. Ciò dimostra come chi abbia eventualmente il potere di influenzare in maniera decisiva le scelte della fondazione sia la Regione Piemonte, anche in considerazione del fatto che l’approvazione del bilancio avviene a maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione.

Per tali ragioni, posto che parte resistente è stata chiamata a ricoprire l’incarico di componente del consiglio di amministrazione della Film Commission da parte della Regione Piemonte e poiché, dall’analisi della sentenza e dello statuto, non emergono particolari poteri di ingerenza nella gestione della fondazione da parte della Città di Torino, è possibile evidenziare come il convenuto nella vicenda in esame esercitasse il proprio ruolo di presidente e amministratore della fondazione senza essere sottoposto a un controllo stringente da parte del Comune di Torino[24].

Con riferimento a questi aspetti, il Tribunale di Torino si limita a disporre che «il resistente era stato pure designato dalla Regione Piemonte e non dal Comune di Torino» senza valutare dettagliatamente i profili evidenziati. Le argomentazioni poste alla base della decisione del collegio avrebbero forse potuto essere ulteriormente rafforzate rilevando come, in assenza di un effettivo potere di dipendenza tra il Comune di Torino e la fondazione, la causa di ineleggibilità invocata non avrebbe comunque dovuto trovare applicazione nel caso in esame[25].

4. Conclusioni

Le cause di ineleggibilità sono configurabili come condizioni che incidono sull’elettorato passivo inibendo l’acquisto del relativo diritto. Esse, derogando al principio costituzionale in forza del quale tutti i cittadini possono accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza secondo i requisiti stabiliti dalla legge, devono essere oggetto di un’interpretazione restrittiva. Per tali ragioni, sebbene il legislatore goda di un’ampia discrezionalità nella loro definizione, le cause di ineleggibilità devono applicarsi nel rispetto dei principi di tassatività e di ragionevolezza[26], contenendosi rigorosamente «entro i limiti di quanto sia ragionevolmente indispensabile per garantire la soddisfazione delle esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate»[27].

In attuazione di tali principi, la causa di ineleggibilità richiamata nella vicenda oggetto del presente commento deve essere applicata solamente laddove sussista un effettivo rapporto di dipendenza tra il Comune o la Provincia e l’istituto, il consorzio o l’azienda, con conseguente disapplicazione ogni volta in cui non possa concretamente ravvisarsi tale stringente legale tra i soggetti menzionati.

All’esito delle brevi considerazioni svolte, emerge, tuttavia, come sia le organizzazioni destinatarie della disposizione normativa sia il rapporto di dipendenza sono difficilmente individuabili e ciò a causa della notevole complessità della materia, delle imprecisioni terminologiche del legislatore e dei dubbi e problemi relativi all’individuazione della ratio dell’istituto in esame, il quale, come si è evidenziato, è stato frequentemente confuso e sovrapposto all’incompatibilità.

In conclusione, pare opportuno auspicare un intervento legislativo, mediante cui superare le incertezze in materia, individuando chiaramente, nel rispetto dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità, le cause di ineleggibilità e la linea di confine con l’istituto dell’incompatibilità.

  1. Dottoranda in Diritti e Istituzioni nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino.
  2. La domanda è stata proposta mediante ricorso ex art. 702 bis c.p.c. e ex art. 70 d. lgs. 267/2000, testo unico degli enti locali (TUEL). Per un approfondimento, senza pretesa di completezza, si rinvia a Cavallo Perin R., Romano A. (2006), Commentario breve al testo unico sulle autonomie locali, Padova; Bertolissi M. (2001), L’ordinamento degli enti locali: commento al Testo unico sull’ordinamento delle autonomie locali del 2000 alla luce delle modifiche costituzionali del 2001, Il Mulino, Bologna. In tema di azioni popolare, si rinvia, inoltre, a Renna M., Vaccari S. (2021), La proiezione processuale dei dissensi tra gli enti territoriali, (Relazione al Convegno “Il giudice amministrativo nei conflitti tra pubbliche amministrazioni: giurisdizione, mediazione, supplenza“, Lecce, 21-22 settembre 2018), in Diritto processuale amministrativo, 2021, 677 e ss..
  3. L’art. 60, c.1 n. 11 del d.lgs. 267/2000 dispone che gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal Comune o dalla Provincia non sono eleggibili a sindaco, presidente della Provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, Provinciale e circoscrizionale.
  4. Il consiglio di amministrazione aveva eletto tra i propri membri il ricorrente quale presidente della fondazione.
  5. Lo statuto della fondazione coinvolta nella presente vertenza dispone che il presidente e vice presidente, scelti tra i componenti del consiglio di amministrazione, restino in carica quattro esercizi, scadano alla data di approvazione del bilancio consuntivo dell’ultimo esercizio della loro carica e possano essere rinominati.
  6. Si rinvia alla legge regionale 23 marzo 1995, n. 39 “Criteri e disciplina delle nomine ed incarichi pubblici di competenza regionale e dei rapporti tra la Regione ed i soggetti nominati”, che in conformità alla legge 15 luglio 1994, n. 444 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, recante disciplina della proroga degli organi amministrativi”, dispone che gli organi di amministrazione attiva, consultiva e di controllo dello Stato, nonché degli enti pubblici e delle persone giuridiche a prevalente partecipazione pubblica devono essere rinnovati, obbligatoriamente entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine di durata previsto per ciascuno di essi dalla legge. Si rinvia, inoltre, al D.l. 8 aprile 2020, n. 23 “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”, il quale, all’art. 33, dispone che gli organi amministrativi dello Stato, nonché degli enti pubblici e delle persone giuridiche a prevalente partecipazione pubblica sono ulteriormente prorogati fino al termine dello stato di emergenza e, comunque, fino alla loro ricomposizione. Fino al termine dello stato di emergenza, gli enti e organismi pubblici a base associativa che, in tale periodo, sono tenuti al rinnovo degli organi di amministrazione e controllo possono sospendere le procedure di rinnovo elettorali, anche in corso, con contestuale proroga degli organi.
  7. Si rinvia all’art. 33 del d.l. 8 aprile 2020, n. 23 “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”.
  8. Secondo il collegio, tale considerazione risulta rafforzata anche dalle dichiarazioni rese dal convenuto durante il consiglio di amministrazione del 30 giugno 2021 in cui il resistente dichiarava di voler dismettere la carica ricoperta e di rinunciare alla possibilità di rielezione allo scadere della prorogatio legale di 45 giorni disposta dalla l. 444/1994.
  9. Elia L. (1972), Incertezza di concetti e di pronunzie in tema di ineleggibilità ed incompatibilità nella giurisprudenza più recente della Corte costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 1046 ss. secondo cui la Corte costituzionale “ha il torto di non mantenere un nitido confine tra la figura dell’ineleggibilità e dell’incompatibilità, sembra anzi che lo cancelli quasi senza accorgersene, operando una commistione che appare inaccettabile alla luce delle norme costituzionali, della sua giurisprudenza e degli svolgimenti della dottrina”. Si rinvia, inoltre, a Police A. (1994), Ancora una pronuncia in tema di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche elettive degli enti locali, in Giurisprudenza italiana, 12 e ss., il quale afferma che in materia di ineleggibilità e incompatibilità il “legislatore repubblicano ha legiferato in modo da perpetuare le imprecisioni terminologiche, i dubbi e le oscurità delle origini sulla differente ratio ispiratrice dei due istituti”. Dello stesso avviso è Imarisio L. (2001), La degradazione delle illegittimità a incompatibilità e la razionalizzazione giurisprudenziale del sistema delle ineleggibilità e incompatibilità in Giurisprudenza italiana, 1796 e ss. in cui si afferma che la corte costituzionale ha attribuito all’istituto dell’ineleggibilità una “ratio eterogenea e non unitaria” unendo finalità di tutela della par condicio elettorale e la prevenzione dei conflitti di interesse. Si veda, inoltre, Imarisio L. (2008), Ineleggibilità e incompatibilità politico-istituzionali. Profili costituzionali, Napoli, Jovene, 5 e ss. L’autore evidenzia come la disciplina dell’ineleggibilità è connotata da frammentarietà e disorganicità, derivanti anche da una pluralità di interventi normativi che si sono susseguiti nel corso del tempo e che non sono connotati da una ratio unitaria. Con il testo unico sulle autonomie locali, numerose cause di ineleggibilità, incandidabilità e incompatibilità, sebbene non ancora la totalità, hanno trovato una sistemazione unitaria.
  10. In passato, la dottrina giuridica ha analizzato l’ineleggibilità unitamente all’incompatibilità, solo recentemente, dapprima per effetto della legge n. 154/1981 e, successivamente, attraverso il d.lgs. 267/2000, è stata introdotta una distinzione tra le cause di ineleggibilità e quelle di incompatibilità. Mentre l’ineleggibilità consiste nell’impossibilità giuridica a divenire soggetti passivi del rapporto elettorale, l’incompatibilità consiste nell’impossibilità giuridica di conservare una carica alla quale si è stati validamente eletti. In particolare, l’incompatibilità, operando in ossequio al principio del buon andamento della pubblica amministrazione, impedisce la conservazione della carica legittimamente acquisita determinando effetti caducanti. Sono individuabili ulteriori differenze tra i due istituti: mentre l’incompatibilità viene in rilievo dopo che una carica è stata assunta, l’illegittimità sorge al momento della presentazione della candidatura. Sotto un profilo teleologico, mentre l’ineleggibilità mira ad assicurare la libertà di esercizio del voto disposta dall’art. 48, c. 2 della Costituzione, l’incompatibilità, operando in ossequio al principio del buon andamento della pubblica amministrazione, mira ad evitare che l’acquisizione di una carica si ponga in condizioni di inconciliabilità con il corretto espletamento del mandato elettorale. Inoltre, mentre l’incompatibilità viene in rilievo dopo che una carica è stata assunta, l’illegittimità sorge al momento della presentazione della candidatura. Per un approfondimento sul tema, si rinvia a Alberti P. (1984), Ineleggibilità amministrative e principi costituzionali. Profili ricostruttivi e spetti critici, Giuffré, Milano; Vipiana P., (1993), Ineleggibilità ed incompatibilità nel diritto amministrativo, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, 288 e ss.; Police A. (1994), op. cit.; Mari A. (2001), Incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità negli organi degli enti locali in Giornale di diritto amministrativo, 99 e ss; Imarisio L. (2001), op. cit., Sorrentino A. C. (2008), Le cause di incompatibilità ed ineleggibilità nelle elezioni amministrative in Giurisprudenza di merito, 888 e ss. e a Perniciaro G. (2008), Ineleggibilità e incompatibilità in Valle d’Aosta: limite alla potestà “piena” e restrizioni dell’elettorato passivo per docenti e professori in Giurisprudenza costituzionale, 3592. Oltre alle due fattispecie appena descritte, occorre ricordare anche l’incandidabilità che preclude la possibilità di esercitare il diritto di elettorato passivo per il tempo previsto dalla legge. L’incandidabilità non è stata espressamente prevista dalla Costituzione, ma è stata introdotta, a partire dalla legge 55/1990, per le elezioni regionali e amministrative e, successivamente, è stata estesa alle elezioni parlamentari dal d. lgs. 235/2012. L’incandidabilità, a differenza dell’ineleggibilità, non può essere rimossa dall’interessato. Per un approfondimento sul tema dell’incandidabilità, si rinvia a Licheri (2017), Incandidabilità, sospensione e decadenza dalle cariche elettive nelle amministrazioni locali e regionali in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino; Coduti C. (2016), Incandidabilità, misure anticorruzione e Costituzione in Rivista AIC, Pinto F., D’Alfonso (2011), Incandidabilità, ineleggibilità, incompatibilità e status degli amministratori locali, Rimini, 162.
  11. In tal senso, si rinvia all’art. 51 della Costituzione, il quale introduce, a livello costituzionale, il diritto di elettorato passivo stabilendo che tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere in condizioni di eguaglianza alle cariche elettive secondo i requisiti stabiliti dalla legge. Tale disposizione normativa, come ricordato da Pototchnig U. (1994), art. 97 3^ comma, sezione II (art. 51), in Commentario della Costituzione, Branca G., 361 e ss., esprime un principio fondamentale dell’ordinamento giuridico che si qualifica come diritto avente i caratteri dell’inviolabilità. L’elettorato passivo rappresenta espressione della democraticità della Repubblica consentendo l’ingresso dei cittadini nella vita delle istituzioni della repubblica. Si veda, inoltre, Cassese S., Mattarella B.G. (1996), Democrazia e cariche elettive, Bologna, Il Mulino e Midiri M. (2006), art. 51 in Commentario alla Costituzione, Bifulco R., Celotto A., Olivetti M. (a cura di), Torino, Utet, 1016 e ss..
  12. Da tale ricostruzione, discende che l’eleggibilità costituisce il contenuto di un diritto soggettivo spettante ad ogni cittadino, mentre l’ineleggibilità si configura come situazione eccezionale da applicarsi solamente laddove non possa essere assicurata la parità tra tutti gli eligendi. In tal senso, Vipiana P., (1993), op. cit..
  13. Corte Cost, sentenza del 12 gennaio 2000, n. 4; Corte Cost., sentenza dell’11 luglio 1961, n. 42 in Giur. Cost., 1961, 951. Si rinvia a Lalli A. (2016), Conflitti di interesse nel diritto privato e nel diritto pubblico. Una rassegna in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 155 e ss., il quale evidenzia come talune categorie di interessi riescono ad incidere sulle discipline pubblicistiche tanto da condizionare i regolatori pubblici e non renderli totalmente liberi di scegliere e, ancor prima, capaci di individuare le corrette politiche pubbliche nell’interesse generale. Si veda, inoltre, Imarisio L. (2001), op. cit., il quale sottolinea come il giudice costituzionale abbia inciso profondamente sulle cause di ineleggibilità e incompatibilità determinando la degradazione di talune cause di ineleggibilità in cause di incompatibilità. Nella stessa direzione, si sono espressi anche Police A. (1994), op. cit. e Vipiana P., (1993), op. cit. L’Autrice, in particolare, afferma che la ratio dell’ineleggibilità degli amministratori e dei dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente dalla Regione o dalla Provincia o dal Comune è volta ad “evitare un conflitto di interessi tra una particolare posizione del candidato e la carica elettiva”. Per tali ragioni, si evidenzia che, sebbene il legislatore riconduca la fattispecie ad un’ipotesi di ineleggibilità, quest’ultima dovrebbe essere ricondotta ad un’ipotesi di incompatibilità. In tal senso, si rinvia a Corte Cost., sentenza del 23 maggio 1985 n. 162.
  14. Oltre all’ineleggibilità delle cariche negli enti locali territoriali, occorre rammentare anche l’ineleggibilità e l’incompatibilità parlamentari riconosciute all’art. 65 della Costituzione. A questo proposito si rinvia, senza pretese di esaustività, a Furlani S. (1957), Elettorato passivo in Novissimo digesto italiano, Utet, Torino, 452 e ss.; Long G. (1993), Ineleggibilità e incompatibilità in Digesto delle discipline pubblicistiche; Bianco A. (2000), I limiti all’elettorato passivo nella giurisprudenza costituzionale in Giurisprudenza costituzionale, 1959 e ss.; Imarisio L. (2008), op. cit.; Stancati P. (2015), Il principio di rappresentanza politica tra progressivo decadimento ed esigenze di rivisitazione in Costituzionalismo.it., Marchese C. (2011), Elettorato passivo: quali i limiti? Ricostruzione critica di un diritto in evoluzione (a proposito della sentenza della Corte Costituzionale n. 283/2010), in federalismi.it; Rolli R. (2017), La non candidabilità. Aspetti sostanziali e profili processuali in GiustAmm.it.
  15. Cavallo Perin R., (2006), op. cit., 393.
  16. Cass. civ. Sez. I Sent., 2 febbraio 2016, n. 1949, Cass. civ. Sez. I Sent., 14 gennaio 2008, n. 626, Cass. civ. Sez. I, 20 maggio 2006, n. 11893, Cass. civ., Sez. 1,18 luglio 2008, n. 20055, Cass. civ., 24 luglio 2006, n. 16889; Cass. civ., 18 ottobre 2006, n. 22436.
  17. In tal senso, sebbene con riferimento alla disciplina dell’ineleggibilità alla carica di consigliere regionale, si rinvia a Cass. civ. Sez. I Sent., 16 gennaio 2012, n. 438 secondo cui i membri del consiglio di amministrazione dell’Ente per il diritto allo studio universitario (E.DI.S.U.), istituito con legge regionale 18 maggio 1992, n. 16 del Piemonte per lo svolgimento delle funzioni delle opere universitarie sono ineleggibili alla carica di consiglieri regionali in ragione del rapporto di stretta dipendenza sussistente tra l’ente stesso e la Regione.
  18. Cass. civ., Sez. I Sent., 18 luglio 2008, n. 20055.
  19. La fondazione è una stabile organizzazione che persegue uno scopo non economico grazie ad un patrimonio di cui deve essere necessariamente dotata. Il fondatore, o anche soggetti terzi, devono spogliarsi gratuitamente, in modo definitivo e irrevocabile della proprietà di beni a favore della fondazione destinandoli al raggiungimento dello scopo indicato all’interno dell’atto di fondazione. Delle obbligazioni concluse dalla fondazione risponde solamente quest’ultima con il proprio patrimonio poiché gode di autonomia patrimoniale perfetta. In materia di fondazioni, si rinvia, senza pretesa di esaustività, a Fusaro A. (1992), Fondazione in Digesto delle discipline civilistiche; Senigaglia R. (2012), Fondazione (I agg.) in Digesto delle discipline civilistiche; Prele C. (2007), La fondazione: evoluzione giuridica di un istituto alla ribalta, Edizioni della fondazione Giovanni Agnelli, Torino; De Götzen S., (2012), Le fondazioni legali tra diritto amministrativo e diritto privato, Giuffré, Milano; Saporito A. (2020), Le fondazioni tra pubblico e privato. Discipline applicabili e modelli evolutivi, Edizioni scientifiche italiane, Napoli.
  20. Per un approfondimento della giurisprudenza in materia, si veda Cass. Civile, sez. unite, 2 febbraio 2018 n. 2584; Con. Stato, sez. VI, 25 novembre 2008 n. 5781, Tar Lombardia Brescia, sez. II, 9 giugno 2015, n. 831. A livello dottrinale, si rinvia a Guerrieri V. (2018), Le fondazioni di diritto privato non sono soggetti in house in Ilsocietario.it. L’Autore, muovendo dallo studio dell’ente in house, evidenzia come le fondazioni di diritto privato non presentino i caratteri necessari per dare luogo ad un rapporto di delegazione interorganica denominato “controllo analogo” poiché l’atto pubblico costitutivo di una fondazione consiste nella destinazione di beni per lo svolgimento dello scopo statutario. Per tali ragioni, come evidenziato dall’Autore, sia la giurisprudenza sia la dottrina hanno escluso che le fondazioni possano qualificarsi come longa manus degli enti pubblici. Al contrario, le fondazioni sono state definite come ente esterno e autonomo rispetto all’amministrazione.
  21. Si rinvia al parere della Corte dei Conti sezione regionale di controllo per la Lombardia del 30 luglio 2012, n. 350, in cui, secondo i giudici, una fondazione, destinataria diretta di un’attribuzione patrimoniale da parte di un Comune, mantiene una soggettività distinta e separata da quella del Comune conferente anche in presenza di un patrimonio ad essa totalmente destinato dall’ente locale fondatore. Tali considerazioni risultano confermate anche dal parere della Corte dei Conti sezione regionale di controllo per la Lombardia del 21 gennaio 2013, n. 25 relativo alla possibilità per un sindaco di partecipare ad una fondazione per l’erogazione di servizi sociali. Nel parere in esame, la Corte Conti afferma che “non appare rilevante (…) che la fondazione sia stata istituita da soggetti privati o, anche, da altri enti pubblici” in quanto le fondazioni “hanno natura privata e sono espressione organizzativa delle libertà sociali”.
  22. Secondo lo statuto della fondazione coinvolta nella presente vicenda, la carica di presidente deve essere attribuita ad uno degli amministratori nominati dalla Regione Piemonte.
  23. Secondo lo statuto della fondazione coinvolta nella presente vicenda, la carica di vice-presidente deve essere attribuita ad uno degli amministratori nominati dalla Città di Torino.
  24. Occorre segnalare, peraltro, che lo statuto della fondazione non prevede neppure interventi sussidiari degli enti fondatori funzionali a ripianare eventuali perdite. Ciò rafforza ulteriormente la considerazione secondo cui non sussiste alcun rapporto di dipendenza tra gli enti locali conferenti il patrimonio e la fondazione stessa.
  25. Si rinvia a Cassazione civile sez. I, 24 luglio 2009, n. 17424. Con tale sentenza, è stata disposta l’applicazione della causa di ineleggibilità in esame proprio perché il potere di nomina della maggioranza assoluta dei componenti del consiglio d’amministrazione della fondazione spettava all’ente locale e perché questi ultimi erano tenuti a trasmettere all’amministrazione che aveva il potere di nominarli una relazione sull’attività svolta e perché dovevano conformarsi, nello svolgimento delle loro funzioni, all’indirizzo politico amministrativo imposto a livello locale. Secondo la Cassazione, il complesso di questi poteri determinava in capo all’ente territoriale un’influenza dominante ed un potere di controllo sulla fondazione che integrava gli estremi della causa d’ineleggibilità invocata. In forza di tali considerazioni, poiché, nella vicenda oggetto del presente commento, tali poteri di controllo e di ingerenza da parte del Comune di Torino non sussistono, i giudici avrebbero forse potuto ulteriormente motivare la decisione assunta escludendo l’applicabilità della causa di ineleggibilità invocata dai ricorrenti.
  26. In tal senso, si rinvia a Franchini C. (2002), La tassatività delle cause di ineleggibilità alle cariche elettive degli enti locali in Giornale di diritto amministrativo, 1282 e ss..
  27. Si veda Corte cost. sentenza del 26 marzo 1969 n. 46, Corte cost. sentenza del 2 febbraio 1990 n. 53 e Cass. Civ., sez. I, 16 gennaio 2012, n. 438.