L’interesse agronomico nell’orizzonte della decarbonizzazione: un commento alla DGR piemontese 31 luglio 2023, n. 58-7356

Margherita Croce[1]

(ABSTRACT) ITA

Nella cornice di una stringente programmazione europea volta alla decarbonizzazione e informata al principio di massima diffusione delle energie rinnovabili, la Regione Piemonte ha dettato le linee di indirizzo politico-amministrativo per la localizzazione degli impianti fotovoltaici sulle aree agricole “di elevato interesse agronomico”. In queste aree sarà esclusa l’installazione di impianti con moduli a terra, ma al contempo, e soprattutto, sarà permessa quella di impianti agrivoltaici: al doppio fine di salvaguardare e valorizzare il patrimonio agricolo regionale di pregio. In questo breve commento, la delibera e il quadro regolatorio in cui si inserisce saranno ricostruiti alla luce della recente giurisprudenza sulla tecnologia agrivoltaica. Tenendo conto anche del contesto economico-produttivo, le tensioni che nell’orizzonte della transizione ecologica attraversano la disciplina delle forme d’uso/consumo del suolo saranno infine considerate da una prospettiva di politica del diritto, dalla quale riflettere sul concreto assetto di interessi pubblici che la delibera prefigura, anche alla luce dei rapporti tra tecnica e diritto.

(ABSTRACT) EN

In the context of a strict European planning for decarbonization, based on the principle of maximum penetration of renewable energies and burden sharing scheme, Piemonte Region, exercising a rule-making power, has issued the directives for the siting of photovoltaic implants in agricultural areas of “high agronomic interest”. With the dual aim of safeguarding and “valorizing” the region’s most valuable agricultural heritage, only the installation of agrophotovoltaic implants will be permitted in these areas. This brief commentary reconstructs the content of the regional regulation and the national regulatory and incentive framework in the light of recent case law on agrophotovoltaic technology. Taking into account also the regional economic and productive characteristics, the tensions between the different public interests involved in regulating land use/consumption to meet the challenge of ecological transition will then be considered from a legal policy perspective.

Sommario:

1. La delibera regionale: l’agrivoltaico come strumento di «salvaguardia e valorizzazione delle aree agricole di elevato interesse agronomico» – 2. Il valore strategico delle energie rinnovabili e i vincoli europei per la decarbonizzazione – 3. Gli incentivi per la “massima diffusione delle energie rinnovabili”, i criteri di preferenza per la localizzazione e gli effetti sul contesto produttivo agricolo – 4. Sulla legittimità della delibera piemontese, anche alla luce delle (probabili) sopravvenienze normative – 5. L’interesse agronomico nelle contraddizioni della transizione ecologica tra politica, scienza e diritto

1. La delibera regionale: l’agri-fotovoltaico come strumento di «salvaguardia e valorizzazione delle aree agricole di elevato interesse agronomico»

Con un atto amministrativo a carattere generale la Giunta della Regione Piemonte è intervenuta per disciplinare l’installazione di impianti fotovoltaici sul territorio regionale, con l’espresso fine «di salvaguardare e valorizzare le aree agricole piemontesi di elevato interesse agronomico»[2]. In base alla delibera, su queste aree agricole, individuate per rinvio alle classificazioni operate dagli strumenti urbanistici[3], si potranno in futuro installare solamente pannelli solari del tipo «agrivoltaico», con esclusione, quindi, dei più tradizionali impianti con moduli collocati a terra.

Se si prendono a riferimento gli interessi pubblici perseguiti[4] si può sostenere che se l’interesse alla tutela dei terreni agricoli di pregio e ad “alta capacità” giustifica la decisione di limitare la realizzazione di impianti (con moduli a terra) che impattano fortemente sull’ecosistema del suolo, lo impermeabilizzano, lo degradano a mera superficie di appoggio e ne impediscono l’uso agricolo; l’interesse alla valorizzazione di queste stesse aree non preclude che esse possano essere usate (anche) per scopi estranei all’agricoltura, cioè per finalità energetiche, a condizione che si impieghino tecnologie, come appunto quella agrivoltaica, che consentono l’uso promiscuo dei terreni[5].

Sul punto precipitano numerose questioni riconducibili, sebbene purtroppo in modo non pacifico[6], alla disciplina delle forme d’uso/consumo del suolo. Problematiche che da tempo caratterizzano la «promozione» delle zone agricole quale fenomeno multidimensionale e multifunzionale, perché rivolto all’integrazione di attività agricole e non agricole, nel segno del perseguimento di una pluralità di interessi esistenziali e produttivi, quali sono quelli agroalimentari, ambientali, paesaggistici, edilizi ed energetici[7]. Le aree agricole rappresentano in modo emblematico come le relazioni tra interessi irrinunciabili ed egualmente protetti a livello giuridico[8] possano articolarsi in termini di conflitto, convergenza o assorbimento, là dove il vincolo di destinazione serve a garantire non solo le esigenze dell’impresa agricola, ma anche la tutela delle matrici ambientali, degli equilibri ecosistemici e della biodiversità, così come la salvaguardia del paesaggio e delle tradizioni culturali[9].

Situata in questo crocevia, creato dal dinamico intreccio di interessi e attività materiali, la delibera regionale premette di dover «contemperare» diverse fonti normative, nell’esercizio di un’autonomia di indirizzo politico-amministrativo sulla localizzazione degli impianti di energia rinnovabile che nel tempo è stata, però, progressivamente ridimensionata. In prima battuta, per opera delle normative statali che fissano i principi fondamentali nella materia, di competenza concorrente, relativa alla «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» (art. 117, co. 3 Cost.), oltre che, per ovvi motivi di connessione, dalle norme di esclusiva competenza statale relative alla “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” (art. 117, co. 2, lett. s). In seconda battuta, ma soprattutto, per opera del diritto europeo, dove l’emersione del principio che promuove la “massima diffusione delle energie rinnovabili” testimonia la valenza strategica che queste hanno acquisito per il modello di sviluppo economico europeo[10] e, quindi, la preminenza assunta dall’interesse pubblico alla realizzazione di tali impianti.

2. Il valore strategico delle energie rinnovabili e i vincoli europei per la decarbonizzazione

In questo sistema a cascata, sono due le normative nazionali rilevanti, volte alla promozione delle energie rinnovabili: il risalente d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387[11] e il recente d.lgs. 8 novembre 2021, n. 199[12]. Entrambe di derivazione eurounitaria, e quindi pienamente informate al principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili, esse consentono di installare impianti di questo tipo «anche» in zone agricole e incidono in vario modo sull’autonomia regionale, soprattutto perché orientate ad accentrare le scelte sulla localizzazione e ad accelerare e semplificare i procedimenti autorizzatori di competenza regionale[13].

Se si considera il tema della localizzazione degli impianti, l’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, operando quale fonte sulla produzione, individua nelle linee guida nazionali per il «corretto inserimento degli impianti […] nel paesaggio»[14] la fonte statale, considerata inderogabile[15], per conformare l’esercizio del potere regionale diretto a individuare «le aree e i siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti». L’individuazione delle aree non idonee è, quindi, rimessa ai provvedimenti generali di competenza regionale, ma al contempo fortemente limitata, dal momento che la qualificazione di un’area come “non idonea” non può valere a precludere, a monte e in via generalizzata, la realizzazione di alcune tipologie di impianti, la quale dovrà comunque essere valutata a valle, cioè all’interno dei singoli procedimenti di autorizzazione[16]. Ne emerge un modello conformativo dei poteri regionali di pianificazione, ma ancora improntato alla logica del bilanciamento. La normativa statale è, infatti, orientata a conseguire gli obiettivi di diversificazione energetica assegnati dall’UE all’Italia, e quindi dallo Stato alle Regioni, secondo lo schema del cosiddetto burden sharing[17]. E tuttavia, è anche informata al principio di “differenziazione proporzionale”[18], in base al quale si accorda, tra l’altro, un’attenzione particolare ai terreni agricoli di pregio, là dove nell’autorizzare progetti localizzati in tali aree deve essere verificato che l’esercizio dell’impianto non comprometta «le finalità perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale»[19].

Rispetto a tale modello, l’art. 20 del d.lgs. n. 199/2021 segna un deciso cambio di passo. La nuova fonte sulla produzione, infatti: in primo luogo accentra il procedimento di adozione dei principi e dei criteri «omogenei» per l’individuazione delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili (ex linee guida) [20]. In secondo luogo, non solo prescrive stringenti vincoli sostanziali e metodologici che le Regioni devono rispettare anche nelle more dell’approvazione dei nuovi parametri statali, ma già individua rilevanti porzioni del territorio nazionale da considerarsi fin d’ora idonee alla localizzazione di impianti di energia rinnovabile, perché già antropizzate o scarsamente rilevanti dal punto di vista ambientale[21]. In terzo luogo, rovesciando la logica precedente[22] e utilizzando quella (che il diritto europeo definisce efficacemente) delle “aree di accelerazione”[23], demanda alla legge regionale l’individuazione delle aree idonee alla realizzazione degli impianti, nelle quali i procedimenti di autorizzazione risulteranno ulteriormente semplificati, così come risulterà agevolato l’accesso agli incentivi pubblici[24].

Come è stato rilevato, il d.lgs. n. 199/2021 ha introdotto una «implicita gerarchizzazione»[25] degli interessi pubblici a vantaggio di quello energetico: scelta che deriva dalla necessità di implementare a livello nazionale il vasto processo regolatorio europeo sulla cosiddetta transizione ecologica[26], sotto il profilo specifico della decarbonizzazione del sistema energetico. Nell’epoca che, già prima della guerra in Ucraina, è stata definita delle «crisi simultanee»[27], l’operare congiunto di diversi fattori di pericolo legati al cambiamento climatico ma anche alla (in)sicurezza geopolitica dell’approvvigionamento energetico, ha giustificato il progressivo intensificarsi della programmazione europea. In tema di energie rinnovabili: nella cornice di una normazione eurounitaria sempre più stringente[28], l’implementazione nazionale è stata informata alla logica di una «localizzazione necessaria»[29], cioè vincolata al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati per il 2030[30].

3. Gli incentivi per la “massima diffusione delle energie rinnovabili”, i criteri di preferenza per la localizzazione e gli effetti sul contesto produttivo agricolo

Rivelatrice è, in questo senso, l’evoluzione della disciplina delle incentivazioni economiche relative agli usi energetici delle aree agricole[31]. In passato, infatti, l’accesso ai benefici pubblici per la realizzazione di impianti fotovoltaici sui suoli agricoli era del tutto escluso[32]. Il progressivo prevalere dell’interesse alla decarbonizzazione ha poi spinto il legislatore non solo a semplificare i procedimenti di autorizzazione, ma anche a finanziarie qualsiasi tipo di impianto fotovoltaico volesse realizzarsi nelle aree idonee individuate con legge regionale. Ridimensionata, molto di recente, questa eccessiva apertura[33], il quadro delle incentivazioni è ora indirizzato, specie nella cornice del PNRR[34], a finanziare la realizzazione degli impianti di “nuova generazione” che assicurano «la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale»[35], cioè quelli agrivoltaici.

Si tratta di una soluzione tecnica di compromesso che cerca di contemperare interesse agronomico e interesse energetico, la cui efficacia è, tuttavia, da dimostrare. Questi finanziamenti sono, infatti, condizionati all’effettivo monitoraggio dell’impatto ambientale, comunque prodotto anche da questo tipo di impianti, sulle condizioni del suolo, la qualità e la continuità delle colture, secondo le indicazioni del CREA e del GSE[36].

Al di là del necessario monitoraggio, l’adeguatezza del compromesso rappresentato dall’agrivoltaico dipende però anche dalla necessità di assicurare che l’uso a scopo energetico dei suoli agricoli produttivi conviva con altre soluzioni. Infatti, sebbene le fonti legislative nazionali contengano previsioni contraddittorie[37], gli atti di programmazione generale di derivazione europea sono chiaramente orientati a privilegiare la localizzazione degli impianti fotovoltaici sui tetti di edifici e capannoni, sulle superfici già impermeabilizzate (come ad esempio i parcheggi), sulle aree già industrializzate o degradate, nei siti da bonificare, nelle cave e miniere, così come sui terreni in stato di abbandono o non utilizzabili per altri scopi[38].

È una scelta logica e corretta, dal momento che le misure di sfruttamento ed efficientamento energetico di strutture già esistenti e/o strumentali all’esercizio dell’attività produttiva sono quelle che meglio contribuiscono a perseguire la sostenibilità ambientale e la resilienza del comparto agroalimentare nel rispetto del principio di «minimizzazione degli impatti sull’ambiente, sul territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio» (richiamato anche dal d.lgs. n. 199/2021).

Tanto più che l’incentivazione all’uso promiscuo dei terreni, sebbene non precluda del tutto la prosecuzione delle attività agricole e pastorali, si inserisce ed agisce in un contesto produttivo problematico ed esposto a fenomeni speculativi. Gli ingenti finanziamenti pubblici dedicati alle energie rinnovabili rischiano, infatti, da tempo di compromettere la produzione agricola e l’assetto dei paesaggi rurali, a vantaggio di piccole o grandi aziende specializzate nel settore energetico. Queste, come emerge anche dagli ultimi rapporti del CREA, moltiplicano le «proposte […] di affitto di grandi superfici per periodi medio lunghi (20-30 anni)» tanto da determinare non trascurabili aumenti dei prezzi nel mercato fondiario[39]. Ciò aggrava le difficoltà in cui versa storicamente il tessuto produttivo agricolo[40], le cui dinamiche sono note da tempo e ora più che mai, considerato il fronte di conflitto politico aperto lo scorso inverno dagli agricoltori di vari Stati membri contro la Politica agricola comune dell’Unione Europea[41].

4. Sulla legittimità della delibera piemontese, anche alla luce delle (probabili) sopravvenienze normative

In questo complesso scenario, la delibera piemontese che detta «indicazioni sull’installazione di impianti fotovoltaici nelle aree agricole di elevato interesse agronomico» appare conforme al quadro regolatorio che si è provato a sintetizzare[42]. Sia per quanto riguarda le (ammissibili) limitazioni a cui sottopone la realizzazione di pannelli solari a terra, sia per il favor accordato alla diffusione della tecnologia agrivoltaica e il rispetto delle condizioni necessarie per realizzarlo (prima fra tutte l’esigenza di assicurare un costante e adeguato monitoraggio delle attività agricole[43]).

Un dubbio potrebbe sorgere in relazione all’art. 20, co. 6, del d.lgs. n. 199/2021, ai sensi del quale «Nelle more dell’individuazione delle aree idonee [tramite i decreti interministeriali di cui al comma 1], non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini di autorizzazione dei procedimenti». Esso, tuttavia, sembra facilmente superabile. In primo luogo, nell’ottobre scorso è intervenuta una modifica che ha chiarito l’inapplicabilità della delibera ai procedimenti in corso[44]. In secondo luogo, poiché l’atto generale è finalizzato alla «salvaguardia» del patrimonio agroalimentare può sostenersi, nel solco della giurisprudenza costituzionale[45], che esso presenta i caratteri di un provvedimento cautelare: legittimo in quanto funzionale a «non pregiudicare le politiche regionali in tale materia» nelle more dell’approvazione dei decreti interministeriali e della legge regionale[46].

Tanto più che sulla legittimità della delibera non sembra destinata a incidere in senso negativo neanche la recentissima (annunciata) approvazione del decreto legge contenente “Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale”. Da quanto è possibile per il momento ricostruire[47], infatti, il testo del nuovo decreto – dopo una prima versione che aveva sollevato le obiezioni del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e dell’associazione delle imprese elettriche[48] – introdurrà il «divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e di aumento della estensione di quelli già esistenti, nelle zone classificate come agricole dai piani urbanistici», ma farà salva la possibilità di realizzare «gli impianti finanziati nel quadro dell’attuazione del PNRR, quelli relativi a progetti di agrovoltaico e quelli da realizzare in cave, miniere, aree in concessione a Ferrovie dello Stato e ai concessionari aeroportuali, aree di rispetto della fascia autostradale, aree interne ad impianti industriali». Lo stesso impianto che emerge, d’altra parte, anche nello schema di decreto interministeriale per l’individuazione delle aree idonee, che resta comunque ancora in fase di stallo[49].

Nel valutare la legittimità della deliberazione regionale occorre, infatti, considerare che essa agisce non tanto nel senso di escludere l’utilizzo di una tecnologia (quella dei pannelli a terra) considerata, ormai pacificamente, incompatibile con l’elevato interesse agronomico delle aree, quanto nel consentire lo sfruttamento (anche) a scopi energetici di terreni a cui è riconosciuta una tutela particolare; sebbene sulla base di un’apposita e seria istruttoria che condiziona questo sfruttamento all’impiego di una soluzione tecnologica innovativa e al monitoraggio dei suoi effettivi risultati.

La delibera in commento, dunque, pur risultando in linea con le pianificazioni territoriali e paesaggistiche[50], non esprime la resistenza “tradizionalmente” mostrata dagli enti territoriali avverso la localizzazione, nel proprio territorio, di impianti energetici o grandi opere. Al contrario, essa sembra anticipare una dichiarazione di “idoneità” che, se confermata dai decreti interministeriali e dalla legge regionale che dovranno prima o poi essere approvati, avrà l’effetto opposto di accelerare e semplificare i procedimenti per l’autorizzazione dell’agrivoltaico anche sui terreni agricoli di pregio[51].

5. L’interesse agronomico nelle contraddizioni della transizione ecologica tra politica, scienza e diritto

Le considerazioni che possono svolgersi, a questo punto, si muovono nella dimensione della politica del diritto e nella prospettiva aperta dall’interagire della funzione normativa e di quella di indirizzo politico-amministrativo sullo sfondo tecnico-scientifico delle decisioni amministrative. È chiaro, infatti, che le scelte sulla localizzazione degli impianti di energia rinnovabile – che siano compiute nella dimensione astratta della pianificazione o in quella concreta del singolo procedimento di autorizzazione – sollevano il tema classico del rapporto tra tecnica e diritto e, quindi, il corollario dei limiti di sindacabilità della cosiddetta discrezionalità tecnica.

Come emerge da tutte le fonti normative, e dalla giurisprudenza costituzionale, l’applicazione di un regime di favore agli impianti agrivoltaici (sollevati da terra) si radica in prescrizioni giuridiche che necessitano di un «completamento» tramite norme tecniche. E l’opinabilità delle valutazioni tecnico-scientifiche sottese a tali regole di completamento tecnico svolge sempre un ruolo centrale in tutte le controversie che riguardano la localizzazione o l’autorizzazione degli impianti di energia rinnovabile. Le norme tecniche, sono, infatti, un “amalgama deontico” che unisce scelte di opportunità politica e giudizi tecnico-scientifici, dal momento che per uno stesso problema esistono sempre diverse soluzioni, equivalenti sul piano della validità giuridica, ma non sul piano dell’assetto degli interessi economici, sociali e quindi ecologici. In questo senso, è lecito sollevare alcuni interrogativi, relativi al tipo di attività agricole che gli impianti agrivoltaici permettono in concreto di favorire[52] e alle forme di inquinamento ambientale che essi stessi sono in grado di produrre, specie se si considera l’intero ciclo di vita (dalla produzione allo smaltimento) dei pannelli[53].

Uno spoglio della giurisprudenza amministrativa rende evidente come all’interno di ogni argomentazione tecnico-scientifica si svolgano, in modo a volte eccessivamente contradditorio[54], i rapporti di conflitto, convergenza o assorbimento tra interessi pubblici irrinunciabili. E dopo una stagione in cui l’applicazione del principio di massima diffusione delle energie rinnovabili ha fortemente ridimensionato la tutela accordata all’interesse paesaggistico, il favor verso la tecnologia agrivoltaica rischia, considerata la dimensione massiva che può assumere[55], di frustrare oltre limiti ecologicamente accettabili l’interesse agroalimentare e quello agronomico[56]. Se si tenta di non ridurre la complessità delle sfide poste dalla cosiddetta “transizione ecologica”, infatti, la ricerca di soluzioni innovative al problema delle esternalità negative generate dalle attività agricole intensive dovrebbe convivere con la promozione di alcune tecniche di coltivazione tradizionali e alternative, meno compatibili con la meccanizzazione e la digitalizzazione dei fondi (su tutte quella agroecologica[57]) eppure in grado di produrre esternalità positive[58]– in termini di qualità e quantità del cibo, tutela della biodiversità e resilienza ai cambiamenti climatici – spesso, invece, taciute e soprattutto non finanziate. Ciò che desta preoccupazione è soprattutto il fatto che nell’orizzonte della decarbonizzazione sembra prendere corpo una “forzata” conciliazione dell’interesse energetico e di quello ambientale[59], la quale, invece, se non si oblitera la dimensione euristica degli stessi processi di innovazione tecnologica, è in linea teorica difficilmente dimostrabile, come il recente scontro interno alla compagine governativa sembra testimoniare[60].

  1. Assegnista di ricerca in diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Roma “Sapienza”.
  2. DGR 31 luglio 2023, n. 58-7356 “Decreto legislativo 387/2003, articolo 12, comma 7. Indicazioni sull’installazione di impianti fotovoltaici nelle aree agricole di elevato interesse agronomico, in coerenza con il decreto legislativo 199/2021”.
  3. In particolare, sono qualificate come aree di elevato interesse agronomico «gli areali individuati dai disciplinari delle produzioni agricole vegetali a Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.), ad Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.), a Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) e Garantita (D.O.C.G.)» e i «terreni agricoli e naturali ricadenti nella prima e seconda classe di capacità d’uso del suolo, costituiti dai territori appartenenti alla I e II classe nella “Carta della capacità d’uso dei suoli del Piemonte”, adottata con d.g.r. n. 75-1148 del 30 novembre 2010».
  4. Questa impostazione è volta a evidenziare il rapporto strumentale ma anche potenzialmente conflittuale che sussiste tra le funzioni di tutela e di valorizzazione del patrimonio agroalimentare. Trae spunto dalla riflessione giuridica sul diritto dei beni culturali e paesaggistici (per cui si vv. in particolare: S. Cassese, I beni culturali: dalla tutela alla valorizzazione, in Giornale di diritto amministrativo, 1998, 673 ss.; L. Casini, Valorizzazione e gestione, in C. Barbati, M. Cammelli, L. Casini, G. Piperata e G. Sciullo, Diritto del patrimonio culturale, Bologna, ilMulino, 2017; A. Moliterni, Pubblico e privato nella disciplina culturale: l’assetto del sistema, i problemi, le sfide, in A. Moliterni (a cura di), Patrimonio culturale e soggetti privati. Criticità e prospettive del rapporto pubblico-privato, Editoriale scientifica, 2019, 19 ss.); oltre che dalla letteratura in materia di diritto forestale, che ha evidenziato come la disciplina legislativa delle zone boschive e forestali “oscilli” da sempre tra i due poli (G.M. Flick, M. Flick, Elogio della foresta. Dalla selva oscura alla tutela costituzionale, ilMulino, 2020; F. Roggero, La Grande Guerra, la violenza del diritto, la politica forestale italiana, in E. De Cristofaro, M.S. Testuzza (a cura di), Tempi difficili. Crisi e trasformazioni otto-novecentesche tra storia e diritto, Bonanno editore, 2023, 93 ss.), mettendo inoltre in luce, in modo problematico, come la dimensione specificamente economica della valorizzazione tenda ad assumere prevalenza in determinate fasi storiche.
  5. Nelle fonti legislative e nelle interpretazioni giurisprudenziali, l’agrivoltaico è caratterizzato dalla capacità di «preservare la continuità̀ delle attività̀ di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione» (così le “Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici” del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, pubblicate il 27 giugno 2022). L’accento su questa peculiarità degli impianti agrivoltaici è posto, in particolare, dal giudice amministrativo per affermare la non assimilabilità tra questi e gli impianti con moduli a terra ai fini del regimo giuridico (in questo senso, da ultimo: Cons. St., Sez. IV, 30 agosto 2023 n. 8029, punto 3.1.). Su queste definizioni e conclusioni si tornerà in seguito (v. infra par. 4) in modo, tuttavia, problematico.
  6. In una recente pronuncia, le caratteristiche tecnologiche degli impianti agrivoltaici varrebbero a sottrarli dall’ambito di applicabilità di norme volte a disciplinare attività che implicano forme di consumo del suolo (Cons. St., sez. IV, 11 settembre 2023, n. 8258, secondo cui la regione incorre in un “travisamento di fatti” nella misura in cui motiva un diniego di autorizzazione unica in riferimento alle previsioni di un piano paesaggistico regionale finalizzate a contrastare il consumo di suolo).
  7. Per una ricostruzione sintetica della dinamica di interessi che storicamente connota la pianificazione urbanistica e paesaggistica nel segno di uno sfruttamento consumistico ed intensivo dei suoli: S. Villamena, Fonti rinnovabili e zone agricole (Ovvero della destinazione di suolo agricolo per la produzione di energia), in Rivista giuridica dell’edilizia, 2015, n. 4, 157 ss..
  8. Per questa prospettiva resta fondamentale F. Spantigati, Le categorie giuridiche necessarie per lo studio del diritto dell’ambiente, in Rivista giuridica dell’ambiente, 1999, 221 ss..
  9. In senso analogo: Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 29 luglio 2015, n. 1871. Sul punto anche A. Di Cagno, La produzione di energia da fonte rinnovabile: tra interesse energetico, ambientale e paesaggistico, in https://www.ambientediritto.it/, n. 4/2022, 5 s..
  10. A partire dall’art. 194, par. 1 lett. c) del TFUE, che annovera “lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili” tra le finalità dell’Unione Europea nel settore dell’energia.
  11. Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”.
  12. Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili” (cosiddetta Direttiva RED II).
  13. Sulla semplificazione dei procedimenti autorizzatori come strumento funzionale a realizzare il principio della “massima diffusione delle energie rinnovabili”: Corte cost., 6 dicembre 2012, n. 275 (4.1); 26 luglio 2018, n. 177 (punto 4.2.) e 13 novembre 2020, n. 237 (punto 14). In letteratura: C. Mari, Le procedure amministrative semplificate per le fonti energetiche alternative nel quadro normativo europeo, in Rivista della regolazione dei mercati, n.1/2020, 113 e ss..
  14. Adottate dal Ministero dello sviluppo economico con d.m. del 10 settembre 2010 e pubblicate in Gazz. Uff. 18 settembre 2010, n. 219, sotto la rubrica “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”.
  15. Secondo un orientamento consolidato della Consulta (Corte cost., 15 aprile 2019, n. 86; 23 dicembre 2019, n. 286; 5 aprile 2018, n. 69 e 30 luglio 2021, n. 177), tali linee guida, approvate in sede di Conferenza unificata e quindi espressione del principio di leale collaborazione, «costituiscono in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria», hanno valore regolamentare, necessitano di un’applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale e quindi valgono come norme interposte (Corte cost. 15 gennaio 2014, n. 11).
  16. Così come chiarito dalla sentenza Corte cost., n. 177/ 2021 in relazione al punto 17 delle Linee guida del 2010. E poi confermato da Corte cost., 20 gennaio 2022, n. 11.
  17. Motivo per cui l’art. 12, co. 1 del d. lgs. n. 387/2003 qualifica gli impianti di energia rinnovabile come opere di «pubblica utilità indifferibili ed urgenti». Sulla rilevanza dei vincoli derivanti dagli impegni assunti a livello internazionale ed europeo in materia di mercato energetico v. anche il punto 17.2 delle Linee guida di cui al d.m. del 10 settembre 2010 e Cort. cost., 19 giugno 2019, n. 148 (punto 6).
  18. Sebbene sbilanciate in favore dell’installazione di impianti di energia rinnovabili, e sebbene la giurisprudenza amministrativa abbia sancito in via quasi esclusiva la prevalenza dell’interesse energetico, il d.lgs. n. 387/2003 e le Linee guida del 2010 restano informate alla logica del bilanciamento, senza che possa in astratto individuarsi la prevalenza di uno degli interessi coinvolti nel procedimento. Sul punto rileva S. Villamena, Fonti rinnovabili e zone agricole, cit., che: «Complessivamente considerata questa disciplina statale risulta essere improntata a proporzionalità e, più in particolare, ad uno dei suoi corollari logici più rilevanti rappresentato dalla differenziazione. Ciò poiché emerge che la valutazione di adeguatezza dovrà tener conto delle concrete differenze che sussistono nelle diverse circostanze. Ne consegue che il soggetto pubblico competente dovrà compiere una valutazione di adeguatezza-inadeguatezza in base alle diverse caratteristiche della fattispecie».
  19. Così il punto 16.4 delle Linee guida del 2010. La stessa previsione è contenuta anche nell’art. 12, co. 7, d.lgs. n. 387/2003, riferita in generale a tutti i procedimenti di autorizzazione (unica) degli impianti. L’ineludibilità di un’attività di bilanciamento è stata recentemente valorizzata dal parere reso in sede di ricorso straordinario al P.d.R. da Cons. St., Sez. I, 28 aprile 2021, n. 843 (punto 8).
  20. Nel segno della centralizzazione, l’art. 20, d.lgs. n. 199/2021 ha ridimensionato il ruolo svolto dalla conferenza unificata, di cui deve ora solo acquisirsi l’intesa, demandando l’approvazione dei principi e criteri nazionali “omogenei” a un decreto «del ministro della transizione ecologica di concerto con il ministro della cultura, e il ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali». In base all’art. 12, co. 10 del d.lgs. n. 387/2003 le linee guida nazionali erano, invece, approvate dalla «conferenza unificata, su proposta del ministro delle attività produttive, di concerto con il ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del ministro per i beni e le attività culturali».
  21. V. soprattutto art. 20, co. 8 che individua le aree da considerare “idonee” in via transitoria.
  22. Per questa prospettiva si consiglia G. Barozzi Reggiani, Il principio di massima diffusione delle energie rinnovabili e il bilanciamento tra valori costituzionalmente rilevanti nella disciplina delle c.d. aree idonee, in Rivista giuridica dell’ambiente, n. 3/2022, spec. 625 ss..
  23. Si esprime in questi termini la recente Direttiva n. 2023/2413/UE (cosiddetta Direttiva RED III che modifica la Direttiva RED II) che gli Stati membri dovranno recepire entro il 21 maggio 2025 e che innalza i target di produzione di energia da fonti rinnovabili al 42,5% entro il 2030. Sugli effetti delle “zone di accelerazione” in termini di semplificazione amministrativa v. i diversi considerando della direttiva, spec. n. 35).
  24. Ai sensi dell’art. 22 d.lgs. n. 199/2021, i tempi del procedimento autorizzatorio sono ridotti di un terzo e l’autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio, ma non vincolante. Ai sensi dell’art. 5, co. 5, lett. b) è «stabilito un accesso prioritario per gli impianti realizzati nelle aree identificate come idonee, a parità di offerta economica».
  25. E. Boscolo, Energia elettrica – agricoltura – agricoltura e produzione di energia: l’agrivoltaico di fronte al consiglio di stato, in Giur. It., 2023, n. 12, 2701 ss.. Sul punto anche S. Spuntarelli, Le rinnovabili per la transizione energetica: discrezionalità e gerarchia degli interessi a fronte della semplificazione dei procedimenti autorizzatori nel PNRR, in Diritto amministrativo, 2023, n. 1, 59 ss..
  26. Per un primo approccio all’interpretazione dell’European Green Deal come processo regolatorio di forte incidenza sulla costituzione economica dell’UE e sulle forme dell’intervento pubblico nell’economia: D. Bevilacqua, E. Chiti, Green Deal. Come costruire una nuova Europa, ilMulino, 2023; A. Moliterni, Transizione ecologica, ordine economico e sistema amministrativo, in Rivista di diritti comparati, n. 2/2022, 395 ss..
  27. Così S. Zizek, Un’uscita di sicurezza per l’umanità, in “L’internazionale”, 27 luglio 2021.
  28. Si pensi all’ampio ricorso ai regolamenti – in luogo delle direttive – ma soprattutto dal vasto utilizzo dello schema della condizionalità economica, anche al di là del quadro di incentivi legato al programma REPowerEU, nell’ambito dei pacchetti di misure di rilancio economico del Next Generation UE.
  29. E. Boscolo, Energia elettrica – agricoltura – agricoltura, cit..
  30. I vincoli europei, espressamente richiamati dall’art. 20 de d.lgs. n. 199/2021.
  31. Per cui si rimanda a A. Grignani, Un nuovo sviluppo degli impianti di energia da fonti rinnovabili, cit., 411 e ss..
  32. Si v. l’art. 65, co. 1 del d.l. n. 1 del 2012 (sulla concorrenza e lo sviluppo infrastrutturale), come conv. in l. 24 marzo 2012, n. 27. Esclusioni o riduzioni degli incentivi per l’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici avallate per altro da Corte Giust. UE, 15 aprile 2021, cause riunite C-798/18 e C-799/18.
  33. L’art. 6, co. 1, lett. l), del d.lgs. n. 199/2021 è stato abrogato dall’art. 4-ter del d.l. 9 dicembre 2023, n. 181.
  34. V. PNRR, Missione 2, componente 2, Investimento 2.2: Parco Agrisolare, a cui destina un fondo di 1,1 miliardo di euro e l’art. 14, co. 1 lett. c) del d.lgs. n. 199/2021.
  35. Art. 65, co. 1-quater del d.l. n. 1 del 2012, come introdotto dall’art. 31, co. 5 del d.l. 31 maggio 2021, n. 77, cosiddetto “Decreto Semplificazioni”, e non più modificato.
  36. Art. 65, co. 1-quinques del d.l. n. 1 del 2012 (introdotto dal “Decreto Semplificazioni” e non più modificato).
  37. Che emergono soprattutto in riferimento al d.lgs. n. 199/2021, come segnalato anche da A. Di Cagno, La produzione di energia da fonte rinnovabile, cit., 25 s..
  38. Oltre al già citato PNRR si v. anche il PNIEC, ove a p. 56 si legge che: «Si seguirà un […] approccio, ispirato alla riduzione del consumo di territorio, per indirizzare la diffusione della significativa capacità incrementale di fotovoltaico prevista per il 2030, promuovendone l’installazione innanzitutto su edificato, tettoie, parcheggi, aree di servizio, ecc. Rimane tuttavia importante per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 la diffusione anche di grandi impianti fotovoltaici a terra, privilegiando però zone improduttive, non destinate ad altri usi, quali le superfici non utilizzabili a uso agricolo. In tale prospettiva vanno favorite le realizzazioni in aree già artificiali […], siti contaminati, discariche e aree lungo il sistema infrastrutturale». Cfr. anche p. 126.
  39. Crea-centro di ricerca politiche e bioeconomia, L’andamento del mercato fondiario in Italia nel 2022. Sintesi dei risultati, redatto da A. Povellato.
  40. A. Fraschilla, La grande speculazione del fotovoltaico sui terreni agricoli, in “L’Espresso”, 30 agosto 2021.
  41. Su cui si v. M. Bortolon, La rivolta dei contadini in Europa e P. Salemi, S. Orlando, Quando il prezzo è “ingiusto”, il mercato è falsato: perché i ‘Trattori’ hanno ragione, pubblicati su “La Fionda” rispettivamente il 6 e il 21 febbraio 2024. Sullo specifico delle proteste in Piemonte: M. Vasile, S. Marano, Agricoltori in protesta. Voci dal presidio di Torino Sud, pubblicato su “Napoli Monitor”, il 17 febbraio 2024. Incentrate sulla risalente questione relativa alla fissazione dei prezzi dei prodotti agricoli, le proteste degli agricoltori sollevano preoccupazioni legate anche al funzionamento degli ecoschemi e alla ripartizione dei costi sociali della transizione ecologica.
  42. In questo senso cfr. anche la DGR della Regione Puglia del 17 luglio 2023, n. 997 e la DGR della Regione Lazio del 16 novembre 2021, n. 782.
  43. Con la D.D. del 20 febbraio 2024, n. 127, le Direzioni “Agricoltura e cibo” e “Infrastrutture, territorio rurale, calamità naturali in agricoltura” della Regione hanno infatti stabilito che «i soggetti gestori degli impianti fotovoltaici di tipo agrivoltaico sono tenuti a trasmettere, contestualmente all’attivazione dell’impianto, i dati relativi allo stesso e successivamente, annualmente entro il mese di marzo, le informazioni riguardanti la produzione agricola riferita all’anno precedente e realizzata sui terreni interessati dagli impianti agrivoltaici», utilizzando una specifica procedura online elaborata dal Consorzio di Enti Pubblici-CSI Piemonte.
  44. Con la deliberazione della Giunta regionale 23 ottobre 2023, n. 26-75.
  45. Corte cost., n. 11/2022 (4.2).
  46. Come chiarisce la stessa Delibera, considerando inoltre che «occorre evitare qualsiasi intervento che non consenta, almeno in parte, il mantenimento della produzione agricola e, al termine del ciclo di vita dell’impianto fotovoltaico, il pieno ripristino agricolo dello stato dei luoghi».
  47. Dal comunicato stampa della seduta del Consiglio dei ministri del 6 maggio 2024, n. 80.
  48. La prima versione del testo del decreto, infatti, all’art. 6 rubricato “Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo”, conteneva una secca previsione che vietava «l’istallazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra» su tutte le «zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici», senza accordare alcuna considerazione specifica né alla tecnologia agrivoltaica, né ai terreni agricoli improduttivi o collocati a breve distanza da centri industriali o fortemente antropizzati. Sulle vicende relative all’approvazione del decreto si v. ad esempio l’articolo del “Sole24ore” del 3 maggio 2024: https://www.ilsole24ore.com/art/pannelli-solari-terreni-agricoli-braccio-ferro-lollobrigida-e-pichetto-fratin-AFHYa0qD.
  49. Presentato il 13 luglio 2023 dal Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica alla Conferenza Unificata delle Regioni, lo schema accorda una considerazione specifica agli impianti agrivoltaici, nel senso di escluderli dall’ambito applicativo delle limitazioni imposte agli altri impianti fotovoltaici dalle attuali Linee guida ministeriali (i cui allegati tecnici lo schema di decreto si propone di modificare).
  50. Cfr. l’art. 20 sulle “Aree di elevato interesse agronomico” delle “Norme di attuazione” del Piano Paesaggistico Regionale e l’art. 26 delle “Norme di attuazione” del Piano Territoriale Regionale. Sul coordinamento tra strumenti di pianificazione e accentramento statale il punto 15.3 delle Linee guida ministeriali del 2010, prevede che la compatibilità degli impianti di energia rinnovabile con la destinazione agricola del terreno non necessita di varianti in sede urbanistica. Sui problemi di coordinamento tra Linee guida statali e pianificazioni territoriali di competenza regionale si v.: A. Di Cagno, La produzione di energia da fonte rinnovabile, cit..
  51. E infatti la delibera considera: «necessario creare le condizioni che consentano, in vista dell’attuazione della relativa misura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) a sostegno dell’agrivoltaico, un maggiore sviluppo di tali impianti per ridurre i costi di approvvigionamento energetico del settore e migliorarne le prestazioni climatiche ed ambientali».
  52. Dalla normativa e dalla giurisprudenza emerge un collegamento piuttosto diretto tra l’installazione degli impianti agrivoltaici e la promozione di tecniche di coltivazione che utilizzano strumenti di precisione e digitali. La stessa delibera in commento, considera «strategico» favorire la diffusione dell’energia agrivoltaica proprio nella prospettiva di promuovere le sinergie con «i sistemi riferibili ad agricoltura 4.0, così come definiti dall’ente di normazione italiano UNI nelle prassi di riferimento UNI/PdR 91/2020 “Linee guida per l’interpretazione dei requisiti cui agli allegati A e B della legge 232/2016 per l’Agricoltura 4.0 e di Agricoltura di precisione».
  53. D. Sica, O. Malandrino, Il contributo alla sostenibilità della fase end of life della filiera fotovoltaica, in Energia, ambiente e innovazione, n. 1/2017, 126 ss..
  54. Nella sent. Cons. St., Sez. VI, 23 marzo 2016, n. 1201 il collegio utilizza l’argomento della rapida obsolescenza delle tecnologie come valore aggiunto per giustificare la compressione solo “temporanea” dell’interesse paesaggistico da parte di un impianto fotovoltaico, senza considerare, però, come la stessa obsolescenza risulti invece problematica dal punto di vista dell’inquinamento degli ecosistemi.
  55. Sul problema della “quantità” di impianti la Corte costituzionale ha avuto modo di chiarire (nella sent. n. 199 del 2014) che l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 è volto «da un lato, a realizzare le condizioni affinché tutto il territorio nazionale contribuisca all’aumento della produzione energetica da fonti rinnovabili […] sicché non possono essere tollerate esclusioni pregiudiziali di determinate aree; e, dall’altro lato, a evitare che una installazione massiva degli impianti possa vanificare gli altri valori coinvolti, tutti afferenti la tutela, soprattutto paesaggistica, del territorio (ex plurimis, sentenze n. 224 del 2012, n. 308, n. 275, n. 192, n. 107, n. 67 e n. 44 del 2011, n. 366, n. 168 e n. 124 del 2010, n. 282 del 2009)».
  56. Là dove «il cibo rileva quale “legante” che mette in comunicazione la vita alla scala individuale (il singolo si alimenta per esistere e preservare il proprio stato di salute), a quella sociale – le tradizioni, le tecniche e gli stili alimentari sono prodotti culturali – ed alla scala ecologica», G. A. Primerano, Il carattere multifunzionale dell’agricoltura tra attività economica e tutela dell’ambiente, in Diritto amministrativo, n. 4/ 2019, par. 3.
  57. Nonostante l’agroecologia sia menzionata nel programma del Green Deal, essa non è poi concretamente incentivata. Sui principi dell’agroecologia e sugli studi agronomici che ne dimostrano il contributo in termini di “economia della biodiversità”, di produttività della resa agricola e di resilienza ai cambiamenti climatici: M. A. Altieri, P. M. Rossett, Sulla via della madre terra. Agroecologia: una rivoluzione tra scienza e politica, Aboca, 2019.
  58. A. Bordin, Agricoltura a tutela della circolarità e sostenibilità, in Ambiente e sviluppo, 2021, 8-9, 621 ss..
  59. Come, ad esempio, sembra fare Cons. St., Sez. IV, 12 aprile 2021, n. 2983, là dove, richiamando la sentenza citata supra alla nota 54, si afferma che «la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è infatti un’attività di interesse pubblico che contribuisce anch’essa non solo alla salvaguardia degli interessi ambientali ma, sia pure indirettamente, anche a quella dei valori paesaggistici».
  60. V. supra nota 48.