Sull’oggetto del decreto legislativo di attuazione statutaria come fonte di produzione: riflessioni in tema di bilinguismo valdostano e professione notarile

Ruggero Rudoni[1]

(ABSTRACT) ITA

Una recente sentenza resa dal T.A.R. Lazio-Roma sull’obbligo di accertamento della lingua francese per l’esercizio di attività notarili in Valle d’Aosta tocca, anche se solo incidentalmente, le incertezze interpretative insorte sulla portata della relativa disciplina di attuazione dello Statuto speciale. I dubbi applicativi investono la possibile, ma controversa estensione del perimetro di operatività del requisito linguistico alle ipotesi di mero esercizio occasionale della professione nel territorio regionale da parte di notai appartenenti a distretti notarili piemontesi, e quindi riconducibili al medesimo distretto della Corte d’appello di Torino ove è inserito anche il distretto notarile aostano. I termini della questione offrono l’occasione per approfondire, anche in una prospettiva generale, la problematica dell’oggetto del decreto legislativo di attuazione statutaria quale fonte di produzione. L’indagine intende evidenziare che la peculiare natura della fonte assume rilievo centrale sia nel processo interpretativo vertente sulle disposizioni da essa previste, sia nella successiva valutazione della legittimità dei significati normativi ad essa ascrivibili.

(ABSTRACT) EN

A recent judgment delivered by T.A.R. Lazio-Rome on the French language assessment required for the exercise of notary profession in Valle d’Aosta deals, albeit only incidentally, with the interpretative uncertainties raised on the scope of the relevant regulations implementing the Special Statute. The applicative doubts concern the possible but controversial extension of language requirement’s boundaries to cases of mere occasional practice of the profession in the regional territory by notaries belonging to Piedmontese notary districts, and therefore referable to the same district of the Court of Appeal of Turin in which the Aostan notarial district is also included. The terms of the question provide an opportunity to examine, also from a general perspective, the issue of the object of legislative decree implementing the special statute as a source of law. The paper aims at emphasising that the peculiar nature of the source is of essential importance both in the interpretative process concerning the provisions it contains, and in the subsequent evaluation of the legitimacy of its normative meanings.

Sommario:

1. Introduzione: una singolare questione interpretativa concernente la disciplina di attuazione statutaria sull’esercizio di attività notarili in Valle d’Aosta – 2. La portata dibattuta del requisito linguistico per le attività notarili in territorio valdostano: i rapporti tra la disciplina di attuazione statutaria e la legge statale regolatrice della professione – 3. I vincoli finalistici del decreto legislativo di attuazione statutaria in quanto fonte a carattere riservato e separato – 4. (Segue.) La “specialità” del modello valdostano e le sue ricadute sull’interpretazione della disposizione di attuazione statutaria in esame – 5. Il rapporto fra i vincoli finalistici e gli ulteriori (eventuali) vincoli contenutistici discendenti dalla natura subcostituzionale della fonte: l’ipotesi peculiare dell’attuazione come deroga alla normativa generale statale – 6. Conclusioni: le perduranti incertezze interpretative sulla portata del requisito linguistico per la professione notarile e il relativo seguito (politico e giudiziario)

1. Introduzione: una singolare questione interpretativa concernente la disciplina di attuazione statutaria sull’esercizio di attività notarili in Valle d’Aosta

Una recente sentenza amministrativa[2] investe la problematica ermeneutica di una disposizione recata da un decreto legislativo di attuazione dello Statuto speciale della Valle d’Aosta, l’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 263 del 2001[3] come modificato dal d.lgs. n. 26 del 2018[4], che nella sua formulazione attuale richiede ai notai l’accertamento della conoscenza della lingua francese sia per l’assegnazione di una sede nel territorio della regione, sia per l’esercizio, nello stesso, delle altre attività notarili di cui all’art. 26, secondo comma, legge n. 89 del 1913[5]. Il rinvio generale a quest’ultima disposizione statale, assente nel testo originario, era apparso estendere – almeno sul piano letterale, e non senza qualche incertezza – l’operatività del requisito linguistico ai notai piemontesi del distretto della Corte d’appello di Torino, entro cui è ricompreso anche il distretto notarile aostano, allorquando essi intendano apporre nella regione Valle d’Aosta una sede secondaria o esercitarvi occasionalmente l’attività, come sarebbe loro ammesso, appunto, dalla legge notarile[6]. La possibile, ma disputata, estensione aveva indotto il Consiglio Nazionale del Notariato a rivolgere al Ministero della Giustizia un quesito interpretativo circa l’applicabilità del requisito linguistico in siffatte ipotesi di esercizio occasionale, cui il competente dipartimento ministeriale aveva risposto con una nota di contenuto interpretativo, confermativa dell’assoggettamento alla disposizione di ogni genere di attività esercitata dai notai piemontesi nella Valle d’Aosta[7].

Sino a qui solo l’antefatto, potrebbe dirsi. In seguito, la nota ministeriale è stata, infatti, impugnata da tre notai iscritti a un consiglio notarile piemontese, i quali contestavano l’affermata estensione dell’accertamento linguistico all’esercizio occasionale di attività notarili, sostenendone la sproporzione rispetto alle finalità perseguite, di tutela delle minoranze linguistiche, e la natura discriminatoria per il trattamento differenziato da essa prodotto fra notai in posizione analoga[8]. Il relativo giudizio amministrativo è stato definito in primo grado – a distanza di cinque anni dalla sua instaurazione, e a seguito della speciale trattazione riservata allo smaltimento dell’arretrato – dalla sentenza poc’anzi menzionata, con la quale è stata dichiarata l’inammissibilità del ricorso, a fronte della ritenuta inidoneità di una nota interpretativa, quale sarebbe quella di specie, a produrre una lesione diretta e immediata nella sfera giuridica dei ricorrenti[9]. E, tuttavia, a tale esito decisorio[10] il giudice amministrativo ha accompagnato – senza che ciò fosse necessario – anche un obiter dictum nel quale ha valutato infondate le censure sollevate dai ricorrenti, che insistevano sul preteso contrasto fra il significato assegnato all’art. 1, comma 1, d.lgs. cit., e una pluralità di norme statutarie, costituzionali ed europee comunitarie, ma non concernevano l’eventuale travalicamento delle finalità assegnate dallo Statuto speciale al decreto legislativo di attuazione statutaria[11]. La disamina, solo incidentale, dei profili di impugnazione ha portato lo stesso giudice a riconoscere la congruità della previsione sul requisito linguistico, come interpretata dalla nota, rispetto alla relativa ratio giustificatrice oggettiva, rinvenuta nel fatto che le attività notarili implicano, nella regione valdostana, il necessario confronto con le realtà linguistiche presenti nel territorio. Su tali basi, nella decisione si è rilevata altresì l’illogicità della differenziazione di trattamento – cui invece l’azione giudiziaria mirava – a seconda della natura occasionale o meno dell’esercizio dell’attività notarile in loco[12].

Ne risulta, già da questi brevi cenni introduttivi, che sebbene la pronuncia si risolva in una mera declaratoria processuale, peraltro resa in esito a una trattazione semplificata[13], nondimeno il suo peculiare oggetto di merito offre l’occasione per ritornare su un argomento di particolare interesse costituzionalistico, vale a dire l’oggetto del decreto legislativo di attuazione statutaria quale fonte di produzione[14]. La tematica è stata esaminata solo parzialmente nella pronuncia, a fronte della descritta delimitazione del thema decidendum dell’azione impugnatoria. Epperò, i limiti contenutistici di tale peculiare fonte appaiono senz’altro meritevoli di essere indagati, non solo – com’è accaduto nella pronuncia – in relazione a vizi strettamente di merito, ma, ancor più in radice, in riferimento al suo ontologico vincolo finalistico, l’attuazione statutaria, che ne è fondamento e al contempo orizzonte operativo[15]. In effetti, quest’ultima verifica – pretermessa dalle difese dei ricorrenti, e non presa in considerazione dal giudice amministrativo – non può che apparire logicamente prioritaria, giacché orienta l’attività ermeneutica sulla disposizione di attuazione statutaria, e in particolare consente di selezionare, nel ventaglio dei possibili significati ascrivibili al disposto letterale – sempre che in concreto ve ne sia una pluralità –, quelli che possano dirsi rientranti nei confini dell’attuazione[16].

2. La portata dibattuta del requisito linguistico per le attività notarili in territorio valdostano: i rapporti tra la disciplina di attuazione statutaria e la legge statale regolatrice della professione

Le premesse metodologiche esposte impongono, quindi, di saggiare la configurabilità di ciascuna delle due soluzioni interpretative della disposizione di attuazione statutaria in esame, come si è detto, l’una favorevole e l’altra contraria all’operatività del requisito linguistico in presenza di attività notarili solo occasionali nella regione. Si pone, cioè, l’esigenza di vagliare la reale consistenza del dubbio ermeneutico, ché altrimenti la portata della disposizione – nell’unico significato ritenuto, in tesi, sostenibile – potrebbe porsi in discussione, semmai, solo sul piano della legittimità, apparendo inevitabilmente un fuor d’opera ogni dissertazione intorno alla sua interpretazione, in senso stretto intesa. Si tratta di una disamina che, lungi dall’assumere rilievo solamente sotto l’aspetto teorico, non è priva di implicazioni concrete, dato che l’affermazione (o, per contro, il diniego) dell’incertezza applicativa costituisce un elemento di sicuro interesse in chiave prospettica, sia per ipotizzare le forme e i presupposti di un nuovo, eventuale contenzioso, nel quale tale incertezza possa essere eventualmente disputata, sia per valutare – è forse superfluo rilevarlo – l’opportunità e, nel caso, i contenuti di un ulteriore intervento normativo, anche in considerazione della natura della fonte interessata.

Senza approfondire, per il momento, questi aspetti di ordine generale[17], e limitando il campo di osservazione ai contenuti della recente sentenza, si può rilevare che la verifica circa l’effettiva sussistenza della questione ermeneutica appare di per sé utile – anche in un’ottica particolare – a muovere qualche rilievo critico sulle argomentazioni addotte dal giudice amministrativo in riferimento al merito della controversia. Nella pronuncia, a ben vedere, sembra sia negata, alla base, l’esistenza di tale questione, sul presupposto che la tesi più restrittiva dell’ambito di applicazione della disposizione sarebbe contraria ai canoni ermeneutici. Invero, nonostante l’apparente assolutezza della conclusione, astrattamente riferibile a ogni criterio interpretativo, l’approdo si deve eminentemente all’utilizzo di due criteri ermeneutici, quello letterale e quello logico[18]. L’icasticità del passo motivazionale – inevitabile, stante la sua estraneità alla ratio decidendi processuale della sentenza – sembra restituire il mancato confronto con altri criteri ermeneutici, quali ad esempio quelli che pongono l’accento su elementi sistematici e storici, il cui impiego avrebbe consentito di cogliere a pieno i termini della problematica insorta sul contenuto normativo dell’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 263 del 2001.

È indubbio, infatti, che la disciplina di attuazione statutaria in esame sia dotata di caratteri propri, se solo si considera che il suo oggetto – e, allo stato, anche la sua formulazione – implica una lettura combinata con la disciplina statale sulla professione notarile, rispetto alla quale essa istituisce un trattamento derogatorio operante anche nei riguardi di notai assegnati a sedi estranee al territorio valdostano. Pertanto, ai fini della individuazione del significato della disposizione, o dei suoi possibili significati, non pare possa essere pretermessa la ricostruzione dell’evoluzione che entrambe le discipline hanno avuto nel corso del tempo.

Procedendo con ordine, si può rilevare che l’originario tenore letterale dell’art. 1, comma 1, d.lgs. cit. riferiva il requisito della piena conoscenza della lingua francese alla sola assegnazione di una sede notarile nella regione[19], quando ancora – all’epoca – l’art. 26, secondo comma, l.n., anch’esso nella sua formulazione originaria, consentiva al notaio lo svolgimento delle attività professionali solo entro il distretto notarile di assegnazione[20]. La restante parte della disciplina di attuazione statutaria, rimasta ad oggi immutata, affidava l’accertamento linguistico a una commissione nominata con decreto del presidente della giunta[21], indicava quali criteri per la valutazione e l’accertamento della lingua quelli richiesti dalla normativa regionale per i più alti livelli della funzione dirigenziale[22], e tratteggiava le scansioni procedurali dell’accertamento[23]. Sotto questo profilo, per i notai “di nuova nomina” si stabiliva che il consiglio notarile di Aosta dovesse presentare l’istanza per la nomina della commissione entro trenta giorni dalla pubblicazione dei concorrenti che avessero superato le prove scritte, e si faceva coincidere il termine di conclusione delle prove di accertamento con la pubblicazione dell’elenco delle sedi disponibili per l’assegnazione ai vincitori del concorso[24]. Nella diversa ipotesi dei “notai in esercizio che intend[essero] concorrere per l’assegnazione di sedi vacanti in Valle d’Aosta” si prevedeva che gli stessi notai richiedessero al consiglio la presentazione dell’istanza, mentre non si disciplinava espressamente la tempistica di svolgimento delle prove di accertamento[25].

La novella recata dal d.lgs. n. 26 del 2018, introduttiva della formulazione vigente dell’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 263 del 2001, faceva seguito a una duplice modifica sull’art. 26, secondo comma, l.n. medio tempore intervenuta. Con una prima estensione del perimetro territoriale di esercizio delle attività notarili, nel 2012, si prevedeva infatti che il notaio avrebbe potuto recarsi per ragioni del suo ufficio in tutto il distretto della Corte d’appello e aprire un ufficio secondario nel distretto notarile di assegnazione[26]. Con un secondo e ancor più significativo intervento, nel 2017, si stabiliva che tanto l’esercizio di attività notarili quanto l’apertura di un unico ufficio secondario sarebbero stati ammessi in tutto il territorio regionale o, in caso di distretto di Corte d’appello extra-regionale, nell’intero territorio distrettuale in ipotesi comprensivo di più regioni[27]. Quindi, per quanto di interesse, la prima estensione rendeva possibile per i notai piemontesi l’esercizio occasionale della professione in Valle d’Aosta, solo la seconda consentiva loro l’apertura nella regione anche di un ufficio secondario.

Le modifiche della disciplina di attuazione statutaria seguivano di un anno quest’ultima novità legislativa, e apparivano da essa occasionate. In effetti, sia nella relazione che accompagnava la trasmissione dello schema di decreto al consiglio regionale[28], sia nella discussione antecedente al rilascio del parere da parte del medesimo consiglio[29] l’attenzione era focalizzata sull’esigenza di armonizzare la disciplina del 2001 con la neo-introdotta possibilità per i notai piemontesi di avere nella regione uffici secondari. Non veniva, invece, direttamente presa in considerazione l’ipotesi di esercizio nella regione di prestazioni notarili occasionali da parte degli stessi notai piemontesi, ipotesi che pure era già ammessa – come si è detto – a partire dal 2012. Ciononostante, il tenore testuale della novella richiedeva – e la disposizione di attuazione statutaria in esame tuttora richiede – il requisito linguistico, oltre che per l’assegnazione della sede, per l’esercizio nella regione di tutte le funzioni notarili di cui al secondo comma dell’art. 26 l.n., onde anche per l’apertura di un ufficio secondario e, almeno sul piano letterale, per lo svolgimento di attività occasionali[30]. A tali modifiche, peraltro, non conseguiva l’introduzione di una precipua disciplina procedurale per l’accertamento della lingua francese nelle ipotesi aggiunte, di tal che si poneva – e si pone – l’ulteriore problema di un’eventuale applicazione analogica della disciplina prevista in relazione all’assegnazione nella regione della sede principale[31].

Dunque, tirando le fila del discorso sotto questo profilo, si può osservare che, pur di fronte a un tenore letterale in sé inscalfibile nel ricomprendere l’esercizio occasionale della professione, l’adozione di altri canoni ermeneutici – non esplorati dal tribunale amministrativo regionale – sembrano lasciar intravedere argomenti non privi di consistenza a sostegno della soluzione opposta[32]. Se ne ricava che i dubbi interpretativi alla base del quesito rivolto al Ministero, prima, e dell’azione giudiziaria amministrativa, poi, apparivano, e appaiono, meritevoli di un approfondimento maggiore di quello che è stato loro riservato – verosimilmente per le ragioni processuali contingenti di cui si è detto – nella pronuncia amministrativa.

3. I vincoli finalistici del decreto legislativo di attuazione statutaria in quanto fonte a carattere riservato e separato

Il processo ermeneutico della disposizione di attuazione statutaria impone, a questo punto, di verificare la conformità dei suoi possibili significati alle finalità proprie della fonte. Tale profilo non è stato affatto valorizzato nel caso di specie, considerato che il giudice amministrativo ha ricostruito la portata della disposizione senza tenere conto delle specificità dell’atto normativo in cui essa è ricompresa, trattato alla stregua di una normale fonte primaria[33]. Eppure, anche in assenza di una precipua doglianza riferita alla (presunta) violazione della norma sulla produzione recata dallo Statuto speciale, ossia l’art. 48-bis St. V.d’A.[34], una siffatta verifica sembrava configurarsi quale ineludibile passaggio logico, prodromico a ogni dissertazione circa l’estensione contenutistica assegnata alla disposizione dalla nota interpretativa ministeriale, e in quella sede contestata[35].

Per quanto di interesse, la tematica della delimitazione oggettiva del decreto legislativo di attuazione statutaria[36] è stata istruita sia in una prospettiva olistica, guardando alla fonte quale genus comprensivo dei singoli modelli regionali speciali[37], sia in un’ottica particolaristica, focalizzandosi sulle singole species definibili sulla base delle differenti formulazioni letterali delle disposizioni statutarie disciplinanti la fonte[38]. La prima traiettoria di indagine si sofferma sull’enucleazione dei possibili contenuti del concetto di ‘attuazione’, che rappresenta la chiave di volta e, allo stesso tempo, il trait d’union delle diverse configurazioni regionali[39]. In tal senso, l’oggetto tipico dell’attuazione è stato rinvenuto nella ‘prima attuazione’[40], che coinvolge il trasferimento di funzioni e risorse in relazione alle previsioni statutarie attributive di funzioni[41], e nella cd. ‘attuazione in senso stretto’, che concerne la disciplina delle relazioni fra lo Stato e la regione interessata[42].

In quest’ultima accezione, il contenuto attuativo non si esaurisce nella semplice ‘definizione’ delle competenze e funzioni della singola regione ad autonomia speciale – secondo, cioè, una logica di mera precisazione e completamento delle previsioni statutarie[43] – o nel semplice ‘coordinamento’ delle stesse nelle ipotesi di interconnessione fra le materie affidate alla regione e le materie di competenza statale. Ma alla disciplina di attuazione compete anche una funzione di ‘integrazione’ delle disposizioni statutarie[44], in coerenza con una concezione dinamica di inveramento della specialità regionale[45]; e una simile funzione, una volta ammessa, è capace di giustificare la riconducibilità alla categoria normativa in esame anche di discipline che appaiono praeter Statutum[46]. Anzi, l’ampiezza assegnata allo scopo integrativo nella prassi ha portato talora a interrogarsi addirittura sull’eventuale portata contra Statutum di singoli interventi pretesamente attuativi[47].

Ad ogni modo, tralasciando queste ipotesi eccezionali, si può rilevare che l’attuazione concepita come ‘integrazione’ è idonea a fondare l’istituzione, tramite la fonte, di discipline derogatorie rispetto alla normativa generale dello Stato, funzionali ad adeguarne i contenuti agli elementi di peculiarità regionale. Se ne trae un evidente polimorfismo della disciplina integrativa, a fronte delle sue molteplici, potenziali direttrici di operatività. In effetti, l’attuazione come deroga incrocia l’essenza della specialità regionale, trovando paradigmatica concretizzazione, fra l’altro, proprio nella normativa di attuazione introdotta per la tutela, o comunque per la regolazione, di aspetti connessi alle realtà linguistiche della regione[48].

4. (Segue.) La “specialità” del modello valdostano e le sue ricadute sull’interpretazione della disposizione di attuazione statutaria in esame

Alle osservazioni appena svolte sul tratto sostanziale comune della fonte intesa quale categoria unitaria, nel nostro caso deve inevitabilmente accompagnarsi la considerazione della specificità del modello valdostano, che si esplica sia sul piano procedimentale sia – ciò che qui rileva – sul piano contenutistico[49]. Nel contesto regionale di interesse, l’originaria assenza di una disposizione statutaria disciplinante l’attuazione in termini generali è stata superata con l’introduzione del menzionato art. 48-bis, ad opera della legge cost. n. 2 del 1993. Tale disposizione individua il possibile oggetto della fonte con un livello di dettaglio sconosciuto alle corrispondenti previsioni degli altri Statuti speciali, descrivendo un duplice corpo normativo, vale a dire “le disposizioni di attuazione” e “le disposizioni per armonizzare la legislazione nazionale con l’ordinamento della regione Valle d’Aosta, tenendo conto delle particolari condizioni di autonomia attribuita alla regione”[50]. E, se l’attuazione trova evidentemente corrispondenza negli altri modelli regionali, l’armonizzazione costituisce una singolarità del modello valdostano, la cui previsione si presta a letture, anche contrastanti, volte a valorizzarla quale proprium della specialità della regione ovvero, a ridurla, all’inverso, a semplice specificazione della finalità attuativa[51].

Senza poter qui approfondire la problematica dei rapporti fra i due contenuti normativi, nelle sue sfaccettature e ricadute, si può comunque rilevare che l’armonizzazione sottende la finalità di adattare le normative statali al contesto peculiare dell’ordinamento valdostano, e in tale significato essa sembra sovrapporsi al concetto di attuazione intesa come ‘integrazione’, e in particolare a quello di attuazione come ‘deroga’ rispetto all’ordinamento statale[52]. Sul piano teorico, la sovrapposizione pare solamente parziale, considerato che la pluralità di forme nelle quali l’armonizzazione è suscettiva di manifestarsi potrebbe, a ragione, indurre a escludere che la sua portata applicativa si consumi nella deroga. E, anzi, siffatta duttilità dovrebbe suggerire l’adozione di un approccio casistico, che consenta di declinare il contenuto a seconda del campo ordinamentale interessato o degli scopi perseguiti dall’intervento normativo. Ma se pure si accedesse alla tesi opposta, che nega la distinzione fra attuazione e armonizzazione, anche in tal caso l’espressa menzione della seconda nello Statuto speciale non sarebbe privo di ricadute concrete. L’endiadi che ne risulterebbe – ossia ‘attuazione’ e ‘armonizzazione’ – sarebbe comunque in grado di rafforzare il fondamento della sopra descritta finalità di integrazione statutaria, e quindi di giustificare l’ampliamento della fonte, che a ben vedere si è realizzato nell’esperienza valdostana[53].

Quindi, così ricostruite le finalità che lo Statuto speciale assegna alla fonte, sembra possibile ricondurre ad esse la disposizione di attuazione rilevante nel caso di specie, che – come si è osservato in precedenza[54] – istituisce una deroga rispetto alla legge notarile in merito ai requisiti di esercizio della professione. In tale ottica, infatti, la previsione si pone anzitutto in una logica di ‘armonizzazione’, in quanto è volta ad adattare l’operatività della disciplina statale a un contesto nel quale la professione deve confrontarsi con atti pubblici redatti anche in lingua francese, e a un territorio – quello regionale valdostano – inserito all’interno di un distretto di Corte d’Appello extra-regionale. Al contempo, la stessa previsione configura una disposizione di ‘attuazione’ avente funzione integrativa della disciplina statutaria, giacché individua i termini entro cui il principio del bilinguismo deve essere assicurato nell’esercizio di una professione avente anche risvolti pubblicistici[55].

Dunque, ciascuna delle due direttrici descritte porta a ritenere congruenti con le finalità della fonte tanto le ragioni che giustificano l’introduzione della deroga, quanto i mezzi attraverso cui tali finalità sono realizzate, quale che sia il significato, restrittivo o estensivo, da attribuirsi alla disposizione di attuazione statutaria. E, infatti, al pari della disciplina sulle forme di esercizio professionale “stabilizzato”, anche quella sull’esercizio occasionale appare meritevole di essere adattata all’ambito regionale speciale, e a tal fine l’accertamento della lingua francese sembra costituire un mezzo giustificabile e adeguato, in considerazione sia del bilinguismo nella regione, sia dei caratteri propri della professione.

5. Il rapporto fra i vincoli finalistici e gli ulteriori (eventuali) vincoli contenutistici discendenti dalla natura subcostituzionale della fonte: l’ipotesi peculiare dell’attuazione come deroga alla normativa generale statale

La riconducibilità alle finalità di attuazione e armonizzazione dell’an e del quomodo dell’intervento normativo in esame finisce per restringere, di fatto, il perimetro di operatività di quegli ulteriori limiti contenutistici che discendono dalla natura subcostituzionale della fonte[56]. In altri termini, in presenza – come nel caso di specie – di una disposizione attuativa che assolve una funzione derogatoria rispetto alla normativa generale statale, la valutazione circa la sua compatibilità con la relativa norma sulla produzione sembra sovrapporsi, almeno in parte, con il sindacato sul merito della deroga, e in particolare con riguardo all’idoneità della ratio, all’adeguatezza della misura e alla sproporzione delle implicazioni. In tal senso, sembra potersi affermare, in linea teorica, che l’inidoneità della giustificazione fondante l’introduzione del trattamento differenziato è in grado di determinare l’illegittimità della disciplina attuativa, prim’ancora che per profili strettamente di merito, più in radice per il superamento dei confini oggettivi ad essa assegnati dallo Statuto speciale. Allo stesso modo, l’adozione di mezzi, in tesi, non adeguati agli scopi (pur idonei) dell’intervento normativo si traduce nell’illegittimità della medesima disciplina attuativa per la sua estraneità alla finalità propria, in quanto essa non sarebbe capace di assicurarne il perseguimento. E, ancora, l’eventuale sproporzione (per eccesso) delle misure previste comporta l’illegittimità della disciplina attuativa, quanto meno per quegli aspetti della stessa disciplina che comportino il travalicamento della menzionata finalità propria.

Una dimostrazione di quanto appena osservato può trarsi, su di un piano particolare, proprio dal caso deciso con la recente sentenza esaminata. Se, infatti, il giudice amministrativo avesse anzitutto verificato la conformità della soluzione interpretativa contestata rispetto alla rilevante norma sulla produzione, non avrebbe dovuto neppure svolgere la valutazione logicamente successiva – invece, come si è detto, la sola in concreto compiuta – in ordine ai presunti vizi di merito. La valorizzazione della specificità della fonte già nell’ambito del processo ermeneutico avrebbe consentito di individuare con maggiore precisione la ragione giustificatrice della deroga, ossia breviter l’adattamento della disciplina statale allo svolgimento nella regione speciale della professione notarile. Il che sarebbe apparso sufficiente a far riconoscere – per le motivazioni sopra illustrate – idonea, adeguata e proporzionata la previsione del requisito linguistico anche in caso di esercizio occasionale delle attività notarili, e avrebbe altresì portato a considerare le ricadute operative sui notai piemontesi quali inevitabili effetti riflessi di una disciplina derogatoria, derivanti dal singolare inserimento del territorio regionale nel distretto della Corte d’appello di Torino[57].

D’altronde, tale superfluità della disamina dei vizi di merito, lungi dal discendere da un’ipotetica unicità del caso di specie, è manifestazione concreta – o, meglio, sarebbe stata manifestazione concreta – di quelle caratteristiche affatto particolari che connotano l’assoggettamento dei decreti legislativi di attuazione statutaria a un eventuale sindacato di legittimità (costituzionale). La letteratura ha, infatti, segnalato che la considerazione delle peculiarità ontologiche della fonte – nella quale si sostanzia l’incontro delle volontà politiche statali e regionali in esito a un procedimento speciale – trova corrispondenza, quale dato ricavabile dalla prassi giudiziaria, nell’adozione di un atteggiamento di self-restraint della Corte costituzionale, riscontrabile non soltanto nell’esame dei vizi di competenza, ma anche in relazione ai vizi di merito. In effetti, se la valutazione circa la corrispondenza alle finalità proprie costituisce – come sembra dover essere – il prius logico di ogni processo ermeneutico sulla fonte anche quando non siano formalmente censurati vizi di competenza, l’interpretazione dei concetti di ‘attuazione’ o di ‘armonizzazione’ è suscettiva di inevitabili ripercussioni sulle valutazioni di merito[58].

La correlazione fra vizi di competenza e di merito emerge, d’altro canto, dagli approdi della stessa giurisprudenza costituzionale. Se ne ha evidenza, ad esempio, nella paradigmatica sentenza n. 213 del 1998[59], nella quale la Corte costituzionale ha escluso di poter estendere la disciplina attuativa della regione Trentino Alto-Adige allora in esame, relativa all’uso della lingua tedesca e ladina nei processi giurisdizionali, a quelli dinanzi al tribunale militare di Verona. In tal caso, l’infondatezza della questione – che era stata sollevata per soli vizi di merito – è dipesa proprio dalla necessaria enfatizzazione dei caratteri propri della fonte, e in particolare dal fatto che l’ampliamento operativo prospettato dal giudice rimettente avrebbe determinato una rottura del rapporto di congruenza fra normativa di attuazione e disciplina statutaria. È significativo, peraltro, che proprio in quell’occasione il Giudice delle leggi abbia chiarito, in termini generali, che il controllo di costituzionalità sui decreti legislativi di attuazione statutaria può svolgersi “quando [essi] contraddicano il loro compito di armonizzare nell’unità dell’ordinamento giuridico i contenuti e gli obiettivi particolari dell’autonomia”, con l’ulteriore precisazione che “al di fuori di questa eventualità, [tali fonti] rappresentano, tra le realizzazioni astrattamente possibili dell’autonomia regionale speciale, quelle storicamente vigenti”[60]. Ma un siffatto legame fra le due tipologie di vizi, di competenza e di merito, sembra confermarsi, inoltre, anche nei pur rari casi di dichiarazioni di illegittimità costituzionale[61], come può trarsi dal più recente e rigoroso orientamento emerso nel sindacato sulle norme attuative siciliane in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli, orientamento che ha trovato espressione nelle sentenze nn. 9 e 120 del 2024[62].

6. Conclusioni: le perduranti incertezze interpretative sulla portata del requisito linguistico per la professione notarile e il relativo seguito (politico e giudiziario)

L’indagine condotta porta, quindi, a condividere solo negli esiti il giudizio di infondatezza espresso dal giudice amministrativo – in un passaggio incidentale della sentenza – sui profili di illegittimità prospettati dai notai ricorrenti circa l’interpretazione della disposizione di attuazione statutaria oggetto della nota ministeriale impugnata. Come si è visto, la natura della fonte normativa assume rilievo assolutamente centrale sia nel processo ermeneutico, inteso quale operazione di estrazione dei possibili significati dal significante, sia nel successivo processo valutativo, ossia nella verifica della conformità di tali significati alle norme sovraordinate. E, nella specie, un adeguato apprezzamento di tale natura avrebbe dovuto indurre a far esaminare prioritariamente la congruenza fra l’interpretazione estensiva assegnata alla disposizione e le finalità della fonte, quindi l’attuazione statutaria e l’armonizzazione. Sicché, riconosciuta la sussistenza di tale corrispondenza, nei termini che si sono illustrati, si sarebbe disvelata anche l’inconsistenza degli argomenti addotti a sostegno dei motivi di annullamento della nota ministeriale, in quanto la loro configurazione insisteva su aspetti – la sproporzione della misura e la disparità di trattamento determinata dalla stessa – invero già oggetto di considerazione nell’ambito della valutazione, logicamente anteriore, intorno alla congruità finalistica della disposizione[63].

A questo punto, è però opportuno precisare che le notazioni critiche sinora svolte investono (soltanto) le ragioni per le quali non sembra possibile censurare l’interpretazione estensiva predicata dall’atto impugnato nel giudizio amministrativo. Queste stesse notazioni, all’inverso, non escludono affatto che – spostandosi su di un diverso livello discorsivo – anche l’altra soluzione ermeneutica, quella prospettata dai ricorrenti, fosse (e sia) ragionevolmente accettabile o comunque suffragabile. E, d’altronde, pare pleonastico osservare – senza voler apparire didascalici – che altro è affermare la riconducibilità a detta disposizione del significato più ampio (che ricomprende l’esercizio occasionale della professione notarile) e l’impossibilità di muovere su di esso censure sul piano della legittimità, altro è negare – tesi che qui non si intende sostenere – che alla disposizione sia ascrivibile anche un diverso significato, più restrittivo.

Certo, l’interpretazione affermata nella nota ministeriale sembra essere quella più coerente tanto con il tenore letterale della disposizione, che rinvia all’art. 26, secondo comma, l.n. nel suo complesso, quanto con la ratio oggettiva dell’intervento normativo derogatorio, il quale risulta giustificabile in relazione a ogni attività notarile. Nondimeno, a tali argomenti se ne possono contrapporre diversi che militano nel senso opposto. E, infatti, depongono in favore dell’interpretazione restrittiva sia la natura della disposizione, in tesi suscettiva di stretta interpretazione proprio in quanto derogatoria, sia le ragioni alla base della novella legislativa che ha portato all’attuale formulazione, apparentemente occasionata dalla (allora) neo-introdotta possibilità per i notai piemontesi di aprire uffici secondari in Valle d’Aosta[64], sia la sistematica nella quale la stessa disposizione si inserisce, considerato che manca, nel corpo normativo recato dal d.lgs. n. 263 del 2001, una precipua disciplina della procedura di accertamento linguistico per le ipotesi di esercizio occasionale[65].

Nella specie, in definitiva, si è al cospetto di una questione di pura ermeneutica, in quanto entrambe le contrapposte soluzioni interpretative sono in concreto sostenibili. A fronte di siffatte incertezze sembra auspicabile, anche in coerenza con le specificità della fonte recante la disposizione qui di interesse[66], un nuovo intervento normativo volto a dipanare i perduranti nodi interpretativi, il quale potrebbe rappresentare l’occasione per modulare il requisito linguistico, nei suoi aspetti sostanziali e procedurali, alle ipotesi di esercizio occasionale della professione nel territorio valdostano[67]. E, sul punto, l’idoneità della disciplina a produrre effetti anche sull’attività dei notai dei distretti piemontesi potrebbe portare a valutare l’opportunità di un coinvolgimento della regione Piemonte secondo una logica di leale cooperazione[68].

In attesa di un simile intervento, tuttavia, non può escludersi che i dubbi interpretativi sulla disposizione si ripropongano in sedi giudiziarie diverse da quella nella quale è stata resa la pronuncia in commento. In tale ottica, si può prefigurare – invero non senza qualche profilo di criticità sul piano processuale – l’instaurazione di un’azione giudiziaria, dinanzi al giudice civile, avente ad oggetto l’accertamento del diritto dei notai appartenenti ai distretti piemontesi di esercitare occasionalmente la professione nel territorio valdostano, anche in assenza dell’accertamento della conoscenza della lingua francese[69]. Non solo, ma si può anche ipotizzare che le incertezze operative sulla disposizione assumano rilievo sul piano disciplinare, in caso di esercizio dei relativi poteri sanzionatori nei riguardi di un notaio che, assegnato a un distretto notarile piemontese e privo di sede secondaria nel territorio valdostano, abbia comunque formato (occasionalmente) un atto nella regione speciale, su richiesta di un cliente. In quest’ultimo scenario, tuttavia, alle questioni interpretative già descritte se ne affiancherebbero altre, ancor più significative, in ragione dei rapporti che si verrebbero a istituire fra la disposizione di attuazione statutaria e la disciplina sanzionatoria disciplinare[70], in particolare per le ricadute che si avrebbero sul piano ermeneutico a causa dell’assunzione, da parte della prima, di una funzione integrativa della fattispecie di illecito[71]. Se ne ricava, dunque, che anche nei contesti processuali appena tratteggiati – così come in quelli ulteriori che, in astratto, possano immaginarsi[72] – si presentano difficoltà di non secondaria importanza, il che induce a nutrire perplessità intorno all’idoneità di tali sedi giudiziarie a costituire il “luogo” di risoluzione della disputa interpretativa[73].

  1. Assegnista di ricerca in diritto costituzionale presso l’Università di Torino.
  2. T.A.R. Lazio-Roma, sez. I stralcio, sent. 2 febbraio 2024 (dep. 29 aprile 2024), n. 8449, reperibile sul sito www.giustizia-amministrativa.it/ (ultimo accesso: 30 luglio 2024).
  3. Cfr. art., comma 1, d.lgs. 22 maggio 2001, n. 263, recante Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Valle d’Aosta in materia di accertamento della lingua francese per l’assegnazione di sedi notarili.
  4. Cfr. art. 1, comma 1, d.lgs. 2 marzo 2018, n. 26, recante Norma di attuazione dello Statuto speciale della regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste recante modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 22 maggio 2001, n. 263, in materia di accertamento della conoscenza della lingua francese per l’assegnazione di sedi notarili.
  5. La versione vigente della disposizione, risultante a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 26 del 2018 prevede che “

    er ottenere l’assegnazione di una sede nella regione e per l’esercizio nella stessa regione delle funzioni notarili ai sensi dell’articolo 26, secondo comma, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, e successive modificazioni, al notaio è richiesta la piena conoscenza della lingua francese, accertata da una commissione nominata con decreto del presidente della giunta e composta da un rappresentante del collegio notarile, un rappresentante del Ministero della giustizia ed un rappresentante della regione.”.

  6. Cfr. art. 26, secondo comma, legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili; d’ora in poi “l.n.”, che nella formulazione vigente così recita: “Il notaio può recarsi, per ragione delle sue funzioni, in tutto il territorio della regione in cui si trova la propria sede, ovvero in tutto il distretto della Corte d’appello in cui si trova la sede, se tale distretto comprende più regioni. Salve in ogni caso le previsioni dell’articolo 82, può aprire un unico ufficio secondario in qualunque comune della regione ovvero in tutto il distretto della Corte d’appello se tale distretto comprende più regioni.”.
  7. Cfr. la nota interpretativa del Dipartimento per gli Affari di Giustizia – Direzione Generale della Giustizia Civile Ufficio II – Reparto Notariato, Protocollo m_dg.DAG:30/11/2018.0239873.U.
  8. Nella sentenza si legge che, secondo i ricorrenti, “la interpretazione resa [sull’] articolo 1, comma 1, del D.lgs. 22 maggio 2001, n. 263, come modificato dall’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 2 marzo 2018, n. 26 […] nel parere impugnato [recte, nella nota impugnata], sarebbe contraria ai principi costituzionali e del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, in quanto trasformerebbe gli interventi legislativi adottati per la protezione di idiomi di gruppi locali di minoranza in metodi orientati a privilegiare realtà minoritarie.”. E, ancora, nella pronuncia si legge che i ricorrenti “assumono che, se per la stabile organizzazione di uno studio notarile (cioè per l’assegnazione di una sede notarile in Valle d’Aosta) apparirebbe proporzionato e non discriminatorio, in confronto allo scopo perseguito, assicurare il bilinguismo dell’ufficiale rogante (il quale verosimilmente deve confrontarsi quotidianamente con le diverse realtà linguistiche del territorio) e alla medesima conclusione potrebbe giungersi anche per l’apertura di un c.d. ufficio secondario di un notaio in Valle d’Aosta (che assume le forme della stabile organizzazione), nessuna proporzione del mezzo risulterebbe invece rinvenibile nel considerare il genus attività notarile attratto nel[l’]obbligo dell’accertata conoscenza della lingua francese anche per l’attività notarile occasionale, non connotata dai requisiti della stabile organizzazione, in quanto avente, quale principale caratteristica, quella di essere sollecitata direttamente dalla parte e non di essere il risultato di una scelta basata sulla presenza territoriale del notaio. D’altra parte, estendere l’obbligo della conoscenza della lingua francese ad ogni notaio piemontese che presti attività occasionale in Valle d’Aosta risulterebbe, secondo i ricorrenti, altresì discriminatoria in quanto imporrebbe una barriera funzionale tra soggetti aventi gli stessi requisiti soggettivi ed oggettivi, differenziati solo dalla allocazione della sede principale o secondaria nel territorio della Repubblica.” (si v. T.A.R. Lazio-Roma, sent. cit., § 1 Fatto).
  9. Cfr. T.A.R. Lazio-Roma, sent. cit., § 1.1. Dir., ove si ribadisce l’orientamento giurisprudenziale, secondo cui “in presenza di circolari interpretative, ovvero di atti attraverso i quali l’amministrazione si sia limitata a fornire chiarimenti di carattere interpretativo sulla normativa di settore, non ricorre, a mezzo di esse, la fissazione di regole caratterizzate da una chiara incidenza sulla sfera giuridica dei terzi, non essendo dotate di quel crisma dell’autonoma lesività che ne giustifica la possibilità di immediata ed autonoma impugnazione.
  10. Peraltro, a fronte dell’incidenza della disposizione oggetto di interpretazione sui requisiti di esercizio della professione notarile, e delle potenziali ricadute disciplinari in caso di violazione della medesima disposizione (su cui si tornerà infra, si v. § 6), sembra possibile dubitare della riaffermazione nella specie dell’orientamento giurisprudenziale alla base dell’esito processuale di inammissibilità.
  11. Il motivo di annullamento onnicomprensivo formulato dalla difesa dei notai ricorrenti concerneva la violazione e/o falsa applicazione, oltre che della stessa disposizione di attuazione statutaria (art. 1, comma 1, d.lgs. n. 263 del 2001) in tesi interpretata erroneamente, della norma statutaria sul bilinguismo (art. 38 St. V.d’A.), degli obblighi costituzionali in tema di uguaglianza e minoranze linguistiche (artt. 2, 3, 5 e 6 Cost.) e dei correlativi obblighi comunitari (art. 167 TFUE).
  12. Cfr. T.A.R. Lazio-Roma, sent. cit., § 1.1. Dir., quanto al passaggio motivazionale in cui sono valutati incidentalmente i vizi di merito. Vi si legge che i notai “svolgono un’attività che, implicando un quotidiano confronto con le diverse realtà linguistiche presenti nel territorio regionale di riferimento, è necessario posseggano la conoscenza della lingua francese secondo le modalità previste dalla norma. Né tale previsione appare discriminatoria rispetto alla posizione dei notai che non esplicano le loro funzioni in Val d’Aosta, posto che un simile requisito viene richiesto ai fini dell’equo bilanciamento dei diversi interessi caratterizzanti le realtà specifiche della regione.”. Si aggiunge, inoltre, che “sarebbe illogico diversificare il grado di conoscenza della lingua francese richiesta ai notai che svolgono la professione in Val d’Aosta in relazione lle modalità organizzative in cui la stessa si esplica, non potendosi far derivare una tale diversità di disciplina (che la norma, invero, non prevede affatto e che, anzi, si porrebbe in contrasto con i canoni di interpretazione) dalla occasionalità o meno dell’esercizio dell’attività stessa.”.
  13. Si tratta della procedura di smaltimento dell’arretrato prevista dall’art. 87, comma 4-bis, c.p.a..
  14. Sotto questo profilo, cfr. ex multis le opere monografiche di M. Cosulich, Il decreto legislativo di attuazione statutaria nelle regioni ad autonomia speciale, Napoli, 2017, spec. pp. 111 ss.; M. Sias, Le norme di attuazione degli Statuti speciali. Dall’autonomia differenziata all’autonomia speciale, Napoli, 2012; G. Grimaldi, Le norme di attuazione degli Statuti regionali speciali, Palermo, 1969; G. La Barbera, Le norme di attuazione dello Statuto siciliano, Milano, 1967; A. Bracci, Le norme di attuazione degli Statuti per le Regioni ad autonomia speciale, Milano, 1961; nonché le voci di F. Gabriele, Decreti legislativi di attuazione degli Statuti speciali, in Enciclopedia Giuridica Treccani, vol. X, 1988, pp. 1-24; V. Casamassima, Decreti legislativi di attuazione degli Statuti speciali, in Dizionario di Diritto pubblico, vol. III, 2006, pp. 1736-1743. Sotto altro profilo, non direttamente rilevante in questa sede, le riflessioni scientifiche sul decreto legislativo di attuazione statutaria concernono anche la sua attitudine a costituire parametro interposto di costituzionalità o – a seconda delle prospettive – comunque a estendere il parametro di costituzionalità: cfr. M. Siclari, Le «norme interposte» nel giudizio di costituzionalità, Padova, 1992, pp. 95-109; Id. La tecnica delle «norme interposte», in R. Romboli (cur.), Il processo costituzionale: le tecniche di giudizio, in Il Foro italiano, 1998, V, col. 379; A. Pertici, I decreti legislativi di attuazione degli Statuti speciali come parametro di costituzionalità, in G. Pitruzzella, F. Teresi, G. Verde (cur.), Il parametro nel giudizio di costituzionalità, Torino, 2000, 507. Sulla natura della fonte cfr. anche S. Bartole, Le norme di attuazione degli Statuti speciali come fonte permanente, in le Regioni, 1985, pp. 1141-1155; R. Louvin, Le norme d’attuazione come fonte giuridica dinamica, in R. Toniatti (cur.), La cultura dell’autonomia: le condizioni pre-giuridiche per un’efficace autonomia regionale, Trento, 2018, 85-101; M. Plutino, I decreti legislativi del Governo contenenti «norme di attuazione» degli Statuti speciali, in M. Cartabia, E. Lamarque, P. Tanzarella (cur.), Gli atti normativi del Governo tra Corte costituzionale e giudici, Torino, 2011, pp. 105-134. Ancor più in generale sul concetto di attuazione, cfr. le voci di G. Amato, Disposizioni di attuazione, in Enciclopedia del Diritto, vol. XIII, 1964, pp. 209-219; G. Lombardi, Disposizioni di attuazione, in Novissimo Digesto italiano, vol. V, 1964, pp. 1129-1132.
  15. L’orientamento della giurisprudenza costituzionale è costante: da ultimo in Corte cost., sent. 4 luglio 2024, n. 120, n. 5.2 Cons. dir. si è ribadito che “le norme di attuazione dello statuto speciale si basano su un potere attribuito dalla norma costituzionale in via permanente e stabile, e sono dotate di competenza «riservata e separata» rispetto a quella esercitabile dalle ordinarie leggi della Repubblica”; esse “sono pertanto idonee a introdurre una disciplina innovativa nel rispetto, tuttavia, dei principi costituzionali e del limite della corrispondenza alle norme e alla finalità di attuazione dello statuto, nel contesto del principio di autonomia regionale”.
  16. Si fa riferimento al canone interpretativo dell’interpretazione conforme ai limiti di competenza della fonte: sull’impostazione dei rapporti con le leggi statali e regionali in termini di competenza, si rinvia a quanto si dirà infra, nei §§ 3-5, e per i riferimenti della letteratura, nt. 35.
  17. Nel paragrafo conclusivo si tornerà sul possibile seguito, sia giudiziario che politico: si v. infra, § 6.
  18. Si fa riferimento, in particolare, al passaggio motivazionale in cui il giudice amministrativo osserva che non si potrebbe diversificare il trattamento a seconda delle modalità organizzative di esercizio della professione, se stabili ovvero occasionali, in quanto si tratterebbe di una “diversità di disciplina […] che la norma, invero, non prevede affatto e che, anzi, si porrebbe in contrasto con i canoni di interpretazione”: cfr. T.A.R. Lazio-Roma, sent. cit., § 1.1. Dir..
  19. Cfr. art. 1, comma 1, d.lgs. n. 263 del 2001, nella sua formulazione originaria: “Per ottenere l’assegnazione di una sede nella regione, al notaio è richiesta la piena conoscenza della lingua francese […].”.
  20. Cfr. art. 26, secondo comma, l.n., nel testo precedente rispetto alle modifiche apportate dal d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27: “Il notaro potrà recarsi, per ragioni delle sue funzioni, in tutto il territorio del distretto in cui trovasi la sua sede notarile, sempreché ne sia richiesto.”.
  21. Cfr. art. 1, comma 1, d.lgs. cit. secondo cui la commissione era, ed è, “nominata con decreto del presidente della giunta e composta da un rappresentante del collegio notarile, un rappresentante del Ministero della giustizia ed un rappresentante della regione.”.
  22. Cfr. art. 1, comma 2, d.lgs. cit.: “I criteri per la valutazione e l’accertamento della conoscenza della lingua francese sono quelli richiesti dalla normativa regionale per i più alti livelli della funzione dirigenziale.”.
  23. Cfr. art. 2 d.lgs. cit.: “1. La commissione di cui all’articolo 1 è nominata su richiesta del consiglio notarile di Aosta, entro venti giorni dalla data della richiesta. 2. Nel caso di notai di nuova nomina, tale istanza deve essere presentata al presidente della giunta entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’elenco dei concorrenti che hanno superato le prove scritte nel concorso per esame di cui al regio decreto 22 dicembre 1932, n. 1728. Le prove di accertamento della conoscenza della lingua francese devono concludersi prima della pubblicazione dell’elenco delle sedi disponibili per l’assegnazione ai vincitori del concorso per esame. 3. Nel caso di notai in esercizio che intendano concorrere per l’assegnazione di sedi vacanti in Valle d’Aosta, gli stessi, in qualunque tempo, possono richiedere al consiglio notarile la presentazione dell’istanza di cui al comma 1 del presente articolo.”.
  24. Cfr. art. 2, comma 2, d.lgs. cit..
  25. Cfr. art. 2, comma 3, d.lgs. cit..
  26. Cfr. art. 26, secondo comma, l.n., nel testo precedente rispetto alle modifiche apportate dalla legge 4 agosto 2017, n. 124: “Il notaro può recarsi, per ragione delle sue funzioni, in tutto il territorio del distretto della Corte d’Appello in cui trovasi la sua sede notarile, ed aprire un ufficio secondario nel territorio del distretto notarile in cui trovasi la sede stessa.”.
  27. Cfr. art. 26, secondo comma, l.n. nel testo vigente (si v. supra, nt. 5), risultante dalle modifiche apportate dall’art. 1, comma 144, lett. b), legge n. 124 del 2017, cit..
  28. Cfr. la Relazione di accompagnamento alla trasmissione dello schema di decreto legislativo, da parte del Sottosegretario di Stato per gli Affari Regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con nota in data 31 gennaio 2018, prot. DAR 0001718 P-4.37.1.4.1. In tale relazione, dapprima, si segnalava che “al fine di armonizzare” la normativa statale recata dalla legge notarile, come modificata dalla legge n. 124 del 2017, cit., “con l’ordinamento vigente nella regione per effetto del decreto legislativo 22 maggio 2001, n. 263 […] sono necessarie alcune puntualizzazioni”. E, al capoverso immediatamente successivo, si chiariva che “[c]on l’art. 1” dello schema del decreto legislativo trasmesso – quello relativo alle modifiche sull’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 263 del 2001 – “si precisa, pertanto, la necessità di accertamento della piena conoscenza della lingua francese, oltre che per ottenere come oggi previsto l’assegnazione di una sede nella regione, anche per l’apertura nella regione di sedi secondarie per l’esercizio nella regione stessa delle funzioni in forma associata ai sensi dell’articolo 26, secondo comma, della legge 16 febbraio 1913, n. 89.” (corsivi nostri).
  29. Cfr. il Resoconto integrale del dibattito consiliare del 6 febbraio 2018, in vista dell’espressione del parere sullo schema di decreto legislativo in questione (oggetto n. 3217/XIV).
  30. In particolare, l’aggiunta alla disposizione di attuazione statutaria non si limita al secondo periodo dell’art. 26, secondo comma, l.n., che si riferisce nello specifico all’apertura di uffici secondari, ma si estende anche al primo periodo di detta disposizione, al quale è – appunto – riconducibile l’esercizio occasionale della professione notarile.
  31. Si segnala, inoltre, che l’intervento del 2018 non ha apportato modifiche al titolo del d.lgs. n. 263 del 2001, che quindi, nonostante l’ampliamento operativo del requisito linguistico, continua a riferirsi soltanto alla materia dell’“accertamento della conoscenza della lingua francese per l’assegnazione di sedi notarili”, e non anche alle ulteriori “funzioni notarili” ex art. 26, secondo comma, l.n.; e, inoltre, nessun riferimento a queste ultime funzioni è rinvenibile nel titolo del d.lgs. n. 26 del 2018. La disciplina attualmente vigente trova, peraltro, corrispondenze solo parziali nella normativa attuativa dello Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige. In tale contesto, la disciplina rilevante – inserita nell’ampio corpo normativo delle norme di attuazione in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari di cui al d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574, ss. mm. – richiede, oggi, la conoscenza della lingua italiana e di quella tedesca, al pari della disciplina relativa alla Valle d’Aosta, sia “

    er ottenere l’assegnazione di una sede nella provincia di Bolzano”, sia “per l’esercizio nella stessa Provincia delle funzioni notarili ai sensi dell’art. 26, secondo comma, della legge 16 febbraio 1913, n. 89”. Senonché, pur a fronte di una disposizione apparentemente analoga, le problematiche interpretative – pure esistenti – si propongono con minore efficacia, considerato che il territorio provinciale oggetto della disciplina derogatoria, coincidente con il distretto notarile di Bolzano, è inserito all’interno di un distretto di Corte d’appello regionale, vale a dire quello di Trento. Di tal che, la normativa di attuazione dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige non produce quegli effetti extra-regionali, che sono invece alla base della disputa interpretativa sulla disciplina attuativa valdostana.

  32. Sul punto si ritornerà anche nelle riflessioni conclusive: si v. infra, § 6.
  33. La mancata considerazione della questione può spiegarsi solo parzialmente con il ristretto perimetro del motivo di impugnazione formulato dai ricorrenti, i quali non rivolgevano specifiche censure riferite a una presunta violazione dell’art. 48-bis St. V.d’A., ossia della pertinente norma sulla produzione.
  34. L’art. 48-bis St. V.d’A. stabilisce, al primo comma, che “Il Governo è delegato ad emanare uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni di attuazione del presente Statuto e le disposizioni per armonizzare la legislazione nazionale con l’ordinamento della regione Valle d’Aosta, tenendo conto delle particolari condizioni di autonomia attribuita alla regione”; e, al secondo comma, che “Gli schemi dei decreti legislativi sono elaborati da una commissione paritetica composta da sei membri nominati, rispettivamente, tre dal Governo e tre dal consiglio regionale della Valle d’Aosta e sono sottoposti al parere del consiglio stesso.”.
  35. Sulla natura di fonte atipica di rango primario del decreto legislativo di attuazione statutaria, cfr. L. Paladin, Le fonti del diritto italiano, Bologna, 1996 p. 200, il quale riconduce la fonte alla categoria delle “leggi costituzionalmente tenute a esercitare una particolare competenza, con l’esclusione di tutte le altre componenti l’ambito della legislazione statale ordinaria”.
  36. Le relazioni del decreto legislativo di attuazione statutaria sia con gli atti legislativi regionali, sia con gli atti legislativi statali si spiegano sul piano della competenza: cfr. M. Cosulich, Il decreto legislativo di attuazione statutaria nelle regioni ad autonomia speciale, cit., p. 147; P. Giangaspero, I decreti di attuazione degli Statuti speciali, in R. Bin, L. Coen (cur.), I nodi tecnici della revisione degli Statuti speciali, Udine, 2008, p. 115, G. Grimaldi, Le norme di attuazione degli Statuti regionali speciali, cit., p. 56; A. Pizzorusso, Fonti del diritto, in Commentario del Codice civile, Bologna-Roma, 1977, p. 273; F. Sorrentino, G. Caporali, Legge (atti con forza di), in Digesto delle Discipline Pubblicistiche, vol. IX, 1994, p. 103. Più in generale, in tal senso cfr. anche L. Paladin, Le fonti del diritto, cit., p. 200
  37. Cfr. M. Cosulich, Il decreto legislativo di attuazione statutaria nelle regioni ad autonomia speciale, cit., spec. pp. 116 ss.; G. Lombardi, Disposizioni di attuazione, cit., pp. 1129-1132; G. Amato, Disposizioni di attuazione, cit., pp. 209-219.
  38. Cfr. R. Louvin, Le norme d’attuazione come fonte giuridica dinamica, cit., pp. 85-86, osserva che “[l]a ricostruzione dogmatica unitaria di questa fonte si limita all’osservazione che si tratta di decreti legislativi adottati dal Consiglio dei Ministri per delega permanente ed elaborati da Commissioni paritetiche fra rappresentanti del Governo e delle Regioni o Province autonome interessate. Per il resto, ogni ente territoriale ha seguito percorsi differenziati per le proprie norme attuative, dando vita a sette storie diverse, se si considerano nella loro particolarità, oltre alle Regioni, anche le distinte vicende proprie delle Province autonome di Trento e Bolzano.”.
  39. Sulla “polivalenza” del concetto di “attuazione”, cfr. G. Amato, Disposizioni di attuazione, cit., pp. 209-221.
  40. Cfr., ancora, G. Amato, Disposizioni di attuazione, cit., 219
  41. Cfr. M. Cosulich, Il decreto legislativo di attuazione statutaria nelle regioni ad autonomia speciale, pp. 117-122. Peraltro, al riguardo R. Louvin, Le norme d’attuazione come fonte giuridica dinamica, cit., p. 87, osserva che “la dinamica di trasferimento delle competenze si è sostanzialmente arrestata, mentre spazi nuovi si aprono soprattutto in termini di armonizzazione e raccordo legislativo a seguito di interventi massicciamente incursivi da parte del legislatore nazionale.”.
  42. In questi termini, cfr. M. Cosulich, Il decreto legislativo di attuazione statutaria nelle regioni ad autonomia speciale, cit., p. 116, il quale riferisce il concetto di ‘attuazione in senso stretto’ alla disciplina di “vari profili delle relazioni fra lo Stato e la singola Regione speciale”.
  43. Cfr. G. Lombardi, Disposizioni di attuazione, cit., p. 1131.
  44. Cfr. M. Cosulich, Il decreto legislativo di attuazione statutaria nelle regioni ad autonomia speciale, cit., pp. 133-140.
  45. In proposito, cfr. R. Louvin, Gli strumenti di raccordo esterno: i rapporti con lo Stato e con le altre regioni, in P. Costanzo, R. Louvin, L. Trucco (cur.), Lineamenti di diritto costituzionale della regione Valle d’Aosta/Vallée D’Aoste, Giappichelli, Torino, 2020, p. 253, il quale individua nelle norme di attuazione statutaria “la chiave per dinamizzare e accompagnare l’evoluzione del sistema autonomistico”.
  46. In giurisprudenza, cfr. ex multis Corte cost., sent. 6 maggio 2009, n. 132, n. 2 Cons. dir., nella quale si ribadisce che “le norme di attuazione degli statuti regionali ad autonomia speciale, dotate di forza prevalente su quella delle leggi ordinarie, possono anche avere un contenuto praeter legem, «nel senso di integrare le norme statutarie, anche aggiungendo ad esse qualche cosa che le medesime non contenevano», con il «limite della corrispondenza delle norme alla finalità di attuazione dello Statuto» (sentenze n. 341 del 2001, n. 212 del 1984 e n. 20 del 1956).”.
  47. Cfr. R. Louvin, Le norme d’attuazione come fonte giuridica dinamica, cit., p. 88, il quale rileva che le norme attuative più di recente “hanno presentato contenuti non solo secundum o praeter, ma in qualche caso addirittura contra statutum (come, nei fatti, avvenuto con il d. lgs. 21 dicembre 2016, n. 259).”. Per problematiche ipotesi di norme attuative contra Statutum, cfr. anche M. Cosulich, Il decreto legislativo di attuazione statutaria nelle regioni ad autonomia speciale, cit., p. 140.
  48. Cfr. le osservazioni di M. Cosulich, Il decreto legislativo di attuazione statutaria nelle regioni ad autonomia speciale, cit., pp. 135 ss., il quale osserva che la funzione integrativa dello Statuto speciale “non attiene soltanto alla ridefinizione delle materie di competenza regionale (o provinciale), ma può coinvolgere anche le deroghe all’ordinamento generale disposte dallo Statuto regionale, attraverso letture espansive di queste ultime da parte delle norme di attuazione.”. Inoltre, l’A. giunge a rinvenire un esempio di normativa di attuazione statutaria con funzione integrativa proprio nelle ipotesi di discipline poste a tutela delle minoranze linguistiche.
  49. Sotto il profilo procedurale viene in rilievo, fra l’altro, oltre alla composizione e al ruolo della commissione paritetica, la previsione del parere da parte del consiglio regionale, mentre sotto l’aspetto sostanziale sovviene la previsione delle disposizioni di ‘armonizzazione’ accanto a quelle di ‘attuazione’, su cui ci si soffermerà nel presente e nei successivi paragrafi; sul modello valdostano di norme di attuazione statutaria, cfr. R. Louvin, Gli strumenti di raccordo esterno: i rapporti con lo Stato e con le altre regioni, cit., pp. 250-254.
  50. Così recita l’art. 48-bis, comma primo, St. V.d’A..
  51. In senso favorevole alla riconduzione dell’armonizzazione all’attuazione, cfr. C. Paolini, A. Romano, Commento art. 62 legge 8 giugno 1990, n. 142 in La riforma delle autonomie locali, Roma, 1990, p. 263; in termini problematici sulla questione, cfr. V. Casamassima, Decreti legislativi di attuazione degli Statuti speciali, cit., 1737.
  52. In tal senso, cfr. R. Louvin, Gli strumenti di raccordo esterno: i rapporti con lo Stato e con le altre regioni, cit., spec. p. 253, il quale riconduce alla finalità di adattamento all’ordinamento valdostano le norme di attuazione e di armonizzazione, complessivamente considerate e non soltanto queste ultime.
  53. Sempre R. Louvin, Gli strumenti di raccordo esterno: i rapporti con lo Stato e con le altre regioni, cit., p. 253, rileva che in Valle d’Aosta la fonte è “in molti casi andata anche al di là dei caratteri originari di pura attuazione dello Statuto speciale (norme secundum statutum), per toccare ambiti neppure menzionati dallo Statuto speciale (norme praeter statutum), come l’Università con il d.lgs. 21 settembre 2000, n. 282, arrivando perfino ad introdurre disposizioni che derogano esplicitamente allo stesso contenuto delle regole statutarie (norme contra statutum), quali quelle contenute nel d.lgs. 21 dicembre 2016, n. 259 riguardo al demanio idrico o nel d.lgs. 17 marzo 2015, n. 45 in materia di Commissione di coordinamento e sul Presidente della Commissione di coordinamento.”.
  54. Si rinvia alla ricostruzione effettuata supra, si v. § 2.
  55. Sull’ordinamento linguistico valdostano, cfr. N. Alessi, L’ordinamento linguistico, in P. Costanzo, R. Louvin, L. Trucco (cur.), Lineamenti di diritto costituzionale della regione Valle d’Aosta/Vallée D’Aoste, cit., pp. 345-360, e spec. pp. 351-352 proprio con riguardo alla disciplina di attuazione statutaria in esame. Peraltro, in termini generali sul fattore linguistico e culturale quale elemento caratterizzante della specialità valdostana, cfr. A. Poggi, La specialità della Valle d’Aosta nel quadro delle specialità regionali, in P. Costanzo, R. Louvin, L. Trucco (cur.), Lineamenti di diritto costituzionale della regione Valle d’Aosta/Vallée D’Aoste, cit., pp. 518-522, spec. p. 522.
  56. Si v. le riflessioni, sul punto, di M. Cosulich, Il decreto legislativo di attuazione statutaria nelle regioni ad autonomia speciale, cit. pp. 140-146.
  57. Come si è visto, le ricadute applicative sull’attività dei notai dei distretti piemontesi costituisce una particolare implicazione del combinato disposto costituito dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 263 del 2001 e dall’art. 26, secondo comma, l.n., nella versione attualmente vigente, su cui ci si è già soffermati supra, si v. § 2.
  58. Circa la lettura della giurisprudenza costituzionale sul tema, cfr. M. Cosulich, Il decreto legislativo di attuazione statutaria nelle regioni ad autonomia speciale, cit., spec. pp. 143-144; P. Giangaspero, I decreti di attuazione degli Statuti speciali, cit., pp. 107-123, spec. p. 115; R. Louvin, I decreti luogotenenziali per la Valle d’Aosta del 1945: fra rottura e transizione costituzionale, in D. Rocca (cur.), I decreti luogotenenziali del 1945, Aosta, 2007, p. 157, nt. 30.
  59. Cfr. Corte cost., sent. 19 giugno 1998, n. 213, sulla quale si v. anche la nota a commento di F. Palermo, Non expedit della Corte al controllo di costituzionalità delle norme di attuazione degli statuti speciali. Ancora sul diritto all’uso della lingua minoritaria nel processo, in Giur. cost., 1998, pp. 1681 ss..
  60. Cfr. Corte cost, sent. n. 213 del 1998, cit., n. 4.2 Cons. dir..
  61. Cfr., ancora, P. Giangaspero, I decreti di attuazione degli Statuti speciali, cit., pp. 107-123, spec. p. 115.
  62. Cfr. Corte cost., sent. 26 gennaio 2024, n. 9, n. 6.2.1 Cons. dir.; sent. n. 120 del 2024, cit., n. 5.2. Cons. dir..
  63. In effetti, il percorso motivazionale alternativo qui proposto si sarebbe dimostrato maggiormente adeguato a fornire riscontro anche alle questioni pregiudiziali, di legittimità costituzionale e di interpretazione del diritto europeo comunitario, sollevate dai ricorrenti in via subordinata, sulle quali il giudice amministrativo si sarebbe dovuto soffermare funditus in mancanza del rilevato profilo di inammissibilità del ricorso.
  64. Come si è osservato in precedenza (cfr. supra, § 2), in favore dell’interpretazione restrittiva depone, sul piano dell’evoluzione storica, il fatto che l’introduzione dell’attuale formulazione dell’art. 1, comma 1, d.lgs. cit. sembra conseguire alla modifica apportata all’art. 26, secondo comma, l.n. dalla legge n. 124 del 2017, cit., con la quale si è ampliata la possibilità di aprire uffici secondari nell’intero distretto di Corte d’appello, mentre l’esercizio occasionale in quest’ultimo distretto – onde, anche per i notai piemontesi nella regione Valle d’Aosta – era già possibile dal 2012.
  65. Se, infatti, per l’apertura nel territorio valdostano di un ufficio secondario si potrebbe sostenere l’applicabilità in via analogica, e per quanto possibile, della disciplina prevista dall’art. 2, comma 3, d.lgs. n. 263 del 2018, invero manca una disciplina adeguata, anche sul piano della scansione temporale, alle specificità di un ipotetico esercizio occasionale della professione nella regione speciale.
  66. Sulla specificità del modello valdostano, cfr. R. Louvin, Gli strumenti di raccordo esterno: i rapporti con lo Stato e con le altre regioni, cit., pp. 250-254; e sulla riconducibilità della disciplina di attuazione statutaria qui di interesse allo speciale ordinamento linguistico, cfr. N. Alessi, L’ordinamento linguistico, cit., pp. 351-352.
  67. Si potrebbe, cioè, ipotizzare un intervento che individui un accertamento linguistico meno rigoroso, se non nel merito, almeno sotto il profilo procedurale, in considerazione delle esigenze di natura temporale connesse all’esercizio occasionale della professione. Con l’intervento si potrebbe anche precisare l’adattamento all’ordinamento valdostano dell’esercizio in forma associata della professione notarile, disciplinata in via generale dall’art. 82 l.n., disposizione che è fatta salva proprio dall’art. 26, secondo comma, l.n. richiamato dalla disciplina di attuazione statutaria in esame. L’art. 82, comma 1, l.n. ammette, infatti, “associazioni di notai aventi sede in qualsiasi comune della regione, ovvero del distretto della Corte d’appello in cui si trova la sede, se tale distretto comprende più regioni, per svolgere la propria attività e per mettere in comune, in tutto o in parte, i proventi delle loro funzioni e ripartirli, poi, in tutto o in parte, in quote uguali o disuguali.”.
  68. Del resto, una caratteristica affatto peculiare della disciplina in esame – invece assente nell’omologa previsione relativa alla provincia di Bolzano (si v. supra nt. 30) – è la sua operatività extra-regionale discendente dall’inserimento del distretto notarile di Aosta nel distretto della Corte d’appello di Torino.
  69. Sono noti i limiti all’ammissibilità delle azioni, di merito o addirittura cautelari, di mero accertamento.
  70. Si potrebbe, cioè, immaginare che l’esercizio occasionale nel territorio valdostano possa dare luogo alla contestazione della fattispecie di illecito disciplinare derivante dal combinato disposto degli artt. 26, secondo comma, e 1, comma 1, d.lgs. n. 263 del 2001, con l’art. 137 l.n.; e tuttavia una siffatta ricostruzione sarebbe comunque contestabile, considerato che la norma sanzionatoria, e cioè l’art. 137 l.n., commina la sanzione pecuniaria da trenta a duecentoquaranta euro solamente per il notaio “che contravviene alle disposizioni dell’articolo 26 […]”, e non anche per le violazioni del combinato disposto dell’art. 26 l.n. e dell’art. 1, comma 1, cit..
  71. Sono ampiamente dibattuti i limiti e le specificità entro cui le garanzie di origine penalistica – e per quanto qui di interesse il principio di tassatività (e stretta interpretazione) – si estendano all’ambito disciplinare sanzionatorio. Sul punto, si rilevano peraltro nella giurisprudenza costituzionale maggiori aperture di quanto non si possa ricavare dalla giurisprudenza convenzionale ed europea comunitaria: cfr. es. Corte cost., sent. 12 novembre 2018, n. 197, n. 11 Cons. dir., in cui si sottolinea come “le sanzioni disciplinari attengano in senso lato al diritto sanzionatorio-punitivo, e proprio per tale ragione attraggano su di sé alcune delle garanzie che la Costituzione e le carte internazionali dei diritti riservano alla pena”, seppure venga comunque riconosciuto che “esse conservano […] una propria specificità, anche dal punto di vista del loro statuto costituzionale, non essendo – ad esempio – soggette al principio della necessaria funzione rieducativa della pena, che questa Corte ha sempre ritenuto essere connotato esclusivo delle pene in senso stretto”.
  72. Un’ipotesi ancor più problematica sarebbe, inoltre, quella che si verrebbe a configurare se un notaio piemontese, intenzionato a formare un atto in territorio valdostano, ritenesse di dare avvio alla procedura di cui all’art. 2, comma 3, d.lgs. n. 263 del 2001 – come si è detto, apparentemente prevista per fattispecie diverse dall’esercizio occasionale – e, quindi, dapprima richiedesse al consiglio notarile valdostano di presentare istanza al presidente della giunta regionale per la formazione della commissione, salvo poi impugnare gli atti della procedura adottati da tale commissione e, in particolare, l’atto conclusivo che accerti, in tesi, una conoscenza non adeguata della lingua francese, facendo valere un vizio radicale di violazione dell’art. 1, comma 1, d.lgs. cit., proprio in quanto interpretato estensivamente nel senso di ricondurre l’esercizio occasionale alla disposizione di attuazione statutaria in esame.
  73. Peraltro, con specifico riguardo alla prefigurata sede disciplinare, appare in sé discutibile che la risoluzione di una questione ermeneutica insorta su una disposizione regolatrice dell’esercizio della professione possa avvenire in occasione della contestazione della violazione della stessa disposizione.