Le città metropolitane nella riforma “Delrio”
Isabella Comini – Federica Moi1
(ABSTRACT)
L’articolo si pone l’obiettivo di fornire una prima ricognizione delle disposizioni contenute nella c.d riforma “Delrio” che ridisegna confini e competenze dell’amministrazione locale, prevedendo la costituzione delle città metropolitane, ridefinendo il sistema delle province e disciplinando le unioni e fusioni di comuni.
In particolare, nella parte I, dopo un breve inquadramento normativo, ci si sofferma sulla disciplina di costituzione delle città metropolitane nonchè sui loro organi e sulle funzioni che saranno loro attribuite.
Nella parte II, dopo l’analisi del sistema elettorale del consiglio metropolitano, s’indaga lo stato di attuazione della riforma segnalando quali città metropolitane sono già state costitute e quali devono ancora eleggere i propri organi alla data del 22 ottobre 2014.
Infine, sulla base dell’accordo stipulato in Conferenza stato – regioni viene fatto il punto sui futuri adempimenti delle regioni, primo fra tutti l’adozione delle iniziative legislative volte ad assicurare, nel rispetto dell’autonomia e della differenziazione regionale, l’uniformità di orientamenti e il coinvolgimento di tutto il territorio nel processo di riordino e riallocazione delle funzioni fra province e città metropolitane.
Parte I
1. La città metropolitana prima della riforma “Delrio”: breve excursus storico.
L’ente “città metropolitana” è introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento con la legge 8 giugno 1990, n. 1422 (legge sull’ordinamento delle autonomie locali), che agli articoli 17 e 18 disciplinava rispettivamente le aree metropolitane e le città metropolitane, stabilendone il procedimento istitutivo e le regole organizzative.
Secondo tale normativa, erano considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti avessero con essi rapporti di stretta integrazione territoriale, economica, sociale e culturale. Le città metropolitane erano individuate all’interno delle aree metropolitane.
La delimitazione territoriale delle aree metropolitane e l’effettiva istituzione delle città metropolitane erano rimesse all’iniziativa delle regioni e degli enti locali interessati.
Tale normativa non ha avuto tuttavia concreta attuazione, probabilmente a causa dell’indeterminatezza del concetto di “area metropolitana” e dell’inerzia degli enti territoriali coinvolti.
Il D. Lgs. n. 267/2000 (Testo Unico Enti Locali) ha recepito la normativa della legge 142/1990 senza apportare sostanziali modificazioni alla disciplina delle aree e delle città metropolitane. Anche la normativa sulle città metropolitane di cui al TUEL, precedente alla riforma del Titolo V, parte II, della Costituzione, ma compatibile con l’articolo 114 della Costituzione successivamente riformulato nel 2001, non è mai stata attuata. Essa è rimasta in vigore fino al D.L. n. 95/2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135/2012), che l’ha abrogata espressamente mediante il primo comma dell’articolo 18.
A seguito della riforma del Titolo V, parte II, della Costituzione ad opera della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, la città metropolitana viene costituzionalmente riconosciuta quale ente autonomo costitutivo della Repubblica, al pari di comuni, province e regioni (articolo 114 Cost.)3.
A completamento di questa breve rassegna degli atti legislativi concernenti il riordino delle funzioni delle province e delle città metropolitane, occorre menzione anche il D.L. n. 201/2011 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011), che, con disposizioni orientate alla finalità di revisione della spesa pubblica, ha modificato l’assetto dell’ordinamento provinciale, il già citato D.L. n. 95/2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135/2012), che all’articolo 18 ha previsto l’istituzione delle città metropolitane e la contestuale soppressione delle province nel relativo territorio, il D.L. n. 188/2012 (sul riordino delle province, ma che conteneva anche delle disposizioni sulle città metropolitane), che tuttavia non è stato convertito in legge, e la legge di stabilità per il 2013 (L. n. 228/2012), che ha sospeso l’applicazione, per tutto il 2013, delle disposizioni contenute nell’articolo 18 del D.L. n. 95/2012.
Con la sentenza 3 luglio 2013, n. 220, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che, adottate con decreto legge tra il 2011 e il 2012, avevano disposto il complessivo riordino delle province nonché l’istituzione delle città metropolitane (articolo 23, commi 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20 e 20-bis4, D.L. n. 201/2011, c.d. “Salva Italia”, e articoli 17 e 18, D.L. n. 95/2012, c.d. “Spending Review”).
La sentenza fonda la pronuncia di illegittimità sulla considerazione che lo strumento del decreto legge, configurato dall’articolo 77 della Costituzione come “atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza”, non è “utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate”.
Nonostante il riconoscimento costituzionale e i diversi interventi legislativi che si sono succeduti nel corso degli anni volti a dare operatività all’istituto della città metropolitana, nel sistema delle autonomie locali la città metropolitana è rimasta sostanzialmente inattuata, a causa di alcuni fattori di criticità da ricercarsi da un lato nella difficoltà di coordinare aree territoriali per alcuni aspetti eterogenee e dall’altro nell’inerzia delle autonomie territoriali alle quali le diverse leggi avevano assegnato il compito di proporre l’istituzione delle città metropolitana.
L’approvazione della legge 7 aprile 2014, n. 56, in vigore dall’8 aprile 2014, segna una svolta fondamentale nel governo territoriale del Paese: con la definizione di procedure e di tempi certi, è stato concretamente avviato il processo attuativo delle città metropolitane, che dal 1° gennaio 2015 subentreranno alle province.
2. Costituzione e funzioni della città metropolitana nella riforma “Delrio”.
La legge 7 aprile 2014, n. 56, “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni” (c.d. legge “Delrio”), composta da un articolo di 151 commi e da un allegato, ridisegna confini e competenze dell’amministrazione locale, prevedendo la costituzione delle città metropolitane, ridefinendo il sistema delle province e disciplinando le unioni e fusioni di comuni.
In particolare, le città metropolitane sono costituite nel nostro ordinamento dall’8 aprile 2014 e il 1° gennaio 2015 si sostituiranno alle preesistenti province, subentrando ad esse in tutti i rapporti e in tutte le funzioni.
L’articolo 1, comma 2, definisce le città metropolitane “enti territoriali di area vasta con le funzioni di cui ai commi da 44 a 46 e con le seguenti finalità istituzionali generali: cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano; promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana; cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee”.
Le funzioni assegnate alle città metropolitane possono essere raggruppate in quattro diverse categorie:
– le funzioni fondamentali elencate nelle lettere a), b), c), d), e) ed f) del comma 44 (si tratta di funzioni afferenti alla pianificazione strategica e alla pianificazione territoriale generale, alla regolazione dei servizi pubblici, alla mobilità e viabilità, alla promozione dello sviluppo economico e sociale e alla promozione dei sistemi di informatizzazione in ambito metropolitano);
– le funzioni che le città metropolitane eserciteranno in qualità di enti che succedono alle corrispondenti province;
– le funzioni attribuite alle città metropolitane nell’ambito del processo di riordino delle funzioni delle province;
– le ulteriori funzioni attribuite alle città metropolitane dallo Stato e dalle regioni in attuazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui al primo comma dell’articolo 118 della Costituzione.
In attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione, la legge disciplina le città metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria.
Le norme della legge si applicano in via generale anche alla città metropolitana di Roma capitale, salvo i poteri speciali derivanti dallo stato giuridico di capitale e quanto previsto dai decreti legislativi su Roma capitale5. Con riferimento specifico allo statuto della città metropolitana di Roma capitale, al comma 103 è disposto che questo, nel disciplinare i rapporti tra la città metropolitana, il comune di Roma capitale e gli altri comuni, garantisca “il migliore assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri”.
Per quanto concerne la città metropolitana di Reggio Calabria, il comma 18 stabilisce una specifica disciplina, stabilendo che la stessa sia costituita “alla scadenza naturale degli organi della provincia ovvero comunque entro trenta giorni dalla decadenza o scioglimento anticipato dei medesimi organi e, comunque, non entra in funzione prima del rinnovo degli organi del comune di Reggio Calabria”. Tale disciplina specifica trova giustificazione nel fatto che al momento della predisposizione e dell’entrata in vigore della legge il comune di Reggio Calabria era commissariato.
Alle dieci città metropolitane individuate con legge nazionale (Bari, Bologna, Genova, Firenze, Milano, Napoli, Roma, Torino, Venezia e Reggio Calabria) si affiancano le quattro città metropolitane individuate dalle regioni a statuto speciale (Cagliari6, Catania, Messina, Palermo7).
Il comma 12 dispone che le città metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Napoli (fatta eccezione quindi per Reggio Calabria) siano costituite alla data di entrata in vigore della legge nel territorio delle province omonime.
Il comma 16 ne prevede il subentro alle province a partire dal 1° gennaio 2015.
La legge n. 114 dell’11 agosto 2014 (di conversione del D.L. 24 giugno 2014, n. 90) ha modificato la disposizione normativa che prevedeva la data delle elezioni del consiglio metropolitano: in particolare, il comma 15, nella precedente formulazione, prevedeva che le elezioni si svolgessero entro il 30 settembre 2014. In applicazione di tale disposizione normativa, la circolare n. 32/2014 del Ministero dell’Interno – Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali aveva suggerito di svolgere le consultazioni elettorali nella giornata del 28 settembre 2014. L’attuale formulazione del comma 15 prevede che “Entro il 12 ottobre 2014 si svolgono le elezioni del consiglio metropolitano”.
A seguito della modifica normativa, le elezioni si sono svolte il 28 settembre per il consiglio metropolitano di Bologna, Genova, Firenze e Milano, il 5 ottobre per il consiglio metropolitano di Roma capitale e il 12 ottobre per i consigli metropolitani di Torino, Napoli e Bari. Non risulta ancora fissata la data per l’elezione del consiglio metropolitano di Venezia, a causa dell’attuale commissariamento del comune capoluogo.
Rimane invariato il termine per l’approvazione della statuto, che deve avvenire entro il 31 dicembre 2014. Tuttavia non è più il consiglio metropolitano l’organo competente ad approvare lo statuto, bensì la conferenza metropolitana.
Le città metropolitane sono dunque costituite nel nostro ordinamento a partire dall’otto aprile 2014 e dal primo gennaio 2015 si sostituiscono alle province, succedendo ad esse in tutti i rapporti attivi e passivi oltre che nel patrimonio e nei rapporti di lavoro esistenti (comma 16 e comma 47). A tale data il sindaco del comune capoluogo assume le funzioni di sindaco metropolitano e la città metropolitana opera con il proprio statuto e i propri organi. Fino al 31 dicembre 2014 il presidente della provincia e la giunta provinciale restano in carica, a titolo gratuito, per l’ordinaria amministrazione e per gli atti urgenti e improrogabili e il presidente assume fino a tale data anche le funzioni del consiglio provinciale (comma 14).
3. Territorio della città metropolitana.
Il territorio della città metropolitana, ai sensi del comma 6, “coincide con quello della provincia omonima”. E’ previsto un procedimento per il passaggio di singoli comuni da una provincia limitrofa alla città metropolitana e a tale scopo il comma 6 rinvia alla procedura di cui all’articolo 133, primo comma, della Costituzione.
Nel prosieguo la disposizione di legge prevede la possibilità di superare l’eventuale parere contrario della regione da parte del Governo.
4. Organi della città metropolitana.
Gli organi della città metropolitana sono il sindaco metropolitano, il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana (comma 7). Le funzioni degli organi sono svolte a titolo gratuito, in quanto gli stessi sono composti da persone che già svolgono un ruolo istituzionale nei comuni (consiglieri e sindaci).
Il sindaco della città metropolitana è di diritto il sindaco del comune capoluogo di provincia. Lo statuto può tuttavia prevederne l’elezione diretta.
Il sindaco ha la rappresentanza dell’ente e presiede sia il consiglio metropolitano che la conferenza metropolitana; può nominare un vice-sindaco attribuendo a lui e ad altri consiglieri specifiche funzioni.
Il comma 40 prevede che “Qualora il sindaco metropolitano cessi dalla carica per cessazione dalla titolarità dell’incarico di sindaco del proprio comune, il vicesindaco rimane in carica fino all’insediamento del nuovo sindaco metropolitano”.
Il sindaco ha inoltre il potere di proporre lo schema di bilancio, che viene approvato dal consiglio, previo parere della conferenza metropolitana, con la maggioranza che rappresenta almeno un terzo dei comuni compresi nella città metropolitana e la maggioranza della popolazione.
Il consiglio metropolitano – eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della città metropolitana – è composto dal sindaco metropolitano e da un numero di consiglieri che varia in relazione alla popolazione della città metropolitana, fino ad un massimo di 24 se la popolazione è superiore a tre milioni di abitanti. I consiglieri metropolitani sono scelti tra i sindaci e i consiglieri comunali in carica. L’organo dura in carica 5 anni.
Come per il sindaco, anche per il consiglio metropolitano lo statuto può prevedere l’elezione diretta.
Esso è l’organo che ha il potere di indirizzo e di controllo; approva i regolamenti, i piani, i programmi ed il bilancio (comma 8). Lo statuto, in quest’ottica, può valorizzare il suo potere regolamentare, che trova fondamento giuridico nell’articolo 117 della Costituzione.
La conferenza metropolitana è composta dal sindaco metropolitano e dai sindaci dei comuni appartenenti alla città metropolitana (comma 42) ed ha il potere di approvare lo statuto oltre che il potere consultivo in sede di approvazione del bilancio (commi 8 e 9).
5. Statuto della città metropolitana.
Lo statuto della città metropolitana contiene le norme fondamentali sull’organizzazione dell’ente, disciplina le competenze degli organi e le modalità e gli strumenti di coordinamento dell’azione di governo del territorio metropolitano. In particolare, esso disciplina i rapporti tra i comuni e la città metropolitana per l’organizzazione e l’esercizio delle funzioni metropolitane e comunali e può prevedere la costituzione di zone omogenee per funzioni specifiche con organismi di coordinamento collegati agli organi della città metropolitana.
La procedura di approvazione dello statuto prevede la proposizione del consiglio metropolitano e l’approvazione da parte della conferenza metropolitana, con una maggioranza che rappresenti almeno un terzo dei comuni compresi nella città metropolitana e la maggioranza della popolazione residente (comma 9).
In caso di mancata approvazione dello statuto entro la data di avvio della città metropolitana si applica lo statuto della provincia e, dopo il 30 giugno 2015, scatta il potere sostitutivo di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (commi 16 e 17).
6. Forma di governo della città metropolitana.
In merito alla forma di governo dell’ente, oltre al modello indicato dalla legge, ovvero con la funzione di sindaco della città metropolitana assegnata ex lege al sindaco del comune capoluogo di provincia, la legge prevede un modello alternativo che deve essere espressamente previsto dallo statuto (comma 22).
Infatti, è possibile l’elezione a suffragio universale e diretto del consiglio e del sindaco della città metropolitana. L’adozione di questo modello determina la trasformazione della città metropolitana da ente di secondo livello a ente di primo livello.
In ogni caso, lo statuto può prevedere l’elezione diretta soltanto in presenza di una legge elettorale approvata con legge dello Stato.
Inoltre, affinché si possa far luogo ad elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, è necessaria un’ulteriore condizione, diversa a seconda del numero di abitanti residenti nel territorio della città metropolitana.
In particolare, se la popolazione residente nella città metropolitana è inferiore ai tre milioni di abitanti, l’elezione diretta sarà possibile soltanto a seguito di una procedura molto complessa. Tale procedura prevede in primo luogo l’articolazione del territorio del comune capoluogo in più comuni, proposta con deliberazione del consiglio comunale che deve essere sottoposta a referendum tra tutti i cittadini della città metropolitana; in secondo luogo che la regione abbia provveduto con propria legge all’istituzione dei nuovi comuni.
In alternativa a tale procedura e per le sole città metropolitane con popolazione superiore ai tre milioni di abitanti, è necessario che lo statuto preveda la costituzione di zone omogenee all’interno dell’area e che il comune capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa.
Parte II
La costituzione delle città metropolitane.
1. Gli organi della città metropolitana.
Come già accennato nei precedenti paragrafi gli organi della città metropolitana, individuati dal comma 7 della legge n. 56/2014, sono i seguenti:
– il sindaco metropolitano che è – di diritto – il sindaco del comune capoluogo (comma 19);
– il consiglio metropolitano costituito con procedimento elettorale di secondo grado;
– la conferenza metropolitana composta dal sindaco metropolitano, che la convoca e la presiede, e dai sindaci dei comuni appartenenti alla città metropolitana.
2. Il sistema elettorale del consiglio metropolitano.
Il consiglio metropolitano è organo elettivo di secondo grado8, dura in carica cinque anni ed è composto da:
– ventiquattro consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 3 milioni di abitanti;
– diciotto consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 800.000 e inferiore o pari a tre milioni di abitanti;
– quattordici consiglieri nelle altre città metropolitane.
In caso di rinnovo del consiglio del comune capoluogo, si procede a nuove elezioni del consiglio metropolitano entro sessanta giorni dalla proclamazione del sindaco del comune capoluogo.
Per quanto riguarda il diritto di elettorato attivo e passivo la legge “Delrio” stabilisce che compete ai sindaci e ai consiglieri comunali dei comuni della città metropolitana: sono eleggibili a consigliere metropolitano i sindaci e i consiglieri comunali in carica.
Il meccanismo elettorale è di tipo proporzionale per liste ed è disciplinato nei commi da 26 a 399.
In particolare, ai fini della presentazione, le liste elettorali, composte da un numero di candidati non inferiore alla metà dei consiglieri da eleggere, devono essere sottoscritte da almeno il 5% degli aventi diritto al voto. Nelle liste, con lo scopo di promuovere la rappresentanza di genere, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento del numero dei candidati, con arrotondamento all’unità superiore qualora il numero dei candidati del sesso meno rappresentato contenga una cifra decimale inferiore a 50 centesimi.
In caso contrario, l’ufficio elettorale10 riduce la lista, cancellando i nomi dei candidati appartenenti al sesso più rappresentato, procedendo dall’ultimo della lista, in modo da assicurare il rispetto della disposizione. La lista che, all’esito della cancellazione delle candidature eccedenti, contenga un numero di candidati inferiore a quello minimo prescritto è inammissibile.
Infine pare utile precisare che le liste sono presentate, ai sensi del comma 29, presso l’ufficio elettorale appositamente costituito presso gli uffici del consiglio metropolitano, dalle ore otto del ventunesimo giorno alle ore dodici del ventesimo giorno antecedente la votazione.
2. 1 Il voto ponderato.
Per quanto concerne il meccanismo elettorale del consiglio metropolitano la legge di riforma precisa che ciascun elettore – sindaco e consiglieri metropolitani – esprime un voto ponderato.
La ponderazione, volta ad introdurre elementi di riequilibrio tra realtà demografiche differenziate, si calcola sulla base di un indice determinato in relazione alla popolazione complessiva della fascia demografica del Comune di cui è rappresentante (comma 8).
Il meccanismo di ponderazione è esposto nell’allegato A della legge (cui fa rinvio il comma 10).
Preliminarmente, ai fini della ponderazione, il comma 9 ripartisce i Comuni della Città metropolitana in distinte fasce demografiche (nove), a seconda della loro popolazione (fino a 3.000 abitanti; da 3001 a 5000 abitanti; da 5.001 a 10.000 abitanti; da 10.001 a 30.000 abitanti; da 30.001 a 100.000 abitanti; da 100.001 a 250.000 abitanti, da 250.001 a 500.000 abitanti, da 500.001 a 1 milione di abitanti; sopra 1 milione di abitanti).
In particolare, si prevede che per ciascuna fascia demografica dei Comuni compresi nella Città metropolitana si determini un valore percentuale, dato dal rapporto tra la popolazione complessiva della fascia e il totale della popolazione dell’intera Città metropolitana.
Sono comunque individuati due valori percentuali non sormontabili: il primo (45 per cento), relativo al singolo comune, finalizzato alla riduzione del ‘peso’ degli elettori appartenenti ad un solo Comune la cui popolazione superi il 45 per cento della popolazione metropolitana (sono Roma, Palermo, Genova, Trieste)11; il secondo volto alla riduzione del ‘peso’ della fascia demografica che superi il 35 per cento della popolazione metropolitana.
Più nel dettaglio la legge “Delrio” stabilisce che nessun Comune può superare il valore del 45 per cento nel rapporto fra propria popolazione e quella dell’intera Città metropolitana cui appartiene.
In caso di valore percentuale superiore, esso viene ridotto al 45 per cento: ne consegue l’assegnazione – della quota percentuale eccedente – in aumento al valore percentuale di ciascuna fascia demografica (purché diversa da quella cui appartenga il Comune in questione).
Siffatta ripartizione della quota percentuale eccedente tra fasce demografiche (esclusa, si è detto, quella in cui ricada il Comune in questione) avviene tra loro in misura proporzionale alla rispettiva popolazione.
Inoltre anche la singola fascia demografica non può superare la soglia del 35 per cento. In caso di valore percentuale della fascia demografica eccedente, esso viene comunque ridotto al 35 per cento.
Ne consegue l’assegnazione – della quota percentuale eccedente – in aumento al valore percentuale di ciascuna altra fascia demografica (in maniera proporzionale alla loro popolazione).
Un’eccezione è prevista nel caso in cui si tratti di fascia in cui ricada un Comune per il quale il rapporto tra popolazione propria e dell’intera Città metropolitana sia superiore al 45 per cento: in tal caso la fascia può superare il ‘tetto’ del 35 per cento in quanto già opera la riduzione sulla percentuale del maggiore comune in essa ricompreso.
Attraverso questo complesso meccanismo, si ottiene infine l’indice di ponderazione del voto degli elettori (sindaci e consiglieri comunali) del Consiglio metropolitano.
Tale indice è dato dal risultato della divisione del valore percentuale determinato per ciascuna fascia demografica (non eccedente il 35 per cento, e all’interno senza Comuni eccedenti il 45 per cento) per il numero complessivo degli aventi diritto al voto (sindaci e consiglieri comunali) appartenenti alla medesima fascia demografica.
Il risultato, moltiplicato per mille, dà l’indice di ponderazione12.
Data la complessità del meccanismo di ponderazione il Ministero dell’interno ha elaborato un prospetto di calcolo degli incidici di ponderazione13 : di seguito se ne allega un estratto nel quale emerge l’applicazione dei correttivi rispetto al superamento delle soglie, rispettivamente del 35% e del 45%:
Infine, il voto del singolo elettore (sindaco o consigliere comunale) va moltiplicato per l’indice di ponderazione: i voti così ponderati sono ripartiti tra le liste (comma 12).
Si precisa che ciascun elettore può votare per la lista prescelta segnandone il relativo contrassegno; può inoltre esprimere un voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere metropolitano compreso nella lista, scrivendone il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome, il cui valore è ponderato ai sensi del comma 34.
La formula elettorale è indicata, come di seguito, dal comma 36: la cifra elettorale di ciascuna lista è costituita dalla somma dei voti ponderati validi riportati da ciascuna di esse.
Per l’assegnazione del numero dei consiglieri a ciascuna lista si divide la cifra elettorale di ciascuna lista successivamente per 1, 2, 3, 4 … fino a concorrenza del numero dei consiglieri da eleggere; quindi si scelgono, tra i quozienti così ottenuti, quelli più alti, in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista consegue tanti rappresentanti eletti quanti sono i quozienti a essa appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di quest’ultima, per sorteggio.
L’Ufficio Elettorale, al termine dello scrutinio, preliminarmente determina la cifra elettorale ponderata di ciascuna lista; successivamente la cifra elettorale dei candidati in base ai voti di preferenza e infine ripartisce i seggi tra le liste e provvede alle proclamazioni a consigliere metropolitano.
I commi 38 e 39 specificano che a parità di cifra individuale ponderata, è proclamato eletto il candidato appartenente al sesso meno rappresentato tra gli eletti della lista; in caso di ulteriore parità, è proclamato eletto il candidato più giovane.
Inoltre i seggi che rimangono vacanti per qualunque causa, ivi compresa la cessazione 14 alla carica di sindaco o di consigliere di un comune della città metropolitana, sono attribuiti ai candidati che, nella medesima lista, hanno ottenuto la maggiore cifra individuale ponderata.
3. Lo stato di attuazione delle città metropolitane.
3.1 Le città metropolitane nelle regioni a statuto ordinario.
Il comma 5 della legge “Delrio”, com’è noto, individua direttamente, in attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione, le città metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. Stabilisce altresì che i princìpi contenuti nella legge valgono come princìpi di grande riforma economica e sociale per la disciplina di città e aree metropolitane per le seguenti regioni a statuto speciale: Sardegna, Sicilia e Friuli-Venezia Giulia.
Ad oggi le città metropolitane previste dalle regioni a statuto speciale sono Palermo, Catania, Messina e Cagliari.
Data tale premessa pare utile iniziare l’analisi dello stato di attuazione della legge con riferimento alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario.
A tal proposito si osserva che in data 28 settembre 2014 si sono costitute le città metropolitane di Bologna, Genova, Firenze e Milano, che hanno eletto i propri consigli metropolitani, in conformità a quanto specificato nelle linee guida sul procedimento elettorale, adottate dal Ministero dell’Interno con la circolare 32/201415.
In particolare per quanto concerne la città metropolitana di Bologna sono stati eletti i 18 consiglieri metropolitani con una larghissima partecipazione in linea, per altro, con quanto accaduto per le città metropolitane di Milano, Firenze e Genova.
Quest’ultima ha visto una discussione particolarmente articolata da parte degli aventi diritto al voto e dei partiti che si è concentrata essenzialmente sui caratteri della rappresentanza che doveva essere scelta: si è dibattuto se le liste dovessero essere rappresentative dei territori che compongono l’area metropolitana ovvero delle forze politiche presenti nelle amministrazioni comunali interessate al voto. Inoltre, è stato oggetto di riflessione il problema di come assicurare una rappresentanza equilibrata dei territori e delle amministrazioni locali più piccole.
Per quanto riguarda la città metropolitana di Firenze si segnala che la Provincia ha contattato in via informale ciascun Comune ai fini della puntuale individuazione del corpo elettorale, il Vice-Segretario Generale della Provincia ha adottato, in data 28 agosto 2014, un atto dirigenziale con cui ha individuato in 688 il numero complessivo degli elettori del consiglio Metropolitano.
Tale atto, inoltre, ha precisato che le liste dovevano essere sottoscritte da almeno 35 elettori, pari al 5% del contingente complessivo degli aventi diritto a quella data, e che dovevano essere composte da un numero minimo di candidati pari alla metà dei consiglieri da eleggere, ovvero 9 candidati, ed un numero massimo comunque non superiore al numero dei consiglieri da eleggere, ovvero 18 candidati.
In parallelo, il consiglio comunale di Firenze ha modificato il proprio regolamento e, con delibera n. 39 del 7 luglio 2014, ha istituito un’apposita Commissione, dedicata a “Città metropolitana, decentramento, rapporti con i Quartieri”, con il compito di seguire la costituzione del nuovo ente, approfondire questioni e problemi legati alle funzioni ed agli atti di programmazione strategica della stessa. Fra le attività svolte, rientrano numerose audizioni di soggetti istituzionali interessati al processo di costituzione, quali gli Assessori comunali al Decentramento, al Bilancio, alla Città metropolitana, nonché il Presidente della Provincia di Firenze.
Per quanto riguarda il Consiglio metropolitano di Milano16 sono stati eletti i 24 consiglieri con una larghissima affluenza alle urne (80,6% degli aventi diritto, pari a 1657 tra consiglieri e sindaci dei 134 Comuni).
Successivamente alla prima tornata elettorale, il 12 ottobre, anche per la città metropolitana di Torino17 si sono svolte le elezioni del consiglio metropolitano composto da 18 consiglieri.
L’affluenza, pur buona, considerando che è stata del 73,88% ha visto delle punte di astensionismo da parte dei comuni più lontani dal capoluogo. Proprio per evitare che i territori più lontani si sentano esclusi da questo processo di riforma il sindaco della Città metropolitana ha annunciato l’intenzione di convocare il consiglio entro la fine di ottobre e in quella sede proporrà la costituzione di due gruppi di lavoro. Il primo lavorerà alla preparazione della bozza dello statuto. Il secondo avrà il compito di definire i confini delle zone territoriali dove saranno individuate delle forme di rappresentanza elettiva che contribuiranno ad arricchire il lavoro del consiglio metropolitano per la costituzione di un percorso in cui tutti i comuni si sentano parte e si identifichino18.
Anche per la città metropolitana di Bari le elezioni dei 18 componenti del consiglio Metropolitano sono avvenute il 12 ottobre.
Infatti pur essendo state indette originariamente per il giorno 28 settembre, il sindaco della Città di Bari con successivo provvedimento del 2 settembre, a seguito delle modifiche normative apportate dal decreto legge n. 90/2014 convertito nella legge n. 114/2014, ha annullato il precedente decreto indicendo le elezioni del consiglio metropolitano per il 12 ottobre.
Il sindaco ha delegato alla città metropolitana un consigliere comunale, mentre il presidente della Provincia ha costituito presso l’Amministrazione provinciale l’ufficio elettorale competente per il procedimento elettorale, che – per effetto di un protocollo d’intesa interistituzionale – si avvarrà della consulenza del Comune di Bari.
Il 14 ottobre è avvenuta la proclamazione dei consiglieri eletti.
Discorso a parte merita la città metropolitana di Roma capitale che viene disciplinata dalla legge “Delrio” in modo solo in parte analogo alle altre città metropolitane: infatti i commi 102 e 103 stabiliscono che i decreti legislativi riferiti a Roma capitale non riguardano la città metropolitana bensì l’ente territoriale così come definito dall’articolo 24 della l. 42/200919.
Altra particolarità riguarda lo statuto che dovrà disciplinare i rapporti tra la città metropolitana, il comune di Roma capitale e gli altri comuni, garantendo il migliore assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri, ivi presenti, presso la Repubblica italiana, presso lo Stato della Città del Vaticano e presso le istituzioni internazionali.
Data tale premessa, in data 5 ottobre, con una larga affluenza (88,67%) anche la città metropolitana di Roma capitale ha eletto il proprio consiglio, costituito da 24 componenti.
Invece per quanto riguarda la data di elezione del consiglio della città metropolitana di Reggio Calabria occorre sottolineare che la legge n. 56/2014 stabilisce che non entra in funzione prima del rinnovo degli organi del comune di Reggio Calabria20 e quindi non andrà ad elezione nel 2014.
Inoltre anche la città metropolitana di Venezia – in considerazione dell’anticipato scioglimento del comune di Venezia – non è stata costituita in quanto le elezioni del consiglio metropolitano si svolgeranno entro il termine di 60 giorni dalla proclamazione degli eletti del consiglio comunale della città di Venezia che andrà ad elezione nella primavera 2015 e dalla data di elezione del sindaco e del consiglio comunale decorreranno i 60 giorni.
3.2. Le città metropolitane nelle regioni a statuto speciale.
Passando all’analisi dello stato di attuazione delle città metropolitane delle regioni a statuto speciale, che come già accennato nel precedente paragrafo sono attualmente Palermo, Catania, Messina e Cagliari si osserva quanto segue.
Per quanto riguarda la città metropolitana di Cagliari il 30 settembre 2014 è stata approvata dalla Giunta regionale la delibera avente ad oggetto: “Indirizzi per la predisposizione di disegni di legge in materia di riforma degli enti locali della Sardegna”.
Con riferimento alla città metropolitana e agli enti di area vasta sarà predisposto un disegno di legge che dovrà:
– istituire la città metropolitana di Cagliari, secondo il modello di area metropolitana ristretta, mediante elezione di secondo grado e con l’attribuzione delle funzioni fondamentali della provincia e di quelle di area vasta, ad esempio in materia di pianificazione strategica e territoriale generale, di servizi pubblici, di mobilità e viabilità, promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale;
– prevedere l’ambito territoriale strategico, quale area territoriale più favorevole dal punto di vista economico-sociale per lo svolgimento di funzioni di area vasta attribuite o delegate dai comuni, dalle unioni di comuni o dalla Regione, anche nell’ottica della dislocazione dei servizi regionali territoriali;
– ridefinire gli enti di area vasta nelle more della modifica dell’articolo 43 dello Statuto e della riforma del titolo V della Costituzione, tenendo conto del nuovo quadro normativo nazionale a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 56/2014.
Detti enti si configureranno come enti secondo livello, con funzioni fondamentali di programmazione, gestione e supporto enumerate e sostanzialmente limitate, quali ad esempio funzioni di programmazione e pianificazione in materia di ambiente, trasporti, rete scolastica e assistenza tecnico amministrativa a favore degli enti locali;
– garantire, in applicazione del principio di continuità amministrativa, che i servizi sui territori attualmente gestiti dalle province vengano assicurati dalle stesse fino al completamento del processo di trasferimento delle funzioni ai comuni e alle loro forme associative con la necessaria gradualità e condivisione.
Per quanto concerne invece il riordino delle autonomie locali siciliane si ricorda che la legge regionale 24 marzo 2014, n. 8, istitutiva dei liberi consorzi comunali e le città metropolitane di Palermo, Catania e Messina.
In particolare il 28 settembre 2014 è scaduto il termine (di 6 mesi a partire dal 28 marzo, data di entrata in vigore della l.r. sic. 8/2014) entro il quale i Comuni siciliani, ai sensi dell’articolo 2 comma 1 della medesima l.r. sic. 8/2014, potevano costituire ulteriori liberi Consorzi rispetto a quelli già esistenti, con una delibera a maggioranza qualificata dei 2/3 dei componenti del relativo consiglio comunale, nel rispetto della continuità territoriale tra i Comuni aderenti e della consistenza della popolazione non inferiore a 180.00 abitanti.
Entro il medesimo termine, con una delibera a maggioranza assoluta dei componenti del rispettivo consiglio comunale, i Comuni compresi nelle aree metropolitane potevano distaccarsi dalle città metropolitane per aderire al libero consorzio di appartenenza sempre in presenza della continuità territoriale (articolo 9).
Al 30 settembre sul sito istituzionale del Dipartimento delle Autonomie locali risultano in elenco solo 8 delibere di consigli comunali siciliani (di distacco o adesione) e tra queste la sola che interessa ai fini della perimetrazione della Città metropolitana di Palermo è quella del Comune di Termini Imerese (delibera n. 18 del 17.07.2014) che ha deliberato il distacco dalla predetta Città. Il Comune in parola non ha tuttavia deliberato (ai sensi dell’articolo 2 comma 1 l.r. 8/2014) di costituire un nuovo libero Consorzio comprensivo di vari comuni dell’area madonata come inizialmente era nelle sua intenzioni, e quindi permane, come prescrive la legge regionale, nei Consorzi di appartenenza.
E’ in fase di elaborazione il disegno di legge (da presentarsi decorso il termine di 6 mesi dall’entrata in vigore della legge n. 8/2014 come previsto dal relativo articolo 2 comma 6) da parte del Governo regionale all’Assemblea regionale siciliana con cui devono essere individuati i territori dei liberi Consorzi con le eventuali variazioni territoriali ivi comprese quelle derivanti dall’eventuale distacco o adesione dalle Città metropolitane e quindi, per quanto riguarda quella di Palermo, la nuova perimetrazione registrerà il distacco del Comune di Termini Imerese come già detto sopra.
Si segnala inoltre che con il disegno di legge summenzionato devono essere definite le funzioni e individuate le risorse finanziarie, materiali e umane da trasferire alle Città metropolitane e ai liberi Consorzi (articolo 11 comma 2) nonché le modalità di elezione degli organi metropolitani (articolo 8 comma 3).
Infine è imminente anche un’ulteriore scadenza: quella dei Commissari straordinari che, nelle more della legge istitutiva in parola, esercitano le funzioni dei liberi Consorzi, ma fino e non oltre il 31 ottobre 2014 (articolo 13 l.r. sic. 8/2014).
Da ultimo è emersa la problematica21 relativa all’eventuale trasferimento del personale delle province ai nuovi enti di area vasta nonché, sulla base del processo di riorganizzazione e razionalizzazione degli enti territoriali avviato con legge regionale 27 marzo 2013, n. 7, in attuazione dell’articolo 15 dello Statuto della Regione siciliana, la questione inerente la possibilità di riassorbire i lavoratori alle dipendenze degli enti e delle società a partecipazione pubblica (di cui si prevede la dismissione) all’interno degli enti territoriali intermedi di nuova istituzione.
A tal fine, l’articolo 11 della già citata legge regionale 24 marzo 2014, n. 8, stabiliva che “la Regione procede alla razionalizzazione, all’accorpamento o soppressione degli enti, agenzie od organismi, comunque denominati, che esercitano funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle attribuite ai Liberi Consorzi o alle Città Metropolitane”. La medesima disposizione demandava inoltre ad una ulteriore legge regionale l’identificazione dei soggetti da sopprimere o accorpare, precisando che in tale sede saranno individuate “le risorse finanziarie, materiali e umane da trasferire ai Liberi Consorzi e alle Città Metropolitane”
4. La riallocazione delle funzioni: l’accordo Stato-Regioni e lo schema di decreto del Presidente del consiglio dei ministri per l’attuazione della legge “Delrio”.
4.1 Premessa22
L’articolo 1, comma 91 della legge n. 56/2014 “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni” stabilisce che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, lo Stato e le regioni devono individuare in modo puntuale, mediante accordo sancito nella Conferenza unificata, le funzioni provinciali diverse da quelle di cui al comma 85 ( funzioni fondamentali delle province quali enti con funzioni di area vasta), in attuazione dell’articolo 118 della Costituzione.
L’accordo sopraccitato è finalizzato anche al conseguimento delle seguenti finalità: individuazione dell’ambito territoriale ottimale di esercizio per ciascuna funzione; efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni e delle unioni di comuni; sussistenza di riconosciute esigenze unitarie; adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio tra gli enti territoriali coinvolti nel processo di riordino, mediante intese o convenzioni. Sono altresì valorizzate forme di esercizio associato di funzioni da parte di più enti locali, nonché le autonomie funzionali. Inoltre lo stesso comma 85 prevede che le funzioni che nell’ambito del processo di riordino sono trasferite dalle province ad altri enti territoriali continuano ad essere da esse esercitate fino alla data dell’effettivo avvio di esercizio da parte dell’ente subentrante.
Tale data è determinata nel decreto del Presidente del consiglio dei ministri per le funzioni di competenza statale ovvero è stabilita dalla regione per le funzioni di competenza regionale oggetto del riordino.
4.2 Accordo Stato-Regioni e Decreto del Presidente del consiglio dei Ministri per l’attuazione della legge “Delrio”.
In data 11 settembre 2014, in sede di Conferenza unificata, è stato stipulato l’accordo fra stato e regioni23, ai sensi dell’articolo 1, comma 91 della legge n. 56/2014 che concerne l’individuazione di quelle funzioni, attribuite alle province24 o alle città metropolitane, diverse da quelle fondamentali (quest’ultime individuate direttamente dall’articolo 1, commi 44 e 85 della su citata legge 56/2014). Inoltre, è stato approvato lo schema di decreto del Presidente del consiglio dei Ministri25 che stabilisce i criteri generali per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative per l’esercizio di tutte le funzioni delle vecchie province, comprese quelle fondamentali già assegnate dalla legge “Delrio” ai nuovi enti di area vasta o alle città metropolitane.
In particolare, accordo e decreto prevedono la ricognizione e il riordino delle funzioni di competenza statale e regionale svolte finora dalle province. Quanto alle funzioni di competenza statale, al termine di una fase di ricognizione che ha coinvolto tutti i ministeri, ne sono state individuate alcune in materia di minoranze linguistiche. La limitata estensione delle funzioni di competenza statale risulta coerente con il precedente riordino istituzionale stabilito dalla legge Bassanini nonché con l’esigenza di rispettare i principi di sussidiarietà e adeguatezza nell’allocazione delle funzioni.
Per quanto riguarda invece le funzioni di competenza regionale, che evidenziano una particolare differenziazione da regione a regione26, l’accordo detta procedure e tempi per ricognizione e riordino che richiederà interventi normativi da parte delle regioni che si impegnano ad adottare le iniziative legislative di loro competenza entro il 31 dicembre 2014 con l’obiettivo di assicurare, nel rispetto dell’autonomia e della differenziazione regionale, l’uniformità di orientamenti e il coinvolgimento di tutto il territorio nel processo di riordino. Infatti, le leggi regionali sono approvate previa consultazione con il sistema delle autonomie locali, anche attraverso i consigli delle autonomie locali.
Si precisa che l’effettiva decorrenza di esercizio delle funzioni da parte degli enti subentranti è subordinata alla garanzia di adeguata copertura finanziaria delle funzioni stesse. Infine l’accordo istituisce un Osservatorio nazionale (presieduto dal ministro per gli Affari regionali cui partecipano anche altri ministeri, nonché il Presidente della Conferenza delle Regioni, il presidente dell’ ANCI e il presidente dell’UPI, o loro delegati) che avrà il compito di coordinare l’attività e monitorare l’attuazione di tutto il processo.
Inoltre in ogni regione verrà costituito un Osservatorio regionale, composto secondo le modalità stabilite da ciascuna regione (in modo comunque che sia assicurata la presenza di rappresentanti di ANCI e UPI e del sindaco della città metropolitana) per la ricognizione delle funzioni e la loro successiva assegnazione.
Tutti gli Osservatori svolgeranno le loro attività senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli Osservatori avranno un ruolo fondamentale anche nel processo di individuazione e trasferimento di beni e risorse connessi alle funzioni oggetto del riordino (fondamentali e non), di cui lo schema di decreto del presidente del consiglio stabilisce i criteri, come previsto dalla legge “Delrio”.
Più in dettaglio, ogni regione dovrà avviare un’opera di ricognizione, a tutto raggio, della legislazione regionale vigente allo scopo di individuare, settore per settore, nell’ambito delle proprie competenze, la rispondenza delle funzioni conferite ai comuni (alla città metropolitana) e alle province con l’individuazione delle funzioni fondamentali della città metropolitana e della provincia, così come compiuta dal legislatore nazionale.
Infatti, come noto, la legge “Delrio” procede alla definizione delle funzioni fondamentali degli enti locali interessati, ex articolo 117, c. 2, lett. p) Cost., e la regione non può certo incidere sulle scelte compiute, in quanto esercizio di potestà legislativa esclusiva dello Stato.
All’esito di questa preliminare attività ricognitiva, aiutata anche dalla ricognizione operata dalle province e inviata all’Osservatorio regionale, la regione dovrà individuare, settore per settore, nell’ambito delle proprie competenze, le funzioni che la provincia potrebbe esercitare d’intesa coi comuni (predisposizione di documenti di gara e funzione di stazione appaltante; funzione di monitoraggio dei contratti di servizio; organizzazione di concorsi e procedure selettive).
Ogni regione dovrà, di conseguenza, procedere alla riallocazione delle funzioni diverse da quelle fondamentali, sulla base dei princìpi e dei criteri direttivi fissati dal “Delrio”: individuazione per ogni funzione dell’ambito territoriale di esercizio; efficacia nello svolgimento di funzioni fondamentali da parte dei comuni; sussistenza di riconosciute esigenze unitarie; adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio mediante intesa o convenzione, valorizzazione dell’esercizio associato di funzioni fra più enti territoriali e autonomie funzionali, tenendo conto delle peculiarità relative ai servizi a rete di rilevanza economica (per i quali è richiesta la soppressione di enti ed agenzie e l’attribuzione delle funzioni alle province).
1. Funzionarie presso il Consiglio regionale del Piemonte, Direzione processo legislativo, Settore Studi documentazione e supporto giuridico legale. L’articolo, rivisto congiuntamente dagli autori, è diviso in due parti: la prima è stata redatta da Isabella Comini; la seconda da Federica Moi.
2. La legge 142 del 1990 è stata abrogata dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
3. Art. 114 Cost.: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.”
4. Tali disposizioni disciplinavano le funzioni e gli organi di governo delle province.
5. D.Lgs. 17 settembre 2010, n. 156, 18 aprile 2012, n. 61, e 26 aprile 2013, n. 51.
6. Cfr. Regione Sardegna, art. 4, l.r. 2 gennaio 1997, n. 4.
7. Cfr. Regione Sicilia, art. 19 e ss. l.r. 6 marzo 1986, n. 9. e s.m.i..
8. Si tratta di un tipo di elezione nella quale il corpo elettorale provvede ad eleggere un altro corpo elettorale (sindaci, consiglieri comunali) che provvederà alla successiva elezione dei consiglieri metropolitani. Tale forma di elezione si differenzia dalla c.d. elezione indiretta che si ha nel caso in cui i votanti non scelgono tra i candidati ad una carica ma eleggono persone che successivamente potranno scegliere se accedere o meno alla carica stessa.
Sulla differenza sopraccitata cfr. Modugno F., Diritto pubblico, Giappichelli 2012, 423; Gambino S., Regionalismi e statuti, Le riforme in Spagna e in Italia, Giuffrè 2008, 57; Elia L., Una formula equivoca: l’elezione indiretta del presidente della Repubblica, nota a sentenza Corte Costituzionale, 10 luglio 1968, n. 96, in , Giur. Cost., anno XIII, tomo II. La nota è anche pubblicata per estratto al seguente indirizzo:
http://www.issirfa.cnr.it/download/Sent%20Corte%20C%20n%2096_1968_Nota%20Leopoldo%20Elia.PDF
9. La circolare n. 32/2014 del Ministero dell’Interno ha adottato le linee guida per lo svolgimento del procedimento elettorale:
10. Costituito presso gli uffici del Consiglio Metropolitano e in sede di prima applicazione presso l’Amministrazione provinciale.
11. Si evince dalla tabella seguente contenuta nel Dossier del Servizio Studi del Senato sull’A.S. n. 1212 “Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni” pubblicato al seguente indirizzo: http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00739483.pdf
Provincia |
Popolazione censimento 2011 |
Numero di Comuni della Provincia |
Popolazione del capoluogo |
Napoli |
3.054.956 |
92 |
962.003 |
Milano |
3.038.420 |
134 |
1.242.123 |
Torino |
2.247.780 |
315 |
872.367 |
Bari |
1.247.303 |
41 |
315.933 |
Bologna |
976.243 |
60 |
371.337 |
Firenze |
973.145 |
44 |
358.079 |
Genova |
855.834 |
67 |
586.180 |
Venezia |
846.962 |
44 |
261.362 |
Reggio Calabria |
550.967 |
97 |
180.817 |
Roma |
3.997.465 |
121 |
2.617.175 |
Palermo |
1.243.585 |
82 |
657.561 |
Catania |
1.078.766 |
58 |
293.902 |
Messina |
649.824 |
108 |
243.262 |
Cagliari |
550.580 |
71 |
149.883 |
Trieste |
232.601 |
6 |
202.123 |
12. Per un esempio di calcolo degli indici di ponderazione cfr. il vademecum redatto per l’elezione del consiglio metropolitano di Firenze pubblicato al seguente indirizzo: http://met.provincia.fi.it/elezionimetropolitane/doc/Vademecum%20Elezioni.pdf
Cfr. anche la tabella elaborata per il Consiglio metropolitano di Milano pubblicata al seguente indirizzo:
13. Il prospetto è pubblicato al seguente indirizzo: http://elezioni.interno.it/contenuti/normativa/IndPond4.pdf
14. Il medesimo comma 39 precisa che “Non si considera cessato dalla carica il consigliere eletto o rieletto sindaco o consigliere in un comune della città metropolitana”.
15. La circolare è reperibile al seguente indirizzo:
16. I dati relativi alla città metropolitana di Milano sono pubblicati al seguente indirizzo:
http://www.provincia.milano.it/news/citta_metropolitana/index.html
17. Il decreto del sindaco è pubblicato al seguente indirizzo:
http://www.cr.piemonte.it/cms/media/files/decreto_sindaco_torino.pdf
18. Ulteriori informazioni sulle elezioni della città metropolitana di Torino sono pubblicate al seguente indirizzo:
http://www.cr.piemonte.it/cms/leggi-e-banche-dati/osservatorio-elettorale/risultati-elettorali.html
19. Detto articolo stabilisce che “1. In sede di prima applicazione, fino all’attuazione della disciplina delle città metropolitane, il presente articolo detta norme transitorie sull’ordinamento, anche finanziario, di Roma capitale.
2. Roma capitale è un ente territoriale, i cui attuali confini sono quelli del comune di Roma, e dispone di speciale autonomia, statutaria, amministrativa e finanziaria, nei limiti stabiliti dalla Costituzione. L’ordinamento di Roma capitale è diretto a garantire il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri, ivi presenti presso la Repubblica italiana, presso lo Stato della Città del Vaticano e presso le istituzioni internazionali.
3. Oltre a quelle attualmente spettanti al comune di Roma, sono attribuite a Roma capitale le seguenti funzioni amministrative:
a) concorso alla valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali, previo accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali;
b) sviluppo economico e sociale di Roma capitale con particolare riferimento al settore produttivo e turistico;
c) sviluppo urbano e pianificazione territoriale;
d) edilizia pubblica e privata;
e) organizzazione e funzionamento dei servizi urbani, con particolare riferimento al trasporto pubblico ed alla mobilità;
f) protezione civile, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri e la regione Lazio;
g) ulteriori funzioni conferite dallo Stato e dalla regione Lazio, ai sensi dell’ articolo 118, secondo comma, della Costituzione.
4. L’esercizio delle funzioni di cui al comma 3 è disciplinato con regolamenti adottati dal consiglio comunale, che assume la denominazione di Assemblea capitolina, nel rispetto della Costituzione, dei vincoli comunitari ed internazionali, della legislazione statale e di quella regionale nel rispetto dell’ articolo 117, sesto comma, della Costituzione nonché in conformità al principio di funzionalità rispetto alle speciali attribuzioni di Roma capitale. L’Assemblea capitolina, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 5, approva, ai sensi dell’ articolo 6, commi 2, 3 e 4, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con particolare riguardo al decentramento municipale, lo statuto di Roma capitale che entra in vigore il giorno successivo alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
5. Con uno o più decreti legislativi, adottati ai sensi dell’ articolo 2, sentiti la regione Lazio, la provincia di Roma e il comune di Roma, è disciplinato l’ordinamento transitorio, anche finanziario, di Roma capitale, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) specificazione delle funzioni di cui al comma 3 e definizione delle modalità per il trasferimento a Roma capitale delle relative risorse umane e dei mezzi;
b) fermo quanto stabilito dalle disposizioni di legge per il finanziamento dei comuni, assegnazione di ulteriori risorse a Roma capitale, tenendo conto delle specifiche esigenze di finanziamento derivanti dal ruolo di capitale della Repubblica, previa la loro determinazione specifica, e delle funzioni di cui al comma 3.
6. Il decreto legislativo di cui al comma 5 assicura i raccordi istituzionali, il coordinamento e la collaborazione di Roma capitale con lo Stato, la regione Lazio e la provincia di Roma, nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 3. Con il medesimo decreto è disciplinato lo status dei membri dell’Assemblea capitolina.
7. Il decreto legislativo di cui al comma 5, con riguardo all’attuazione dell’ articolo 119, sesto comma, della Costituzione, stabilisce i princìpi generali per l’attribuzione alla città di Roma, capitale della Repubblica, di un proprio patrimonio, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
a) attribuzione a Roma capitale di un patrimonio commisurato alle funzioni e competenze ad essa attribuite;
b) trasferimento, a titolo gratuito, a Roma capitale dei beni appartenenti al patrimonio dello Stato non più funzionali alle esigenze dell’Amministrazione centrale, in conformità a quanto previsto dall’ articolo 19, comma 1, lettera d).
8. Le disposizioni di cui al presente articolo e quelle contenute nel decreto legislativo adottato ai sensi del comma 5 possono essere modificate, derogate o abrogate solo espressamente. Per quanto non disposto dal presente articolo, continua ad applicarsi a Roma capitale quanto previsto con riferimento ai comuni dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267”.
20. Si precisa che le elezioni del consiglio comunale di Reggio Calabria che era stato sciolto, nel 2012, sono state indette per il 26 ottobre 2014.
21. Una dettagliata analisi delle problematiche e delle eventuali soluzioni da adottare per il trasferimento di personale a seguito della riallocazione delle funzioni cfr. Nicosia G. e Riccobono A., “Il trasferimento del personale nella vicenda dell’istituzione delle Città metropolitane e dei Liberi Consorzi Comunali: percorsi e orientamenti dei tavoli tecnici attivati dalla Regione Siciliana”, in Amministrazione in cammino, 9/10/2014, in:
http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/wp-content/uploads/2014/10/Nicosia_Riccobono.pdf
22. Sulle funzioni che devono essere individuate puntualmente dalla regioni e sulle problematiche connesse cfr Bilancia P., “Regioni, enti locali e riordino del sistema delle funzioni pubbliche territoriali”, in rivista AIC, 4/2014 in:
23. Il testo dell’accordo è pubblicato al seguente indirizzo: http://www.anci.it/Contenuti/Allegati/accordo.pdf
24. Le Province, svolgono ex lege funzioni di pianificazione, di coordinamento in materia ambientale e in materia di trasporti, di gestione diretta del sistema viabilistico, di programmazione della rete scolastica provinciale, funzioni quindi di amministrazione generale e non di gestione realmente operativa in questi ambiti.
25. Il testo dello schema di DPCM è pubblicato al seguente indirizzo: http://www.anci.it/Contenuti/Allegati/intesa.pdf
26. Infatti la dimensione delle aree vaste italiane e delle province italiane è tutt’altro che omogenea e le regioni sono, pertanto, chiamate a “misurarsi”, attraverso un contributo costruttivo, con una trasformazione di largo respiro degli enti provinciali e che comporta un impegno:
i) nelle sedi istituzionali previste dalla “legge Delrio” per l’attuazione della riforma, anche per quel che riguarda la riallocazione dei beni e delle risorse umane;
ii) nel ridisegno delle funzioni amministrative, in materie di propria competenza, ex artt. 117 e 118 Cost., a valere sui Comuni, le Città metropolitana e le Province;
iii) nel supporto, dal punto di vista “tecnico” (giuridico ed economico-gestionale), al processo di costituzione della Città metropolitana e delle nuove Province, oltre che di eventuale costituzione di nuove Unioni di Comuni, senza poter prevaricare l’autonomia locale, ma accompagnando i processi mediante l’esercizio di un’attività di soft governance.