Autobus “âgés” tra libertà di impresa e sicurezza dei trasporti. Una strada statale per la tutela dell’ambiente? Nota alla sentenza n. 5/2019 della Corte Costituzionale
Mario Calvo[1]
Sommario: 1. Introduzione. 2. La questione di costituzionalità. 3. Le argomentazioni della Corte. 4. Il quadro attuale e le prospettive future.
1. Introduzione.
Con la sentenza in commento, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, commi 1 e 2, della legge della Regione Piemonte 26 giugno 2006, n. 22 recante “Norme in materia di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente”.
Nella specie, il comma 1 della suddetta norma prevedeva che «nelle more dell’entrata in vigore di apposita normativa nazionale in materia di requisiti di età dei veicoli adibiti ad attività di noleggio di autobus con conducente, al fine di tutelare la sicurezza degli utenti e dei lavoratori, è vietato alle imprese autorizzate all’esercizio di tale attività l’utilizzo di veicoli di età superiore a quindici anni qualora essi abbiano raggiunto una percorrenza di un milione di chilometri certificata con gli strumenti previsti dalle normative vigenti». Il comma 2 aggiungeva che «i veicoli per i quali è previsto il divieto di utilizzo di cui al comma 1 sono cancellati dagli elenchi relativi ai veicoli autorizzati all’attività di noleggio di autobus con conducente. L’impresa autorizzata, qualora non fornisca i dati relativi all’età e alla percorrenza dei propri veicoli oppure nel caso in cui fornisca dati non veritieri, è soggetta alla sospensione dell’autorizzazione da un minimo di trenta ad un massimo di sessanta giorni».
All’origine dell’ordinanza di rimessione vi era un procedimento avanti il TAR Piemonte nel quale una società di trasporti mediante noleggio di autobus con conducente aveva impugnato un provvedimento della Città metropolitana di Torino con il quale le era stato ingiunto di alienare entro quindici giorni due autobus che avevano superato i limiti imposti dalla normativa piemontese, avendo percorso più di un milione di chilometri ed essendo trascorsi quindici anni dalla data di prima immatricolazione.
2. La questione di costituzionalità.
Nell’ordinanza di rimessione il TAR Piemonte sottopone alla Corte tre argomenti che configurano il dubbio di costituzionalità:
a) anzitutto la normativa in esame «finirebbe per introdurre un requisito di esercizio non previsto dal diritto europeo e intrinsecamente discriminatorio, nei confronti delle imprese stabilite nella Regione Piemonte, in violazione dell’art. 3 della Costituzione nonché dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, che impone alle regioni di conformarsi ai vincoli dell’ordinamento comunitario»;
b) in secondo luogo essa «in diretto contrasto con la natura “trasversale” e prevalente della tutela della libera concorrenza, sancita dalla direttiva 2006/123/CE» introdurrebbe nell’ordinamento «previsioni atte a distorcere il confronto concorrenziale e la libertà d’impresa sul piano interspaziale, ossia tra territori regionali differenti» in quanto tali limiti graverebbero solamente sulle imprese aventi sede nella Regione Piemonte mentre le altre imprese concorrenti, aventi sede in altre Regioni, potrebbero operare senza vincoli di tal sorta;
c) infine, ove si volesse riconoscere quale ratio legis la salvaguardia della sicurezza della circolazione e la tutela dell’ambiente, «la norma regionale si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, della Costituzione, che riserva alla potestà esclusiva statale le materie della sicurezza (lettera h) e della tutela dell’ambiente (lettera s)».
A livello di regolamentazione statale vi è la legge 11 agosto 2003, n. 218, recante “Disciplina dell’attività di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente” che, nel dettare i principi e le norme generali a tutela della concorrenza nell’ambito della suddetta attività di trasporto, non pone alcun limite circa l’età dei veicoli. Tale normativa peraltro era già stata parzialmente oggetto di scrutinio da parte della Corte Costituzionale la quale, con sentenza n.30 del 2016, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 3, che vietava l’incremento del parco autobus con mezzi usati[2]. In quell’occasione, proprio in riferimento alla legge n. 218 del 2003, la Corte aveva affermato che essa rappresenta «il punto di equilibrio fra il libero esercizio dell’attività di trasporto e gli interessi pubblici interferenti con tale libertà» e che «il bilanciamento così operato – fra la libertà di iniziativa economica e gli altri interessi costituzionali – costituendo espressione della potestà legislativa statale nella materia della “tutela della concorrenza”, definisce un assetto degli interessi che il legislatore regionale non è legittimato ad alterare», in particolare non potendo quest’ultimo disciplinare in senso più restrittivo la tipologia degli automezzi che le imprese di trasporto autorizzate possono utilizzare nell’esercizio della loro attività di impresa.
Occorre inoltre rilevare che la norma piemontese oggetto di censura non era isolata: aspetti simili erano stati disciplinati anche dalla Regione Lombardia con il regolamento regionale 22 dicembre 2014, n. 6 recante “Disciplina dei servizi di noleggio autobus con conducente” con il quale erano stati imposti limiti in ordine all’età degli automezzi, sia per quanto concerne il parco autobus esistente sia per quanto riguarda l’eventuale incremento o sostituzione dello stesso[3]. In quel caso, il legislatore regionale lombardo aveva specificato il fine perseguito, ossia «il contenimento delle emissioni dei gas di scarico», individuando quale ratio la tutela dell’ambiente, a differenza della normativa piemontese che invece non faceva alcun riferimento espresso ad essa, autoqualificandosi[4] come norma di transizione adottata nelle «more dell’entrata in vigore di apposita normativa nazionale in materia di requisiti di età dei veicoli». Tale specificazione non ha tuttavia salvato la norma contenuta nel regolamento regionale lombardo che, sulla scia della decisione della Corte Costituzionale in commento, il Consiglio di Stato ha annullato in quanto «il limite (…) previsto dal regolamento impugnato (pur con la previsione di un regime transitorio di alcuni anni) viene innanzitutto a determinare un’evidente disparità di trattamento (…) tra le imprese che hanno sede nella Regione Lombardia (cui si applica il predetto regolamento) e le altre imprese italiane che operano nel settore del noleggio autobus con conducente»[5] e che, in ogni caso, la disciplina statale «non può essere incisa dal legislatore regionale, privo, sul punto, di competenza».
Tali disposizioni, peraltro, non rappresentano casi isolati. Vi è anzi una tendenza normativa in tal senso sia da parte delle Regioni che degli enti locali[6].
Pertanto, più in generale, la questione di fondo sulla quale la Corte è stata chiamata a pronunciarsi ha riguardato la legittimazione dei suddetti enti a introdurre vincoli e limitazioni in materia di circolazione, non previsti dalla normativa statale di riferimento[7].
3. Le argomentazioni della Corte.
In riferimento alle tre questioni sollevate dal giudice rimettente, la Corte Costituzionale riconosce che «la seconda delle questioni (…) è fondata con riferimento alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.», poiché «essa ha carattere misto, di sostanza e di competenza, in quanto il giudice a quo invoca congiuntamente gli artt. 3 e 41 Cost. e l’art. 117 Cost., essendo da intendere il riferimento a quest’ultima disposizione (…) come denuncia della lesione della competenza statale esclusiva in materia di “tutela della concorrenza” (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.)».
Il Giudice delle leggi, al punto 2 del considerato in diritto, delinea il quadro storico della competenza legislativa in tema di trasporto di persone mediante NCC, riconoscendo che «prima della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, esso rientrava nella competenza regionale concorrente in materia di “tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale”, che comprendeva “i servizi pubblici di trasporto di persone e merci”» mentre i requisiti di sicurezza dei veicoli rientravano nella competenza statale.
Dopo la riforma costituzionale del 2001 la suddivisione ha continuato a sussistere ma è in parte mutata la competenza a legiferare: il servizio pubblico di trasporto, di linea e non di linea è divenuto materia oggetto della competenza regionale residuale[8], mentre la sicurezza della circolazione e dei veicoli è stata collocata nell’elenco delle materie di competenza esclusiva statale[9]. In particolare, in questa seconda categoria troviamo anche la revisione dei veicoli, la cui disciplina secondo la Consulta «si innesta nelle materie della sicurezza e dell’ambiente».
La Corte prosegue, al punto 2.1 del considerato in diritto, con una breve disamina della normativa statale in materia e in particolare della legge n. 218 del 2003 che «costituisce (…) esercizio delle competenze esclusive statali in materia di tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.) e di sicurezza (art. 117, secondo comma, lettera h, Cost.) e concilia i due interessi, potenzialmente confliggenti, al libero esercizio dell’attività di NCC e alla sicurezza del trasporto». Essa risulta pertanto «finalizzata a garantire condizioni omogenee di mercato e l’assenza di distorsioni della concorrenza su base territoriale». La Consulta sottolinea di aver già dichiarato l’illegittimità costituzionale di un’altra disposizione[10] della stessa legge regionale del Piemonte, in quanto le Regioni «non possono introdurre, a carico delle imprese di trasporto aventi sede nel territorio regionale, limiti che, lungi dal rispettare i “criteri di tutela della libertà di concorrenza” fissati nella legge statale [218/2003] (art. 4, comma 1), penalizzerebbero gli operatori “interni”, data l’assenza di delimitazioni territoriali delle autorizzazioni rilasciate nelle altre regioni (art. 5, comma 3)»[11]. Ne discende quindi un dispositivo di accoglimento semplice della questione di costituzionalità sollevata dal TAR Piemonte in quanto la normativa in esame «incide negativamente sul livello di tutela della concorrenza fissato dalla legge statale».
Nella pronuncia in oggetto la Corte Costituzionale mostra coerenza e continuità con i precedenti giurisprudenziali sopra richiamati e in particolare con un’interpretazione restrittiva della potestà legislativa regionale in materia di trasporto pubblico locale, quando quest’ultima entra in conflitto con altre materie, di competenza esclusiva statale, come la tutela della concorrenza e la sicurezza. In particolare si ribadisce che le Regioni devono limitarsi a «regolare gli oggetti indicati dalla stessa legge statale», senza poter introdurre ulteriori requisiti.
La sentenza in esame palesa dunque la volontà della Corte di definire in maniera certa e rigorosa l’assetto delle competenze legislative dello Stato e delle Regioni in una materia alquanto complessa, al fine di evitare che la discrezionalità delle Regioni possa comportare restrizioni su base territoriale alla libera concorrenza e al mercato, determinando il proliferare di norme particolari mirate a introdurre limiti di volta in volta più stringenti.
4. Il quadro attuale e le prospettive future.
Nel dichiarare incostituzionali le norme sopra richiamate in quanto eccedenti l’ambito costituzionalmente definito della potestà legislativa regionale, la Corte aggiunge una brevissima ma interessante considerazione di merito, definendo la normativa censurata «di contenuto in sé non irragionevole». Con questo breve obiter dictum la Consulta apre la strada ad alcune considerazioni ulteriori sulle quale pare opportuno soffermarsi.
Senza dubbio la disciplina censurata imponeva ai destinatari obblighi considerevoli: vietare l’utilizzo degli autobus una volta raggiunti determinati limiti d’età, infatti, incide significativamente sui costi che le aziende coinvolte devono sopportare e di conseguenza sul prezzo del servizio che le stesse dovranno applicare agli utenti finali. Inoltre, di fronte a una siffatta previsione, i meccanismi della concorrenza e più in generale del mercato subiscono alterazioni ope legis che diversamente non si avrebbero, stante la possibilità tecnica degli autobus di continuare la loro vita anche superati i suddetti limiti[12]. Pertanto la Consulta, in un’ottica di bilanciamento con altri interessi configgenti, ha giudicato costituzionalmente illegittime tali restrizioni in quanto causa di potenziale «distorsione della concorrenza su base territoriale».
A ben vedere, sorgono però due interrogativi: per quale motivo le Regioni avrebbero interesse a porre vincoli così stringenti alle imprese di trasporto mediante noleggio di autobus con conducente? E per quale motivo la stessa Corte giungerebbe a considerare non irragionevoli limitazioni di tal sorta? La ratio pare rinvenibile, in primo luogo, nella tutela dell’ambiente, posto che il discrimen tra veicoli nuovi e veicoli datati è costituito principalmente dal livello delle emissioni inquinanti; in secondo luogo nella sicurezza stradale. Da anni, infatti, la questione degli autobus che si guastano in quanto troppo vecchi, causando incidenti[13] anche mortali, rappresenta un serio problema per la sicurezza dei cittadini: basti pensare ai recenti drammi che si sono verificati durante le gite scolastiche[14]. Senza contare i numerosissimi disagi quotidiani alla circolazione stradale causati dai malfunzionamenti di una flotta di veicoli ormai inadeguata a garantire il trasporto pubblico dei passeggeri[15].
Come è noto, a partire dal 1991 l’Unione Europea ha emanato una serie di direttive volte alla riduzione dell’inquinamento ambientale derivante dai veicoli a motore, sulla cui base sono state individuate diverse categorie alle quali corrisponde una diversa potenzialità lesiva dell’ambiente[16] e una diversa anzianità dei mezzi. Dette classi inquinanti sono contrassegnate dalla sigla “Euro”, seguita da un numero progressivo e da una lettera (0, 1, 2, 3, 4, 5 A, 5B, etc): i mezzi più risalenti sono classificati “Euro 0” e rappresentano la categoria a maggior impatto ambientale e pericolosità per la circolazione.
Per agevolare la riduzione dell’inquinamento e incentivare l’acquisto di veicoli nuovi, lo Stato[17]e le Regioni stesse[18] hanno erogato a cittadini e imprese molteplici contributi economici, a conferma della volontà di perseguire un disegno ampio e articolato volto alla salvaguardia e al miglioramento dell’ambiente, con politiche che al tempo stesso potessero avere anche un’incidenza positiva sul mercato. Nell’ottica di favorire il rinnovo del parco autobus, sono quindi intervenute norme che hanno limitato progressivamente la possibilità di acquistare e mettere in circolazione i mezzi più vetusti e inquinanti[19]. Anche a livello europeo sono in atto processi volti alla transizione verso la mobilità a zero emissioni, nella prospettiva di rendere il settore dei trasporti decarbonizzato ed efficiente dal punto di vista energetico[20].
Invero il tema della riduzione degli autobus ad alto tasso inquinante e della loro sostituzione con mezzi nuovi rappresenta da tempo una priorità anche statale, oltre che europea. A tal proposito occorre segnalare che con legge n. 232 del 2016 è stato creato appositamente il Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile «destinato al rinnovo del parco autobus dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, alla promozione e al miglioramento della qualità dell’aria con tecnologie innovative, in attuazione degli accordi internazionali nonché degli orientamenti e della normativa dell’Unione europea»[21]. Peraltro, in relazione all’applicazione di una norma contenuta nella suddetta legge, la stessa Corte Costituzionale aveva sposato la tesi secondo la quale la materia “mobilità sostenibile” risulta certamente ascrivibile alla materia “ambiente”.
Ai fini della nostra disamina è importante rilevare la riconducibilità del tema delle emissioni inquinanti, e di conseguenza delle misure volte a ridurle, all’ambito della tutela dell’ambiente.
Il “bene ambiente” già all’indomani della riforma del Titolo V della Costituzione è stato definito «come “valore” costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia “trasversale”, in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio»[22]. Nel primo decennio successivo alla riforma costituzionale del 2001 la Corte ha dilatato i confini della competenza legislativa in materia ambientale, facendo salva la possibilità per le Regioni di «adottare norme di tutela ambientale più elevata nell’esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che vengano a contatto con quella dell’ambiente»[23], ammettendo quindi la competenza delle stesse a emanare discipline più rigorose, volte a innalzare il livello di tutela rispetto a quanto previsto dalla normativa statale.
A fronte di tale giurisprudenza però, si è consolidato in tempi più recenti un altro orientamento, maggiormente restrittivo dei confini della competenza legislativa regionale[24], secondo il quale la «tutela della qualità dell’aria per porre rimedio al relativo inquinamento» è da ricondursi «alla “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, riservata alla competenza statale esclusiva dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.»[25]. Nello specifico «la disciplina della circolazione stradale – secondo la giurisprudenza della Corte – (…) appartiene alla competenza esclusiva statale sotto vari profili: sicurezza, ordinamento civile, ambiente. In particolare, la disciplina sulla revisione dei veicoli si innesta nelle materie della sicurezza e dell’ambiente»[26]. Infatti, la circolazione stradale è «riconducibile, sotto diversi aspetti, a competenze statali esclusive, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione. In primo luogo, l’esigenza di assicurare l’incolumità personale dei soggetti coinvolti nella circolazione (conducenti, trasportati, pedoni) pone problemi di sicurezza, ricadendo, così, nella materia “ordine pubblico e sicurezza”. Inoltre, la disciplina della circolazione stradale, in quanto funzionale alla tutela dell’incolumità personale, mira senza dubbio a prevenire una serie di reati ad essa collegati, come l’omicidio colposo e le lesioni colpose, e, pertanto, essa trova, anche sotto questo diverso profilo, la sua collocazione nella materia “ordine e sicurezza pubblica”»[27].
Ne discende che i pullman obsoleti sono pericolosi sotto un duplice aspetto: sia per l’elevato potenziale inquinante, sia per l’inadeguatezza tecnica alla circolazione stradale. Tuttavia, a fronte di una giurisprudenza costituzionale ampiamente consolidatasi è compito della legge statale, non regionale, intervenire: lo Stato risulta – rebus sic stantibus – l’unico soggetto legittimato a operare un bilanciamento tra i diversi interessi potenzialmente configgenti, definendo un assetto che alle Regioni è precluso modificare.
Alla luce di tali considerazioni, ci si domanda dunque quali possono essere le prospettive future, posto che lo stesso Giudice delle leggi considera non irragionevoli i suddetti interventi, purché posti in essere dal soggetto competente, in un’ottica di uniformità su tutto il territorio nazionale.
A parere di scrive sarebbe quindi ipotizzabile una “strada statale” per la tutela dell’ambiente e il miglioramento della sicurezza stradale, percorribile dalle Regioni con gli strumenti che la Costituzione mette loro a disposizione: primo tra tutti[28] la presentazione alle Camere di una proposta di legge d’iniziativa regionale ai sensi dell’art. 121 Cost.[29]. In particolare, il neo eletto Consiglio regionale piemontese potrebbe avanzare una proposta di legge volta all’introduzione su scala nazionale di limiti all’acquisto e all’utilizzo di veicoli appartamenti alle categorie “Euro” maggiormente inquinanti e pericolose, nei confronti di tutte le imprese di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente, a beneficio sia della sicurezza degli utenti del servizio che della qualità dell’aria.
In questa prospettiva, forse, le ragionevoli istanze delle comunità locali volte alla salvaguardia dell’ambiente potrebbero avere maggiori chances di essere giudicate costituzionalmente legittime. D’altronde, per dirla con le parole di uno dei nostri padri costituenti, Concetto Marchesi, «nessuna regione potrà sentirsi menomata se sarà conservato sotto il controllo dello Stato (…) quel tesoro che costituisce uno dei nostri vanti maggiori»[30].
[1] Dottorando di ricerca in Diritti e Istituzioni nell’Università degli Studi di Torino.
[2]A. Claroni, Sul noleggio di autobus con conducente, in «Le Regioni», n. 3, 2016, pp. 566-573.
[3]Nello specifico, l’art. 3, co. 1, lett. b) del succitato regolamento, come modificato dall’art. 1, co. 1 lett. c) del regolamento 10 marzo 2017, n. 1, prevedeva che il parco autobus delle imprese dovesse avere una«anzianità massima non superiore a diciassette anni rispetto alla prima immatricolazione per le imprese aventi in dotazione un parco autobus pari o superiore a due unità» e che, comunque, «nel caso di incremento o sostituzione del parco autobus esistente i mezzi» non potessero «avere un’età superiore a sette anni».
[4] Sul punto si veda M. Carrer, Alla corte in corriera. Nota alla sentenza n. 5/2019 della Corte costituzionale, in «Forum di Quaderni costituzionali», n. 3, 2019.
[5]Cons. Stato n. 823/2019.
[6]Sono moltissimi i Comuni e le Città metropolitane che prevedono limitazioni alla circolazione di veicoli classificati come particolarmente inquinanti dalle normative in materia Ex plurimis D.G.R. 449/18 Regione Lombardia.
[7]Come esplicitato dalla stessa Corte nella sentenza n. 5/2019 in commento, la materia della circolazione stradale è disciplinata, per quanto concerne la sicurezza e le caratteristiche tecniche dei veicoli, dal D.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e dalla normativa di attuazione contenuta nel D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada); i controlli tecnici periodici dei veicoli a motore sono invece disciplinati dalla direttiva 2014/45/UE e dal decreto ministeriale 19 maggio 2017 che la recepisce.
[8] Sul punto la Corte richiama tra i suoi precedenti le sentenze n. 78 e n. 137 del 2018, n. 30 del 2016 e n. 452 del 2007.
[9] Ex multis sentenze n. 77 del 2013, n. 223 del 2010 e n. 428 del 2004.
[10] Si tratta del già menzionato art. 12, comma 3, della legge Regione Piemonte 26 giugno 2006 n. 22.
[11]C. Cost. 30/2016.
[12]È consentito iscrivere al Registro Nazionale dei Veicoli Storici dell’Automotoclub Storico Italiano tutti i veicoli a motore (previsti del C.d.S.) che abbiano compiuto vent’anni dalla data di costruzione o di prima immatricolazione (www.asifed.it/faq).
[13] I recenti episodi sono allarmanti: «Monteforte Irpino, Avellino. Un pullman con 48 persone a bordo diretto a Pietrelcina precipita da un’altezza di 25 metri dal viadotto: (…) il bilancio è di 40 vittime (…) Il veicolo su cui viaggiava la comitiva non era stato revisionato e aveva percorso 800mila chilometri» Quei bus trasformati in trappole mortali: ecco gli incidenti più gravi degli ultimi anni, in https://www.ilgazzettino.it, 21 gennaio 2017.
[14] In particolare, nel 2016 è stata avviata dal MIUR in collaborazione con la Polizia di Stato un’iniziativa congiunta denominata “Gite scolastiche in sicurezza”: la Polizia stradale ha controllato 15.546 autobus di cui 10.126 su richiesta delle scuole, pari al 15 per cento circa del parco veicolare in Italia, rilevando irregolarità su 2.549 veicoli. Le principali violazioni accertate hanno riguardato l’irregolarità dei documenti con 2.117 violazioni; inefficienza dei dispositivi di equipaggiamento quali, ad esempio, pneumatici lisci, cinture di sicurezza guaste, fari rotti ecc. con 624 violazioni; oltre a 36 casi di omessa revisione. Per un elenco completo si rinvia a www.poliziadistato.it.
[15] Da un’indagine svolta nella Capitale in un arco di tempo di un mese «è crollato quasi un portellone a settimana». Nei tre mesi precedenti, invece «un battente aveva colpito una passeggera, ferendola alla testa, (…) uno sportello motore si era sganciato da un bus che aveva appena preso una buca, andando a colpire una giovane scooterista che ha rischiato l’amputazione di un braccio. (…) Ma il numero degli autobus fermi per guasti è molto maggiore (…) restano bloccate nei depositi 931 navette, a cui bisogna aggiungere un’altra settantina di mezzi tra filobus e bus elettrici» Roma, vecchi di 12 anni e guasti: mille bus fermi ogni giorno, in www.ilmessaggero.it, 27 marzo 2016.
[16] Per un elenco completo delle normative antinquinamento si consulti il sito www.aci.it.
[17]L’Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori (ANAV), nell’Audizione informale del 17 luglio 2017 innanzi alle Commissioni riunite VIII (Lavori pubblici, Comunicazioni) e XIII (Territorio, Ambiente, Beni ambientali) del Senato, ha affermato che: «dopo un lungo periodo di assenza di incentivi statali agli investimenti nell’acquisto di autobus da adibire ai servizi di TPL, a partire dal 2015 si è avuta una modesta inversione di tendenza che, con la legge di bilancio 2017 (legge n. 223/2016, art. 1, commi 613-615) ha assunto invece una prospettiva rilevante e strutturale. (…) Allo scopo vengono significativamente incrementate le risorse (…) con un impegno pluriennale di 3.700 milioni di euro nel quindicennio 2019-2033. Le risorse in questione (…) possono essere anche in parte destinate al finanziamento delle infrastrutture tecnologiche di supporto alla diffusione di autobus ad alimentazione alternativa e si prevede inoltre (…) un programma di interventi specifici finalizzati ad aumentare la competitività delle imprese costruttrici dei mezzi di TPL su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto (ITS)». Il testo completo è consultabile sul sito www.anav.it.
[18] Tra gli esempi più significativi vi è il Piano di Azione Ambientale approvato dall’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna, il 12 luglio 2011 con atto n. 46, finalizzato a promuovere un insieme di azioni volte a sostenere la diffusione di metodologie a minor impatto ambientale nei processi organizzativi e produttivi alle imprese. Per quanto riguarda la Regione Piemonte si ricorda invece la D.G.R. 30 novembre 2018, n. 45-7977 recante “Programma di finanziamento per la concessione di contributi per lo sviluppo della mobilità sostenibile nel settore delle micro, piccole e medie imprese attraverso il rinnovo dei veicoli ad uso commerciale N1 e N2. Parziale modifica dei criteri di cui alla DGR 42-7743 del 19.10.2018”.
[19]In particolare, a decorrere dal 1° gennaio 2019 su tutto il territorio nazionale è vietata la circolazione di veicoli a motore destinati al trasporto di persone, categorie M2 ed M3, alimentati a benzina o gasolio con caratteristiche antinquinamento Euro 0 (art. 1, comma 232, legge n. 190 del 2014).
[20] In tal senso vanno le comunicazioni della Commissione “Strategia europea per una mobilità a basse emissioni”, del luglio 2016, e “L’Europa in movimento”, del maggio 2017.
[21]Si tratta di un intervento strutturale che, secondo quanto riportato da ANAV«consentirebbe di abbattere in un arco temporale di 15 anni l’età media del parco autobus destinato ai servizi di TPL contribuendo a portarla dagli attuali 12 anni circa ai 7 anni circa della media dei Paesi europei più virtuosi». In particolare, per quanto attiene agli stanziamenti, l’art. 1, comma 613, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 prevede che il Fondo di cui all’articolo 1, comma 866, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, venga incrementato di 200 milioni di euro per l’anno 2019 e di 250 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2033. Per un ulteriore approfondimento si rimanda al sito www.anav.it.
[22]Ex multis C. Cost. 407/2002.
[23] C. Cost. 104/2008.
[24] Ex multis C. Cost. 187/2011 e 209/2011.
[25] C. Cost. n. 141/2014.
[26] C. Cost. 77/2013.
[27] C. Cost. 428/2004.
[28] In subordine sarebbero utilizzabili, com’è noto, altri strumenti quali la proposta di legge a firma di uno o più parlamentari ai sensi dell’art. 71, comma 1, Cost. o il ricorso all’iniziativa popolare da parte di almeno cinquantamila elettori ex art. 71, comma 2, Cost.
[29] Come ha fatto da ultimo il Consiglio Regionale del Piemonte nella scorsa legislatura con la proposta di legge d’iniziativa regionale n. 1801 recante “Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e istituzione del contrassegno famiglia” riguardante l’introduzione, sull’intero territorio nazionale, di parcheggi riservati alle donne in stato di gravidanza e ai genitori che trasportano bambini di età non superiore a trentasei mesi.
[30] On. Concetto Marchesi (Partito Comunista Italiano), Assemblea Costituente, seduta del 30 aprile 1947, in V. Falzone, F. Palermo, F. Casentino, La Costituzione della Repubblica italiana illustrata con i lavori preparatoti, Milano, Mondadori, 1976.