Criteri premiali di aggiudicazione: concorrenza e non discriminazione nel riparto di competenza tra Stato e Regioni (nota a Corte costituzionale, sentenza del 14 gennaio 2022, n. 4)

Chiara Castaldo[1]

(ABSTRACT) 

Con sentenza n. 4 del 14 gennaio 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di una norma della Regione Piemonte, portante la previsione di criteri premiali nella valutazione delle offerte in caso di assunzione di manodopera stanziata sul territorio regionale, per violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza (art. 117, co. 2, lett. e), Cost.). La pronuncia costituisce spunto per una breve ricognizione della giurisprudenza relativa al riparto di competenza tra Stato e Regioni in materia di contrattualistica pubblica e al difficile bilanciamento tra la possibilità di prevedere criteri premiali e il rispetto dei principi europei di non discriminazione e parità di trattamento. L’analisi verrà condotta anche alla luce delle recenti previsioni in materia di contrattualistica pubblica introdotte dal Decreto Semplificazioni 2021 (d.l. 77 del 2021), in attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Sommario:

1. La questione posta al vaglio della Corte costituzionale – 2. Il riparto di competenza Stato-Regione in materia di concorrenza – 3. Criteri di valutazione dell’offerta e forme di discriminazione indiretta – 4. La promozione di esigenze sociali e ambientali nel PNRR

1. La questione posta al vaglio della Corte costituzionale

L’emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del Covid-19 ha posto all’attenzione del giurista una serie di problematiche, le quali, da un lato, hanno riguardato il bilanciamento tra differenti interessi e diritti costituzionalmente tutelati e, dall’altro, hanno sollecitato questioni inerenti il ruolo in tale contesto riservato alle Regioni in un’ottica di riparto di competenze – tralasciando in questa sede una più ampia discussione circa i limiti posti ai poteri nella tradizionale tripartizione della sovranità[2].

L’istanza di far fronte ad una emergenza sanitaria, che nel suo protrarsi ha inevitabilmente prodotto notevoli conseguenze economiche e politiche, ha inciso anche nel campo della contrattualistica pubblica, la quale è sempre più permeabile ad esigenze sociali che oltrepassano gli interessi di tutela della concorrenza nel – e per il – mercato e di economicità dell’azione amministrativa, tradizionalmente posti alla base della relativa disciplina[3].

In tale contesto viene a collocarsi una recente pronuncia della Corte costituzionale[4], chiamata a giudicare in via principale della legittimità costituzionale di una norma della Regione Piemonte[5] che, nelle more dello stato di emergenza sanitaria e comunque fino al 31 dicembre 2020, in considerazione dei motivi imperativi di interesse generale attinenti al raggiungimento di obiettivi di politica sociale e delle relative esigenze, di tutela dei lavoratori, di sostegno al reddito e alle imprese, consente ai soggetti aggiudicatori della Regione di introdurre criteri premiali di valutazione delle offerte e relativa attribuzione di punteggi, nei confronti degli operatori economici che, in caso di aggiudicazione, per l’esecuzione dell’appalto o della concessione, si impegnano a utilizzare, in misura prevalente, manodopera o personale a livello regionale.

In particolare, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha lamentato una violazione dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione, contenuti nei Trattati europei, quali parametri interposti di costituzionalità (art. 117, co. 1, Cost.) nonché una invasione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza (art. 117, co. 2, lett. e), Cost.).

Sebbene la Corte dichiari l’illegittimità costituzionale della norma impugnata invertendo l’ordine di esame delle questioni di costituzionalità proposte, con conseguente assorbimento della prima nella seconda – e sebbene si intenda qui seguire il medesimo ordine espositivo e logico operato dalla Corte –, si ritiene opportuno procedere all’analisi di entrambe, offrendo la norma censurata un valido spunto per alcune brevi considerazioni circa i criteri di premialità nella valutazione delle offerte nelle procedure ad evidenza pubblica, i quali, recentemente e anche alla luce del contesto emergenziale sopra descritto, hanno riscosso particolare interesse, tanto che specifica attenzione vi è dedicata nelle riforme attuative del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza[6].

2. Il riparto di competenza Stato-Regione in materia di concorrenza

La prima delle questioni analizzate dalla Corte costituzionale ha riguardo ad una violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza (art. 117, co. 2, lett. e), Cost.).

La questione proposta risulta fondata. Infatti, benché la disciplina della contrattualistica pubblica non sia espressamente elencata tra le materie riguardanti la tutela della concorrenza, in quanto per molteplicità degli interessi perseguiti e degli oggetti implicati, non è riferibile ad un unico ambito materiale[7], per costante orientamento giurisprudenziale – rientrando nella competenza esclusiva dello Stato (art. 117, co. 2, lett. e), Cost.) tanto la tutela della concorrenza “nel mercato” quanto la promozione della concorrenza “per il mercato”[8] – non può non ricondursi a tale competenza la disciplina delle procedure di gara e delle modalità di selezione del contraente, nel rispetto dei principi comunitari di libera circolazione delle merci, libera prestazione dei servizi, libertà di stabilimento, trasparenza e parità di trattamento, consentendo in tal modo la piena apertura del mercato nel settore degli appalti[9].

In quest’ottica, la concorrenza, al pari d’altre “materie”[10], si configura quale competenza trasversale, che consente maggior flessibilità nel riparto delle potestà legislative tra Stato e Regione[11], potendo così il suo esercizio facilmente debordare dai propri confini al pari di ogni caso in cui la competenza esclusiva statale è definita in relazione a fini da promuovere o valori da tutelare[12]. Infatti, lo Stato, pur avendo perso la propria competenza legislativa generale in favore delle Regioni, è comunque preposto alla cura di interessi nazionali i quali condizionano la legislazione regionale nelle materie non espressamente numerate[13] e trovano senza dubbio particolare espressione nella tutela della concorrenza, anche alla luce del diritto dell’Unione Europea.

La detta disciplina dunque costituirebbe espressione di una competenza esclusiva statale in ragione della necessità di tutelare e promuovere la concorrenza in modo uniforme sul territorio nazionale[14], trovando altresì fondamento nel principio di imparzialità (art. 97, Cost.)[15].

Benché si siano rinvenuti alcuni indici che militano in favore dell’individuazione di una competenza residuale o concorrente regionale[16], l’eventuale disciplina regionale di dettaglio non può porsi in contrasto con le norme di principio fissate dalla normativa statale nel rispetto delle direttive europee[17] e dunque non può avere ad oggetto diretto e principale la tutela della concorrenza, ammettendosi esclusivamente la produzione in via marginale e indiretta di effetti pro-concorrenziali[18].

La norma censurata, al contrario, incidendo sui criteri di scelta degli operatori economici, incide direttamente sulla concorrenzialità per il mercato, invadendo in tal modo la detta competenza esclusiva statale.

Né varrebbe a legittimare la disposizione impugnata il dichiarato intento di far fronte alle esigenze sorte dall’emergenza sanitaria[19], esigenze le quali non possono determinare un ampliamento della competenza legislativa regionale, rafforzando al contrario la necessità di uniformità della disciplina e di certezza del diritto[20]. In primo luogo, infatti, costituisce espressione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza anche la possibilità di introdurre in via transitoria criteri premiali di valutazione delle offerte per far fronte a dette esigenze, operando così un bilanciamento tra la prima e altri interessi pubblici che con essa si pongano in contrasto[21]. Inoltre, la stessa gestione della pandemia rientrerebbe in altra competenza legislativa esclusiva statale, ovvero nella “profilassi internazionale” (art. 117, co. 2, lett. q) Cost.) [22]. Ne emerge la necessità, anche e a maggior ragione durante l’emergenza sanitaria, che le stazioni appaltanti adottino comportamenti omogenei ed uniformi nello svolgimento delle procedure ad evidenza pubblica, garantendo nei limiti del possibile la massima partecipazione e la par condicio tra i concorrenti[23].

Coerentemente, costituendo i criteri premiali di valutazione dell’offerta il punto di bilanciamento tra esigenze di tutela della concorrenza e realizzazione di altri obiettivi sociali – consentendo così un uso “strategico” dei contratti pubblici che è sotteso alle stesse direttive europee in materia[24] – la loro individuazione da parte delle stazioni appaltanti non può discostarsi da quanto previsto dalla normativa statale né può determinare anche indirettamente l’introduzione di forme di discriminazione. Spetta infatti soltanto allo Stato la facoltà di adottare eccezionali restrizioni della concorrenza per il mercato, che, ove disposte da differenti normative regionali, sarebbero suscettibili di creare dislivelli di regolazione, produttivi di barriere territoriali[25]. Per tali ragioni, al fine di verificare la legittimità costituzionale della norma censurata, non può prescindersi – e nemmeno la Corte vi prescinde – da alcune considerazioni in merito alla disciplina dei criteri premiali.

3. Criteri di valutazione dell’offerta e forme di discriminazione indiretta

La norma della Regione Piemonte è altresì censurata per violazione dei principi europei di parità di trattamento e di non discriminazione, affermati nei Trattati[26] e che trovano specifica declinazione in relazione alla contrattualistica pubblica, informandone la relativa disciplina. L’attribuzione di punteggi premiali a coloro che si impegnino ad utilizzare in misura prevalente la manodopera a livello regionale privilegerebbe infatti uno o più concorrenti in base a un criterio territoriale, che si pone in contrasto con i principi fondanti il mercato unico europeo.

Si è già detto che la Corte assorbe il parametro di costituzionalità qui in esame nel parametro della violazione della competenza esclusiva statale in materia di concorrenza. Nonostante ciò, al fine di sottolineare una ingerenza della Regione nella competenza esclusiva statale, introduce alcune considerazioni che evidenziano la natura discriminatoria della disposizione regionale impugnata rilevando un netto contrasto tra questa e il divieto per le stazioni appaltanti di limitare in qualsiasi modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici (art. 30, co. 2, d. lgs. n. 50 del 2016)[27].

Simili affermazioni inducono a riflettere sul limite entro cui un determinato criterio di premialità sconfina nella violazione del principio di parità di trattamento degli operatori economici e costituisce una forma di discriminazione, seppur indiretta[28].

La volontà politica di istituire un mercato unico europeo e di favorire la libera circolazione delle merci e dei capitali, nonché la libera prestazione dei servizi, ha determinato fin da subito una particolare attenzione da parte dell’Unione Europea verso il settore degli appalti pubblici, che – prima dell’avvento delle più complesse direttive attuali – si è tradotta in un ristretto gruppo di norme sostanzialmente volte a evitare forme di discriminazione nei confronti di operatori economici aventi cittadinanza o sede in un altro Paese dell’Unione[29].

Il principio di non discriminazione diviene dunque principio fondante delle direttive europee in materia, mirando allo sviluppo di una concorrenza effettiva sul mercato[30], la cui violazione non può che essere valutata in relazione al caso concreto e tenuto conto del necessario collegamento dei criteri di aggiudicazione rispetto all’oggetto dell’appalto[31].

Così, alla luce di ciò, sono stati ritenuti discriminatori criteri di valutazione dell’offerta basati sul maggior uso possibile di materiale, beni, lavoratori ed equipaggiamento di origine nazionale[32], in quanto in via indiretta realizzano il medesimo effetto discriminatorio su base territoriale che si intende neutralizzare a livello unionale ponendo divieto alla previsione di una specifica cittadinanza[33]. Le medesime censure possono porsi in relazione ad analoghi requisiti di partecipazione: le previsioni di dotazione di strutture o centri in prossimità della stazione appaltante, ove necessari od opportuni per lo svolgimento della prestazione, possono ritenersi ammissibili soltanto ove assumano la natura di obbligazioni imposte sull’aggiudicatario, in quanto solo in tal modo possono salvaguardarsi il principio di non discriminazione e la libera concorrenza sul mercato[34].

Al contrario, si è affermato il carattere non discriminatorio di clausole relative alla stabilità occupazionale o alla qualità ambientale, anche ove non si traducano in un diretto beneficio per l’amministrazione aggiudicatrice, tenuto conto del perseguimento delle politiche ambientali dell’Unione[35].

Alla necessità di favorire la formazione di un mercato unico europeo, infatti, si sono affiancate ulteriori esigenze tali per cui, come si è già detto, la contrattualistica pubblica è divenuta strumento per la realizzazione di altri obiettivi sociali[36]. Sempre più diffusa è infatti la consapevolezza che le scelte dell’amministrazione riguardanti la contrattualistica pubblica sono capaci di incidere in misura significativa sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale della vita di ogni collettività[37].

La realizzazione dei detti obiettivi sociali può avvenire tanto ricorrendo all’imposizione di specifici obblighi ambientali e sociali in capo all’aggiudicatario quanto ricorrendo a incentivi alla formulazione di offerte socialmente ed economicamente sostenibili – ovvero ai c.d. criteri premiali di aggiudicazione – elementi che risultano ancor più valorizzati con il ricorso al criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e del costo più basso (artt. da 95 a 97, d. lgs. 50 del 2016)[38].

Ad ogni modo, nel permeare la contrattualistica pubblica, tali interessi sociali ed ambientali devono rispettare il detto principio di non discriminazione, di talché i criteri premiali introdotti nei bandi devono risultare di dimostrata utilità per la tutela di specifici interessi meritevoli di protezione – tra cui in particolare la promozione della sostenibilità energetica e ambientale (art. 1, lett. p), d. lgs. 50 del 2016), la promozione delle PMI e dei giovani professionisti (art. 1, lett. ccc), d. lgs. 50 del 2016) nonché la promozione di stabilità occupazionale (art. 1, lett. ddd), fff), ggg), d. lgs. 50 del 2016) – e rispettare il principio di proporzionalità[39]. Sicché, prendendo in considerazione a titolo esemplificativo l’introduzione di criteri prioritari per l’affidamento di servizi di ristorazione che utilizzino prodotti a filiera corta o a chilometro zero, la previsione risulterebbe incompatibile con il principio di non discriminazione ove non fosse concretamente giustificata dalla soddisfazione di esigenze di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali che consentano un regime derogatorio (art. 36, TFUE; artt. 4, 30, 36 d. lgs. 50 del 2016)[40]. La mera origine regionale dei beni non sarebbe da sola idonea a garantire che le merci abbiano realmente una minore incidenza negativa sull’ambiente[41].

Simili considerazioni possono essere svolte anche per il caso di specie – riguardante l’assunzione di lavoratori stanziati su territorio regionale – non soltanto alla luce di ipotesi similari[42], ma anche ove si tenga in considerazione che la Regione Piemonte sostiene la propria posizione argomentando l’impossibilità di assumere lavoratori che provengano da altro territorio, stanti le limitazioni alla circolazione imposte con l’avvento della pandemia da Covid-19, senza addurre particolari motivazioni inerenti la necessità od opportunità di favorire la manodopera regionale nel rispetto del canone di proporzionalità.

4. La promozione di esigenze sociali e ambientali nel PNRR

All’esito delle brevi considerazioni fin qui svolte risulterà evidente come la sentenza in commento si ponga sulla scia di un filone giurisprudenziale che ha contribuito ad una progressiva espansione delle competenze statali in relazione alla disciplina delle procedure di evidenza pubblica[43] anche al fine di garantire una normazione unitaria a livello nazionale nel rispetto del diritto dell’Unione europea e in particolare dei relativi principi di parità di trattamento e non discriminazione.

Così la Corte afferma nuovamente che la valorizzazione delle esigenze sociali e di sostenibilità̀ ambientale, mediante introduzione di criteri e modalità premiali di valutazione delle offerte – in relazione all’utilizzo anche in parte di manodopera o personale a livello locale al fine di contribuire alla realizzazione, tra gli altri, dei principi di promozione della continuità dei livelli occupazionali e di sostegno all’accesso al mercato delle PMI[44] – costituisce competenza esclusiva statale.

Ciò assume particolare evidenza nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza[45], il quale utilizza gli appalti di forniture, servizi e lavori – in particolare con riferimento agli affidamenti finanziati con fondi europei nell’ambito del Piano Nazionale Complementare – come leva per la realizzazione di rilevanti obiettivi sociali, al fine di consentire una ripresa equa e sostenibile dell’economia a seguito dell’emergenza pandemica. Così che, con previsione normativa uniforme a livello nazionale[46], oltre a prevedere più stringenti obblighi in capo a tutti i partecipanti o al solo aggiudicatario[47], si sono ammessi punteggi premiali di valutazione delle offerte che prendano in considerazione la capacità dell’operatore economico di perseguire fini quali la valorizzazione dell’imprenditoria giovanile, l’inclusione di persone disabili nonché la parità di genere, tenendo tra l’altro conto dei principi di libera concorrenza, proporzionalità e non discriminazione, nonché dell’oggetto del contratto (art. 47, co. 4, d.l. 77 del 2021)[48].

Ad ogni modo, la tutela della concorrenza rappresenta tanto una competenza esclusiva statale quanto un limite al suo stesso esercizio, tenuto conto delle limitazioni di sovranità imposte dalla partecipazione all’Unione Europea (art. 117, co. 1, Cost.). Di conseguenza, non soltanto alle stazioni appaltanti è imposto il rispetto dei principi di non discriminazione e parità di trattamento nella predisposizione delle clausole del bando di gara: anche lo stesso Stato, nell’esercizio della sua competenza esclusiva, può disciplinare criteri premiali comunque nel rispetto del diritto dell’Unione Europea[49].

I criteri premiali, dunque, lungi dal reintrodurre forme di discriminazione sulla base di un mero criterio di territorialità, devono in concreto perseguire le finalità sociali ed ambientali[50] espressamente previste dalle direttive e solo ove perseguano tali finalità possono assurgere a strumenti per la realizzazione di obiettivi di interesse generale.

Proprio in considerazione delle finalità che concretamente devono giustificare la previsione dei criteri premiali – risultando questi altrimenti illegittime forme di discriminazione – le norme attuative del PNRR ammettono una deroga all’inserimento di questi ultimi nei bandi di gara qualora l’oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati ne rendano l’inserimento impossibile o contrastante con le esigenze di coesione sociale e territoriale (art. 47, co. 7, d.l. 77 del 2021)[51].

Con ciò evidenziandosi, in conclusione, un tendenziale allineamento con la giurisprudenza costituzionale ed europea, di cui si è qui proposto un breve commento.

 

  1. Dottoranda in Diritti e Istituzioni presso l’Università degli Studi di Torino.
  2. In particolare, sul rapporto tra le fonti e sul bilanciamento tra diritti costituzionali in pandemia, si rimanda senza pretesa di esaustività a: Foà S., Camaiani A. (a cura di), Gestione nazionale della pandemia, misure giuridiche tra Costituzione e Cedu. Profili critici, Torino, Giappichelli, 2022 (in particolare i contributi di G. Guzzetta, pp. 1 ss.; S. Foà e A. Camaiani, pp. 125 ss.); Algostino A., Costituzionalismo e distopia nella pandemia di Covid-19 tra fonti dellemergenza e (s)bilanciamento dei diritti, Napoli, Editoriale Scientifica, vol. 1, 2021; De Minico G., Villone M., Stato di diritto – Emergenza – Tecnologie, Collana di Sudi di Consulta Online, vol. 2, 2020; Grosso E., Diritto e diritti di fronte alle sfide del principio di effettività, in Imarisio L., Malvicini M., Sobrino G. (a cura di), Tra emergenza, eccezione e precauzione. Diritti e doveri di cittadinanza di fronte alla pandemia Covid-19, Università degli Studi di Torino, 2020, pp. 85 ss.
  3. Montaldo S., La dimensione sociale degli appalti pubblici nel diritto dell’Unione europea, in Politiche sociali, fasc. 2, 2015, pp. 347 ss.
  4. Corte Cost., 14 gennaio 2022, n. 4.
  5. Art. 75, l. Regione Piemonte, 9 luglio 2020, n. 15, Misure urgenti di adeguamento della legislazione regionale.
  6. Il riferimento è in particolare al d.l. 31 maggio 2021, n. 77, Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure, convertito con modificazioni dalla l. 29 luglio 2021, n. 108. Sul punto si rimanda infra (§ 4).
  7. Corte Cost., 23 novembre 2007, n. 401, cons. dir. 3; Corte Cost., 1° ottobre 2003, n. 303. Per un commento, senza pretesa di esaustività: Rispoli L., La funzione di tutela della concorrenza ed il nuovo codice dei contratti pubblici¸ in Nuove leggi civ. comm., fasc. 6, 2007; Anzon A., Flessibilità dell’ordine delle competenze legislative e collaborazione tra Stato e Regioni, in Giur. Cost., fasc. 5, 2003, pp. 2782 ss. Da ultimo anche: Corte Cost., 1° luglio 2021, n. 134; Corte Cost., 20 maggio 2021, n. 104; Corte Cost., 26 marzo 2020, n. 56.
  8. Corte Cost. n. 4/2022, cons. dir. 4.1, che espressamente richiama: Corte Cost., 27 giugno 2018, n. 137; Corte Cost., 20 aprile 2018, n. 83; Corte Cost., 19 dicembre 2012, n. 299; Corte. Cost., 19 dicembre 2012, n. 291; Corte Cost., 20 luglio 2012, n. 200; Corte Cost., 12 febbraio 2010, n. 45; Corte Cost. n. 401/2007.
  9. Corte Cost. n. 4/2022, cons. dir. 4.1. Similmente, oltre alla giurisprudenza ricordata alla precedente nota, anche: Corte Cost., 9 marzo 2021, n. 31; Corte Cost., 11 febbraio 2021, n. 16; Corte Cost., 27 maggio 2020, n. 98; Corte Cost., 6 marzo 2020, n. 39; Corte Cost., 07 novembre 2013, n. 259; Corte Cost., 23 luglio 2013, n. 229; Corte Cost., 26 febbraio 2013, n. 28; Corte Cost., 22 dicembre 2011, n. 339; Corte Cost., 6 novembre 2009, n. 283; Corte Cost., 13 gennaio 2004, n. 14. Il riferimento normativo è all’art. 2, d. lgs. 50 del 2016, su cui per tutti: Latorraca V., Le competenze dello Stato e delle Regioni (art. 2), in Clarich M. (a cura di), Commentario al codice dei contratti pubblici, II ed., Torino, Giappichelli, 2019, pp. 123 ss.; Fares G., L’assetto delle competenze normative Stato/Regioni nel nuovo Codice dei contratti pubblici, in Urb. App., 2006, pp. 1141 ss.; Clarich M., Considerazioni sui rapporti tra appalti pubblici e concorrenza nel diritto europeo e nazionale, in Dir. Amm., fasc. 1, 2016, pp. 71 ss.
  10. Buffoni, La tutela della concorrenza dopo la riforma del titolo V: il fondamento costituzionale ed il riparto di competenze legislative, in Istituzioni del federalismo, 2003, pp. 345 ss. richiama tra le altre la tutela dell’ambiente, l’ordinamento civile e i livelli essenziali delle prestazioni.
  11. In generale sulle competenze trasversali si rimanda per tutti a: Buffoni, La tutela della concorrenza dopo la riforma del titolo V, cit., pp. 345 ss.; Tosi R., La legge costituzionale n. 3 del 2001: note sparse in tema di potestà legislativa ed amministrativa¸ in Le Regioni, fasc. 6, 2001, pp. 1233 ss.; De Michele A., La potestà legislativa delle Regioni in materia di contratti pubblici dopo le sentenze della Corte costituzionale n. 401 e n. 431 del 2007, in Istituz. Federalismo, suppl. 5, 2007. In giurisprudenza: Corte Cost. 28 giugno 2006, n. 248; Corte Cost., 26 giugno 2002, n. 282; Corte Cost., 26 luglio 2002, n. 407.
  12. Corso G., La tutela della concorrenza come limite della potestà legislativa (delle regioni e dello Stato), in Dir. Pubbl., 2002, pp. 981 ss.
  13. Buffoni, La tutela della concorrenza dopo la riforma del titolo V, cit., p. 378.
  14. Corte Cost. n. 4/2022, cons. dir. 4.1. Da ultimo anche: Corte Cost., 28 gennaio 2022, n. 23; Corte Cost. n. 39/2020; Corte Cost., 9 luglio 2019, n. 166; Corte Cost., 25 febbraio 2014, n. 28.
  15. Corte Cost. n. 401/2007. Sul rapporto tra principio di imparzialità, allocazione delle funzioni amministrative, riparto delle competenze e principio di sussidiarietà si vedano per tutti: Rispoli L., La funzione di tutela della concorrenza ed il nuovo codice dei contratti pubblici¸ cit., e Anzon A., Flessibilità dell’ordine delle competenze legislative e collaborazione tra Stato e Regioni, cit.
  16. Latorraca V., Le competenze dello Stato e delle Regioni (art. 2), cit. e Rispoli L., La funzione di tutela della concorrenza ed il nuovo codice dei contratti pubblici¸ cit. richiamano in particolare Cons. Stato, parere 6 febbraio 2006, n. 355 avente ad oggetto lo “Schema di decreto legislativo recante il Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”; Corte Cost., 27 luglio 2004, n. 272; Corte Cost., 28 novembre 2002, n. 497.
  17. Rispetto imposto tanto allo Stato quanto alle Regioni: art. 117, co. 1, Cost. Sul punto: Corso G., La tutela della concorrenza come limite della potestà legislativa (delle regioni e dello Stato), cit.
  18. Da ultimo: Corte Cost. n. 23/2022, cons. dir. 4.4; Corte. Cost., 12 marzo 2015, n. 32; Corte Cost. n. 45/2010; Corte Cost., 14 dicembre 2007, n. 431. Per un commento si vedano per tutti: Lepore V., Il riparto della competenza legislativa tra stato e regioni in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture alla luce del nuovo codice degli appalti e della recente giurisprudenza costituzionale, in Amministrazione in cammino, 2010; De Michele A., La potestà legislativa delle Regioni in materia di contratti pubblici dopo le sentenze della Corte costituzionale n. 401 e n. 431 del 2007, cit.; Latorraca V., Le competenze dello Stato e delle Regioni (art. 2), cit., pp. 123 ss.; Corso G., La tutela della concorrenza come limite della potestà legislativa (delle regioni e dello Stato), cit.; Buffoni, La tutela della concorrenza dopo la riforma del titolo V, cit., pp. 345 ss.
  19. La Regione, infatti, pur riconoscendo la competenza esclusiva statale in materia, evidenzia la natura temporanea della previsione, la quale risulterebbe preordinata al sostegno dei lavoratori in un ambito territoriale particolarmente colpito dalla pandemia, giustificabile a maggior ragione ove si tenga conto della chiusura dei confini nazionali e delle restrizioni allo spostamento tra regioni imposte dal Governo, le quali avrebbero esse stesse vanificato il principio europeo di libera concorrenza.
  20. Corte Cost. n. 23/2022, cons. dir. 8.3.2.
  21. Corte Cost. n. 4/2022, cons. dir. 4.1. Da ultimo anche: Corte Cost. n. 56/2020; Corte Cost., 15 dicembre 2016, n. 265; Corte Cost., 17 febbraio 2016, n. 30. Ad ogni modo la Corte (Corte Cost., 10 maggio 2017, n. 98; Corte Cost., n. 137/2018) precisa che il riferimento alla tutela della concorrenza non può essere così pervasivo da assorbire, aprioristicamente, le materie di competenza regionale. Con esplicito riferimento alla situazione emergenziale pandemica, anche se non riferita all’individuazione di criteri premiali territoriali, si rimanda a Corte Cost. n. 16/2021.
  22. Corte Cost., 18 febbraio 2021, n. 37, cons. dir. 7; Corte Cost. 14 gennaio 2021, n. 4.
  23. ANAC, delibera del 9 aprile 2020, n. 312, Prime indicazioni in merito all’incidenza delle misure di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 sullo svolgimento delle procedure di evidenza pubblica di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i. e sull’esecuzione delle relative prestazioni.
  24. Direttiva n. 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione; direttiva n. 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE; direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE. A mero titolo esemplificativo, come evidenzia la stessa Corte (Corte Cost. n. 4/2021, cons. dir. 4.1) esigenze sociali quali la tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e della promozione dello sviluppo sostenibile permeano a tal punto la disciplina dei contratti pubblici da consentire, entro specifici limiti, la subordinazione a queste del principio di economicità (art. 30, d. lgs. 50 del 2016).
  25. Corte Cost. n. 4/2022, cons. dir. 4.1; Corte Cost. n. 23/2022, cons. dir. 26.3.2. In quest’ottica, viene altresì in rilievo l’art. 120 Cost., che è spesso invocato quale parametro costituzionale ulteriore rispetto all’art. 117, co. 2, lett. e) Cost., nei casi in cui la Corte è chiamata a giudicare della legittimità di norme regionali che incidono sulle modalità di selezione del contraente. Sul punto per tutte: Corte Cost., 26 giugno 2001, n. 207; Corte Cost., 22 dicembre 2006, n. 440.
  26. Artt. 3, 49 e ss., 101, 102, 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), invocate quali parametri di costituzionalità interposti ai sensi dell’art. 117, co. 1, Cost.
  27. Corte Cost. n. 4/2022, cons. dir. 4.1.
  28. Solo ragioni oggettive dovrebbero consentire il trattamento differenziato di situazioni tra loro analoghe: C.G.C.E., 8 ottobre 1980, C-810/79, Uberschar.
  29. Il riferimento è dalla direttiva n. 71/304/CEE, su cui: Montaldo S., La dimensione sociale degli appalti pubblici nel diritto dell’Unione europea, cit.; Rispoli L., La funzione di tutela della concorrenza ed il nuovo codice dei contratti pubblici¸ cit. In giurisprudenza, per tutte: C.G.C.E., 27 novembre 2001, C-285/99 e C-286/99.
  30. C.G.C.E., sez. I, 14 giugno 2007, C-6/05, Medipac, Ragiusan; C.G.C.E., 17 settembre 2002, C-513/99, Concordia Bus; C.G.C.E, sez. VI, 7 dicembre 2000, C-94/99, pt. 32. Sul punto si vedano per tutti: Mattalia M., Appalti pubblici e capacità d’impresa. I requisiti economico finanziari e tecnico professionali negli appalti di servizi e forniture, Napoli, Jovene, 2015, pp. 65 ss.; Iaria D., Marrone I, Aggiudicazione nei settori ordinari (artt. 94-99), in Clarich M. (a cura di), Commentario al codice dei contratti pubblici, cit., pp. 705 ss.
  31. In virtù di tale principio si è ammessa la possibilità di individuare quali criteri di aggiudicazione requisiti soggettivi dell’operatore economico – quali, ad esempio, il possesso di una certificazione di qualità o il possesso di determinate dotazioni tecniche – soltanto ove illuminino la qualità dell’offerta, traducendosi altrimenti in irragionevoli forme di discriminazione tra operatori economici. Ex multis: Cons. St., sez. III, 27 settembre 2016, n. 3970; Cons. St., sez. V, 20 agosto 2013, n. 4191; Cons. St., sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3740; Cons. St., sez. V, 21 maggio 2010, n. 3208; C.G.C.E., 24 gennaio 2008, C-532/06; Corte Cost., 22 dicembre 2006, n. 440. Tale orientamento trova ad oggi espresso fondamento all’art. 95, co. 6, lett. e), d. lgs. 50 del 2016.
  32. AVCP, deliberazione 19 dicembre 2013, n. 40; Cons. St., sez. V, 22 giugno 2010, n. 3887; C.G.C.E., 22 giugno 1993, C-243/89, Commissione c. Danimarca. In particolare, TAR Veneto, Sez. I, 21 giugno 2018, n. 673, pt. 8.5., statuisce che sono illegittime per violazione del principio non discriminazione quelle prescrizioni racchiuse nella lex specialis che prevedono requisiti soggettivi dei concorrenti legati ad elementi di localizzazione territoriale, con effetti escludenti dalle gare pubbliche ovvero con valore discriminante in sede di valutazione delle offerte, e non attinenti alle reali esigenze di esecuzione del contratto ma esclusivamente ai requisiti tecnico-organizzativi delle imprese.
  33. C.G.C.E., 12 febbraio 1974, C-153/73, Sotgiu v. Deutsche Bundespost, sui cui ampiamente Mattalia M., Appalti pubblici e capacità d’impresa. I requisiti economico finanziari e tecnico professionali negli appalti di servizi e forniture, cit., pp. 65 ss.
  34. Da ultimo: Corte Cost., 10 maggio 2022, n. 117. Nella giurisprudenza amministrativa: Cons. St., sez. V, 22 giugno 2010, n. 3887. Sul punto ampiamente: Mattalia M., Appalti pubblici e capacità d’impresa. I requisiti economico finanziari e tecnico professionali negli appalti di servizi e forniture, cit., pp. 65 ss.
  35. C.G.C.E., 4 dicembre 2003, C-448/01, ENC e Wienstrom; C-513/99, Concordia Bus Finland, cit. In generale, è legittima la previsione di requisiti di partecipazione che favoriscano la sussistenza di qualche relazione con il territorio, a condizione che siano proporzionati e necessari per il conseguimento dello scopo perseguito con l’appalto, perdendo così carattere discriminatorio (C.G.U.E. 27 febbraio 2019, C-563/17, Associacao Peco a Palavra et alii).
  36. Dir. 2014/24/UE, considerando n. 2. Precedentemente: Commissione europea, Direzione generale del Mercato interno e dei servizi, Direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e l’inclusione, Acquisti sociali: una guida alla considerazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici, Ufficio delle pubblicazioni, 2011, https://data.europa.eu/doi/10.2767/17892; Commissione europea, Libro verde sulla modernizzazione della politica dell’UE in materia di appalti pubblici – Per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti, 27 gennaio 2011, COM(2011) 15; Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Atto per il mercato unito: dodici leve per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia. “Insieme per una nuova crescita”, COM(2011) 206 def.
  37. Montaldo S., La dimensione sociale degli appalti pubblici nel diritto dell’Unione europea, cit., pp. 347 ss. Benché si tratti di tendenza ormai consolidata, non può tacersi seppur in nota che la considerazione di tali esigenze sociali aumenta la complessità degli appalti, amplificando conseguentemente anche lo svantaggio di informazione dell’amministrazione, come segnalato da Fidone G., Il nuovo codice dei contratti pubblici, in Clarich M. (a cura di), Commentario al codice dei contratti pubblici, cit., pp. 31 ss.
  38. Iaria D., Marrone I, Aggiudicazione nei settori ordinari (artt. 94-99), cit., pp. 705 ss., secondo cui la previsione di criteri premiali può addirittura ritenersi obbligatoria, tenuto conto dell’utilizzo del presente indicativo all’art. 95, co. 13, d. lgs. 50 del 2016. Gli A. sottolineano ad ogni modo come i criteri indicati all’art. 95, co. 13, d. lgs. 50 del 2016 possano essere qualificati più quali requisiti di partecipazione piuttosto che criteri premiali di aggiudicazione. Da ultimo si vedano anche: Losavio C., Se il “chilometro zero” occulta l’origine, la legge regionale altera la concorrenza, in Giur. Cost., fasc. 2, 2021, pp. 297 ss.; Fidone G., Il nuovo codice dei contratti pubblici, cit., pp. 31 ss.; Cafagno M., Farì A., I principi e il complesso ruolo dell’amministrazione nella disciplina dei contratti per il perseguimento degli interessi pubblici (artt. 29, 30, 34, 50, 51), in Clarich M. (a cura di), Commentario al codice dei contratti pubblici, cit., pp. 201 ss.
  39. Corte Cost. n. 31/2021, cons. dir. 2.2.2.
  40. Corte Cost., n. 31/2021, cons. dir. 2; Commissione Europea, Libro verde sulla modernizzazione della politica dell’UE in materia di appalti pubblici, cit.
  41. Principio affermato da ultimo dalla citata Corte Cost. n. 31/2021, che riprende in particolare: Corte Cost., 06 dicembre 2013, n. 292, cons. dir. 5; Corte Cost. 18 luglio 2013, n. 209. Per un commento si rimanda a: Losavio C., Se il “chilometro zero” occulta l’origine, la legge regionale altera la concorrenza, cit.
  42. T.A.R. Salerno, Campania, sez. I, 23 aprile 2021, n. 1037, pt. 22.2; T.A.R. Veneto, sez. I, 21 marzo 2018, n. 320; ANAC, parere di precontenzioso, 25 settembre 2013, n. 156.
  43. Losavio C., Se il “chilometro zero” occulta l’origine, la legge regionale altera la concorrenza, cit.
  44. Art. 1, co. 1, lett. ddd), l. 28 gennaio 2016, n. 11, Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. La stessa formulazione della norma ora citata, che prevede anche in parte l’utilizzo di manodopera locale, non la rende sovrapponibile alla norma della Regione Piemonte censurata, la quale si esprime in termini di prevalenza: Corte Cost., 4/2022, cons. dir. 4.1.
  45. In generale, sulla normativa emergenziale in tema di contrattualistica pubblica, si vedano per tutti: Garofalo D., Gli interventi sul mercato del lavoro nel prisma del PNRR, in Diritto delle relazioni industriali¸ fasc. 1, 2022, pp. 114 ss.; Foà S., Ricciardo Calderaro M., Gli appalti pubblici e la pandemia: criticità del sistema degli affidamenti e del contenzioso, in Foà S., Camaiani A. (a cura di), Gestione nazionale della pandemia, misure giuridiche tra Costituzione e Cedu. Profili critici, cit., pp. 47 ss.; Coiante A., Tranquilli S., Bullet points del D.l. “semplificazioni” n. 77/2021: le principali novità in materia di contratti pubblici, in L’Amministrativista, 7 giugno 2021; Coiante A., Decreto semplificazioni: contratti pubblici, concorrenza e tutela, in Giustiziainsieme, 31 luglio 2020.
  46. Sulla natura giuridica del PNRR quale strumento di pianificazione per obiettivi a valenza principalmente politica, e per una critica circa la sua vincolatività, si veda per tutti: Clarich M., PNRR tra diritto europeo e nazionale: un tentativo di inquadramento giuridico, in Corriere giuridico, fasc. 8-9, 2021, pp. 1025 ss.
  47. Artt. 47 ss., d. l. 77 del 2021.
  48. Si precisa che la norma ammette anche la previsione da parte delle stazioni appaltanti di ulteriori requisiti, che rispondano alle esigenze sopra ricordate, e che assumano carattere necessario per la partecipazione alla gara pubblica. Ne sottolinea incidentalmente il contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione: De Nictolis R., Gli appalti pubblici del PNRR tra semplificazioni e complicazioni, in Urbanistica e appalti, fasc. 6, 2021, pp. 729 ss.
  49. Art. 1, co. 1, lett. ddd), l. 11 del 2016. Si esprime in tal senso Corso G., La tutela della concorrenza come limite della potestà legislativa (delle regioni e dello Stato), cit., pp. 981 ss.
  50. Al contrario, la Corte (sent. 4/2022, cons. dir. 4.1.) rileva una eterogeneità del fine perseguito dalla norma della Regione Piemonte – diretta a favorire la territorialità del personale – rispetto al fine perseguito dall’art. 95, co. 13, d. lgs. 50 del 2016, ovvero di tutela della salute e dell’ambiente.
  51. In ragione di tale deroga, e tenuto conto della formulazione letterale della norma (“le stazioni appaltanti prevedono”) si evidenzia come i criteri premiali sembrino assumere nell’ambito del PNRR natura obbligatoria e non meramente facoltativa per le stazioni appaltanti, al pari di quanto già affermato con riferimento all’art. 95, d. lgs. 50 del 2016 da Iaria D., Marrone I, Aggiudicazione nei settori ordinari (artt. 94-99), cit., pp. 705 ss. (cfr. supra nota 37).