Governo del territorio e ambiente nella legislazione della Regione Piemonte

Flavia Bianchi e Claudio Malacrino[1]

Questo saggio è di prossima pubblicazione nel volume “Lineamenti di Diritto Costituzionale della Regione Piemonte”, a cura di Mario Dogliani, Joerg Luther, Anna Poggi in “Diritto costituzionale regionale” collana diretta da Pasquale Costanzo e Antonio Ruggeri, Giappichelli, Torino, 2017.

 

Con D.C.R. n. 233-35836 del 3 ottobre 2017 il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato il Piano paesaggistico regionale (Ppr), strumento di tutela e promozione del paesaggio piemontese, rivolto a regolarne le trasformazioni e a sostenerne il ruolo strategico per lo sviluppo sostenibile del territorio.

Il Ppr entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale Regionale. Entro 24 mesi dalla sua entrata in vigore tutti gli strumenti di pianificazione urbanistica o territoriale dovranno essere adeguati al Piano paesaggistico; nelle more dell’adeguamento, ogni variante apportata agli strumenti di pianificazione, limitatamente alle aree da essa interessate, dovrà essere coerente e rispettare le norme del Ppr.

Alla pagina  http://www.regione.piemonte.it/territorio/paesaggio/, alla voce “In evidenza”, sono consultabili gli elaborati del Piano (in formato PDF) e le Tavole del Piano.

L’approvazione del Piano Paesaggistico fornisce l’occasione per una ricostruzione d’insieme della legislazione piemontese in materia di governo del territorio.

 

1. Governo del territorio e ambiente.

1.1 Governo del territorio.

La principale legge della Regione Piemonte in materia di “governo del territorio” è la Legge n. 56 approvata il 5 dicembre 1977, dal titolo “Tutela ed uso del suolo”, modificata ed integrata dal Consiglio Regionale in 37 diverse occasioni nel corso di 40 anni: la prima nel 1978 con la legge regionale n. 4, la trentasettesima con la legge regionale n. 1 del 2017, per un totale di 420 variazioni.

La lettura delle tante modifiche ed integrazioni e, quindi, del testo vigente[2], consente non solo di ricostruire la storia dei differenti approcci al tema dell’urbanistica e, più in generale, del governo del territorio, in Italia ed in Piemonte, ma anche di comprendere la complessità delle relazioni tra questa materia – annoverata dall’art. 117 della Costituzione, così come modificato nel 2001, tra quelle oggetto di legislazione concorrente tra Stato e Regioni – e l’ambiente, l’ecosistema, i beni culturali, tra cui il paesaggio, elementi strutturanti le caratteristiche del territorio medesimo, la cui tutela, però, è materia di legislazione esclusiva dello Stato.

La LR 56/1977 e s.m.i. (meglio nota semplicemente come legge urbanistica regionale) ha mantenuto alcune caratteristiche dell’impostazione originaria di Giovanni Astengo, all’epoca Assessore alla pianificazione e gestione urbanistica ed uno dei massimi esponenti della cultura scientifica e professionale del secondo dopoguerra[3].

Il succedersi negli anni delle numerose modifiche ed integrazioni della legge urbanistica regionale è l’esito sia dell’evoluzione normativa nazionale – tappa importante della quale è stata proprio la modifica dell’art. 117 della Costituzione del 2001 – sia della variazione nel corso del tempo dell’equilibrio tra interessi economici (a partire da quelli immobiliari), esigenze sociali (il fabbisogno di servizi ed abitazioni) ed obiettivi di tutela ambientale e paesaggistica (maturati, nel frattempo, anche nella società italiana) sia dell’orientamento politico volto a spostare il baricentro delle scelte pianificatorie dalla Regione ai Comuni (soprattutto dopo la promulgazione della Legge n. 81/1993 che ha sancito l’elezione diretta dei sindaci).

Dell’impostazione originaria della legge urbanistica regionale sono ancora riconoscibili:

a) la gran parte delle finalità, richiamate all’art. 1. Tale articolo, infatti, non è stato modificato sino al 2013; tra il 2013 e il 2015 il Consiglio Regionale ha ritenuto di rafforzare il concetto, già presente nella legge, secondo cui i piani urbanistici devono “evitare ogni immotivato consumo di suolo”, sottolineando che, obiettivo della pianificazione, è il “consumo zero” di suolo;

b) l’importanza delle analisi a supporto delle scelte progettuali ed, in particolare, la rilevanza della lettura storica del territorio nel suo complesso, non limitando l’attenzione alle sole “emergenze monumentali” (l’art. 24 ha mantenuto, sostanzialmente, l’impianto originario);

c) la centralità del Piano Regolatore Generale Comunale (PRGC) quale riferimento unitario – almeno in fase iniziale – per ogni progetto di trasformazione edilizia ed urbanistica. Diversamente, in gran parte delle altre Regioni, con le cosiddette leggi urbanistiche di seconda generazione, approvate dopo il 1993, anno di avvio dell’elezione diretta dei Sindaci, il PRGC è stato articolato in due differenti strumenti: Piano Strutturale e Piano Operativo, quest’ultimo definito anche “Piano del Sindaco” in diverse Regioni (quelle leggi dette di seconda generazione sono oggi messe in discussione);

d) la dotazione di aree da riservare a servizi pubblici quale elemento strutturante il PRGC: per questa ragione la LR 56/77 ha da sempre previsto una quantità di aree a servizi per abitante (standard) superiore al minimo prescritto dalla normativa nazionale (l’art. 21 ha mantenuto la previsione di 25 mq per abitante di servizi anziché 18 mq previsti dal DM 1444/1968).

In seguito ai 37 interventi legislativi che hanno modificato, integrato o abrogato questo o quell’articolo della legge 56/77, sono state introdotte diverse novità, che determinano come la legge vigente abbia caratteristiche assai diverse da quelle impostate da Astengo.

Tra le numerose differenze, si annoverano le seguenti:

1) l’eliminazione del Programma Pluriennale di Attuazione (PPA) delle previsioni del PRGC, cioè dello strumento che avrebbe dovuto coordinare temporalmente gli interventi, e, quindi, gli investimenti di risorse economiche, degli operatori privati con quelle della Pubblica Amministrazione; in altri termini: la realizzazione dei servizi e delle infrastrutture contestualmente alla edificazione degli insediamenti residenziali, industriali o ad altra destinazione;

2) l’approvazione da parte del Comune, anziché da parte della Regione, del PRGC e delle sue varianti, effetto del già citato spostamento del baricentro decisionale dell’attività di pianificazione urbanistica;

3) l’introduzione di diverse tipologie di varianti al PRGC; si vedano, al riguardo gli articoli 16bis, 17 e 17bis della LR 56/77 e s.m.i.; 

4) la semplificazione delle procedure finalizzate alla variazione del PRGC, soprattutto in termini di riduzione dei tempi di pubblicazione e discussione con la cittadinanza;

5) il processo di “copianificazione” ossia di esame congiunto da parte di Comune, Provincia o Città Metropolitana e Regione, del PRGC e delle sue varianti strutturali, in luogo dell’esame in tempi separati degli atti di pianificazione comunale;

6) l’introduzione della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) o, comunque, della verifica di assoggettabilità a VAS del PRGC e delle sue varianti. A riguardo, particolare interesse assume la sentenza della Corte Costituzionale n. 197/2014 in relazione alla quale la Regione Piemonte ha dovuto estendere a tutte le varianti urbanistiche, diversamente da quanto previsto con le leggi regionali n. 3/2013 e n.17/2013, l’assoggettamento alla procedura di VAS[4];

7) la partecipazione del Ministero dei Beni Culturali, attraverso le Sovrintendenze, alle diverse fasi del processo di pianificazione; anche in questo caso la Regione ha dovuto estendere i casi in cui coinvolgere le Sovrintendenze, in relazione alla già citata sentenza della Corte Costituzionale n. 197/2014[5].

Originariamente la legge 56/77 era costituita da 92 articoli: al giugno 2017 risulta composta da 84 articoli, alcuni presenti sin dal 1977, altri inseriti successivamente nel corso delle varie modifiche, esito anche dell’abrogazione di 35 articoli.

Altre leggi regionali che afferiscono direttamente alla materia del “governo del territorio” sono quelle che hanno introdotto possibilità di trasformazione edilizia “in deroga” al PRGC formato ai sensi della LR 56/77 e s.m.i..

Tra queste si annoverano:

– la legge regionale 6 agosto 1998, n. 21 “Norme per il recupero a fini abitativi dei sottotetti” e la legge regionale 29 aprile 2003, n. 9 “Norme per il recupero funzionale dei rustici”, le quali, come si desume dal titolo, consentono di rendere abitabili locali accessori, determinando, al contempo, un incremento del carico urbanistico non valutato in alcuna sede;

– la legge regionale 14 luglio 2009, n. 20 “Snellimento delle procedure in materia di edilizia e urbanistica”, legge che, oltre al tema richiamato nel titolo, consente la possibilità di ampliare e modificare le destinazioni degli edifici esistenti in misura superiore e secondo modalità differenti da quanto prescritto dal PRG del Comune.

E’ interessante osservare che:

– le possibilità di realizzare interventi in difformità dalle previsioni di PRGC sono state ulteriormente ampliate da norme nazionali finalizzate, almeno così si deduce dal loro titolo, al “sostegno ed allo sviluppo dell’economia” e, tra queste, l’art. 5 della legge n. 106 del 12 luglio 2011;

– gli interventi previsti da queste leggi, in quanto in deroga rispetto alle previsioni dei PRGC e, dunque, non effettuati in conseguenza di una procedura ordinaria di variante urbanistica, sono sottratti alla procedura di VAS prevista per gli strumenti urbanistici, ancorchè essi possano produrre effetti sull’ambiente, almeno sotto il profilo dell’impatto sul paesaggio e sul fabbisogno di infrastrutture e servizi. In considerazione dei temi sviluppati nella già citata sentenza della Corte Costituzionale n. 197/2014, tali leggi potrebbero, in futuro,  essere messe in discussione.

1.2. Ambiente – Ecosistema – Beni Culturali e Paesaggio.

Al tema delle trasformazioni edilizie e territoriali afferiscono anche norme regionali che non sono comprese nella materia “governo del territorio”, ma che concernono l’ambiente, l’ecosistema ed i beni culturali.

La legislazione su dette materie, in base al comma 2 lettera s) ed al comma 3 dell’art. 117 della Costituzione, è di competenza esclusiva dello Stato per quanto riguarda la tutela, mentre, per quanto riguarda la “valorizzazione” – termine foriero di interpretazioni varie, in quanto può essere inteso sia come valorizzazione culturale sia come mera “messa a reddito[6] – è del tipo concorrente Stato/Regioni.

Data la complessità conseguente all’impostazione del dettato costituzionale, l’apparato legislativo della Regione Piemonte, con riferimento ad ambiente, ecosistema e beni culturali (tra questi il paesaggio), è assai contenuto, mentre è ricco ed articolato quello regolamentare.

1.2.1 Ambiente.

Sino alla approvazione del Codice dell’Ambiente con il Decreto Lgs n. 152/2006, vi è stata una relativa attività legislativa da parte della Regione Piemonte nei diversi settori riconducibili alle tematiche ambientali (aria, acqua, elettromagnetismo, bonifiche di siti inquinati, rifiuti, rumore, valutazione di impatto ambientale).

Dopo il 2006 ed  anche in considerazione del fatto che, come già sottolineato, la tutela dell’ambiente è competenza esclusiva dello Stato, la attività della regione Piemonte è consistita (e consiste) essenzialmente nella emanazione di Regolamenti e Linee guida[7] oltreché nella elaborazione ed approvazione dei diversi Piani di settore, tra i quali il Piano di Tutela delle Acque, il Piano della qualità dell’aria, il Piano energetico regionale, il Piano dei rifiuti.

Uno dei temi ambientali con significative relazioni con il “governo del territorio” è quello della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) di piani e programmi.

La Regione Piemonte è dotata della legge regionale n. 40/1998, il cui art. 20 prevede la “relazione di compatibilità ambientale dei piani”.

Con l’introduzione della VAS nell’ordinamento italiano (con il D. Lgs. 4/2008 integrativo del Codice dell’Ambiente), le Regioni avrebbero dovuto emanare una specifica legge sul tema.

La Regione Piemonte ha ritenuto che la propria LR 40/1998 fosse già sufficientemente adeguata, per cui si è limitata ad approvare, mediante delibere di Giunta o determinazioni dirigenziali, i contenuti del Rapporto Ambientale (DGR n. 21-892 del 12/1/2015 e DD n. 31 del 19/1/2017) e le disposizioni per l’integrazione della procedura di VAS nei procedimenti di pianificazione territoriale ed urbanistica (DGR n. 25-2977 del 29/2/2016).

1.2.2 Ecosistema.

La Regione Piemonte sin dal 1975 si è caratterizzata, nel panorama nazionale, per un’intensa attività legislativa finalizzata alla realizzazione di un sistema regionale di aree protette.

Prima della legge nazionale, la n. 394/1991 “Legge quadro sulle aree protette”, il Piemonte aveva promulgato oltre 70 leggi relative alla istituzione di parchi regionali o a strumenti per la loro pianificazione e gestione.

In seguito alla emanazione da parte della Unione Europea della Direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, “Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” e della Direttiva 2009/147/CE (ex 79/409/CEE), denominata Direttiva “Uccelli“, finalizzata a salvaguardare l’avifauna selvatica europea, è stata individuata la Rete Natura 2000, costituita dall’insieme delle Zone Speciali di Conservazione (individuate in base alla Direttiva Habitat) e le Zone di Protezione Speciale (individuate ai sensi della Direttiva Uccelli).

La tutela dei siti della Rete Natura 2000 è diventata obbligatoria a livello nazionale con l’approvazione del DPR 357/97, del DPR 120/2003 ed il DM 17 ottobre 2007.  

In considerazione di quanto sopra e, cioè, del significativo numero di aree protette istituite nel corso degli anni e del fatto che la perimetrazione dei siti della Rete Natura 2000 e la  gestione degli stessi, in Italia, è competenza e responsabilità delle Regioni, il Piemonte con il Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità, di cui alla legge regionale 19 del 29 giugno 2009, ha ridefinito le modalità per la conservazione della biodiversità e per la gestione dei territori facenti parte della “rete ecologica regionale[8].

La rete ecologica regionale è costituita, in base all’art. 2 della citata l.r.19/2009, da:

– sistema delle aree protette del Piemonte (i parchi e le riserve naturali e le riserve speciali);

– aree contigue (aree filtro tra le aree protette ed il resto del territorio);

– zone speciali di conservazione, i siti di importanza comunitaria proposti ed approvati e le zone di protezione speciale, facenti parte della Rete Natura 2000;

– le zone naturali di salvaguardia (aree di elevata qualità naturalistica in cui, però, la Regione non ha voluto escludere l’attività venatoria, per cui, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 193/2010, sono state escluse dal sistema delle aree protette, in cui erano annoverate in precedenza); 

– i corridoi ecologici (parti del territorio con valenza naturalistica che svolgono funzione  di connessione tra le altre componenti della rete ecologica regionale).

Dopo l’approvazione della LR 19/2009, che è stata, come già ricordato, oggetto di ricorso alla Corte Costituzionale da parte del Presidente del consiglio dei Ministri (in seguito alla cui Sentenza n.193/2010 la LR 19/2009 è stata modificata), l’attività normativa della Regione è consistita nella predisposizione e approvazione di delibere della giunta Regionale volte a:

– delegare la gestione e le procedure di valutazione di incidenza di Siti di Importanza Comunitaria e Zone di Protezione Speciale ai soggetti gestori di aree protette del Piemonte;

– definire le Misure di conservazione per la tutela dei Siti della Rete Natura 2000 del Piemonte;

– approvare il regolamento relativo alla gestione faunistica all’interno delle aree protette.

1.2.3 Beni culturali e Paesaggio.

Anche in relazione al tema dei beni culturali, con particolare riferimento al paesaggio, si riscontra una limitata attività legislativa della Regione Piemonte, impegnata, invece, nella elaborazione ed approvazione di direttive e linee guida oltre che una rilevante attività per la predisposizione del Piano Paesaggistico Regionale ai sensi del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” (D. Lgs. 22/1/2004 n. 42 e s.m.i.): a tale Piano Paesaggistico Regionale tutti i piani urbanistici e territoriali previsti dalla LR 56/77 e s.m.i., afferenti, quindi, alla materia “governo del territorio” dovranno essere subordinati e ad esso resi coerenti.

Per quanto riguarda l’attività legislativa, in attuazione dei compiti assegnati alle Regioni dal Codice dei beni culturali e del paesaggio è stata approvata la legge regionale n. 32 del 1 dicembre 2008Provvedimenti urgenti di adeguamento al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio)”, con la quale è stata anche istituita la Commissione Regionale con il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all’art. 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. La Commissione, composta da membri di nomina ministeriale e da membri di nomina regionale, su istanza dei suoi componenti o su iniziativa di altri enti territoriali, valuta le proposte di istituzione di vincolo paesaggistico, proponendo alla Giunta Regionale l’adozione delle relative dichiarazioni.

In coerenza con quanto previsto dall’art. 117 comma 3 della Costituzione, e, cioè, che compito della Regione è la valorizzazione del paesaggio, la Regione Piemonte ha approvato anche la legge regionale 16 giugno 2008, n. 14 “Norme per la valorizzazione del paesaggio”, attraverso cui la Regione promuove e co-finanzia il ricorso al concorso di idee o di progettazione e i progetti per il recupero, la riqualificazione e la valorizzazione della qualità paesaggistica presentati dai comuni, delle Unioni di comuni e delle Province ed inoltre sostiene azioni di formazione, di comunicazione e di sensibilizzazione delle popolazioni con il fine ultimo di rafforzare una comune coscienza dei valori identitari del paesaggio piemontese che consenta, attraverso l’armonizzazione della percezione del paesaggio e la sua gestione, di favorire l’adozione di trasformazioni appropriate al contesto e ai valori culturali”[9].

Infine, in considerazione della presenza in Piemonte di massi erratici, “…veri e propri monumenti geologici, di forma e composizione molto variegate, segni visibili dell’antica presenza di un ghiacciaio…”[10], in aree dalla qualità paesaggistica elevata, la Regione si è dotata della legge regionale 21 ottobre 2010, n. 23 volta alla loro valorizzazione attraverso il sostegno ad azioni di conoscenza e conservazione.

 

Come già sottolineato, intensa è l’attività della Regione per la definizione di Linee Guida per Comuni ed operatori affinchè gli interventi da questi proposti concorrano al miglioramento della qualità paesaggistica. Tra queste assumono particolare rilievo le “Linee guida per l’adeguamento dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi alle indicazioni di tutela per il Sito Unesco: i paesaggi vitivinicoli del Piemonte Langhe-Roero e Monferrato” approvate con DGR 26-2131 del 21/9/2015.

Come anticipato, significativa è l’attività che, da anni, la Regione dedica, di concerto con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, per addivenire all’approvazione del Piano Paesaggistico Regionale, adottato una prima volta nel 2009 ed una seconda volta nel 2015. L’approvazione di questo piano, per le caratteristiche ad esso assegnate dal Codice, si tradurrà in un importante strumento di controllo delle trasformazioni urbanistiche e territoriali e, quindi, di “governo del territorio”.

Il Piano Paesaggistico Regionale contiene sia norme di tutela sia norme finalizzate alla trasformazione di aree ed immobili: in base all’Accordo, stipulato tra Ministero e Regione il 14 marzo 2017, il Piano Paesaggistico Regionale era previsto che fosse approvato entro nove mesi dalla sua sottoscrizione e, qualora il Consiglio Regionale non avesse rispettato tale termine, l’accordo prevedeva che il Piano Paesaggistico Regionale, per le parti riferite alla tutela dei beni, fosse comunque approvato, in via sostitutiva, con decreto del MIBACT.

Il Piano Paesaggistico Regionale è stato definitivamente approvato dal Consiglio Regionale con la  DCR n. 233-35836 del 3 ottobre 2017.

 

 

 


 


[1] Architetti in Torino.

 

[2] Al seguente link è possibile consultare il testo aggiornato  nei diversi momenti temporali sino a quello vigente al momento della consultazione:  

http://arianna.cr.piemonte.it/iterlegcoordweb/dettaglioLegge.do?urnLegge=urn:nir:regione.piemonte:legge:1977;56@2017-08-15&tornaIndietro=true.

 

[3] Giovanni Astengo, laureatosi al Politecnico di Torino nel 1938, fece parte del milieu culturale di Comunità di Adriano Olivetti, animò dal 1949 l’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) e fu tra i fondatori, nel 1962, dell’Associazione Nazionale per i Centri Storico Artistici (ANCSA).

 

[4] La Corte Costituzionale è intervenuta richiamando l’art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, in base al quale la tutela dell’ambiente – in cui è compresa la valutazione dei piani – , dell’ecosistema e dei beni culturali è competenza esclusiva dello Stato.

 

[5] vedi nota 3.

 

[6] Un contributo critico in tal senso è stato sviluppato, tra gli altri, da Vittorio Emiliani in: http://www.eddyburg.it/2016/03/la-controriforma-dei-beni-culturali.html.

 

[10] vedi nota 8.