I regolamenti per la compartecipazione degli utenti al costo della retta residenziale e l’indennità di accompagnamento

Chiara Merlano[1]

ABSTRACT (ITA)

Muovendo dal contenzioso in atto tra la Regione Piemonte e talune Organizzazioni di Volontariato a tutela degli utenti inseriti nelle strutture residenziali, il contributo propone un’analisi delle più recenti fonti regionali del diritto che hanno tentato di dare uniforme applicazione alla normativa ISEE di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 nell’ambito del sistema regionale integrato degli interventi e servizi sociali. Ampia attenzione è stata dedicata alla giurisprudenza, civile e amministrativa, in materia d’indennità di accompagnamento. È stata offerta, infine, una proposta di lettura sistematica dell’art. 2-sexies, D.L. 29 marzo 2016, n. 42 e della L. 11 febbraio 1980, n. 18, che contemperi le specifiche finalità dell’indennità di accompagnamento con la previsione di esclusione dal calcolo del livello di compartecipazione al costo delle prestazioni sociali.

ABSTRACT (EN)

Moving from the ongoing litigation between the Piedmont Region and certain Volunteer Organizations for the protection of users placed in residential facilities, the paper proposes an analysis of the most recent regional sources of law that have attempted to give uniform application of the D.P.C.M. 5 December 2013, n. 159 as part of the integrated regional system of social interventions and services. Wide attention has been dedicated to civil and administrative jurisprudence regarding accompanying allowances. Finally, it has been offered a proposal for a systematic reading of the art. 2-sexies, D.L. 29 March 2016, n. 42 and of L. 11 February 1980, n. 18, which balances the specific purposes of the accompanying allowance with the exclusion from the calculation of the cost-sharing of social benefits.

Sommario:

1. Premessa – 2. La finalità dell’indennità di accompagnamento alla luce della giurisprudenza ordinaria – 3. Il rigore interpretativo della giurisprudenza amministrativa in materia di ISEE – 4. La normativa della Regione Piemonte in materia ISEE e il contenzioso amministrativo in atto – 5. Una possibile lettura sistematica del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 e della L. 11 febbraio 1980, n. 18.

1. Premessa

Con la D.G.R. 7 dicembre 2022, n. 23-6180 la Regione Piemonte, a conclusione della fase transitoria avviata con D.G.R. 12 gennaio 2015, n. 10-881, ha adottato le Linee Guida per l’applicazione uniforme della normativa ISEE di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 nell’ambito del sistema regionale integrato degli interventi e servizi sociali.

Nell’intenzione della Regione lo strumento delle linee guida, ai sensi dell’art. 40, co. 5, L.R. 8 gennaio 2001, n. 4, servirebbe ad armonizzare l’applicazione del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, sull’intero territorio regionale, senza peraltro poter innovare l’ordinamento.

Lungi dall’affrontare il tema delle linee guida nel quadro delle fonti del diritto[2], questo contributo intende indagare i rapporti tra il calcolo della compartecipazione al costo della retta residenziale da parte dell’utente e l’indennità di accompagnamento nei regolamenti che disciplinano la compartecipazione degli utenti al costo della retta residenziale[3].

Il tema è di grande interesse, essendo in atto un contenzioso amministrativo tra alcune organizzazioni a tutela degli utenti e la Regione Piemonte, che vede il coinvolgimento anche dei comuni e degli enti gestori delle funzioni socio-assistenziali.

Prima di procedere all’esame della più recente normativa regionale in materia di ISEE nell’ambito del sistema regionale integrato degli interventi e servizi sociali, si ritiene opportuno soffermarsi sull’istituto dell’indennità di accompagnamento.

2. La finalità dell’indennità di accompagnamento alla luce della giurisprudenza costituzionale e ordinaria

Ai sensi dell’art. 1, co. 1, L. 11 febbraio 1980, n. 18, “Ai mutilati ed invalidi civili totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche (…) nei cui confronti le apposite commissioni sanitarie (…) abbiano accertato che si trovano nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di un’assistenza continua, è concessa un’indennità di accompagnamento (…)”.

Destinatari della misura economica[4] sono, dunque, i mutilati e gli invalidi civili totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche che si trovano nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o che abbisognano di un’assistenza continua. I presupposti di tale misura sono, secondo i giudici della Corte costituzionale[5], la totale disabilità al lavoro, nonché l’incapacità alla deambulazione autonoma o al compimento da soli degli atti quotidiani della vita. Essa, inoltre, viene concessa per il solo fatto della minorazione, senza che le condizioni reddituali vengano in alcun modo in rilievo, contrariamente a quanto consta, invece, per la pensione di inabilità, che è preclusa dalla titolarità di un reddito superiore alla misura fissata dal legislatore[6].

Il beneficio in parola rientra tra le prestazioni assistenziali e trova negli artt. 2, 32 e 38 i parametri costituzionali di riferimento[7], rispondendo a bisogni che non si concentrano soltanto sul versante della salute psico-fisica della persona disabile e del suo sostentamento, ma che coinvolgono anche le esigenze di solidarietà rispetto a condizioni di elevato disagio sociale, nonché i doveri di assistenza per le famiglie in cui la persona disabile si trova inserita[8].

Risulta evidente, pertanto, la sussistenza di un nesso di causa tra il beneficio in parola e la necessità di assistenza per le esigenze di vita dell’assistito, come peraltro evidenziato dalla stessa consulta[9] e, successivamente, dalla Corte di Cassazione, la quale ha affermato il seguente principio: “Le condizioni previste dall’art. 1 della legge n. 18 del 1980 per l’attribuzione dell’indennità di accompagnamento consistono alternativamente nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure nella incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza. La situazione di non autosufficienza che è alla base del riconoscimento del diritto in esame è caratterizzata, pertanto, dalla permanenza dell’aiuto fornito dall’accompagnatore per la deambulazione o dalla quotidianità degli atti che il soggetto non è in grado di svolgere autonomamente[10].

Analogamente, con un obiter dictum, la Corte di Cassazione[11] ribadisce che il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento presuppone, in aggiunta a uno stato di invalidità totale, l’ulteriore condizione della impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore ovvero della incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita.

Il principio è confermato indirettamente dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che, in tema di colpa medica, hanno statuito che dall’ammontare del danno subito da un neonato reso disabile per negligenza al parto, e consistente nelle spese da sostenere per l’assistenza personale, deve sottrarsi il valore capitalizzato dell’indennità di accompagnamento che la vittima abbia comunque ottenuto dall’ente pubblico in conseguenza di quel fatto, “essendo tale indennità rivolta a fronteggiare e a compensare direttamente il medesimo pregiudizio patrimoniale causato dall’illecito, consistente nella necessità di dover retribuire un collaboratore o assistente per le esigenze della vita quotidiana del minore[12].

La giurisprudenza di legittimità si è addirittura spinta oltre, affermando che il beneficio in esame servirebbe a prevenire l’istituzionalizzazione. Secondo la Corte di Cassazione, infatti: “L’indennità di accompagnamento svolge una funzione di sostegno alla famiglia così da agevolare la permanenza in essa di soggetti bisognevoli di continuo controllo, evitandone il ricovero in istituti pubblici di assistenza, con conseguente diminuzione della spesa sociale. Ne deriva che il diritto al beneficio va riconosciuto in relazione a tutte le malattie che, per il grado di gravità espresso, comportano, per il malato, una consistente limitazione delle facoltà cognitive e, quindi, richiedono una giornaliera assistenza al fine di evitargli pericoli per sé e per gli altri[13].

Ancora, ai sensi dell’art. 1, ult. co., L. 11 febbraio 1980, n. 18, l’indennità di accompagnamento non viene erogata qualora chi ne fruisca sia ricoverato gratuitamente in istituto.

Sul punto, la Corte di Cassazione[14] ha ripetutamente chiarito che l’indennità di accompagnamento per invalidi civili sia, di norma, sospesa in caso di ricovero a totale carico dello Stato, a condizione che si esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente abbisogna per la vita quotidiana. In altre parole, ove residuino spazi di assistenza – purché quotidiana – demandati ai privati, il beneficio continua a essere erogato.

La Corte di Cassazione[15] ha altresì specificato che il ricovero si pone come elemento ostativo non del riconoscimento del diritto, bensì dell’erogazione dell’indennità per il tempo in cui l’inabile sia ricoverato a totale carico dell’erario e non abbisogni dell’accompagnatore.

Ciò dimostra che nel welfare pubblico l’indennità di accompagnamento assolve alla funzione di garantire al cittadino il necessario sostegno nel compimento degli atti di vita quotidiana.

A ciò si aggiunga, infine, un’altra disposizione nazionale che, nell’indicare al governo i principi e i criteri direttivi per il riordino degli assegni e delle indennità, prevede sostanzialmente una compartecipazione del beneficiario alla spesa per l’assistenza fornita. Ci si riferisce all’art. 24, co. 1, lett. g), L. 8 novembre 2000, n. 328, che contempla l’utilizzo di parte degli emolumenti riconosciuti ai disabili o agli anziani ospitati in strutture residenziali come partecipazione alla spesa per l’assistenza fornita, ferma restando la conservazione di una quota a diretto beneficio dell’assistito.

Tale previsione, nel sistema delle fonti, si colloca necessariamente su un piano superiore rispetto a qualunque disposizione attuativa, trattandosi di un principio contenuto in una legge delega in favore del governo. Non sfuggirà l’importanza di tale elemento nel momento in cui ci si appresta a esaminare il regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’ISEE.

3. Il rigore interpretativo della giurisprudenza amministrativa in materia di ISEE

Con l’entrata in vigore del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, emanato ai sensi dell’art. 5, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, sono state riviste le modalità per il calcolo dell’ISEE[16].

Quest’ultimo era stato introdotto dal D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 109, al fine di fissare criteri uniformi per la valutazione della situazione economica per l’accesso a prestazioni o servizi socio-assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti ovvero collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche.

Ai sensi dell’art. 2, D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n 159, l’ISEE è “lo strumento di valutazione, attraverso criteri unificati, della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate”. Esso è costituito da una componente reddituale, c.d. “indicatore della situazione reddituale” (ISR), e da una componente patrimoniale, c.d. “indicatore della situazione patrimoniale” (ISP), ed è utilizzabile per confrontare famiglie, con composizione e caratteristiche differenti, grazie ad una scala di equivalenza (SE).

La definizione della condizione economica dell’assistito costituisce “livello essenziale delle prestazioni”, ai sensi dell’art. 117, co. 2, lett. m), Cost., come tale non derogabile dai comuni.

La disposizione prevede, infine che, in relazione a tipologie di prestazioni che per loro natura lo rendano necessario e ove non diversamente disciplinato in sede di definizione dei livelli essenziali di tali prestazioni, gli enti erogatori possano prevedere, accanto all’ISEE, criteri ulteriori di selezione volti a identificare specifiche platee di beneficiari.

Il regolamento in parola è stato oggetto di molteplici ricorsi per le ragioni più disparate. Per ciò che concerne il presente lavoro, è stata subito osteggiata l’inclusione, tra i dati da considerare ai fini ISEE per la situazione reddituale, di trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari a qualunque titolo percepiti dai soggetti portatori di disabilità.

Con una serie di pronunce dirompenti[17], il Consiglio di Stato ha statuito che, in disparte il nomen juris, occorre svolgere un’attenta disamina di ciascun emolumento che s’intenda sussumere nel calcolo dell’ISEE. Sostengono i giudici di Palazzo Spada che l’indennità di accompagnamento non sia assimilabile a un reddito, poiché serve a compensare un’oggettiva e ontologica situazione d’inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Affermano, infatti, che tale indennità sia accordata a chi si trova già in condizioni di svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non è destinatario della misura e a ristabilire una parità morale e competitiva. Secondo il Consiglio di Stato il beneficio in parola non determina una migliore situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare la situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa[18].

A seguito di tali pronunce, che hanno dichiarato l’illegittimità dell’art. 4, co. 2, lett. f), D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, il governo ha introdotto l’art. 2-sexies, D.L. 29 marzo 2016, n. 42, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 maggio 2016, n. 89.

La disposizione prevede espressamente che siano esclusi dal reddito disponibile di cui all’art. 5, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini dell’IRPEF.

Ne è seguito un ulteriore contenzioso tra gli utenti, perlopiù disabili, e i comuni, molti dei quali hanno variamente imposto le componenti economiche degli interventi a carico dei destinatari non solo sulla base e in proporzione al loro ISEE socio-sanitario, ma anche ponendo a fondamento criteri economici aggiuntivi, individuati nelle risorse effettivamente disponibili.

La giurisprudenza amministrativa[19] ha continuato a mostrarsi ferma sulle proprie posizioni, ribadendo che sia la pensione di invalidità che l’indennità di accompagnamento esulano dalla nozione di “reddito” ai fini del calcolo ISEE, in quanto non costituiscono incrementi di ricchezza, ma importi riconosciuti a titolo meramente compensativo o risarcitorio a favore delle situazioni di “disabilità”.

Di conseguenza, afferma la Terza Sezione del Consiglio di Stato, “la definizione del livello di compartecipazione del costo delle prestazioni di cui all’art. 1 DPCM n. 159/2013 deve avvenire mediante l’applicazione dell’indicatore ISEE, così come determinato dall’art. 4 a seguito delle modifiche introdotte con la citata legge n. 89/2016; e, va da sé che le medesime indennità non possono essere ad altro titolo considerate reddito da valutare ai fini della compartecipazione al costo dei servizi erogati[20].

I giudici di Palazzo Spada si sono spinti addirittura al punto di considerare l’ISEE l’“indefettibile strumento di calcolo della capacità contributiva dei privati[21], che impedirebbe ai comuni di creare criteri avulsi dall’ISEE con valenza derogatoria o sostitutiva.

Più di recente, la giurisprudenza amministrativa ha statuito che “l’ISEE costituisce la soglia della eventuale sopportazione della spesa del ricovero da parte del beneficiario della prestazione assistenziale[22], richiamando un precedente[23]che ha stigmatizzato la natura dell‘ISEE come strumento di calcolo per la capacità contributiva dei privati, con la conseguenza che non sono ammessi altri sistemi di calcolo delle disponibilità economiche degli utenti che chiedono prestazioni di tipo assistenziale o comunque rientranti nell‘ambito della disciplina dell‘ISEE”.

Viene confutata, infine, la tesi secondo la quale i comuni e gli enti gestori avrebbero facoltà di deroga alla legislazione statale e regionale ai sensi dell’art. 2, co. 1, D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159.

Affermano, infatti, i giudici amministrativi che la disposizione citata, “seppure ammette che possano essere introdotti altri criteri di selezione volti ad identificare specifiche platee di beneficiari, tenuto conto delle disposizioni regionali in materia, tuttavia, categoricamente, fa salva la valutazione della condizione economica complessiva del nucleo familiare attraverso l’ISEE, con ciò escludendo che possano essere utilizzati altri parametri di valutazione della condizione economica del richiedente quali criteri selettivi[24].

Viene precisato, ancora, che “il potere riconosciuto dall’art. 2 cit, si riferisce all’attività normativa residuale di cui all’art. 117, comma 4, Cost. e, come tale, riguarda le Regioni, e non gli enti locali, i quali possono introdurre «criteri ulteriori di selezione volti ad identificare specifiche platee di beneficiari, tenuto conto delle disposizioni regionali in materia e delle attribuzioni regionali specificamente dettate in tema di servizi sociali e socio-sanitari» […] e, dunque, all’interno della regolamentazione disposta dalla regione[25].

Dopo aver esaminato gli orientamenti giurisprudenziali in materia di indennità di accompagnamento e di calcolo dell’ISEE, si può dunque procedere all’analisi della normativa regionale e del contenzioso amministrativo che ne è scaturito.

4. La normativa della Regione Piemonte in materia ISEE e il contenzioso amministrativo in atto

Con D.G.R. 12 gennaio 2015, n. 10-881 la Giunta Regionale adottava delle linee guida per la gestione transitoria dell’applicazione della normativa ISEE di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, prevedendo l’istituzione di un tavolo tecnico, coordinato dalla Direzione regionale “Coesione sociale” (oggi “Sanità e Welfare”) e composto dai rappresentanti del Coordinamento degli Enti Gestori della funzione socio-assistenziale, dall’ANCI e dalle organizzazioni sindacali, che aveva il duplice scopo di adottare i successivi atti regionali in materia ISEE e di monitorarne lo stato di attuazione.

Le linee guida di cui alla D.G.R. sopracitata sono state oggetto di una serie di proroghe, fino all’adozione della D.G.R. 7 dicembre 2022, n. 23-6180, che ha posto fine al regime transitorio.

Le nuove “Linee guida per l’applicazione uniforme dell’ISEE nell’ambito del sistema regionale integrato degli interventi e servizi sociali” individuano la soglia massima ISEE per accedere ai contributi economici a integrazione del reddito familiare, fissata in € 9.360,00, e quella per accedere a tutte le altre prestazioni sociali agevolate, fissata in € 50.000,00.

Viene, altresì, specificato che, in ossequio al D.M. 16 dicembre 2014, n. 206, soltanto le “prestazioni sociali agevolate” sono soggette a ISEE, mentre le “prestazioni sociali” possono essere sottoposte alla verifica della condizione economica dei beneficiari a discrezione dell’ente competente alla disciplina delle prestazioni.

Viene, infine, indicato il termine di 180 giorni dalla pubblicazione sul B.U.R. del provvedimento per la trasmissione dei regolamenti revisionati che disciplinano le modalità di erogazione delle prestazioni sociali agevolate.

Nel mese di febbraio 2023 l’UTIM ODV – Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva e l’ULCES ODV – Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale presentavano ricorso al T.A.R. Piemonte per l’annullamento delle linee guida di più recente adozione nella parte in cui prevedevano criteri che si assumeva essere in deroga a quelli di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 e, dunque, contrastanti con esso.

In particolare, si contestava la sezione 2.2 dell’allegato A, che consentiva agli enti gestori della funzione socio-assistenziale di prevedere all’interno dei propri regolamenti che i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari esenti IRPEF, compresi quelli percepiti in ragione della condizione di disabilità di cui all’allegato 3 del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, potessero concorrere alla compartecipazione economica al costo delle prestazioni offerte dal sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali.

Inoltre, si riteneva contrastante con la normativa nazione la previsione di cui alla sezione 2.8 dell’allegato A, secondo cui il patrimonio mobiliare e immobiliare del beneficiario, pur non costituendo criterio di accesso per l’ottenimento della prestazione, potesse essere preso in considerazione quale criterio ulteriore di selezione per la definizione della capacità alla compartecipazione al costo del progetto assistenziale del richiedente.

Nelle more del ricorso, la Giunta Regionale, con D.G.R. 5 giugno 2023, n. 10-6984, annullava in autotutela le sezioni 2.2 e 2.8 e riformulava la premessa e la sezione 2.5 dell’allegato A della D.G.R. 7 dicembre 2022, n. 23-6180, prorogando l’invio dei regolamenti revisionati, che disciplinano le modalità di erogazione delle prestazioni sociali agevolate, fino al 15 settembre 2023.

Con D.G.R. 29 settembre 2023, n. 11-7489, la Giunta Regionale, in considerazione dei rilievi avanzati dal Coordinamento degli Enti Gestori della funzione socio-assistenziale e dall’ANCI Piemonte sulle ricadute economiche conseguenti alla piena applicazione di quanto dettato dalle Linee Guida regionali sui bilanci dei medesimi e sulla loro sostenibilità rideterminava il termine per l’invio dei regolamenti revisionati, fissandolo al 31 dicembre 2023.

Avverso il provvedimento veniva depositato, in data 1 dicembre 2023, il ricorso innanzi al T.A.R. Piemonte per chiederne l’annullamento.

Da ultimo, con D.G.R. 18 dicembre 2023, n. 29-7935, il termine per l’invio dei regolamenti revisionati veniva ulteriormente prorogato al 30 giugno 2024, in ragione del perdurare delle difficoltà di adeguamento dei regolamenti medesimi e preso atto dell’iniziativa di ANCI Piemonte diretta a chiarire e modificare la normativa nazionale in materia di ISEE.

Conseguentemente, i ricorrenti chiedevano, previa sospensione, l’annullamento anche di tale ultimo provvedimento, lamentando che l’ulteriore proroga paralizzerebbe il dettato e gli effetti del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 e ss.mm.ii., in quanto consentirebbe l’applicazione di regolamenti non conformi alla normativa nazionale in materia di ISEE.

Inoltre, sostenevano i ricorrenti che, trattandosi di un livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’art. 117, co. 2, lett. m), Cost., la Giunta Regionale non potrebbe derogare o sospendere la legislazione statale.

Il T.A.R. Piemonte ha respinto l’istanza cautelare, ritenendo che il requisito del periculum in mora sia indimostrato, “in quanto, anche laddove la D.G.R. (di proroga, fino al 30.06.2024, del termine per l’invio dei regolamenti ISEE revisionati) fosse sospesa, le ricorrenti ed i soggetti da queste tutelati non conseguirebbero alcun concreto beneficio, tenuto conto del fatto che la lamentata lesione delle posizioni giuridiche soggettive pare discendere, secondo le prospettazioni attoree, dall’applicazione dei regolamenti degli enti gestori, regolamenti che – anche annullando le D.G.R. impugnate – continuerebbero ad essere applicati nelle attuali formulazioni[26].

In attesa della definizione della controversia nel merito, siano consentite alcune brevi osservazioni.

5. Una possibile lettura sistematica del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 e della L. 11 febbraio 1980, n. 18

Ai sensi dell’art. 2, co. 1, D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 e ss.mm.ii., la determinazione e l’applicazione dell’ISEE ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, sono ricondotte ai livelli essenziali delle prestazioni, di cui all’art. 117, co. 2, lett. m), Cost., come tali non derogabili dalle regioni. Fin dalle prime pronunce sul punto, infatti, la Corte costituzionale ha riconosciuto che “l’inserimento […], fra le materie di legislazione esclusiva dello Stato, della «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» attribuisce al legislatore statale un fondamentale strumento per garantire il mantenimento di una adeguata uniformità di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un livello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto” [27] imponendo che le decisioni in materia, almeno nelle loro linee generali, siano operate dallo Stato con legge, che dovrà inoltre determinare adeguate procedure e precisi atti formali per procedere alle specificazioni e articolazioni ulteriori che si rendano necessarie.

Pacificamente, dunque, la Regione Piemonte non potrebbe contrastare, derogare o sospendere la normativa nazionale in materia ISEE, ammettendo, ad esempio, che gli enti gestori della funzione socio-assistenziale possano prevedere all’interno dei propri regolamenti che i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari esenti IRPEF concorrano alla compartecipazione economica al costo delle prestazioni offerte dal sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali.

Correttamente, dunque, la Regione Piemonte è intervenuta in autotutela, annullando, in parte qua, la D.G.R. 7 dicembre 2022, n. 23-6180.

Le Linee Guida di più recente introduzione non ripropongono le criticità delle precedenti sotto questo profilo, tant’è vero che non sono state oggetto di ricorso innanzi al T.A.R. Ciò che, invece, costituisce motivo di doglianza sono i successivi differimenti del termine di invio dei regolamenti revisionati sulla scorta di quanto precisato dalle Linee Guida regionali.

Sul punto, va osservato che il termine indicato nelle D.G.R. ha natura meramente ordinatoria, consentendo agli enti gestori di adeguarsi, in un tempo congruo, alle specificazioni introdotte dalla Regione per armonizzare l’applicazione della normativa ISEE di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 su tutto il territorio regionale. Ciò si ispira, peraltro, al principio di leale collaborazione tra le singole amministrazioni pubbliche, che impone, a compensazione della ripartizione di competenze, “che le amministrazioni implicate collaborino realmente nella salvaguardia dell’esercizio reciproco delle funzioni, acquisendo così una congrua e completa conoscenza dei fatti e la possibilità di una considerazione adeguata e proporzionata degli interessi coinvolti nelle rispettive competenze, vagliando se gli assunti presi a base sono corretti o possono essere corretti e modificati pur senza venire meno alla cura dell’interesse pubblico di loro attribuzione[28].

Che questo termine abbia natura meramente ordinatoria lo si desume dalla circostanza che il D.L. 29 marzo 2016, n. 42, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 maggio 2016, n. 89, aveva invece previsto che gli enti che disciplinano l’erogazione delle prestazioni sociali agevolate adottassero entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione gli atti necessari all’erogazione delle nuove prestazioni in conformità con le novità introdotte in ordine all’esclusione dal reddito disponibile dei trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini dell’IRPEF, fermo il principio del rispetto degli equilibri di bilancio programmati.

Ferma la natura meramente ordinatoria del termine di invio dei regolamenti revisionati, difficilmente si potrebbe ravvisare la violazione del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 da parte di due D.G.R. che si sono limitate a differire il termine in parola, risultando carente sotto questo profilo l’interesse ad agire delle organizzazioni di volontariato per mancanza di una lesione diretta, concreta e attuale nella sfera giuridica delle ricorrenti.

Quanto, invece, alla questione giuridica sottesa al primo ricorso innanzi al T.A.R., concernente la legittimità di considerare l’indennità di accompagnamento nella determinazione della compartecipazione al costo della retta residenziale da parte dell’utente, che ha indotto la Regione Piemonte ad annullare parzialmente, in autotutela, la D.G.R. 7 dicembre 2022, n. 23-6180, non sembrano, invero, esserci margini di discussione atteso il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa.

Tuttavia, s’intende qui evidenziare un dato che i giudici di Palazzo Spada non sembrano considerare quando escludono l’indennità di accompagnamento dal calcolo della compartecipazione al costo della retta residenziale, escluse dunque le rette semiresidenziali e quelle legate all’erogazione di altri servizi sociali.

Il dato che sembra d’indubbio rilievo è quello che attiene alle specifiche finalità del beneficio in parola, che trova conferma anche nelle sentenze della Corte costituzionale, oltre che della giurisprudenza ordinaria.

Se è indubbio che, a normativa nazionale invariata, l’indennità di accompagnamento non sia riconducibile alla definizione di reddito imponibile ai fini del calcolo dell’ISEE, tuttavia andrebbe tenuto conto di quanto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria in ordine alla natura dell’istituto in parola al fine di ricomprenderla nel calcolo della compartecipazione economica al costo delle prestazioni offerte dal sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali.

Se è vero, infatti, che l’indennità di accompagnamento mira ad assicurare un sostegno giornaliero a chi si trovi nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure nell’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza, non sembra incompatibile con le previsioni nazionali la possibilità di tenerla in considerazione non ai fini del calcolo dell’ISEE, che resta l’indefettibile strumento di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate, bensì della quota di compartecipazione al costo della retta residenziale da parte dell’utente.

Ciò che la giurisprudenza amministrativa sembra ignorare è la sostanziale duplicazione del beneficio che si viene a creare ogniqualvolta chi riceve l’indennità di accompagnamento sia ricoverato presso una struttura residenziale, che necessariamente gli garantisce quell’assistenza continuativa per la quale l’indennità di accompagnamento gli viene erogata. Solo ove residuassero spazi di assistenza quotidiana demandati ai privati, il beneficio avrebbe ragione di restare nella disponibilità della famiglia. In caso contrario, sarebbe più corretto destinare l’indennità di accompagnamento al pagamento della retta residenziale ovvero, come sostiene la giurisprudenza ordinaria, revocare l’erogazione del beneficio in parola per il periodo in cui la persona non autosufficiente è inserita in una struttura residenziale, la quale, di fatto, garantisce tutti i livelli di assistenza giornaliera che, invece, il legislatore avrebbe inteso affidare alla famiglia[29].

Parimenti non condivisibile appare il principio, reiteratamente statuito dai giudici amministrativi, secondo il quale l’ISEE sarebbe l’indefettibile strumento di calcolo della capacità contributiva dei privati che deve scandire le condizioni e la proporzione di accesso alle prestazioni agevolate.

Trattasi, invero, di affermazione del tutto avulsa dal dettato legislativo, che impone l’ISEE quale strumento di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate. È di ogni evidenza, infatti, la distanza tra i concetti di capacità contributiva e di situazione economica.

Inoltre, si osserva che uno dei corollari del principio di capacità contributiva è l’effettività, vale a dire la necessità che la forza economica sia concreta e attuale e non meramente virtuale o presunta. Pare, dunque, difficile l’accostamento del principio in esame con lo strumento di calcolo dell’ISEE, che, tra le altre cose, valuta redditi e patrimoni risalenti rispetto al momento della prestazione, risultando pertanto carente il requisito dell’attualità, anche qualora si procedesse all’aggiornamento dei redditi e dei patrimoni presenti nella dichiarazione sostitutiva unica[30].

Prevedere, dunque, nei regolamenti per la compartecipazione degli utenti al costo della retta residenziale, esclusa financo quella semiresidenziale, che l’indennità di accompagnamento sia versata all’ente gestore ovvero alla struttura di ricovero, come peraltro previsto dalla D.G.R. Lazio 20 dicembre 2016, n. 790, non intende mettere in discussione la normativa nazionale in materia di ISEE, ma fornire un’interpretazione sistematica che tenga conto delle specifiche finalità dell’indennità di accompagnamento, ai sensi della L. 11 febbraio 1980, n. 18.

  1. Dottoranda di ricerca in Diritti e istituzioni presso l’Università degli Studi di Torino.
  2. Sul punto, si vedano: C. Ingenito, Linee guida. Il disorientamento davanti ad una categoria in continua metamorfosi, in Quad. Cost., 2019, n. 4, pp. 871 ss.; V. Italia, Le “linee guida” e le leggi, Milano, Giuffrè, 2016, pp. 4 ss.; M. Mazzamuto, L’atipicità delle fonti nel diritto amministrativo, in Dir. amm., 2015, n. 4, pp. 683 ss..
  3. Non è oggetto del presente lavoro l’analisi delle altre prestazioni assistenziali a favore delle persone con disabilità: a titolo esemplificativo, pensione di inabilità, assegno di invalidità e indennità di frequenza.
  4. Si veda, tra i molti contributi sul tema dell’indennità di accompagnamento, A. Andreoni, Inabilità, in Dig. it., VII, Torino, UTET, 1992; R. Belli, L’indennità di accompagnamento e l’esercizio dei diritti inviolabili nonostante la disabilità, in Giur. Cost., 3/1994, pp. 1702-1709; C. Colapietro, F. Girelli, Persone con disabilità e Costituzione, Napoli, Editoriale Scientifica, 2020, p. 86 ss.; G. Iacone, G. Buccelli, L’invalidità civile, Padova, Cedam, 2008, p. 44 ss.; M. Lepore, L’indennità di accompagnamento nella giurisprudenza della Corte, la progressiva estensione di un diritto sociale, in Dir. e giust., 2003; C. A. Nicolini, Sui requisiti previsti per la fruizione dell’indennità di accompagnamento agli invalidi civili, in Giust. civ., 1994; V. Turco, Indennità di accompagnamento riletta in nome del principio di solidarietà, in Dir. e giust., 2005; P. Venuti, Le prestazioni previdenziali e assistenziali: assegno ordinario di invalidità, pensione ordinaria di inabilità, pensione supplementare, pensione di reversibilità, assegno mensile, pensione di inabilità, indennità di accompagnamento (con ampi richiami di giurisprudenza), Padova, Cedam, 2001.
  5. Si veda C. Cost., 30 luglio 2008, n. 306.
  6. Sul punto, si veda C. cost., 23 gennaio 2009, n. 11.
  7. Si veda, in proposito, C. cost., 30 luglio 2008, n. 306, ove si ritiene manifestamente irragionevole subordinare l’attribuzione della prestazione assistenziale in esame al possesso di un titolo di legittimazione alla permanenza del soggiorno in Italia che richiede per il suo rilascio, tra l’altro, la titolarità di un reddito. La Corte afferma che tale irragionevolezza “incide sul diritto alla salute, inteso anche come diritto ai rimedi possibili e, come nel caso, parziali, alle menomazioni prodotte da patologie di non lieve importanza. Ne consegue il contrasto delle disposizioni censurate non soltanto con l’art. 3 Cost., ma anche con gli artt. 32 e 38 Cost., nonché – tenuto conto che quello alla salute è diritto fondamentale della persona (vedi, per tutte, le sentenze n. 252 del 2001 e n. 432 del 2005) – l’art. 2 della Costituzione”.
  8. Sul punto, C. cost., 15 marzo 2013, n. 40, che richiama i princìpi affermati in C. cost., 16 dicembre 2011, n. 329, in tema di indennità di frequenza.
  9. Si veda, in particolare, C. cost., 22 giugno 1989, n. 346, più di recente ripresa da C. cost., 20 luglio 2020, n. 152, la quale traccia una netta distinzione tra la funzione cui assolve la pensione di inabilità, che è quella di sopperire alla condizione di chi, a causa dell’invalidità, non è in grado di procacciarsi i necessari mezzi di sostentamento, e quella cui assolve l’indennità di accompagnamento, che mira, invece, “a consentire ai soggetti non autosufficienti (in ambito familiare e senza aggravio per le strutture pubbliche) condizioni esistenziali compatibili con la dignità della persona umana”.
  10. Cass. Civ., Sez. Lav., 11 settembre 2003, n. 13362.
  11. Sul punto, si veda Cass. Civ., Sez. Lav., 5 marzo 2002, n. 3143.
  12. Cass. Civ., Sez. Un., 22 maggio 2018, n. 12567.
  13. Cass. Civ., Sez. Lav., 23 dicembre 2011, n. 28705.
  14. Si veda, tra le più recenti, Cass. Civ., Sez. Lav., 26 ottobre 2022, n. 31683, che ha statuito: “In tema di indennità di accompagnamento, il beneficio può spettare all’invalido grave anche durante il ricovero in ospedale pubblico ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’ospedale medesimo non esauriscano tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana”. In senso conforme, si veda Cass. Civ., Sez. Lav., 22 ottobre 2008, n. 25569).
  15. Sul punto, Cass. Civ., Sez. Lav., 26 gennaio 2010, n. 1585: “Ai fini del diritto all’indennità di accompagnamento, l’inabile non deambulante o non autosufficiente non è tenuto a provare di non essere ricoverato gratuitamente in istituto o di non beneficiare di prestazioni incompatibili, rilevando esclusivamente il requisito sanitario previsto dall’art. 1 della legge n. 18 del 1980 e non anche la condizione del non ricovero dell’inabile in istituto, la quale si pone come elemento esterno alla fattispecie e non costituisce ostacolo al riconoscimento del diritto all’indennità bensì all’erogazione della stessa per il tempo in cui l’inabile sia ricoverato a carico dell’erario e non abbisogni dell’accompagnatore”.
  16. Si veda, tra i molti contributi sul tema dell’ISEE, B. Angiello, Il nuovo ISEE, in Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale, 1/2015, pp. 59-108; M. Arlotti, La storia infinita. L’ISEE fra riforme, sentenze e cambiamenti in corso, in Politiche Sociali, 2/2016, pp. 363-369; M. Arlotti, A. Parma, C. Ranci, Riformare diritti sociali iniqui con uno sguardo all’Europa? La sfida dell’indennità di accompagnamento, in Riv. Pol. Soc., 3/2017, pp. 63-78; A. Candido, Le amministrazioni locali alla prova del nuovo ISEE, in Le Regioni, 3/2015, pp. 763-792; F. Del Giudice, F. Mariani, M. Solombrino, Manuale di legislazione e previdenza sociale, Napoli, 2015, pp. 250 ss.; M. Motta, Le criticità dell’ISEE, in Prosp. soc. san., 2011, pp. 16-18; A. Stolfa, L’indennità di accompagnamento non costituisce «reddito» e non rientra nel calcolo dell’ISEE, in Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale, 4/2016; S. TOSO, La riforma dell’ISEE: una nuova chance per l’universalismo selettivo, in Politiche Sociali, 1/2014, pp. 121-126; S. Toso, La riforma dell’ISEE: verso una selettività ragionevole, in https://www.fondazionegorrieri.it/; B. Vimercati, La compartecipazione dell’utente alla spesa sociosanitaria: una ricostruzione alla luce del nuovo d.P.C.m. n. 159 del 2013, in Le Regioni, 5-6/2014, pp. 1111-1146.
  17. Cons. St., Sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 838, 841 e 842.
  18. Sul punto, v. anche M. Bombi, Isee e reddito: le indennità socio-assistenziali per la disabilità rimangono escluse, in Dir. e giust., 12/2016, p. 8; A. Stolfi, L’indennità di accompagnamento non costituisce reddito e non rientra nel calcolo dell’ISEE, in Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale, 4/2016, pp. 749-760.
  19. Si veda, ex multis: Cons. St., Sez. III, 13 novembre 2018, n. 6371; Cons. St., Sez. III, 27 novembre 2018 n. 6708; Cons. St., Sez. III, 4 marzo 2019, n. 1458; Cons. St., Sez. III, 11 novembre 2020, n. 6926.
  20. Cons. St., Sez. III, 10 dicembre 2020, n. 7850.
  21. Cons. St., Sez. III, 13 novembre 2018, n. 6371. Nello stesso senso, Cons. St. Sez. III, 10 gennaio 2020, n. 264; Cons. St., Sez. III, 2 marzo 2020, n. 1505; Cons. St., Sez. III, 3 ottobre 2020, n. 1505.
  22. Cons. St., Sez. III, 24 marzo 2023, n. 3072.
  23. Cons. St., Sez. III, 4 marzo 2019, n. 1458.
  24. Cons. St., Sez. III, 13 novembre 2018, n. 6371, cit. In tal senso, si veda anche Cons. St., Sez. I, 23 dicembre 2022, n. 2062; Cons. St., Sez. I, 23 marzo 2023, n. 498; Cons. St., Sez. III, 13 aprile 2023, n. 3757; Cons. St., Sez. III, 11 luglio 2023, n. 6788.
  25. Cons. St., Sez. III, 11 novembre 2020, n. 6926. Nello stesso senso, si veda Cons. St., Sez. III, 11 gennaio 2021, n. 316 e Cons. St., Sez. III, 25 marzo 2021, n. 2520, che affermano come il legislatore, ferma la preferenza per l‘indicatore dell‘ISEE, riservi, in primis, allo Stato e, in via integrativa, alla regione l‘introduzione di ulteriori criteri.
  26. T.A.R. Piemonte, Sez. III, 14 marzo 2024, n. 114.
  27. C. cost., 13 marzo 2003, n. 88.
  28. Cons. St., Sez. VI, 5 marzo 2014, n. 1059.
  29. Sul punto, si rinvia a C. cost., 20 luglio 2020, n. 152, che richiama la giurisprudenza ordinaria quando afferma che “l’indennità di accompagnamento ha presupposti diversi rispetto alla pensione di inabilità, essendo finalizzata all’assistenza della persona non autosufficiente, senza riferimento alla capacità lavorativa (Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 21 gennaio 2005, n. 1268; sezione lavoro, sentenza 28 agosto 2000, n. 11295), e destinata a svolgere una funzione di sostegno alla famiglia, così da agevolare la permanenza in essa di soggetti bisognevoli di continuo controllo, evitandone il ricovero in istituti pubblici di assistenza, con conseguente diminuzione della spesa sociale (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 23 dicembre 2011, n. 28705)”.
  30. Ulteriori criticità dell’ISEE sono lumeggiate da M. Motta, F. Pesaresi, Che cosa non va nell’ISEE e cosa migliorare, in https://www.welforum.it/.