Il riparto di competenze tra Stato e Regioni al tempo della pandemia secondo la Corte costituzionale: il “caso” Valle d’Aosta
Chiara Merlano1
(Abstract)
Il contributo si propone di analizzare i rapporti tra legge statale e legge regionale nella gestione della crisi sanitaria. Muovendo dall’esame delle principali competenze che vengono in rilievo, l’indagine si sofferma sulla legge della Regione Valle d’Aosta, 9 dicembre 2020, n. 11, con la quale sono state introdotte misure di contenimento della diffusione del virus Covid-19 in difformità rispetto alla normativa statale. All’analisi dell’ordinanza con cui la Corte costituzionale ha disposto, per la prima volta nella storia, la sospensione in via cautelare della legge regionale impugnata, seguono alcune riflessioni sulla successiva declaratoria di parziale incostituzionalità, che ha rinvenuto nella profilassi internazionale l’esclusivo fondamento della disciplina emergenziale, con conseguente accentramento delle competenze legislative in capo allo Stato.
Sommario: 1. Premessa. – 2. Unitarietà e differenziazione nella lotta alla pandemia. – 3. Tutela della salute. – 4. Protezione civile. – 5. Profilassi internazionale. – 6. Il caso Valle d’Aosta. – 7. La prima ordinanza di sospensione della Corte costituzionale. – 8. La decisione nel merito della Corte costituzionale. – 9. La pervasività della “profilassi internazionale” nella gestione dell’emergenza pandemica.
1. Premessa.
Il periodo attuale può essere considerato sotto molteplici aspetti “emergenziale”: in primis, per l’epidemia da Covid-19 che ha sconvolto le vite di tutti, a cominciare da quell’ormai lontano 21 febbraio 2020, quando i telegiornali diedero la notizia dei primi contagi italiani con “epicentro” a Codogno, primo di tanti focolai del nostro Paese.
Un’emergenza sanitaria, dunque, da cui è derivata una grave emergenza socio-economica, che ha colpito tutti, nessuno escluso. Le plurime limitazioni adottate per fronteggiare la pandemia hanno interessato, e interessano, i più svariati aspetti della nostra quotidianità, costringendo le persone a modificare, in qualche caso persino ad abbandonare, abitudini che mai prima d’ora erano state messe in discussione; limitazioni che sono derivate da atti singolari, vuoi per l’“eccezionalità” del periodo vuoi per alcune scelte politiche, non sempre chiare, ordinate e soddisfacenti.
Della caotica regolazione dell’ultimo anno, molto si è scritto in dottrina2 e gli Autori si sono concentrati, in particolare, sull’inusuale gerarchia delle fonti su cui tuttora si regge la normativa emergenziale. Al riguardo, molti hanno tentato una razionalizzazione della babele di fonti affastellatesi in questi mesi, rinvenendo il fondamento delle limitazioni dei diritti e delle libertà costituzionali chi3 nei principi del primum vivere e della salus rei publicae, chi4 nel diritto alla salute, espressamente riconosciuto dall’art. 32 Cost. quale “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, chi5, ancora, nella decretazione d’urgenza.
Peraltro, la quasi totalità degli Autori concorda nel ritenere che un simile modo di regolamentare sia consentito o scusato6 in piena emergenza, ma non quando se ne ha un allentamento7.
E, ancora, alcuni8 hanno posto l’accento sulla singolarità di quest’emergenza, a causa del continuo e repentino mutare dell’andamento della curva epidemiologica, che renderebbe necessario il ricorso a strumenti più snelli e rapidi persino dei decreti-legge9, possibilmente concentrati nelle mani di organi monocratici, allo scopo di dare risposte modificabili in corso d’opera.
Se, da un lato, si è detto10, il Governo non avrebbe potuto agire diversamente, dall’altro, sono state tante le voci che hanno messo in luce le criticità della normativa emergenziale, lamentando l’inadeguatezza dei decreti-legge, in specie il primo di quelli adottati per fronteggiare la crisi11, a fungere da base legale alle restrizioni introdotte dai d.p.c.m.12, il mancato ricorso a fonti secundum ordinem13, la regolamentazione parcellizzata nel tempo e nello spazio, la marginalizzazione del ruolo del Parlamento14 e l’accentramento nella gestione dell’emergenza pandemica, a discapito delle autonomie territoriali15.
Ed è proprio sui delicati rapporti tra centro e periferia nella regolamentazione dell’emergenza pandemica a livello primario che s’intende discorrere, alla luce della recente vicenda che ha coinvolto la Regione autonoma Valle d’Aosta, la cui legge regionale16, impugnata dal Governo, ai sensi dell’art. 127 Cost., è stata dapprima sospesa17 in via cautelare dalla Corte costituzionale, che ha esercitato per la prima volta il potere inibitorio di cui agli artt. 35 e 40, l. 87 del 1953, e poi dichiarata incostituzionale18 in alcune sue parti.
2. Unitarietà e differenziazione nella lotta alla pandemia.
Se in dottrina19 molto si è discusso in merito al potere di ordinanza dei Presidenti delle Giunte regionali e dei Sindaci, previsto dall’art. 32, l. 833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, più in ombra è rimasto il dibattito sui rapporti tra legge statale e legge regionale nella gestione dell’emergenza. Questo, forse, è stato favorito anche dalle circostanze: invero, a fronte di centinaia di ordinanze regionali e locali adottate per differenziare le risposte su base territoriale alla pandemia, si conta, invece, un numero più circoscritto di leggi approvate nell’ultimo anno20.
Per quanto attiene ai rapporti tra fonte statale e fonte regionale, sembra corretto soffermarsi primariamente sul riparto di competenze previsto dall’art. 117 Cost., da ritenersi invariato anche a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale21 e della normativa che ne è derivata, non potendo essa derogarvi neppure in un contesto critico quale quello attuale22.
Si ritiene, infatti, che i provvedimenti urgenti adottati per fronteggiare la pandemia abbiano un senso soltanto nella misura in cui essi rimangano fedeli all’impianto costituzionale. Invero, ai sensi dell’art. 77 Cost., il Governo può adottare provvedimenti urgenti, ma non straordinari, qui nel senso di extra ordinem23, peraltro aventi efficacia provvisoria fintantoché non intervenga la relativa legge di conversione a consolidarne gli effetti.
In questo senso si possono leggere i decreti-legge emanati dal Governo, a partire dal d.l. 6 del 2020, che ammettono l’adozione dei provvedimenti necessari per fronteggiare la crisi, fermo sempre il rispetto della Carta costituzionale e, dunque, anche il riparto di competenze legislative, sebbene esso sembra essersi, per così dire, “allentato” nella gestione della crisi24.
Così ricostruito il fondamento costituzionale della normativa emergenziale e, in particolare, i limiti che essa incontra nella Costituzione medesima, tra cui l’impossibilità di alterare il riparto di competenze ivi previsto, neppure a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza, occorre, allora, volgere lo sguardo alle materie che vengono in rilievo nell’attuale contesto pandemico.
La questione su quale sia la materia entro cui inscrivere le previsioni – pur se variegate, tutte – finalizzate a contrastare e a contenere la diffusione del contagio, non è secondaria, perché dalla risposta che si dà all’interrogativo discendono conseguenze diverse in ordine al riparto di competenze, soprattutto con riferimento ai margini d’intervento di Regioni ed enti locali.
Invero, nelle materie di competenza legislativa esclusiva statale non v’è spazio per una regolamentazione autonoma e integrativa della legge regionale, potendo la stessa intervenire soltanto con norme attuative, che comunque tengano conto delle specificità territoriali, in un clima di leale collaborazione tra “centro” e “periferia”.
Quando la materia è di competenza concorrente, invece, allo Stato è rimessa la definizione dei principi fondamentali25, dovendosi sempre riservare margini d’intervento alle Regioni, a meno di non voler considerare la chiamata in sussidiarietà ex art. 118 Cost. Meno condivisibile, invece, è l’ipotesi che nel caso di specie il Governo abbia esercitato il potere sostitutivo di cui all’art. 120 co. 2 Cost., perché non sembra essere stata attivata la procedura prevista dalla legge La Loggia26, mancando, in particolare, il coinvolgimento delle Regioni e delle Province autonome27.
L’attenzione sarà ora rivolta alle materie che più sembrano venire in rilievo nella gestione della crisi sanitaria, vale a dire la tutela della salute e la protezione civile, che rientrano tra le competenze legislative concorrenti, nonché la profilassi internazionale, contemplata, invece, nell’elenco, di cui all’art. 117 co. 2 Cost., di competenza legislativa esclusiva statale.
3. Tutela della salute.
Il diritto alla salute è contemplato dagli artt. 32 e 117 co. 3 Cost.28. Il primo lo riconosce quale “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”29, ossia quel bene primario e assoluto, che costituisce la precondizione dell’effettivo godimento di tutti gli altri diritti e libertà parimenti garantiti dalla Costituzione.
Se in tempi recenti si è tentato di dare all’art. 32 Cost. una lettura di tipo evolutivo, capace di accogliere al suo interno anche la salute intesa come “condizione di benessere dell’individuo, come piena realizzazione della personalità dell’uomo, e, infine (last but not least), come diritto ad un ambiente salubre”30, oggi sembra risaltare nuovamente la sua accezione più tradizionale: la tutela della salute intesa come un problema di sicurezza sanitaria, quasi di ordine pubblico interno e internazionale.
Quanto al riparto di competenze, l’art. 117 co. 3 Cost. attribuisce al centro la definizione dei principi fondamentali e agli enti territoriali la disciplina di dettaglio, nel rispetto della c.d. legge cornice di matrice statale.
In materia sanitaria, alle Regioni compete, dunque, l’attuazione e l’esecuzione delle direttive stabilite dalla legge statale, nonché l’organizzazione e la gestione del servizio sanitario su base territoriale31, peraltro a condizione che siano garantiti i livelli essenziali delle prestazioni relative al diritto in esame, la cui definizione è interamente rimessa allo Stato, ai sensi dell’art. 117 co. 3 lett. m) Cost.
Ecco che emerge una delle principali difficoltà in ordine alla gestione potenzialmente policentrica dell’emergenza di Covid-19, nella quale si intersecano competenze diverse32, che ben possono essere regionali, spettando, invece, allo Stato le scelte che attendono alle esigenze meritevoli di disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale33. Il legislatore statale deve, quindi, prevedere le norme necessarie per assicurare a tutti il godimento dei diritti, senza che gli enti territoriali possano limitarne o condizionarne l’azione34.
Va peraltro osservato che, trattandosi di un’emergenza sanitaria, per fronteggiare la quale vanno adottate (e sono state adottate) misure che investono competenze anche molto distanti dalla sanità pubblica in senso stretto, è inevitabile ritenere che essa subisca una dilatazione funzionale, essendo la totalità dei provvedimenti adottati nell’ultimo anno finalizzata a contenere la diffusione del contagio e a tutelare il diritto alla salute35, nella sua dimensione collettiva prima ancora che individuale.
Nel bilanciamento operato dallo Stato, il diritto alla salute, qui inteso anche come diritto alla vita, è stato ritenuto prevalente su tutti gli altri beni costituzionalmente garantiti36, anche in ragione delle carenze del Servizio sanitario nazionale37. E, tuttavia, la giurisprudenza costituzionale ha rimarcato più volte che i diritti soccombenti non possono essere sacrificati in misura tale da compromettere il loro nucleo essenziale, come garantito dalla Costituzione38.
Secondo la Consulta, quando vengono in rilievo plurimi interessi e diritti su scala nazionale, il bilanciamento è necessariamente riservato allo Stato, portatore di istanze unitarie, e questa decisione non soltanto non è sindacabile dalle Regioni, ma queste non possono neppure derogarvi in melius39.
La fonte legislativa regionale non può incidere, quindi, sulle restrizioni dei diritti fondamentali previste dalle leggi nazionali allo scopo di tutelare la salute. Provvedimenti anche più riduttivi possono, invece, essere temporaneamente adottati mediante l’esercizio del potere d’urgenza, di cui all’art. 32 della l. 833 del 1978, espressamente richiamato dai decreti legge emanati dal Governo per fronteggiare l’emergenza, purché ossequiosi dei limiti ivi contemplati.
Invero, nell’art. 1 co. 16, d.l. 16 maggio 2020, n. 3340, su cui ancora oggi si fonda la normativa nazionale dell’emergenza sanitaria, si autorizzano le Regioni ad adottare provvedimenti in deroga, anche in pejus, a quanto previsto dalla normativa nazionale, sulla base del monitoraggio dalle medesime svolto in ordine all’andamento della situazione epidemiologica sui rispettivi territori e avuto riguardo anche alle condizioni di adeguatezza del sistema sanitario regionale. Questa previsione, adottata in un momento di minore allarme sociale, anche con l’intento di distendere i rapporti con le Regioni41, si discosta notevolmente da quella contenuta nel precedente d.l. 19 del 202042, che, all’opposto, aveva limitato il potere di ordinanza regionale e sindacale43, allo scopo di contenere l’“iperattivismo incontrollato”44 dei Presidenti delle Giunte regionali e dei Sindaci nella fase iniziale di gestione dell’emergenza45.
Al riguardo, va osservato che l’autorizzazione a derogare alla normativa statale46, circoscritta alle more dell’adozione dei d.p.c.m., concerne esclusivamente i poteri di ordinanza, non l’esercizio del potere legislativo ordinario47. In altre parole, se le misure contenute nelle ordinanze possono temporaneamente derogare alle norme vigenti, allo scopo di provvedere d’urgenza in ordine alle emergenze di carattere territoriale, i poteri normativi ordinari, invece, continuano a esercitarsi nel rispetto della Costituzione e del riparto di competenze ivi previsto.
4. Protezione civile.
Nella legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del Servizio nazionale di protezione civile, si trova un’implicita definizione della materia in termini funzionali: allo stesso, infatti, è attribuita la tutela dell’integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi48, di cui si ha un’esplicazione all’art. 2 della legge citata49.
La Costituzione contempla la protezione civile tra le materie di competenza legislativa concorrente, di cui all’art. 117 co. 3 Cost.50.
Tra le fonti primarie, invece, viene in rilievo, in aggiunta alla già citata l. 225 del 1992, il d.lgs. 2 gennaio 2018, n. 1 (c.d. Codice della Protezione civile), il cui art. 7 distingue le emergenze in ordinarie, straordinarie di rilevanza territoriale e straordinarie di rilevanza nazionale, queste ultime gestite dal Governo centrale, a condizione che sia stato previamente deliberato lo stato di emergenza nazionale.
In proposito, in dottrina51 si è osservato che tale tripartizione sarebbe coerente con il riparto di competenze: invero, in una situazione di emergenza nazionale le scelte in merito alla gestione della crisi, inclusa la selezione dei diritti e delle libertà costituzionali da sacrificare, competono ragionevolmente allo Stato, avendo un’efficacia estesa a tutto il territorio nazionale52. Peraltro, il Codice della Protezione civile prevede che le ordinanze adottate per fronteggiare emergenze di carattere nazionale debbano essere precedute dall’intesa con le Regioni interessate53.
La dottrina54 ha segnalato pure che lo stato di emergenza nazionale giustificherebbe l’intervento statale anche in materie di competenza regionale, a condizione che lo stesso sia circoscritto al tempo e ai casi in cui è necessario provvedere tramite l’esercizio di poteri straordinari. La stessa dottrina, trae, quindi, la conclusione che l’incapacità di fronteggiare la crisi sanitaria con mezzi ordinari rappresenti il presupposto e, al contempo, il limite dell’intervento statale: pertanto, cessata l’emergenza o nell’eventualità che le Regioni siano in grado di dare una risposta adeguata alla crisi sanitaria, la normativa nazionale non troverebbe più una sua giustificazione, non potendosi estendere indefinitamente nel tempo e nello spazio.
Alla luce di tali considerazioni, la materia della protezione civile risulta, per così dire, “debole” a fondare la competenza legislativa statale nelle fasi recessive dell’emergenza, salvo a intendersi su che cosa sia l’emergenza. Poiché, com’è stato affermato dalla Corte costituzionale55, la gestione della crisi a livello statale è limitata al periodo compreso tra l’insorgere e il cessare della situazione di emergenza, v’è da chiedersi se essa perduri per tutto il tempo in cui è in vigore lo stato di emergenza, su delibera del Consiglio dei Ministri56, o se, invece, vada contenuta nel periodo in cui gli enti territoriali non sono in grado di fornire risposte efficaci, trattandosi di una materia, la protezione civile, di competenza concorrente, rispetto alla quale, dunque, le Regioni non andrebbero estromesse oltre il tempo strettamente necessario.
Non sembra casuale, pertanto, il tentativo che è stato fatto e da parte del Governo e da parte della magistratura amministrativa e ora anche costituzionale di ancorare la disciplina nazionale dell’emergenza a una materia più “solida”, qual è la profilassi internazionale.
5. Profilassi internazionale.
Per “profilassi” deve intendersi, genericamente, l’“insieme di norme e di metodi intesi a evitare o prevenire il diffondersi di malattie. In particolare, le norme e i provvedimenti che si devono adottare, collettivamente o da parte di singoli, per la difesa contro una determinata malattia, e la loro applicazione pratica”57. Essendo il Covid-19 una malattia che, a causa della sua rapida diffusione su scala globale, è stata dichiarata ufficialmente una pandemia58, non v’è dubbio che la materia della profilassi internazionale venga in rilievo59. La difficoltà concerne semmai l’esatta perimetrazione della stessa.
Alla predetta definizione sembrano potersi ricondurre non soltanto le vaccinazioni, sulle quali la Corte costituzionale ha già avuto modo di esprimersi positivamente60, ma anche le più diverse misure restrittive che sono state adottate per contenere e contrastare la diffusione del virus, ove se ne valorizzi la finalità.
Al pari della salute, dunque, anche la profilassi internazionale sembra estensibile sotto il profilo funzionale e, tuttavia, ivi la cautela dev’essere maggiore, perché, trattandosi di una materia riservata alla competenza legislativa esclusiva statale, ai sensi dell’art. 117 co. 2 lett. q) Cost., una sua eccessiva dilatazione causerebbe un sostanziale esautoramento delle Regioni e delle Province autonome. Se è vero che lo Stato ha vocazione unitaria e, quindi, pare più idoneo alla gestione complessiva dell’emergenza, è altresì vero che la diffusione del Covid-19 fin dai suoi inizi non è mai stata omogenea sul territorio nazionale. Si condividono, pertanto, le riflessioni della dottrina61 in merito alla necessità o, quantomeno, all’opportunità di una differenziazione su base regionale e locale.
Spia del fatto che la “partita” tra Stato e Regioni si giochi soprattutto sul riconoscimento di questa materia a fondamento delle misure di contenimento adottate dal Governo per gestire la crisi sanitaria è la progressiva valorizzazione della profilassi internazionale nelle premesse degli atti centrali, a cominciare del decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14, recante “Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza Covid-19”. Attraverso il richiamo dell’art. 117 co. 2 lett. q) Cost., il Governo sembra restringere gli spazi d’intervento degli enti territoriali, nel tentativo di accentrare la regolamentazione dell’emergenza pandemica, al dichiarato scopo di dare una risposta unitaria62.
Agli sforzi del Governo si aggiungono le pronunce giurisprudenziali, che, fin dalle prime battute, propendono per l’affermazione della prevalenza della norma statale sulle misure di contrasto al Covid-19 adottate dagli enti territoriali63.
6. Il “caso” Valle d’Aosta.
Tra i provvedimenti territoriali adottati nella gestione della pandemia si segnala, soprattutto, la legge regionale 9 dicembre 2020, n. 11, approvata dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta nel tentativo di fornire alle future ordinanze regionali e sindacali un fondamento giuridico diverso, e più ampio, rispetto alla normativa statale.
Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1, 2 e 4, l. 11 del 2020, il Presidente della Regione Valle d’Aosta può, infatti, adottare le misure utili a contrastare e a contenere la diffusione del virus sul territorio regionale, anche in difformità dalla normativa nazionale, così adattando le misure al territorio e alla realtà locale64.
In particolare, il Presidente della Regione, per regolare l’esercizio delle attività, può adottare le misure elencate all’art. 2 della legge in commento65, molte delle quali si segnalano per essere meno restrittive di quelle statali.
Il sistema previsto dalla Regione Valle d’Aosta sembra ricalcare quello statale non soltanto per l’introduzione di una “legge cornice”, che consente al Presidente della Giunta regionale di adottare specifiche misure limitative dei diritti mediante l’esercizio dei poteri di ordinanza dalla stessa attribuitigli, ma anche per la previsione, di cui all’art. 3 della legge in commento, di una “Unità di controllo e di coordinamento”, da istituirsi con Decreto presidenziale, che coadiuvi il Presidente della Regione e gli altri soggetti coinvolti nella gestione dell’emergenza.
Contestualmente alla pubblicazione della legge regionale, il Presidente della Regione Valle d’Aosta adotta l’ordinanza 11 dicembre 2020, n. 552, con cui sono introdotte specifiche misure per il territorio di riferimento in materia di spostamenti, sport e attività motoria, esercizi commerciali e servizi, ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande e attività ricettive, istruzione e formazione e pubblica amministrazione, con decorrenza dal 12 dicembre 2020.
Al di là dei contenuti specifici dell’atto, peraltro di segno restrittivo rispetto a quanto previsto dalla normativa statale, sebbene i dati forniti dalle Autorità Sanitarie in quel periodo evidenziassero un’evoluzione positiva della pandemia, colpisce più di ogni altro aspetto il mancato richiamo ai decreti-legge emanati dal Governo per fronteggiare la crisi epidemiologica, che, per ciò che qui interessa, limitano il potere d’ordinanza regionale e sindacale. Tra le premesse dell’atto, sono menzionati, invece, l’art. 32 Cost.; la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, con cui fu approvato lo Statuto speciale per la Regione Valle d’Aosta; le delibere del Consiglio dei Ministri, con cui il Governo ha dichiarato e prorogato lo stato di emergenza nazionale; la legge regionale 9 dicembre 2020, n. 1, a riprova che essa, e non la normativa nazionale, costituisce il fondamento di tale atto; il d.p.c.m. 3 dicembre 2020, n. 301, ove si prevede che le disposizioni introdotte si applichino anche alle Regioni a statuto speciale, nel rispetto dei rispettivi Statuti e delle relative norme di attuazione.
La risposta del Governo non si fa attendere. In un primo momento, il Presidente del Consiglio dei ministri tenta la via amministrativa, chiedendo al TAR Valle d’Aosta l’annullamento dell’ordinanza in discorso e, nelle more della decisione di merito, la sospensione in via cautelare, ai sensi dell’art. 55 c.p.a.66.
A seguito del rigetto dell’istanza cautelare67 e previa delibera da parte del Consiglio dei ministri, il Presidente del Consiglio impugna, quindi, l’intera legge regionale ai sensi dell’art. 127 Cost., lamentando, in particolare, la violazione del riparto di competenze, in riferimento all’art. 117 co. 2 lett. m), q) e h) Cost., avuto riguardo alle materie dei livelli essenziali delle prestazioni e della profilassi internazionale, e il co. 3 del medesimo articolo, rispetto ai principi fondamentali in materia di tutela della salute68.
Contestualmente, il Presidente del Consiglio chiede alla Corte costituzionale di sospendere in via cautelare l’intera legge impugnata, ai sensi dell’art. 35, l. 11 marzo 1953, n. 87.
La Regione Valle d’Aosta, costituitasi in data 7 gennaio 2021, eccepisce69 l’inammissibilità del ricorso e il rigetto dell’istanza cautelare, assumendo che il richiamo alle materie di profilassi internazionale e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni non sarebbe pertinente. Il resistente sostiene, altresì, che, ai sensi dell’art. 3 co. 2, d.l. 33 del 2020, le disposizioni dallo stesso recate siano applicabili alle Regioni speciali solo ove siano compatibili con i rispettivi Statuti e le relative norme di attuazione e che, a tal proposito, verrebbero in rilievo alcune competenze statutarie primarie70 e attuative-integrative,71 rispettivamente previste dagli artt. 2 e 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), nonché alcune competenze concorrenti e residuali, di cui all’art. 117 co. 372 e 473 Cost.
La Regione asserisce, inoltre, che la conformità delle misure territoriali a quelle statali sarebbe garantita dalle ordinanze adottate dal Presidente della Giunta.
Quanto all’istanza cautelare, il ricorrente ne chiede il rigetto per genericità e, in subordine, per mancanza dei presupposti, in specie del periculum in mora, in quanto la Regione Valle d’Aosta si troverebbe tra quelle in fascia “gialla” e che il pregiudizio sarebbe meramente potenziale, ben potendo essere eliminato dalle ordinanze regionali.
7. La prima ordinanza di sospensione della Corte costituzionale.
La Corte costituzionale, per la prima volta74 nella sua storia, ha accolto la richiesta di sospensione cautelare formulata dal Governo nel ricorso in via principale di cui all’art. 127 Cost.
Il potere inibitorio è previsto, a livello primario, dagli artt. 3575 e 4076 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nonché dagli artt. 21 e 26 delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale, adottate dalla medesima Corte nell’esercizio del proprio potere regolamentare, ai sensi dell’art. 22 co. 2, l. 87/1953.
Pur non trovando esplicito riconoscimento nella Carta costituzionale, in dottrina77 è stato osservato che tale potere avrebbe un fondamento indiretto nelle attribuzioni riconosciute alla Consulta nell’ambito del giudizio di legittimità in via principale78, essendo funzionale a garantire la piena tutela giurisdizionale nelle more dell’adozione della sentenza di merito79.
Dal canto suo, la Corte costituzionale, sebbene abbia sempre mostrato un atteggiamento di eccezionale prudenza nella decisione di sospendere una legge impugnata, non sembra avere mai messo in discussione la possibilità di farlo, al pari degli altri giudici, previa valutazione dei tradizionali presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora.
Al riguardo, va osservato che l’art. 35, l. 87/1953 non prevede espressamente il primo dei due requisiti appena richiamati, limitandosi a contemplare il “rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica ovvero il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per i diritti dei cittadini”80, ma la stessa Corte ritiene necessaria la sussistenza di entrambi81. Dal canto suo, la dottrina considera anche il fumus quale “criterio processuale generale tipico del giudizio cautelare secondo la previsione generale recata dall’art. 700 c.p.c., come chiarito dalla giurisprudenza civile e sulla base di quanto precisato per la giurisdizione amministrativa dall’art. 55, comma 9, del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”82.
Peraltro, attesa la stretta dipendenza dal giudizio in via principale, in analogia a quanto previsto per le altre giurisdizioni, si dovrebbe ritenere che la Consulta sia vincolata al petitum del ricorso principale. Conseguentemente, le sue valutazioni in merito alla sussistenza dei due presupposti del fumus e del periculum andrebbero circoscritte ai vizi di costituzionalità dedotti dal ricorrente83.
Nella questione di legittimità costituzionale sollevata dal Governo avverso la legge valdostana vengono in rilievo gli artt. 35 e 40, l. 87 del 1953 e l’art. 21 delle norme integrative, essendo la pronuncia della Consulta “sollecitata”84 dall’istanza formulata dall’Avvocatura generale dello Stato, la quale indica, tra i presupposti, le gravi ripercussioni per la salute pubblica che la normativa regionale potrebbe avere sull’intero territorio nazionale, anche in ragione della possibile emulazione da parte di altre Autonomie, con irreparabile pregiudizio all’ordinamento giuridico della Repubblica e alla gestione unitaria dell’emergenza.
La Corte, dopo avere riassunto le argomentazioni dell’Avvocatura generale dello Stato e le repliche della Regione Valle d’Aosta, dichiara di accogliere la “sollecitazione”85 del ricorrente e sospende l’intera legge, ravvisando la sussistenza sia del fumus che del periculum.
Quanto al primo, la Consulta ritiene che la legge valdostana si sovrapponga alla normativa statale in una materia, quella della profilassi internazionale, di esclusiva competenza statale, ai sensi dell’art. 117, co. 2, lett. q) Cost., così mostrando di considerare “di contenimento” tutte le misure variamente adottate nella gestione dell’emergenza.
Rispetto al periculum, invece, la Corte costituzionale considera la disciplina regionale in sé foriera del rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per la salute dei cittadini, in ragione del fatto di consentire l’adozione di misure meno rigorose rispetto a quelle previste dal Governo centrale, circostanza, questa, che potrebbe provocare un’accelerazione nella diffusione del contagio, con ricadute sull’intero territorio nazionale.
Alla luce di questo, la decisione della Corte costituzionale è quella di sospendere l’intera legge regionale e non soltanto alcune sue parti, ritenendo impossibile nella fase cautelare vagliare attentamente le singole disposizioni della normativa impugnata.
Si ha, dunque, una valorizzazione della materia “profilassi internazionale”, che di fatto determina un accentramento delle competenze legislative, sebbene la stessa Corte sottolinei come la gestione unitaria dell’emergenza86, in questa ordinanza elevata a interesse pubblico87, non sia preclusiva di diversificazioni regionali, con un richiamo espresso al principio della leale collaborazione.
Restano in ombra, invece, gli altri parametri costituzionali invocati dal ricorrente per fondare la propria competenza. È possibile che in questa fase la Corte costituzionale non abbia preso in considerazione le altre materie richiamate nel ricorso, ritenendo la sola profilassi internazionale sufficiente a dimostrare la sussistenza del fumus e, dunque, a fondare la competenza dello Stato.
I primi commentatori88 hanno osservato che la decisione di sospendere l’efficacia della legge regionale, attesa la cautela da sempre dimostrata dalla Corte costituzionale nell’esercitare tale potere, lascia intendere che la stessa fosse già orientata ad accogliere il ricorso nel merito. Nell’ordinanza, infatti, i giudici costituzionali non sembrano dubitare che le misure adottate per contenere la diffusione del virus rientrino nella materia della profilassi internazionale, ciò che di fatto determina l’attrazione della competenza legislativa in merito alla gestione dell’emergenza di Covid-19 interamente in capo allo Stato, lasciando alle Regioni e alle Province autonome soltanto lo spazio di un intervento in attuazione della normativa nazionale, senza alcuna possibilità di derogarvi.
8. La decisione nel merito della Corte costituzionale.
Com’era prevedibile, la Corte costituzionale, con sentenza 12 marzo 2021, n. 37, ha così parzialmente accolto il ricorso presentato dallo Stato, dichiarando l’illegittimità costituzionale di alcune parti della legge valdostana, in specie gli artt. 1, 2 e 4, co. 1, 2 e 3. Nella sentenza, la Corte fa il punto sul riparto delle competenze legislative nella gestione della pandemia e, senza entrare nel merito della legittimità dei d.p.c.m., afferma incidenter la conformità al disegno costituzionale del sistema delle fonti adottato per fronteggiare l’attuale crisi sanitaria.
La sentenza si apre con la disamina della legge regionale, ove si osserva che essa disciplina la gestione della crisi in difformità rispetto a quanto statuito a livello centrale, condizionando le attività all’osservanza delle misure introdotte in forza della legge medesima. In particolare, l’art. 2 individua una serie di attività comunque consentite, a condizione che siano svolte nel rispetto dei protocolli di sicurezza, alcuni dei quali stabiliti dal Presidente della Giunta con ordinanze. Altre attività, invece, parimenti ammesse, possono essere sospese dal Presidente della Regione per ragioni sanitarie. Ancora, quest’ultimo può stabilire quali eventi e manifestazioni possono svolgersi in deroga alla disciplina nazionale.
Dopo avere richiamato i motivi addotti dal ricorrente e la sospensione della legge impugnata, disposta in via cautelare con ordinanza 4 del 2021, la Corte costituzionale motiva sull’ammissibilità del ricorso, assumendo che lo stesso è esplicito nell’indicare l’oggetto e le relative censure, anche in punto di competenze statutarie.
Quanto all’interpretazione costituzionalmente conforme auspicata dalla Regione resistente, i giudici escludono che tale onere incomba sul Governo. Né ciò sarebbe possibile, in quanto le norme impugnate autorizzano lo svolgimento di alcune attività che sono vietate a livello nazionale; pertanto, si rende impossibile risolvere in via interpretativa tale antinomia.
Ciò che desta maggiore biasimo da parte della Corte, tuttavia, concerne la previsione di un meccanismo di recepimento da parte del Presidente della Giunta regionale, che consenta l’applicabilità sul territorio regionale di larga parte delle misure statali che risultino difformi dalla normativa valdostana, introducendo, di fatto, una disciplina territoriale autonoma della pandemia.
Tanto premesso, la Corte costituzionale conferma la prevalenza – verrebbe da dire quasi il “predominio” – della profilassi internazionale, materia che basta a fondare la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella gestione dell’emergenza sanitaria.
Segue una ricostruzione della normativa primaria in punto di riparto di competenze tra i diversi organi di governo.
Al riguardo, la Consulta richiama gli artt. 6 e 7, l. 833 del 1978, che affidano allo Stato la competenza in materie di profilassi internazionale e di profilassi delle malattie infettive e diffusive, per le quali siano previste l’obbligo della vaccinazione o della quarantena. Peraltro, la Corte, nell’evidenziare che la seconda delle due è stata delegata alle Regioni dalla stessa legge istitutiva del SSN, sottolinea la legittimità di un suo ri-accentramento, allorché sia imposto dall’esigenza di una disciplina unitaria “idonea a preservare l’uguaglianza delle persone nell’esercizio del fondamentale diritto alla salute e a tutelare contemporaneamente l’interesse della collettività”89.
Si rammenta, inoltre, l’art. 112 co. 3 lett. g), d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, che conferma le attribuzioni legislative statali in materia di profilassi delle epidemie di dimensioni nazionali e internazionali.
Non mancano i riferimenti all’art. 32, l. 833 del 1978; l’art. 117, d.lgs. 112 del 1998; all’art. 50, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali); e, da ultimo, al d.lgs. 2 gennaio 2018, n. 1 (Codice della protezione civile), per evidenziare come la diffusione dell’emergenza su tutto il territorio nazionale radichi nello Stato il potere decisionale.
Viene ripreso, poi, un argomento che già traspariva nell’ordinanza di sospensione, ossia l’“effetto a cascata” che l’adozione di una misura più permissiva su base locale potrebbe avere sulla diffusione del contagio non solo a livello nazionale, ma persino su scala globale90.
Per supportare l’affermazione circa l’idoneità del Governo alla gestione dell’emergenza da Covid-19, i giudici costituzionali richiamano incidenter il principio di sussidiarietà, di cui all’art. 118 Cost., sebbene la declaratoria d’incostituzionalità non si fondi su tale parametro, che si ritiene assorbito dal più pregnante art. 117 co. 2 lett. q) Cost. Nella sentenza si asserisce che al legislatore nazionale competono “non soltanto le misure di quarantena e le ulteriori restrizioni imposte alle attività quotidiane (…) ma anche l’approccio terapeutico; i criteri e le modalità di rilevamento del contagio tra la popolazione; le modalità di raccolta e di elaborazione dei dati; l’approvvigionamento di farmaci e vaccini, nonché i piani per la somministrazione di questi ultimi”91. Tale conclusione è necessitata dalla diffusione del contagio su scala nazionale e internazionale; ciò richiede una valutazione che tenga conto di tutti i profili, atteso che “le scelte compiute a titolo di profilassi internazionale si intrecciano le une con le altre, fino a disegnare un quadro che può aspirare alla razionalità, solo se i tratti che lo compongono sono frutto di un precedente indirizzo unitario”92.
Dopo avere ricostruito l’impianto legislativo vigente, la Corte costituzionale si sofferma sull’analisi della normativa che disciplina l’attuale emergenza, la quale presenta tratti così peculiari da giustificare l’adozione di risposte nuove, capaci di adattarsi prontamente alla repentina e imprevedibile evoluzione della crisi sanitaria. Senza entrare nel merito della natura giuridica e della legittimità dei d.p.c.m., la Consulta sembra ritenere congruente con il dettato costituzionale la sequenza normativa e amministrativa con cui Stato, Regioni ed enti locali hanno fornito risposte alla pandemia93.
Ciò che, invece, preme alla Corte sottolineare è che il legislatore regionale non può ricorrere alla potestà legislativa né per paralizzare gli effetti dei provvedimenti di necessità e di urgenza adottati dal Governo centrale94, né per rendere inapplicabile sul proprio territorio una legge statale95.
Tanto premesso, la Consulta conclude per l’incostituzionalità della normativa regionale, nelle parti in cui essa impone una gestione della crisi sanitaria autonoma e alternativa a quella nazionale, facente capo alle previsioni legislative e alle ordinanze del Presidente della Regione in luogo di quelle statali.
Invero, i giudici costituzionali non prendono in esame le misure concretamente adottate sul territorio nazionale e su quello regionale, ravvisando un contrasto tra le fonti primarie, attesa l’invasione della sfera di competenza esclusiva dello Stato nella materia della profilassi internazionale, che è “sottratta all’intervento del legislatore regionale”96. Nessuna Regione, dunque, neppure se dotata di autonomia speciale, può legiferare in materia per adattare la normativa statale alla realtà territoriale, salvo che sia stata preventivamente autorizzata dal legislatore nazionale e soltanto mediante l’esercizio di funzioni amministrative97.
Per quanto concerne la Regione Valle d’Aosta, in particolare, nessuna attribuzione statutaria può essere vantata. In tal senso, appare dirimente l’art. 36, l. 16 maggio 1978, n. 196, recante “Norme di attuazione dello Statuto speciale della Valle d’Aosta”, che sottrae la profilassi internazionale alle competenze statutarie. Tutte le altre materie richiamate dalla resistente, tra cui l’integrazione e l’attuazione in tema di igiene e sanità, l’assistenza ospedaliera e profilattica98, sono giudicate “recessive rispetto all’interesse prevalente di profilassi internazionale”99.
Pertanto, gli artt. 1, 2 e 4 co. 1 della legge impugnata sono dichiarati incostituzionali per un duplice ordine di motivi: essi, infatti, da un lato travalicano i limiti riservati al legislatore nazionale, dall’altro dispongono che ciò avvenga con legge, nonostante la preclusione di tale fonte ad opera della legislazione statale.
Conseguentemente, anche le disposizioni di cui all’art. 4 co. 2 e 3 della legge regionale impugnata sono ritenute incostituzionali, in ragione del richiamo alle attività di cui all’art. 2 della medesima legge.
Non sono fondate, invece, le questioni di legittimità costituzionale promosse avverso gli artt. 3 e 4, co. 4, 5, 6 e 7, nonché avverso l’art. 3 co. 1 lett. h) della legge impugnata, atteso che le attribuzioni sanitarie e di protezione civile ivi previste competono, in linea di principio, alla Regione, venendo in rilievo la competenza legislativa residuale in materia di coordinamento e organizzazione degli uffici100.
9. La pervasività della “profilassi internazionale” nella gestione dell’emergenza pandemica.
La motivazione della sentenza con cui la Consulta ha dichiarato la parziale incostituzionalità della legge valdostana si connota per la perentorietà con cui afferma la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella gestione della pandemia, “sottratta”, così si legge, “all’intervento del legislatore regionale”101.
È, infatti, ai sensi dell’art. 117 co. 2 lett. q) Cost. che i giudici rinvengono il fondamento dell’esclusività della legislazione statale, a conferma di quel trend giurisprudenziale inaugurato dal parere del Consiglio di Stato sul caso del Comune di Messina102 e ripreso, poi, anche dal giudice amministrativo calabrese103.
Riconoscere la prevalenza della profilassi internazionale significa, di fatto, ancorare la competenza in capo allo Stato, senza possibilità di alcuno scostamento da parte delle Regioni e delle Province autonome, salvi i casi espressamente previsti dalla normativa statale e solo, come più volte ribadito dalla Corte costituzionale, mediante l’esercizio delle funzioni amministrative.
Secondo l’interpretazione fornita dalla Consulta, alla profilassi internazionale vanno ricondotti tutti gli interventi posti in essere per fronteggiare l’epidemia di Covid-19, peraltro senza “scomodare” la categoria delle competenze “trasversali”. Invero, i giudici costituzionali ritengono che le misure adottate nella gestione della crisi sanitaria rientrano di per sé nella materia in discorso, essendo funzionalmente destinate a contrastare e a contenere il contagio. In tal senso, è piuttosto emblematico il passaggio in cui la Corte costituzionale asserisce che “le materie che ad avviso della difesa regionale vengono incise dalle norme statali (impianti a fune, trasporti, eccetera) non vengono in rilievo in quanto tali, ma in quanto relative a luoghi in cui può diffondersi il contagio epidemico”104.
Quanto al tema della leale collaborazione, pure richiamato in chiusura dell’ordinanza di sospensione, ove pare fungere da contrappeso alla compressione degli spazi di autonomia lasciati alle Regioni, va osservato quanto esso assuma scarso rilievo nella sentenza in discorso. Ivi, il principio è richiamato dai giudici per sostenere l’adeguatezza del coinvolgimento degli enti territoriali nell’adozione dei d.p.c.m., che, ai sensi dell’art. 2, d.l. 19 del 2020, devono essere preceduti dal parere dei Presidenti delle Regioni ovvero del Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, a seconda dell’ampiezza del territorio interessato dalle misure da adottarsi.
Non sono ammesse, invece, diversificazioni su base territoriale, all’infuori degli spazi d’intervento consentiti in via d’urgenza e per il tempo necessario ad aggiornare le previsioni nazionali alla curva epidemiologica da parte dello stesso legislatore statale.
Ancora, l’esercizio delle attribuzioni nelle materie di competenza concorrente, in specie della tutela della salute e della protezione civile, possono essere esercitate dalle Regioni soltanto “nei limiti in cui esse si inseriscono armonicamente nel quadro delle misure straordinarie adottate a livello nazionale”105.
Sembra, dunque, che la Corte costituzionale abbia sposato la logica dell’accentramento, addirittura in termini che paiono assoluti, nella misura in cui si preclude alle Regioni qualunque intervento legislativo in difformità rispetto alle prescrizioni statali, in disparte la questione se sia in bonam o in malam partem. Se, infatti, prima della recente pronuncia della Consulta sembrava opportuno interrogarsi sulla possibilità di operare un distinguo tra le due ipotesi, a fronte del chiaro dettato dei giudici costituzionali sembra, invece, non esserci alcuno spazio per una legislazione regionale in deroga alla normativa statale. Né lo Stato potrebbe autorizzare un simile intervento, non potendo una fonte di rango primario derogare al riparto di competenze sancito dalla Costituzione. Per tale motivo, infatti, sono ritenute costituzionalmente conformi le previsioni statali che consentono alle Regioni di derogare alla disciplina nazionale, purché ciò avvenga nel rispetto dei limiti tassativamente previsti dalla disciplina medesima e, soprattutto, mediante l’esercizio di poteri amministrativi.
All’esito di tale pronuncia, risulta evidente quanto la profilassi internazionale subisca un’estensione eccezionale che, se da un lato appare giustificata dall’esigenza di assicurare una risposta unitaria e coordinata alla crisi pandemica, al fine di evitare che interventi territoriali difformi vanifichino la strategia complessiva attuata dal centro, dall’altro riduce sensibilmente i confini delle altre materie, relegate a un ruolo ancillare e secondario, con conseguenti ricadute sulle sbiadite competenze di Regioni e Province autonome.
Senza voler entrare nel dibattito in merito all’opportunità, finanche alla doverosità, di una differenziazione su base territoriale, è fuor di dubbio che, per fronteggiare l’emergenza sanitaria da Covid-19, si debba procedere unitariamente, almeno per quanto concerne le strategie di fondo, al fine di non vanificare gli sforzi fatti per arginare la pandemia in atto. È evidente pressoché a tutti come i delicati equilibri raggiunti dopo mesi e mesi di limitazioni, restrizioni e costi, umani prima ancora che economici, potrebbero essere compromessi da istanze territoriali, con possibili ricadute sulle Regioni confinanti e, di conseguenza, sull’intero Paese.
Ciò nondimeno, non si dovrebbe negare un ruolo decisionale alle Regioni e agli enti locali, i più vicini ai cittadini e, dunque, ai loro bisogni, che senz’altro si rivelerebbe più efficace se esercitato in linea con le direttive statali. In questo senso, il Governo, nel prendere decisioni valevoli su tutto il territorio nazionale, dovrebbe tenere conto delle indicazioni provenienti dal basso, in quello spirito di leale collaborazione tra centro e periferia tanto auspicato, ma ancora troppo poco attuato.
1 Dottoressa magistrale in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Torino.
2 Ex multis, U. Allegretti e E. Balboni, Autonomismo e centralismo nella lotta contro la pandemia coronavirus, in Forum Quaderni Costituzionali, 1/2020, p. 536 ss.; M. Belletti, La confusione nel sistema delle fonti ai tempi della gestione dell’emergenza da Covid-19 mette a dura prova gerarchia e legalità, in Osservatorio Costituzionale, 3/2020, p. 174 ss.; M. Bignami, Le fonti del diritto tra legalità e legittimità nell’emergenza sanitaria, in Questione giustizia, 2/2020, p. 11 ss.; G. Boggero, Un decentramento confuso, ma necessario. Poteri di ordinanza di Regioni ed enti locali nell’emergenza da Covid-19, in questa Rivista p. 1 ss.; M. Cavino, Una prima lettura dei provvedimenti adottati dal Governo, in federalismi.it, in Osservatorio emergenza Covid-19, p. 1 ss.; F. Cintioli, Sul regime del “lockdown” in Italia (note sul decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020), in federalismi.it, p. 2 ss.; G. P. Dolso, Coronavirus: nota sulla dichiarazione dello stato di emergenza per rischio sanitario, in ambientediritto.it; V. Di Capua, Il nemico invisibile. La battaglia contro il Covid-19 divisa tra Stato e Regioni, in federalismi.it, p. 2 ss.; G. Di Cosimo e G. Menegus, L’emergenza Coronavirus tra Stato e Regioni: alla ricerca della leale collaborazione, in Biolaw Journal,special issue: 1/2020, p. 183 ss.; F. Furlan, Il potere di ordinanza dei Presidenti di Regione ai tempi di Covid19, in federalismi.it, 26/2020, p. 67 ss.; A. Lucarelli, Costituzione, fonti del diritto ed emergenza sanitaria, in Rivista AIC, 2/2020, p. 558 ss.; M. Luciani, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Rivista AIC, 2/2020, p. 109 ss.; C. Pinelli, Il precario assetto delle fonti impiegate nell’emergenza sanitaria e gli squilibrati rapporti fra Stato e Regioni, in Diritti comparati, 2/2020, p. 45 ss.; R. Ravì Pinto, Brevi considerazioni su stato d’emergenza e Stato costituzionale, in Biolaw Journal, specialissue 1/2020, p. 43 ss.; R. Romboli, L’incidenza della pandemia da Coronavirus nel sistema costituzionale italiano, in Consulta online, 3/2020, p. 513 ss.; A. Ruggeri, Il disordine delle fonti e la piramide rovesciata al tempo del Covid-19, in Consulta online, 3/2020, p. 684 ss.; G. Scaccia e C. D’Orazi, La concorrenza fra Stato e autonomie territoriali nella gestione della crisi sanitaria fra unitarietà e differenziazione, in Forum Quaderni Costituzionali, 3/2020, p. 108 ss.; M. A. Simonelli, Il Covid-19 e la gestione governativa dello stato di emergenza. Una riflessione a caldo, in lacostituzione.info
3 Si veda M. Luciani, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, cit., p. 113.
4 Cfr. C. Pinelli, Il precario assetto delle fonti impiegate nell’emergenza sanitaria e gli squilibrati rapporti fra Stato e Regioni, cit., p. 46. Si veda anche A. Lucarelli, Costituzione, fonti del diritto ed emergenza sanitaria, cit., p. 560, il quale rinviene il fondamento, oltre che nell’art. 32 Cost., anche nell’art. 77 Cost., dovendo il sistema delle fonti essere letto e interpretato alla luce dell’emergenza.
5 Sul punto, F. Cintioli, Sul regime del “lockdown” in Italia (note sul decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020), cit. p. 7; V. Di Capua, Il nemico invisibile. La battaglia contro il Covid-19 divisa tra Stato e Regioni, cit., p. 4; R. Romboli, L’incidenza della pandemia da Coronavirus nel sistema costituzionale italiano, cit., p. 516.
6 Cfr. M. Bignami, Le fonti del diritto tra legalità e legittimità nell’emergenza sanitaria, cit., p. 20; M. Cavino, Una prima lettura dei provvedimenti adottati dal Governo, cit., p. 7, il quale ritiene comprensibili le ragioni di accentramento e di speditezza che hanno indotto il Governo Conte ad adottare la disciplina di cui al d.l. 6 del 2020.
7 Sul punto, si veda A. Lucarelli, Costituzione, fonti del diritto ed emergenza sanitaria, cit., p. 582, secondo il quale il ricorso alla decretazione d’urgenza non sarebbe più giustificabile in caso di protrazione dell’emergenza sanitaria. Cfr. anche G. Scaccia e C. D’Orazi, La concorrenza fra Stato e autonomie territoriali nella gestione della crisi sanitaria fra unitarietà e differenziazione, cit., p. 115, ove si evidenzia la doverosa riespansione delle competenze locali compresse in ragione dell’emergenza, allorché le autonomie territoriali siano in grado di dare una risposta efficace alla crisi sanitaria.
8 In tal senso, A. Ruggeri, Il disordine delle fonti e la piramide rovesciata al tempo del Covid-19, in Consulta online, cit., p. 694. Cfr. anche C. Pinelli, Il precario assetto delle fonti impiegate nell’emergenza sanitaria e gli squilibrati rapporti fra Stato e Regioni, cit., pp. 50-51, che sposa in parte l’ipotesi di inadeguatezza delle normative di settore dettate per fronteggiare le situazioni di emergenza, in specie quelle sulla sanità e sulla protezione civile.
9 Cfr. M. Bignami, Le fonti del diritto tra legalità e legittimità nell’emergenza sanitaria, cit., p. 11.
10 Cfr. A. Ruggeri, Il disordine delle fonti e la piramide rovesciata al tempo del Covid-19, cit., p. 691.
11 Decreto legge 23 febbraio, n. 6.
12 Sul punto, si vedano M. Cavino, Una prima lettura dei provvedimenti adottati dal Governo, cit., p. 8; V. Di Capua, Il nemico invisibile. La battaglia contro il Covid-19 divisa tra Stato e Regioni, cit., p. 9, la quale ritiene inadeguato il d.l. 6 del 2020 a supportare la limitazione della libertà di circolazione, avendo previsto soltanto un divieto di allontanamento dal Comune o dall’area interessata dalle misure restrittive. Cfr. anche A. Lucarelli, Costituzione, fonti del diritto ed emergenza sanitaria, cit., p. 582, secondo il quale i dd.ll. 6 e 19 del 2020 sarebbero stati carenti nel dettare le norme di principio idonee a perimetrare i limiti posti alle libertà fondamentali, atteggiandosi impropriamente a fonte di delega.
13 Cfr. A. Lucarelli, Costituzione, fonti del diritto ed emergenza sanitaria, cit., p. 558 ss.
14 In tal senso, M. Belletti, La confusione nel sistema delle fonti ai tempi della gestione dell’emergenza da Covid-19 mette a dura prova gerarchia e legalità, cit., p. 192 ss.; F. Cintioli, Sul regime del “lockdown” in Italia (note sul decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020), cit., p. 19; V. Di Capua, Il nemico invisibile. La battaglia contro il Covid-19 divisa tra Stato e Regioni, cit., p. 26. Si veda, ancora, M. A. Simonelli, Il Covid-19 e la gestione governativa dello stato di emergenza. Una riflessione a caldo, cit., critico soprattutto nei confronti della normazione per d.p.c.m., che, di fatto, estromette il Parlamento dalle decisioni in merito alla gestione dell’emergenza, potendo il medesimo al più rifiutarsi di convertire il decreto legge su cui i d.p.c.m. si fondano, peraltro con ricadute pesanti sulla certezza del diritto.
15 Si vedano M. Belletti, La confusione nel sistema delle fonti ai tempi della gestione dell’emergenza da Covid-19 mette a dura prova gerarchia e legalità, cit., p. 196 ss.; G. Boggero, Un decentramento confuso, ma necessario. Poteri di ordinanza di Regioni ed enti locali nell’emergenza da Covid-19, cit., p. 1, che rimarca l’importanza di una differenziazione su base regionale, potendo dal basso prevenire risposte più adeguate alle esigenze di ciascun territorio ed eventualmente estensibili su tutto il territorio nazionale; V. Di Capua, Il nemico invisibile. La battaglia contro il Covid-19 divisa tra Stato e Regioni, cit., p. 10, la quale lamenta la mancata intesa con le Regioni nell’attivazione del potere sostitutivo di cui all’art. 120 co. 2, Cost.; G. Di Cosimo e G. Menegus, L’emergenza Coronavirus tra Stato e Regioni: alla ricerca della leale collaborazione, cit., p. 183 ss.; G. Scaccia e C. D’Orazi, La concorrenza fra Stato e autonomie territoriali nella gestione della crisi sanitaria fra unitarietà e differenziazione, cit., p. 117, che vedono nelle rivendicazioni regionali un sintomo della scarsa valorizzazione dei principi di leale collaborazione e di differenziazione. Contra, M. Bignami, Le fonti del diritto tra legalità e legittimità nell’emergenza sanitaria, cit., p. 12, secondo il quale le Regioni sarebbero addirittura risorte nella gestione della pandemia, sapendo imporsi quali “sostanziali co-decisori dei passaggi nodali della crisi”; C. Pinelli, Il precario assetto delle fonti impiegate nell’emergenza sanitaria e gli squilibrati rapporti fra Stato e Regioni, cit., p. 51, il quale lamenta una certa debolezza di reazione statale alle decisioni unilaterali di alcune Regioni.
16 Legge 9 dicembre 2020, n. 11, recante: “Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nelle attività sociali ed economiche della Regione autonoma Valle d’Aosta in relazione allo Stato di emergenza”.
17 C. cost., 14 gennaio 2021, n. 4.
18 C. cost., 12 marzo 2021, n. 37.
19 Cfr. M. Bignami, Le fonti del diritto tra legalità e legittimità nell’emergenza sanitaria, cit., p. 15 ss.; F. Cintioli, Sul regime del “lockdown” in Italia (note sul decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020), cit., p. 5 ss.; V. Di Capua, Il nemico invisibile. La battaglia contro il Covid-19 divisa tra Stato e Regioni, cit., p. 16; F. Furlan, Il potere di ordinanza dei Presidenti di Regione ai tempi di Covid19, cit., p. 67 ss.; M. Luciani, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, cit., p. 109 ss.; A. Lucarelli, Costituzione, fonti del diritto ed emergenza sanitaria, cit., p. 579 ss.; A. Romano, I rapporti tra ordinanza sanitarie regionali e atti statali normativi e regolamentari al tempo del Covid-19, in federalismi.it, p. 7 ss.; R. Romboli, L’incidenza della pandemia da Coronavirus nel sistema costituzionale italiano, cit., p. 533 ss.; A. Ruggeri, Il coronavirus, la sofferta tenuta dell’assetto istituzionale e la crisi palese, ormai endemica, del sistema delle fonti, in Consulta online, 1/2020, p. 217 ss.
20 Per una raccolta delle principali fonti del diritto adottate per fronteggiare l’emergenza pandemica si rinvia alla rubrica dell’Osservatorio sulle fonti, in www.osservatoriosullefonti.it/emergenza-Covid-19.
21 Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020.
22 Sul punto, M. Luciani, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, cit., p. 140, il quale afferma perentoriamente che la deliberazione dello stato di emergenza non autorizza a derogare alla Costituzione. Contra, R. Ravì Pinto, Brevi considerazioni su stato d’emergenza e Stato costituzionale, cit., p. 43 ss.
23 Cfr. A. Lucarelli, Costituzione, fonti del diritto ed emergenza sanitaria, cit., p. 561, secondo il quale gli atti adottati sulla base della decretazione d’urgenza dovrebbero essere “riconducibili e consequenziali alle fonti secundum ordinem, ovvero rispettose del principio gerarchico e del fondamento giuridico legittimante”. Si veda anche M. Luciani, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, cit., p. 137, il quale rimarca la necessità che ove si arrivi con gli strumenti ordinari non debbano aprirsi spazi per l’adozione di provvedimenti extra ordinem.
24 In tal senso, G. Boggero, Un decentramento confuso, ma necessario. Poteri di ordinanza di Regioni ed enti locali nell’emergenza da Covid-19, cit., p. 6, il quale osserva come le maglie del riparto competenziale sembrano essersi allargate nel tentativo di contenere l’avanzata del virus.
25 Sul punto, R. Romboli, L’incidenza della pandemia da Coronavirus nel sistema costituzionale italiano, cit., p. 532, il quale, nel rilevare come la nozione di “principio fondamentale” sia stata estesa progressivamente dalla giurisprudenza costituzionale, si richiama alle considerazioni svolte da G. Scaccia e C. D’Orazi, La concorrenza fra Stato e autonomie territoriali nella gestione della crisi sanitaria fra unitarietà e differenziazione, cit., p. 110 ss.
26 Sul tema e, in particolare, sulla sostituzione legislativa tramite lo strumento della decretazione d’urgenza, si veda M. Michetti, Titolo V e potere sostitutivo statale. Profili ricostruttivi ed applicativi, dirittifondamentali.it, 3/2020, p. 327 ss.
27 Sul punto, V. Di Capua, Il nemico invisibile. La battaglia contro il Covid-19 divisa tra Stato e Regioni, cit., pp. 4-5, la quale mette in luce come il primo dei decreti legge emanati per regolare l’emergenza pandemica, d.l. 6 del 2020, sia stato adottato dal Governo “all’esito di una mera consultazione con i rappresentanti delle Regioni interessate”, in luogo della più stringente intesa, ritenuta dalla giurisprudenza costituzionale una condizione di legittimità della chiamata in sussidiarietà. Cfr. anche A. Bartolini, #Torna il coprifuoco?# Alcune riflessioni sul #DPCM (Decreto Presidente Consiglio dei Ministri)# #coronavirus# dell’8 marzo 2020, in ridiam.it, che dubita della legittimità della chiamata in sussidiarietà da parte del Governo nella gestione dell’emergenza; G. Sobrino, Misure “anti- Covid” e Costituzione: il T.A.R. Calabria promuove “a pieni voti” il Governo ed esalta le esigenze di unità nella gestione dell’emergenza sanitaria (nota a T.A.R. Calabria, sez. I, 9 maggio 2020, n. 841), in Osservatorio costituzionale AIC, 5/2020, p. 203. Contra, G. Scaccia e C. D’Orazi, La concorrenza fra Stato e autonomie territoriali nella gestione della crisi sanitaria fra unitarietà e differenziazione, cit., p. 116, secondo il quale fin dal d.l. 6 del 2020 sarebbe stata prevista una, seppur limitata, partecipazione regionale al procedimento di adozione delle misure restrittive; lo stesso Autore sostiene inoltre, che il successivo d.l. 19 del 2020 avrebbe aggiunto “al modulo dell’intesa debole il potere di proposta regionale”. Sul tema, ancora, C. Pinelli, Il precario assetto delle fonti impiegate nell’emergenza sanitaria e gli squilibrati rapporti fra Stato e Regioni, cit., p. 51, che vede nella mancata attivazione del potere sostitutivo di cui all’art. 120 co. 2 Cost. un sintomo della debolezza dello Stato.
28 Secondo un’attenta dottrina gli artt. 2 e 3 co. 2 Cost. consentono una lettura aggiornata del diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost. Sul punto, R. Ferrara, Il diritto alla salute: i principi costituzionali, in Trattato di biodiritto. Salute e sanità, Giuffrè, Milano, 2010, p. 51 ss.
29 La dottrina ha osservato come nell’art. 32 Cost. venga in rilievo una dualità di posizioni, la salute come diritto soggettivo, a struttura individuale, e come interesse legittimo, a struttura meta-individuale. Sul punto, si veda, ancora una volta, R. Ferrara, Il diritto alla salute: i principi costituzionali, cit., p. 21, che parla efficacemente di un “Giano bifronte”, per mettere in luce la componente individuale e collettiva del diritto in esame.
30 R. Ferrara, Il diritto alla salute: i principi costituzionali, cit., p. 18.
31 Critico al riguardo C. Pinelli, Il precario assetato delle fonti impiegate nell’emergenza sanitaria e gli squilibrati rapporti fra Stato e Regioni, cit., p. 53, secondo il quale le difficoltà incontrate dagli organi centrali nel fronteggiare la pandemia sarebbero imputabili anche alla mancanza di strumenti operativi in capo allo Stato, il quale può soltanto legiferare in materia, essendo l’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari lasciata interamente alle Regioni.
32 Cfr. A. Romano, I rapporti tra ordinanza sanitarie regionali e atti statali normativi e regolamentari al tempo del Covid-19, cit., p. 8, che evidenzia il carattere sicuramente “trasversale” della normativa emergenziale, rispetto alla quale vengono indubbiamente in rilievo alcune competenze legislative esclusive dello Stato e, tuttavia, ciò non basterebbe ad ascrivere l’intera disciplina allo Stato.
33 Cfr. il parere reso dal Consiglio di Stato, sez. 1, 7 aprile 2020, n. 735, per l’avvio del procedimento di annullamento governativo, ai sensi dell’art. 138, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nei riguardi dell’ordinanza 5 aprile 2020, n. 105, adottata dal Sindaco di Messina. Tale provvedimento ha fatto molto discutere, in particolare per la previsione dell’obbligo di registrazione, almeno 48 ore, per coloro che arrivassero in Sicilia attraverso il porto di Messina. Per ciò che qui interessa, al considerato 8.5., si legge che: “In presenza di emergenze di carattere nazionale, dunque, pur nel rispetto delle autonomie costituzionalmente tutelate, vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali”. Pertanto, il giudice amministrativo considera opportuno il riconoscimento, da parte dell’art. 3 co. 1, d.l. 19 del 2020, di spazi d’intervento lasciati ai Presidenti delle Regioni e ai Sindaci, ma soltanto al ricorrere dei presupposti e delle condizioni richiamate. Sul tema, si vedano M. Midiri, Emergenza, diritti fondamentali, bisogno di tutela: le decisioni cautelari del giudice amministrativo, in dirittifondamentali.it, 2/2020, p. 68 ss.; A. Romano, I rapporti tra ordinanza sanitarie regionali e atti statali normativi e regolamentari al tempo del Covid-19, cit., p. 11.
34 In proposito, si veda C. cost., 26 giugno 2002, n. 282, nella quale si legge che i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale non costituiscono una “materia” in senso stretto, ma individuano una competenza del legislatore statale idonea a investire tutte le altre materie, rispetto alle quali il legislatore medesimo “deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che il legislatore regionale possa limitarle o condizionarle”.
35 Cfr. M. Bignami, Le fonti del diritto tra legalità e legittimità nell’emergenza sanitaria, cit., p. 16, secondo il quale l’interesse della salute, in virtù del criterio della prevalenza, segna la competenza statale a decidere, pertanto le autonomie “neppure potrebbero intervenire nell’esercizio delle vaste attribuzioni loro riconosciute in materie i cui oggetti sono intersecati dai provvedimenti di sanità”. Sul punto, si veda anche G. Boggero, Un decentramento confuso, ma necessario. Poteri di ordinanza di Regioni ed enti locali nell’emergenza da Covid-19, cit., p. 4, il quale evidenzia che il potere d’ordinanza è limitato alle materie di igiene e sanità pubblica, che, tuttavia, proprio per effetto dell’attuale contesto pandemico, subiscono una naturale dilatazione funzionale. Lo stesso Autore, peraltro, riflette sui limiti poco stringenti dettati dal d.l. 19 del 2020, che prevede, tra le misure adottabili dalle Regioni, disposizioni che si spingono ben oltre la materia in esame, e si domanda se ne esistano altri discendenti direttamente dalla Costituzione
36 Tra i diritti e le libertà sacrificati nel giudizio di bilanciamento richiesto al legislatore nazionale, si segnalano, in particolare, il diritto al lavoro (artt. 4 e 35 Cost.), la libertà personale (art. 13 Cost.), la libertà di circolazione e di soggiorno (art. 16 Cost.), la libertà di riunione (art. 17 Cost.), la libertà di culto (art. 19 Cost.), il diritto all’istruzione e alla cultura (art. 34 Cost.), la libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.).
37 Cfr. V. Di Capua, Il nemico invisibile. La battaglia contro il Covid-19 divisa tra Stato e Regioni, cit., p. 8, la quale sottolinea come la decisione del Governo di limitare la facoltà di godimento di alcuni diritti e libertà costituzionali sia stata considerata efficace dall’OMS nella lotta al virus.
38 Cfr. R. Romboli, L’incidenza della pandemia da Coronavirus nel sistema costituzionale italiano, cit., p. 536 ss., il quale ricorda la necessità che il bilanciamento vada effettuato “caso per caso, con riguardo alle specificità del momento e non in assoluto, una volta per tutte”, in quanto, a giudizio della Corte costituzionale, nessun diritto può considerarsi assoluto, pena la sua “tirannia” su tutti gli altri.
39 Si veda C. cost., 1 aprile 2003, n. 107, richiamata da M. Luciani, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, cit., p. 133, il quale ne valorizza l’importanza nella ricostruzione dei rapporti tra fonti statali e fonti regionali. Secondo l’Autore, infatti, le conclusioni della Consulta – che dichiarò l’incostituzionalità delle leggi regionali che avevano stabilito soglie massime di emissioni elettromagnetiche inferiori a quelle previste dalla legge statale, sull’assunto che “i limiti di esposizione in materia di inquinamento elettromagnetico, fissati dallo Stato, debbono ritenersi inderogabili dalle Regioni anche in melius”, essendo il risultato di un contemperamento tra plurimi interessi, facenti capo a diverse materie, talune di competenza esclusiva talaltre di competenza concorrente – sarebbero valevoli anche nel contesto attuale, segnato da gravi problemi sanitari, economici e sociali, che necessariamente richiedono una risposta statale uniforme su tutto il territorio nazionale.
40 Decreto legge 16 maggio 2020, n. 33, recante “Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19”, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74.
41 Sul punto, si veda F. Furlan, Il potere di ordinanza dei Presidenti di Regione ai tempi di Covid19, cit., pp. 87-88, che mette in luce come la valorizzazione delle competenze regionali e del principio di leale collaborazione sia, però, foriera di differenziazioni e di asimmetrie regionali di difficile comprensione per i cittadini e le imprese.
42 Decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, recante “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19”, convertito, con modificazioni, in l. 22 maggio 2020, n. 35.
43 Ai sensi dell’art. 3 co. 1 e 2, d.l. 19 del 2020, nelle more dell’adozione dei d.p.c.m, e con efficacia limitata fino a quel momento, “le Regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive”, tra quelle tipiche di cui al medesimo decreto, “esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale”. Ai Sindaci, invece, è fatto divieto di “adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali, né eccedendo i limiti” previsti per le ordinanze regionali.
44 A. Lucarelli, Costituzione, fonti del diritto ed emergenza sanitaria, cit., p. 580.
45 Il numero impressionante di ordinanze regionali e locali adottate nella prima fase dell’emergenza è stato favorito dalla sostanziale delega in bianco “alle autorità competenti” contenuta nel d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19”, convertito in l. 5 marzo 2020, n. 13, il cui art. 3 co. 2 ammetteva i Presidenti delle Regioni e i sindaci ad adottare, ai sensi dell’art. 32, l. 23 dicembre 1978, n. 833, dell’art. 117, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, e dell’art. 50, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, le misure tipiche e atipiche per contenere e contrastare la diffusione del virus. In posizione critica, V. Di Capua, Il nemico invisibile. La battaglia contro il Covid-19 divisa tra Stato e Regioni, cit., pp. 10-11, la quale lamenta la compromissione della gestione unitaria della crisi da parte delle autorità regionali e comunali, le cui ordinanze si sono sovrapposte ai provvedimenti nazionali, generando disordine, incertezza e caos.
46 Peraltro, com’è stato osservato in dottrina rispetto ai d.p.c.m., ma con un’argomentazione valevole anche per le ordinanze regionali e sindacali adottate ai sensi dell’art. 32, l. 833 del 1978, l’autorizzazione alla deroga delle leggi vigenti non comprende i decreti legge legittimanti. Cfr. M. Luciani, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, cit., pp. 123-124.
47 Cfr. R. Romboli, L’incidenza della pandemia da Coronavirus nel sistema costituzionale italiano, cit., p. 534, il quale, argomentando sulla costituzionalità delle ordinanze contingibili e urgenti, cui sono riconducibili le ordinanze adottate ai sensi dell’art. 32, l. 833 del 1978, richiama la giurisprudenza costituzionale che ha avuto modo di precisare come il legislatore nazionale non possa attribuire il potere d’ordinanza in materie coperte da riserva assoluta di legge, ma possa farlo soltanto allorché la riserva sia relativa e per il tramite di una legge “la quale deve comunque attribuire un potere amministrativo idoneo a derogare (ma non abrogare) la normativa primaria”.
48 Cfr. art. 1, l. 225 del 1992.
49 Ai sensi dell’art. 2, l. 225 del 1992, “Ai fini dell’attività di protezione civile gli eventi si distinguono in:
-
eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;
-
eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che per loro natura ed estensione comportano l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria;
-
calamità naturali o connesse con l’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo”.
50 Cfr. F. Di Lascio, La protezione civile nella legislazione successiva alla riforma del Titolo V, in astrid-online.it, p. 1 ss., la quale ricostruisce la progressiva valorizzazione delle amministrazioni regionali nelle funzioni di protezione civile, di cui si prevede una limitata partecipazione già nella l. 225 del 1992. L’Autrice evidenzia come, a seguito della riforma del Titolo V, il sistema di regolazione delle competenze legislative ripartite vada ripensato, secondo le parole della Corte costituzionale (cfr. C. cost., 1 ottobre 2020, n. 303; C. cost., 7 ottobre 2003, nn. 307 e 308), in termini di “concorrenza-collaborazione” piuttosto che di “concorrenza-separazione”.
51 Cfr. G. Scaccia e C. D’Orazi, La concorrenza fra Stato e autonomie territoriali nella gestione della crisi sanitaria fra unitarietà e differenziazione, cit., p. 113.
52 Cfr. R. Romboli, L’incidenza della pandemia da Coronavirus nel sistema costituzionale italiano, cit., p. 535.
53 Cfr. art. 25, d.lgs. 1 del 2018. Al riguardo, da più parti è stato lamentata, se non l’assenza, quantomeno la debolezza del coinvolgimento delle Autonomie territoriali. Sul punto, si vedano F. Cintioli, Sul regime del “lockdown” in Italia (note sul decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020), cit., p. 23; G. Di Cosimo e G. Menegus, L’emergenza Coronavirus tra Stato e Regioni: alla ricerca della leale collaborazione, cit. p. 2; G. P. Dolso, Coronavirus: nota sulla dichiarazione dello stato di emergenza per rischio sanitario, cit.; G. Scaccia e C. D’Orazi, La concorrenza fra Stato e autonomie territoriali nella gestione della crisi sanitaria fra unitarietà e differenziazione, p. 116 ss.; G. Sobrino, Misure “anti- Covid” e Costituzione: il T.A.R. Calabria promuove “a pieni voti” il Governo ed esalta le esigenze di unità nella gestione dell’emergenza sanitaria (nota a T.A.R. Calabria, sez. I, 9 maggio 2020, n. 841), cit., p. 203.
54 Ibidem.
55 Ex multis, la già citata C. cost., 1 ottobre 2003, n. 303; ancora, C. cost., 21 gennaio 2016, n. 1 e C. cost., 13 marzo 2019, n. 44.
56 Lo stato di emergenza nazionale, dichiarato per la prima volta dal Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’art. 24, d.lgs. 1 del 2018, in data 31 gennaio 2020 e inizialmente previsto per i successivi 6 mesi, è stato prorogato più volte nel corso dell’anno: con delibera del 29 luglio 2020, il Consiglio dei Ministri ha fissato il termine al 15 ottobre 2020; in data 7 ottobre 2020, il Consiglio dei Ministri ha deliberato una seconda proroga, con scadenza il 31 gennaio 2021. Da ultimo, con delibera del 13 gennaio 2021, il termine è stato indicato nel 30 aprile 2021.
57 La definizione è presa dall’enciclopedia Treccani.
58 La dichiarazione ufficiale risale all’11 marzo 2020, quando Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, afferma che: “In the days and weeks ahead, we expect to see the number of cases, the number of deaths, and the number of affected countries climb even higher. WHO has been assessing this outbreak around the clock and we are deeply concerned both by the alarming levels of spread and severity, and by the alarming levels of inaction. We have therefore made the assessment that Covid-19 can be characterized as a pandemic”. Il testo integrale è consultabile in rete, sia in lingua originale che nella versione tradotta, rispettivamente sul sito ufficiale della World Health Organization e su quello del Ministero della Salute.
59Contra A. Romano, I rapporti tra ordinanza sanitarie regionali e atti statali normativi e regolamentari al tempo del Covid-19, cit., p. 10, il quale ritiene che le misure di contenimento e di gestione della pandemia siano estranee alla profilassi internazionale, dall’Autore intesa come “l’insieme delle procedure mediche adottate a livello internazionale per prevenire l’insorgere e la diffusione di malattie”, essendo finalizzate, piuttosto, a prevenire il contagio e, dunque, pacificamente ascrivibili alla materia della tutela della salute.
60 Cfr. C. cost., 18 gennaio 2018, n. 5; C. cost., 6 giugno 2019, n. 137; C. cost., 23 giugno 2020. Per una compiuta rassegna giurisprudenziale, si vedano G. Scaccia e C. D’Orazi, La concorrenza fra Stato e autonomie territoriali nella gestione della crisi sanitaria fra unitarietà e differenziazione, p. 111 ss.; G. Sobrino, Misure “anti- Covid” e Costituzione: il T.A.R. Calabria promuove “a pieni voti” il Governo ed esalta le esigenze di unità nella gestione dell’emergenza sanitaria (nota a T.A.R. Calabria, sez. I, 9 maggio 2020, n. 841), cit., p. 202.
61 Sul punto, si veda U. Allegretti e E. Balboni, Autonomismo e centralismo nella lotta contro la pandemia coronavirus, cit., p. 536 ss., in in part. p. 539, ove si segnala che il principio di differenziazione potrebbe favorire l’adozione di più efficaci risposte di contrasto e di contenimento del contagio. L’argomento è introdotto anche da G. Boggero, Un decentramento confuso, ma necessario. Poteri di ordinanza di Regioni ed enti locali nell’emergenza da Covid-19, cit., p. 2. Cfr., ancora, M. Belletti, La confusione nel sistema delle fonti ai tempi della gestione dell’emergenza da Covid-19 mette a dura prova gerarchia e legalità, cit., p. 196; G. Scaccia e C. D’Orazi, La concorrenza fra Stato e autonomie territoriali nella gestione della crisi sanitaria fra unitarietà e differenziazione, p. 111 ss. Contra, V. Di Capua, Il nemico invisibile. La battaglia contro il Covid-19 divisa tra Stato e Regioni, cit., p. 10 ss.; A.Lucarelli, Costituzione, fonti del diritto ed emergenza sanitaria, cit., p. 578 ss.; C. Pinelli, Il precario assetto delle fonti impiegate nell’emergenza sanitaria e gli squilibrati rapporti fra Stato e Regioni, cit. pp. 52-53.
62 In tal senso, A. Romano, I rapporti tra ordinanza sanitarie regionali e atti statali normativi e regolamentari al tempo del Covid-19, cit., p. 8, critico nei confronti dell’accentramento della produzione normativa, come risultato di un’enfatizzazione delle materie di competenza legislativa statale, tra le quali la salute, i cui principi fondamentali sono riservati allo Stato, i livelli essenziali delle prestazioni e la profilassi internazionale, ai sensi dell’art. 117 co. 2 lett. m) e q) Cost.
63 Per una rassegna sulle prime applicazioni giurisprudenziali, cfr. A. Romano, I rapporti tra ordinanza sanitarie regionali e atti statali normativi e regolamentari al tempo del Covid-19, cit., p. 14 ss., in part. p. 16, in merito alla sentenza Tar Catanzaro, 9 maggio 2020, n. 841; R. Romboli, L’incidenza della pandemia da Coronavirus nel sistema costituzionale italiano, cit., p. 535. Sulla vicenda calabrese, si veda l’ampia ricostruzione fornita da G. Sobrino, Misure “anti- Covid” e Costituzione: il T.A.R. Calabria promuove “a pieni voti” il Governo ed esalta le esigenze di unità nella gestione dell’emergenza sanitaria (nota a T.A.R. Calabria, sez. I, 9 maggio 2020, n. 841), cit., p. 185 ss. Ancora, cfr. il parere reso dal Consiglio di Stato, sez. 1, 7 aprile 2020, n. 735, già richiamato in nt. 33, che ritiene illegittima l’ordinanza 5 aprile 2020, n. 105, adottata dal Sindaco di Messina, lamentando, in specie, la violazione delle competenze legislative esclusive statali nelle materie di ordine e sicurezza pubblici, nonché nella materia della profilassi internazionale di cui all’art. 117 co. 2 lett. q) Cost.
64 Comunicato stampa della Giunta regionale Valle d’Aosta, 11 dicembre 2020.
65 Si veda l’elenco contenuto nell’art. 2, l. 11/2020 e, in particolare, i commi 4, 6, 7, 9, 11, 12, 13, 14, 15, 18 e 25, relativi all’obbligo di adottare i dispositivi medici di protezione soltanto nei casi in cui vi sia il rischio di incontrare persone non conviventi; all’attività motoria e sportiva; all’agricoltura, alla pesca e all’allevamento; agli eventi e alle manifestazioni, anche religiose; alle attività economiche in generale e, in particolare, alle attività commerciali; alle attività inerenti ai servizi alla persona e ai servizi di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande; alle attività artistiche e culturali, inclusi musei, biblioteche e oratori; alle strutture ricettive e alle attività turistiche; agli impianti sciistici; ai servizi educativi per l’infanzia e alle istituzioni di formazione primaria, secondaria, superiore e universitaria; e, da ultimo, alle procedure concorsuali pubbliche e private.
66 Sul punto, si veda G. Cicchetti, Sospensione delle leggi e normativa emergenziale: l’ord. 4/2021 della Corte costituzionale, in iusinitinere.it, p. 7 ss., il quale ricostruisce la vicenda giurisprudenziale.
67 Cfr. Tar Aosta, Sez. unica, 18 dicembre 2020, n. 41, che, nel rigettare la domanda cautelare, accenna alla possibilità di esperire il rimedio cautelare in caso di ricorso alla Corte costituzionale avverso la legge regionale sulla quale si fonda l’adozione dell’ordinanza in esame. Secondo il Presidente del Tar Aosta, Silvia La Guardia, “il provvedimento è attuativo di una Legge regionale in ordine alla quale il Governo non ha ancora deliberato l’impugnativa” e “in caso di ricorso alla Corte costituzionale è possibile il rimedio cautelare in quella sede, atteso che l’ordinanza impugnata prescrive limitazioni più stringenti della normativa, verosimilmente di dubbia costituzionalità, di fatto in vigore nella Regione”. Le parole virgolettate sono prese dal sito dell’Ansa.
68 Gli altri parametri costituzionali invocati dal ricorrente sono l’art. 25 co. 2, rispetto alla previsione contenuta nell’art. 2 co. 23, l.r. impugnata, che ha introdotto sanzioni non sufficientemente specifiche e determinate; l’art. 118, in merito alla violazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza; l’art. 120, in particolare il co. 2, che fonda il potere sostitutivo del Governo sulla necessità di garantire “la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”, nonché, infine, il principio di leale collaborazione.
69 Le argomentazioni sono dedotte dalla sospensiva disposta dalla Corte costituzionale con ord. 14 gennaio 2021, n. 4.
70 In particolare, sono indicate le competenze di cui all’art. 2 co. 1 lett. d), h), p), q), r), s), t) e u), Statuto speciale, relative a: agricoltura e foreste, zootecnica, flora e fauna; trasporti su funivie e linee automobilistiche locali; artigianato; industria alberghiera, turismo e tutela del paesaggio; istruzione tecnico-professionale; biblioteche e musei di enti locali; fiere e mercati; ordinamento delle guide, scuole di sci e dei portatori alpini.
71 Si veda l’art. 3 co. 1 lett. a), g), l) e m), Statuto speciale, concernenti: industria e commercio; istruzione materna, elementare e media; igiene e sanità, assistenza ospedaliera e profilattica; antichità e belle arti.
72 Tra le materie di competenza concorrente sono citate la tutela della salute, l’istruzione, l’ordinamento sportivo, la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e la promozione e l’organizzazione delle attività culturali.
73 La Regione Valle d’Aosta nomina, infine, tra le materie residuali, il commercio e il trasporto pubblico locale.
74 In passato, la Corte costituzionale, benché sollecitata più volte nell’esercizio del suo potere inibitorio, si è espressa raramente al riguardo; più numerosi sono i casi di “sfumata” o “mancata considerazione”. La casistica è ampiamente riportata in P. Vipiana, Osservazioni critiche sulla prassi relativa al potere di sospensiva delle leggi nei giudizi di costituzionalità in via principale, in Istituzioni del federalismo, 5-6/2010, p. 567 ss. Cfr. anche G. Cicchetti, Sospensione delle leggi e normativa emergenziale: l’ord. 4/2021 della Corte costituzionale, cit., pp. 4-5, il quale menziona ordd. 8 aprile 2004, nn. 116, 117, 118 e 119, nelle quali la Consulta ha preso atto della rinuncia delle parti all’immediata decisione in sede cautelare; ord. 22 giugno 2006, n. 245, con la quale la Suprema Corte ha dichiarato il non luogo a provvedere; ord. 18 marzo 2010, n. 107, ove la Consulta si è pronunciata per la prima volta nel merito, rigettando la richiesta; ordd. 10 ottobre 2014, n. 233 e 27 giugno 2012, n. 160, nelle quali i giudici costituzionali hanno preso atto della rinuncia alla domanda cautelare a seguito rispettivamente di modifiche e di abrogazione della legge impugnata da parte delle Regioni resistenti. Sull’unica pronuncia nel merito della Corte costituzionale, si vedano, ancora, i contributi di A. Vuolo, Crollo di un altro antico feticcio (Nota a ordinanza n. 107/2010 della Corte costituzionale), in Forum Quaderni Costituzionali, 2010, p. 1 ss.; P. Vipiana, La prima pronuncia della Corte costituzionale sul merito di un’istanza di sospensiva delle leggi, in Forum Quaderni Costituzionali, 2010, p. 1 ss.
75 Ai sensi dell’art. 35, l. 11 marzo 1953, n. 87, come modificato dall’art. 9 co. 4, l. 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge La Loggia), “Quando è promossa una questione di legittimità costituzionale ai sensi degli articoli 31, 32 e 33, la Corte costituzionale fissa l’udienza di discussione del ricorso entro novanta giorni dal deposito dello stesso. Qualora la Corte ritenga che l’esecuzione dell’atto impugnato o di parti di esso possa comportare il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini, trascorso il termine di cui all’articolo 25, d’ufficio può adottare i provvedimenti di cui all’articolo 40. In tal caso l’udienza di discussione è fissata entro i successivi trenta giorni e il dispositivo della sentenza è depositato entro quindici giorni dall’udienza di discussione”.
76 Ai sensi dell’art. 40, l. 11 marzo 1953, n. 87, “L’esecuzione degli atti che hanno dato luogo al conflitto di attribuzione fra Stato e Regione ovvero tra Regioni può essere, in pendenza del giudizio, sospesa per gravi ragioni, con ordinanza motivata, dalla Corte”.
77 Il dibattito in merito al fondamento costituzionale del potere sospensivo della Corte costituzionale è illustrato ampiamente da P. Vipiana, Il potere di sospensiva delle leggi nell’ordinamento costituzionale italiano, Cedam, Padova, 2008, p. 46 ss.
78 Cfr. R. Dickmann, Il potere della Corte costituzionale di sospendere in via cautelare l’efficacia delle leggi (Osservazioni a margine di Corte cost., ord. 14 gennaio 2021, n. 4), in federalismi.it, 4/2021, p. 122, il quale esclude l’estensibilità del potere di sospensione cautelare nei giudizi di legittimità in via incidentale, trattandosi di una previsione avente natura eccezionale.
79 Si veda M. Salvago, Il potere cautelare della Corte costituzionale nel giudizio in via d’azione, in federalismi.it, 3/2010, p. 1 ss.
80 Parzialmente diverso pare l’ambito applicativo del giudizio cautelare sospensivo in caso di conflitto di attribuzione, di cui all’art. 134 Cost. Ai sensi dell’art. 40, l. 11 marzo 1953, n. 87, infatti, l’esecuzione degli atti che hanno dato luogo al conflitto di attribuzione può essere sospesa, nelle more del giudizio di merito, “per gravi ragioni”, formula evidentemente più ampia di quella contemplata dall’art. 35 della medesima legge. La dottrina ha messo in luce la distanza tra i due articoli ivi menzionati: cfr. R. Dickmann, Il potere della Corte costituzionale di sospendere in via cautelare l’efficacia delle leggi (Osservazioni a margine di Corte cost., ord. 14 gennaio 2021, n. 4), cit., p. 123.
81 Sul punto, si veda C. cost., 22 giugno 2006, n. 245, nella quale la Suprema Corte lamenta l’omissione da parte della ricorrente di argomenti a sostegno della richiesta di sospensiva, avendo la stessa “prospettato in maniera sostanzialmente assertiva la sussistenza dei relativi presupposti”, al plurale. La stessa Corte ha poi esplicitamente affermato che il potere cautelare di cui si discute debba essere esercitato “in conformità ai principi generali che disciplinano la tutela in via d’urgenza” e, dunque, al ricorrere tanto del periculum quanto del fumus: in tal senso, C. cost., 18 marzo 2010, n. 107.
82 R. Dickmann, Il potere della Corte costituzionale di sospendere in via cautelare l’efficacia delle leggi (Osservazioni a margine di Corte cost., ord. 14 gennaio 2021, n. 4), cit., p. 122.
83 Ivi, p. 124.
84 La Consulta ha sempre mostrato di considerare l’istanza cautelare una mera sollecitazione dell’esercizio del potere inibitorio, che resta officioso, ai sensi dell’art. 35, l. 87 del 1953, anche dopo l’introduzione dell’art. 21 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, che ammette la possibilità per il ricorrente di avanzare un’istanza cautelare senza obbligo, per la Corte, di provvedere. In tal senso, si sono espressi i giudizi nella citata ord. 245 del 2006, che hanno parlato esplicitamente di “sollecitazione” e, da ultimo, nell’ord. 4 del 2020 in commento.
85 La Corte costituzionale a conferma di quanto detto nella nt. precedente.
86 Già il Cons. St., nel parere più volte citato, reso nell’ambito del procedimento di annullamento dell’ordinanza adottata dal Sindaco di Messina, ha sottolineato la necessità di una gestione unitaria dell’emergenza “per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza”.
87 Sul punto, si veda G. Cicchetti, Sospensione delle leggi e normativa emergenziale: l’ord. 4/2021 della Corte costituzionale, in iusinitinere.it, p. 10.
88 Cfr. R. Dickmann, Il potere della Corte costituzionale di sospendere in via cautelare l’efficacia delle leggi (Osservazioni a margine di Corte cost., ord. 14 gennaio 2021, n. 4), cit., p. 124. In tal senso, anche le molte notizie pubblicate in rete: L. Miella, Valle d’Aosta, altolà della Consulta alle Regioni: sul Covid decide solo Roma, in Repubblica.it.
89 Punto 7.1. del Considerato in diritto, ove la Corte costituzionale richiama alcuni suoi precedenti, in particolare: C. cost., 26 giugno 2002, n. 282; C. cost. 14 novembre 2003, n. 338; C. cost. 12 luglio 2017, n. 169.
90 Al riguardo, l’ordinanza di sospensione ha circoscritto i rilievi alle possibili ricadute su scala nazionale. Nella sentenza in discorso, invece, le riflessioni si ampliano fino a coinvolgere la trasmissibilità della malattia e la tenuta delle misure di contrasto e di contenimento attuate a livello internazionale.
91 Punto 7.1. del Considerato in diritto, ove i giudici costituzionali sembrano rivolgere un monito a tutte le Regioni, affinché, nella somministrazione dei vaccini, non rivendichino spazi di autonomia decisionale, essendo a essi precluso uno scostamento dai criteri fissati dalla normativa statale.
92 Ibidem.
93 Cfr. punto 9 del Considerato in diritto, ove la Corte costituzionale pare ammettere, incidenter, che il modello proposto nella gestione della pandemia, sebbene difforme da quello offerto dalla legislazione vigente, costituisca comunque un’attuazione del disegno costituzionale.
94 Cfr. punto 8.1. del Considerato in diritto, ove la Consulta richiama un proprio precedente: C. cost., 14 luglio 2006, n. 284.
95 Cfr. punto 9.1. del Considerato in diritto, ove la Corte costituzionale, citando un proprio precedente, esclude che lo Stato e le Regioni possano risolvere eventuali conflitti tra i loro atti legislativi mediante proprie disposizioni di legge. Sul punto, si veda C. cost., 28 giugno 2004, n. 198.
96 Punto 10 del Considerato in diritto.
97 Cfr. punto 12.1 del Considerato in diritto, ove si afferma che: “Ciò che la legge statale permette (…) non è una politica regionale autonoma sulla pandemia, quand’anche di carattere più stringente rispetto a quella statale, ma la sola disciplina (restrittiva o ampliativa che sia) che si dovesse imporre per ragioni manifestatesi dopo l’adozione di un d.P.C.m. e prima che sia assunto quello successivo”. La Corte costituzionale rammenta, poi, che “ciò può accadere per mezzo di atti amministrativi (…) e non grazie all’attività legislativa regionale”.
98 In proposito, viene richiamato l’art. 10, l.c. 18 ottobre 2001, n. 3, essendo l’art. 117 co. 3 Cost. più favorevole della previsione contenuta nell’art. 3 lett. l) dello Statuto.
99 Punto 11 del Considerato in diritto.
100 Cfr. C. cost., 26 novembre 2020, n. 250.
101 Punto 10 del Considerato in diritto.
102 Cfr. Consiglio di Stato, sez. 1, 7 aprile 2020, n. 735, già richiamato nel testo.
103 Cfr. T.A.R. Calabria, sez. I, 9 maggio 2020, n. 841, richiamato in nt. 63.
104 Punto 11 del Considerato in diritto.
105 Punto 7.1. del Considerato in diritto.