La legge regionale sul ricalcolo dei vitalizi degli ex consiglieri regionali piemontesi, tra equilibri di bilancio e(ri)bilanciamento di diritti
Luca Imarisio[1]
Con la legge regionale del 25 settembre 2019, n. 21, la Regione Piemonte, in attuazione delle disposizioni della legge di bilancio 2019 (l. 30 dicembre 2018, n. 145) e in conformità a quanto deliberato in sede di Conferenza Stato, regioni e provincie autonome il 3 aprile 2019, ha disposto la rideterminazione dei vitalizi percepiti dagli ex consiglieri regionali piemontesi secondo un sistema di calcolo a base contributiva. Il presente lavoro svolge alcune considerazioni circa il complessivo percorso che ha condotto a tale esito, sulla natura del bilanciamento tra contrapposti diritti che tale scelta implica (come ricostruito anche dalla giurisprudenza costituzionale) e sugli orientamenti di politica del diritto individuabili quali suoi presupposti.
1. Il percorso.
Il tema della ridefinizione delle modalità di calcolo, della rideterminazione quantitativa e dello stesso mutamento di natura giuridica dei trattamenti di quiescenza degli ex titolari di cariche elettive presso il Parlamento e presso i Consigli regionali anima da tempo il confronto politico. Come noto, il sistema di determinazione dei trattamenti pensionistici degli ex parlamentari, già configurato nella forma del vitalizio, commisurato dunque a parametri meramente retributivi e slegato dal versamento effettivo di contributi (e conseguentemente dalla costituzione del relativo montante), si è originato storicamente quale strumento volto a garantire una sostanziale eguaglianza di opportunità (ed un’eguale libertà) nell’esercizio dell’elettorato passivo e nello svolgimento del mandato parlemantare. Tale istituto è tuttavia risultato col tempo, dapprima oggetto di rilievi critici in relazione alla sua fonte (non legislativa ma regolamentare-parlamentare[2]) quindi, anche in ragione del suo ammontare, percepito (rappresentato e percepito) come un indebito e non più tollerabile privilegio. Conseguentemente, gli organi parlamentari hanno provveduto dapprima alla riforma dei criteri di determinazione dei futuri trattamenti di quiescenza dei titolari di mandato parlamentare e successivamente[3] alla stessa rideterminazione retroattiva dei vitalizi già in essere[4]. In tale percorso risultano sono state evidenziate diversi profili di potenziale criticità, riconducibili ad esempio alla scelta dello strumento normativo di intervento[5], al carattere comunque fittizio e “virtuale” del modello di computo contributivo delineato[6] sino alla stessa ragionevolezza dei nuovi equilibri ricostruiti retroattivamente tra esigenze di razionalizzazione della spesa, di equità nella determinazione dei trattamenti pensionistici e di tutela del legittimo affidamento in relazione a diritti soggettivi acquisiti[7]. Deve d’altra parte darsi conto della circostanza per cui i ricorsi presentati contro tale intervento normativo da alcuni ex parlamentari percettori del vitalizio oggetto di rideterminazione retroattiva, sono stati giudicati non ammissibili dalla Corte di Cassazione[8], la quale pare avere lasciato socchiuso, quale unico spiraglio di ulteriore intervento di natura giurisdizionale sul punto, quello di una pronuncia del giudice Costituzionale nell’eventualità di una questione sollevata dagli stessi organi di autodichia delle Camere.
Il profilo che in questa sede più direttamente rileva risulta peraltro la successiva previsione[9], all’interno della legge di bilancio per il 2019[10], di una normativa in base alla quale le regioni e le province autonome sono state chiamate a riformare la disciplina dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi già in essere in favore di coloro che abbiano ricoperto la carica di presidente della regione, di consigliere regionale o di assessore regionale: si prevede, in particolare, che i criteri e i parametri per la rideterminazione dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi spettanti agli ex consiglieri siano deliberati con intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome entro il 31 marzo 2019 e che in caso di mancato adeguamento delle normative regionali entro i termini prescritti[11], alla regione non adempiente non venga erogata una quota pari al 20 per cento dei trasferimenti erariali ad essa spettanti (con esclusione di quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e del trasporto pubblico locale). Sul rispetto di tale normativa è chiamato a vigilare il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, al quale le regioni sono tenute a trasmettere la documentazione attestante il rispetto della normativa e che, in caso di inadempimenti, si prevede trasmetta al Ministero dell’economia e delle finanze l’elenco delle regioni nei cui confronti eseguire la prevista riduzione lineare dei trasferimenti.
Successivamente la Conferenza Stato regioni e province autonome ha raggiunto,il 3 aprile 2019,la prevista intesa[12], prevedendo inoltre per le regioni la facoltà di approvare un ulteriore documento di indirizzo al fine di evitare disomogeneità nell’applicazione dell’intesa e disponendo che a decorrere dalla data di applicazione della rideterminazione cessino di avere efficacia le eventuali disposizioni che, a livello regionale, prevedano riduzioni temporanee degli assegni vitalizi in essere. La nota metodologica convenuta per il ricalcolo degli assegni vitalizi prevede, infine, che la rideterminazione avvenga sulla base di un metodo di calcolo a base contributiva. L’ulteriore documento di indirizzo elaborato dalla Conferenza sempre il 3 aprile 2019 ha poi previsto che, al fine di tutelare i principi di proporzionalità, ragionevolezza e di tutela dell’affidamento, l’assegno rideterminato non possa comunque essere inferiore all’importo ottenuto applicando all’assegno vitalizio spettante in base alla previgente normativa le aliquote stabilite da una apposita Tabella allegata al documento[13].
2. La disciplina dettata dalla legge regionale piemontese n. 21 del 25 settembre 2019.
Nel contesto della regione Piemonte il tema della rideterminazione degli assegni vitalizi corrisposti agli ex componenti del Consiglio regionale a partire dal 1972[14]aveva già trovato un’espressione normativa nella legge regionale n. 25 del 28 dicembre 2011, che aveva disposto la soppressione, a decorrere dalla X legislatura consiliare, dell’assegno vitalizio su base retributiva, prevedendo, inoltre, un contributo di solidarietà a carico dei percettori dei pregressi vitalizi. Successivamente, la legge regionale n. 21 del 15 dicembre 2014 prorogava il regime “transitorio” sino al 31 dicembre 2019 e rimodulava le riduzioni dei vitalizi secondo nuovi parametri[15]. Contro tale normativa hanno presentato ricorso presso il tribunale di Torino 39 ex consiglieri regionali: tale ricorso è stato respinto dal Tribunale di Torino – Sezione Lavoro, con sentenza n. 2399/2017 pubblicata il 14 febbraio 2018, come pure respinti sono risultati i ricorsi in appello avverso tale decisione[16].
A seguito della successiva adozione della descritta normativa nazionale volta a indurre, in tutte le regioni, il passaggio ad un metodo di calcolo a base contributiva per i vitalizi degli ex consiglieri, la regione Piemonte, avvalendosi della prevista facoltà di differimento legata allo svolgimento delle elezioni regionali il 26 maggio 2019[17], ha adottato la legge n. 21 del 25 settembre 2019. Stante il carattere assai analitico delle prescrizioni risultanti dalla sequenza Legge di bilancio 2019-Intesa in Sede di Conferenza Stato Regioni e province autonome –Documento di Indirizzo, la normativa approvata dal Consiglio regionale piemontese[18] ha avuto la natura se non di una novazione della fonte della disciplina stessa, certamente di una legge di sostanziale ratifica e recepimento di una disciplina definita attraverso procedure deliberative alle quali la regione Piemonte ha concorso essenzialmente attraverso il proprio esecutivo: sono dunque risultati atti di soft law, alla cui definizione cui ha concorso l’esecutivo regionale,rappresentati dalle intese raggiunte in sede di conferenza Stato regioni e province autonome (e dai conseguenti “indirizzi comuni”) a definire gli aspetti sostanziali (non solo di principio) della nuova normativa, lasciando alla legge regionale, pur incidente su prerogative dei componenti del Consiglio regionale, al di là degli spazi di una legge (meramente formale) di ratifica, quelli di un intervento di mero completamento, attraverso previsioni integrative e attuative. La ricerca di equilibri istituzionali partecipativi all’interno dei processi decisionali che interessano più livelli di articolazione dell’ordinamento, che nel rapporto tra Stato e regioni paiono (faticosamente ma progressivamente) consolidarsi intorno al principio di leale collaborazione e al ruolo delle Conferenze[19], negli equilibri tra giunta e consiglio regionale paiono pertanto confermarsi di più difficile definizione.Il solo profilo oggetto di dibattito in ambito consiliare[20] è risultato in effetti quello connesso alla scelta di intervenire o meno sull’ipotesi di cumulo del trattamento di quiescenza degli ex consiglieri con altri vitalizi: nella legge piemontese ci si avvale della facoltà[21] di non applicare le “clausole di salvaguardia” (volte e garantire che a seguito del ricalcolo il vitalizio corrisposto non possa comunque risultare inferiore alle previste soglie, concordate a livello nazionale)agli ex consiglieri che siano al contempo percettori di altro vitalizio, comunque denominato, derivante dall’aver ricoperto la carica di parlamentare europeo, di parlamentare della Repubblica italiana o di consigliere o assessore di altra regione[22].
Quanto all’entità dei risparmi previsti, nell’intervento della relatrice[23] del progetto di legge si dà conto di un risparmio atteso dal ricalcolo dei vitalizi sulla base del modello contributivo quantificabile, sulla base dei calcoli degli uffici, in circa 550.000 euro annui, cui si aggiungerebbero ulteriori 145.000 euro derivanti dall’intervento sui percettori di doppi vitalizi. Si tratta in effetti complessivamente di poco più della metà del risparmio annuo derivante dalla regione dall’applicazione del precedente regime “transitorio” di rideterminazione dei vitalizi, che aveva comportato minori spese per circa 1.100.000 euro annui, a fronte di una riduzione netta dei vitalizi corrisposti variabile tra il 6% e il 15%[24]: stanti tali dati, non può non osservarsi come per la regione Piemonte l’adozione della nuova normativa comporti un significativo aggravio di spesa rispetto al regime in vigore tra il 2015 e il 2019[25] e come la riduzione media attesa dell’importo dei vitalizi (rispetto a quanto previsto dalla normativa precedente il 2015) risulti inferiore al 10%. Al di là del dato medio, resta salva, naturalmente, la dimensione di riequilibrio interno tra vitalizi di diversa entità: ma si tratterebbe, in tal caso di un intervento volto piuttosto a rendere più uniforme l’entità dei vitalizi corrisposti che a ridurne in termini consistenti il peso complessivo per le casse regionali. E ciò potrebbe, nella prospettiva di una valutazione della ratio dell’intervento operato e degli obiettivi costituzionalmente meritevoli di tutela da esso perseguiti (necessario termine di bilanciamento col sacrificio imposto ai diritti acquisiti e al legittimo affidamento nella tutela degli stessi), rappresentare forse un elemento di potenziale debolezza, soprattutto in considerazione del fatto che la normativa legislativa statale che ha dato avvio all’intero processo, menziona tra le finalità dell’intervento unicamente quelle di «coordinamento della finanza pubblica e del contenimento della spesa pubblica»[26].
L’approvazione della legge da parte del Consiglio regionale è avvenuta all’unanimità, pur se negli interventi dei rappresentanti di diversi gruppi non sono mancati i richiami all’esigenza di non strumentalizzare la vicenda di un condiviso intervento di natura perequativa ai fini di disconoscere il tema della piena legittimità e dignità degli inevitabili “costi” della politica nel contesto degli ordinamenti democratici[27].
3. La ragionevole definizione di una questione di politica del diritto?
Rispetto a tale intervento normativo, si ripropongono quali più rilevanti questioni di ordine costituzionale, in analogia a quanto si può osservare per gli omologhi interventi realizzati in relazione ai vitalizi degli ex membri del Parlamento nazionale, quelle relative alla valutazione della ragionevolezza del (ri-)bilanciamento operato tra contrapposti diritti costituzionalmente meritevoli di tutela. In questo senso può richiamarsi quanto ribadito dalla Corte Costituzionale nella recente sentenza n. 108 del 2019[28]: in tale pronuncia, relativa alla legge della Regione Trentino – Alto Adige del 2014 sull’attualizzazione retroattiva dei vitalizi degli ex-consiglieri di tale regione[29], la Corte ribadisce il principio, consolidato nella propria giurisprudenza, secondo cui il divieto di retroattività della legge, previsto dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, pur costituendo un principio fondamentale di civiltà giuridica, non riceve nell’ordinamento la tutela privilegiata di cui all’art. 25 Cost., riservata alla materia penale. Ne consegue che il legislatore, nel rispetto di tale disposizione costituzionale, può approvare disposizioni con efficacia retroattiva, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale[30]. Tra i limiti all’ammissibilità di interventi di natura retroattiva, si individua, in particolare, il principio della tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti interessati alla stabile applicazione della disciplina modificata, che rappresenta «ricaduta e declinazione “soggettiva” dell’indispensabile carattere di coerenza di un ordinamento giuridico, quale manifestazione del valore della certezza del diritto»[31]. Tra gli elementi valutati dalla Corte nell’articolato giudizio di bilanciamento compiuto[32] di particolare rilievo, anche nella prospettiva di una possibile futura valutazione delle normative adottate dalle altre regioni italiane in tema di ridefinizione dell’importo dei vitalizi già in corso di erogazione, appare quello da ultimo richiamato dalla decisione, secondo cui resta «comunque fermo che si è al cospetto di un intervento legislativo eccezionale, la cui peculiarità, peraltro, deve essere valutata anche alla luce dell’oggetto stesso su cui incide, ossia un istituto di favore a sua volta fuori dall’ordinario»[33]. Sarebbe dunque proprio la straordinarietà del regime di calcolo previgente, rispetto a quanto stabilito per la generalità dei trattamenti pensionistici, a concorrere a legittimare la straordinarietà di un intervento di ricalcolo di natura anche retroattiva. Resta, naturalmente, impregiudicata la valutazione, in concreto, della proporzionalità dell’intervento e della garanzia del contenuto minimo dell’interesse eventualmente sacrificato nel bilanciamento operato dal legislatore.
In questo senso, tale ordine di misure, nonchè l’enfasi (polemica e comunicativa) che talune, soprattutto, tra le forze politiche hanno posto su tale ordine di temi, confermano la loro collocazione sullo stretto crinale che separa il versante del (fisiologico) impiego identitario degli strumenti della politica del diritto, anche attraverso il ri-bilanciamento dei precedenti equilibri ed il legittimo ricorso ad interventi di normazione a valenza anche (o persino prevalentemente) simbolica, da quello, più insidioso, di un poco responsabile populismo legislativo[34].
[1] Professore Associato di Diritto Costituzionale – Università degli Studi di Torino.
[2] V. già Contini G., Indennità parlamentare (1971), in Enc. Dir., XXI, pp. 106 ss.
[3] Delibere dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati n. 14 del 12 luglio 2018 (“Rideterminazione della misura degli assegni vitalizi e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata nonché dei trattamenti di reversibilità, relativi agli anni di mandato svolti fino al 31 dicembre 2011”) e del Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica, n. 6 del 16 ottobre 2018 (“Rideterminazione della misura degli assegni vitalizi e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata nonché dei trattamenti di reversibilità, relativi agli anni di mandato svolti fino al 31 dicembre 2011”).
[4] Non essendo questa la sede per una compiuta ricostruzione di tali vicende e delle problematiche giuridiche e costituzionali ed esse sottese, si rinvia a Vasino G. (2018), Alcune riflessioni sulla “riforma” dei vitalizi parlamentari tra vecchie questioni e nuove criticità, in Forumcostituzionale.it; Rosi, J. (2018), Prime osservazioni sui recenti provvedimenti di rideterminazione degli assegni vitalizi per gli ex parlamentari e per i consiglieri regionali, in Osservatoriosullefonti.it; Castelli, L. (2018), Il ricalcolo dei vitalizi degli ex deputati, in Rass. Parl., pp. 337 ss.
[5] Un atto di mera autodichia, con il suo carattere inevitabilmente più “sfuggente” rispetto alle garanzie procedimentali e al sistema dei controlli cui sarebbe invece stato ricondotto un intervento posto in essere per via legislativa. Sul tema, v. ad esempio Lupo N. (2017), La disciplina dei vitalizi e della previdenza dei parlamentari: alcuni nodi relativi alle fonti del diritto, in Osservatorio AIC, 3.
[6] Essendo assente, sulla base di quanto previsto dal diritto previgente, un reale accantonamento di contributi previdenziali per gli ex parlamentari, il passaggio al sistema contributivo risulta puramente virtuale, e determinato, in mancanza di un montante contributivo reale, sulla base di tabelle di trasformazione comunque astratte, con un legame tra l’altro complesso e talora problematico con il dato dell’età anagrafica dei percipienti.
[7] Su tutti tali profili, Vasino G. (2018), Alcune riflessioni, cit., pp. 3 ss.; Rosi, J. (2018), Prime osservazioni, cit., pp. 4 ss.; Castelli, L. (2018), Il ricalcolo, cit., pp. 343 ss.
[8] Corte Cass., ordinanza 18265 dell’8 luglio 2019. Su tale pronuncia Galdieri S. (2019), Vitalizi dei parlamentari ed autodichia: alcune considerazioni a margine dell’ordinanza n. 18265/2019 della Corte di Cassazione, in diritticomparati.it.
[9] Su tale vicenda, De Santis V. (2019), Trattamenti pensionistici dei consiglieri regionali: riparto di competenze, disposizioni retroattive e contenimento della spesa pubblica, in Le Regioni, pp. 89 ss.
[10] Legge n. 45 del 30 dicembre 2018, Art. 1, commi 965, 966, 967.
[11] Il termine è determinato in quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio statale (tale termine è stato successivamente prorogato al 30 maggio dal d.l. n. 34 del 30 aprile 2019), oppure, qualora la regione debba procedere a modifiche statutarie, in sei mesi dalla medesima data. Nell’eventualità in cui, entro centottanta giorni da tale data, in una data regione debbano svolgersi consultazioni elettorali, il termine è fissato in tre mesi dalla data della prima riunione del nuovo Consiglio regionale, ovvero, di sei mesi decorrenti dalla medesima data, qualora la stessa regione debba procedere a modifiche statutarie
[12] I criteri e parametri convenuti in tale in tesa risultano, in particolare, tali per cui: a) la rideterminazione della misura dei trattamenti si applica agli assegni vitalizi e ai trattamenti previdenziali, comunque denominati, diretti, indiretti o di reversibilità, di seguito indicati come “assegni vitalizi”, considerando il loro importo lordo, senza tenere conto delle riduzioni temporanee disposte dalla normativa vigente; b) la rideterminazione si applica agli assegni vitalizi in corso di erogazione, e a quelli non ancora erogati, con esclusione dei trattamenti previdenziali, erogati o da erogare, il cui ammontare è stato definito esclusivamente sulla base del sistema di calcolo contributivo; c) a seguito della rideterminazione, la spesa per gli assegni vitalizi, in erogazione, in ciascuna Regione non può superare, al momento dell’applicazione della nuova disciplina, la spesa necessaria all’erogazione dei medesimi assegni ricalcolati con il metodo di calcolo contributivo sulla base della nota metodologica allegata all’intesa incrementata fino a 26 per cento e, comunque, di un importo pari a quello necessario a garantire che, per effetto della rideterminazione, ciascun assegno vitalizio di importo pari o superiore a due volte il trattamento minimo INPS non sia inferiore a tale importo, prevedendosi, in ogni caso, che la spesa non possa essere superiore a quella sostenuta sulla base della normativa vigente; d) l’ammontare dell’assegno vitalizio, a seguito della rideterminazione, non può comunque superare l’importo erogato ai sensi della normativa vigente. Si prevede, inoltre, che gli importi dei vitalizi derivanti dalla rideterminazione siano soggetti a rivalutazione automatica annuale sulla base dell’indice ISTAT di variazione dei prezzi al consumo.
[13]Aliquote che vanno sino ad un massimo del 51% per i vitalizi di importo superiore agli 8000 euro e per differenziali superiori al 70%.
[14] Il trattamento vitalizio è stato introdotto dalla legge della Regione Piemonte n. 10 del 13 ottobre 1972, attraverso l’istituzione di un Fondo previdenziale dei consiglieri regionali, poi sostituito, ad opera della legge regionale n. 9 del 23 gennaio 1984, da un Fondo di previdenza dei Consiglieri della Regione Piemonte. La successiva legge regionale n. 27 del primo gennaio 1995 ha quindi attribuito il diritto a percepire il vitalizio, interamente cumulabile con ogni altro eventuale trattamento di quiescenza, ai Consiglieri regionali cessati dal mandato a partire dal compimento dei 60 anni di età, a condizione dell’esercizio di almeno cinque anni di mandato (salva la facoltà di versamento di contributi volontari per un periodo inferiore a 5 anni ma pari almeno a 30 mesi). La legge regionale n. 21 del 20 marzo 2000 ha poi introdotto la facoltà di anticipare la corresponsione del vitalizio fino a 55 anni, mentre la successiva legge regionale n. 24 del 3 settembre 2000 ha innalzato il requisito anagrafico al compimento dei 65 anni.
[15] L’art. 2 della legge regione Piemonte n. 21 del 2014 disponeva, infatti, che a decorrere dal 1° gennaio 2015, tutti i trattamenti mensili lordi di assegno vitalizio corrisposti ai consiglieri regionali fossero ridotti secondo le seguenti percentuali progressive: a)del 6 per cento per l’importo fino ai 1.500,00 euro;b)dell’ulteriore 9 per cento per la parte compresa tra i 1.501,00 euro fino a 3.500,00 euro; c)dell’ulteriore 12 per cento per la parte compresa tra i 3.501, 00 euro e i 6.000,00 euro; d)dell’ulteriore 15 per cento per la parte superiore ai 6.000,00 euro. Si disponeva, inoltre, che a coloro che risultassero titolari di altro assegno vitalizio erogato dal Parlamento italiano o dal Parlamento europeo, si applicasse un’ulteriore decurtazione del 40 per cento sull’ammontare mensile lordo come risultante dalle riduzioni di cui al comma 1.
[16] Corte d’Appello di Torino, sentenza 610/2018 del 10 dicembre 2018.
[17] Pertanto entro il previsto limite di 180 giorni dall’entrata in vigore della legge statale: v. supra, nota 8.
[18] Per quanto attiene, in particolare, ai criteri di ricalcolo, la legge regione Piemonte n. 21 del 2019 stabilisce (art. 3) che a rideterminazione (operata sulla base del vitalizio che spetterebbe all’ex consigliere senza tener conto delle riduzioni già operate in via transitoria dalla legge regionale n. 21 del 2014) è effettuata moltiplicando il montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione determinato nella tabella elaborata in sede di atto di indirizzo condiviso dalla Conferenza Stato regioni e province autonome il 3 aprile 2019 (implicante una riduzione progressivamente più ampia al crescere dell’ammontare del vitalizio percepito, sino ad un massimale del 51%). In assenza di contributi versati dalla regione, si stabilisce inoltre che il montante contributivo sia determinato (art. 4) calcolando la quota di contribuzione a carico del consigliere prevista dalle leggi regionali per i periodi di riferimento, integrata dalla contribuzione eventualmente versata ai sensi dei commi 5, 6 e 7, a cui si somma una quota imputata a carico della regione pari a 2,75 volte quella a carico del consigliere.
[19] V, ad esempio, Carminati A., Dal raccordo politico al vincolo giuridico: l’attività della Conferenza Stato-Regioni secondo il giudice costituzionale, in Le Regioni, pp. 257 ss.; sugli sviluppi più recenti, in materia, della giurisprudenza costituzionale, Poggi A., Boggero G., Non si può riformare la p.a. senza intesa con gli enti territoriali: la Corte costituzionale ancora una volta dinanzi ad un Titolo V incompiuto, in federalismi.it.
[20] L’originaria proposta di intervento presentata sul tema presentata in commissione dal gruppo consiliare Movimento Cinque Stelle non è stata accolta, risultando successivamente riformulata ed accolta nella discussione in aula, nella seduta del 17 settembre 2019.
[21] Comunque già contemplata dall’intesa in sede di Conferenza Stato regioni e province autonome.
[22] Art. 3.
[23] Intervento della relatrice S. Zambaia nella seduta del 17 settembre 2019.
[24] Dati riportati nell’intervento del Consigliere G. Bertola nella seduta del 17 settembre 2019.
[25] Intervento del Consigliere G. Bertola nella seduta del 17 settembre 2019, ove si osserva che «Si creano due paradossi nella nostra Regione, rispetto a quanto è avvenuto nelle altre. Il primo è che, anche con l’applicazione di questa legge, andiamo oggi a spendere più di quello che abbiamo speso negli ultimi anni. […] L’altro paradosso è che, rispetto ad altre Regioni, il risparmio totale, presi i vitalizi toutcourt e applicata questa legge, è un po’ inferiore».
[26]Legge n. 145 del 2018, Art. 1, comma 965. Su tale ellissi argomentativa. Rosi, J. (2018), Prime osservazioni, cit., pp. 18 ss.
[27] V., ad esempio, gli interventi nella seduta del 17 settembre 2019 dei Consiglieri C. Riva Vercelllotti, FI, («invito questo consesso a ragionare un po’ meno di pancia e un po’ più di testa. Come invito anche i cittadini e la politica in generale. Ragionare di testa vuol dire non solo parlare del fatto che la democrazia ha un costo, ma vuole anche dire parlare di diritti acquisiti e di dubbi di costituzionalità su una norma nazionale. Significa parlare del fatto che, indubbiamente, andiamo a risparmiare dei soldi rispetto al passato, ma in realtà a risparmiare poco più di un centesimo al mese per ogni cittadino piemontese, circa 15 centesimi all’anno per ogni cittadino piemontese»), M. M. Marrone – F. d’I. («Posto che tanto questa legge la voteremo tutti, sarebbe anche il caso di ragionare, visto che spesso s’insegue anche la popolarità di questi provvedimenti e si crea una sorta di gara a chi taglia di più e a chi quindi può indossare la maglia del vincitore sul taglio dei costi della politica, se poi ai cittadini non farebbe maggior piacere spendere qualcosa di più e vedere dei risultati concreti e apprezzabili anche da loro. Più che una politica che costa poco, forse i cittadini gradirebbero una buona politica, una politica che funziona e che produce dei risultati»), D. Ravetti – P.D. («Sento il bisogno, in questa discussione, di porre al centro del dibattito il tema del costo della democrazia e del costo della politica, perché incide sulla qualità della nostra libertà e sulla possibilità di scegliere con libertà, appunto, ogni volta che ci troviamo di fronte agli interessi, in questo caso, dei piemontesi. Ed è della qualità della democrazia, appunto, che dovremmo discutere di fronte a un provvedimento che, come ho detto in premessa, riteniamo corretto, riteniamo equilibrato, riteniamo giusto. Tuttavia, vorrei provare ad andare oltre la logica della raccolta del consenso […] Io credo che negli ultimi tempi ci siamo lasciati, però, troppe volte condizionare, guidare da pensieri che non preservavano il ruolo della politica nel nostro Paese; anzi, consideravano il ruolo della politica e quello delle Istituzioni un problema e non lo strumento per affrontare e per risolvere questioni più importanti che interessano il nostro Paese […] Allora noi abbiamo bisogno delle persone migliori […], abbiamo bisogno dei migliori talenti che decidano di mettersi a disposizione delle varie comunità. E dobbiamo, con equilibrio e saggezza, fare il possibile per metterli nelle condizioni, come ho detto prima, di essere liberi, sì, ma anche di essere tutelati da un punto di vista delle indennità che percepiscono, della salvaguardia dei loro diritti, anche quando terminano il loro percorso nelle Istituzioni»).
[28] Corte Cost., sentenza n. 108 del 9 maggio 2019. Su tale decisione De Santis V. (2019), Considerazioni intorno alla sent. n. 108 del 2019 Misure retroattive e natura del vitalizio-pensione dei politici regionali, in Osservatorio AIC, 4, pp. 127 ss.
[29] Legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014, n. 4, recante «Interpretazione autentica dell’articolo 10 della legge regionale 21 settembre 2012, n. 6 (Trattamento economico e regime previdenziale dei membri del Consiglio della Regione autonoma Trentino-Alto Adige) e provvedimenti conseguenti».
[30] Corte Cost., sentenza n. 108/2019, punto 5 dei considerato in diritto.
[31] Ibid.
[32] Tra i quali «il tempo trascorso dal momento della definizione dell’assetto regolatorio originario a quello in cui tale assetto viene mutato con efficacia retroattiva (sentenze n. 89 del 2018, n. 250 del 2017, n. 108 del 2016, n. 216 e n. 56 del 2015), ciò che chiama in causa il grado di consolidamento della situazione soggettiva originariamente riconosciuta e poi travolta dall’intervento retroattivo; la prevedibilità della modifica retroattiva stessa (sentenze n. 16 del 2017 e n. 160 del 2013); infine, la proporzionalità dell’intervento legislativo che eventualmente lo comprima» (ibid.)
[33] Sul rilievo di tale passaggio argomentativo, De Santis V. (2019), Considerazioni, cit., pp.140 ss.
[34] Su tale nozione, in relazione all’esperienza parlamentare italiana, Lupo N. (2019), “Populismo legislativo?”: continuità e discontinuità nelle tendenze della legislazione italiana, in Ragion pratica. Analogamente, De Santis V. (2019),Considerazioni, cit., p. 144, ove si osserva come a fondamento della “questione” dei vitalizi degli ex consiglieri regionali sia individuabile, accanto alla positiva istanza della ricerca di un più corretto bilanciamento tra razionalizzazione della spesa pubblica, equità e tutela delle posizioni individuali, anche «una chiara contestazione verso un’intera classe e generazione di politici, contestazione che è leitmotiv dei partiti populisti e che deriva, in larga parte, da una radicata sfiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche e da una crescente crisi della rappresentanza».