La nuova disciplina elettorale piemontese fra “rappresentatività” e “governabilità”

Alberto Racca[1]

Sommario:

1. Considerazioni a livello “micro”: la doppia preferenza di genere – 2. Questioni a livello “macro”: soglie di sbarramento “esplicite”… – 3. …e soglie di sbarramento “implicite” – 4. Questioni a livello “macro”: il premio di maggioranza… – 5. …con “riserva di minoranza” – 6. Considerazioni conclusive

(ABSTRACT) ITA

Il contributo si propone di effettuare una rapida disamina dei principali istituti della nuova disciplina per l’elezione del Consiglio regionale del Piemonte, evidenziando, sotto alla luce del suo concreto operare nel corso delle elezioni dell’8-9 giugno 2024, gli aspetti di continuità rispetto alla disciplina previgente nonché i caratteri innovativi sulla scia delle soluzioni adottate dalle altre legislazioni regionali vigenti.

(ABSTRACT) EN

The article aims to deliver a short examination about some important landmarks contained in the new Piedmont Regional Council electoral law, underlining, to the light of the latest elections occurred on June, 8th-9th, 2024, either some profiles of continuity compared to the prior electoral law, and more new items adopted by other Italian regional electoral laws.

1. Considerazioni a livello “micro”: la doppia preferenza di genere

La Legge Regionale 19 luglio 2023, n. 12, recante “Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale” ha ricevuto il “battesimo del fuoco” con le elezioni dell’8-9 giugno 2024[2]. La resa, all’atto pratico, di tale disciplina consente di effettuare alcune brevi considerazioni “di sistema” in ordine ad alcuni dei suoi aspetti più significativi, con riguardo al cuore della materia elettorale, vale a dire il meccanismo di traduzione dei voti in seggi e il conseguente procedimento di selezione dei candidati[3].

La nuova disciplina costituisce un corpus normativo organico che integra – giusta il riparto di competenze legislative di cui all’art. 122, c. 1, Cost. – con disposizioni di dettaglio le generalissime previsioni di principio introdotte dalla Legge statale 2 luglio 2004, n. 165[4]. Essa emancipa dunque l’ordinamento piemontese dalla disciplina statale transitoria incarnata dalla L. n. 108/1968[5], presentando nondimeno elementi di significativa continuità rispetto al “Tatarellum”. Ciò anche e soprattutto per via dei vincoli costituzionali e legislativi di principio esistenti, specialmente nell’ipotesi in cui lo Statuto regionale[6] opti – come nel caso del Piemonte – per l’elezione diretta del Presidente della Giunta, con conseguente applicazione del principio del simul stabunt simul cadent[7].

Allo stesso tempo, la L.R. n. 12/2023 introduce alcune significative innovazioni rispetto alla disciplina previgente. La più rilevante, sotto il profilo della selezione dei singoli candidati, risulta essere lo strumento della cd. “doppia preferenza di genere”, che consente all’elettore di esprimere fino a due preferenze fra candidati della medesima lista, a condizione però che la seconda sia attribuita a un candidato o a una candidata di sesso diverso da quello della prima preferenza, pena il suo annullamento[8].

Questa soluzione accomuna l’ordinamento piemontese ad altre regioni[9] e si aggiunge alla previsione di un limite massimo ammissibile del 60% di candidature del medesimo sesso, tanto per le liste circoscrizionali[10], quanto per il “listino” regionale (per quest’ultimo, data la sua natura di lista “bloccata” è inoltre disposta l’alternanza dei candidati in base al genere), in diretta attuazione dell’art. 4, c. 1, lett. c-bis, nn. 1 e 2, L. 2 luglio 2004, n. 165, che eleva a principio fondamentale la “promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive[11], in ossequio al principio della parità di accesso alle cariche elettive di cui agli artt.  51, c. 1 e 117, c. 7, Cost. e 13, c. 2, dello Statuto regionale.

Le ricadute di questa novità legislativa si sono invero dimostrate di tutta evidenza a seguito delle ultime consultazioni, che hanno restituito un Consiglio Regionale decisamente più equilibrato, sotto il profilo della rappresentanza di genere, rispetto al precedente, dal momento che, a fronte delle tre candidate elette nelle liste circoscrizioni elette nelle consultazioni del 2019, nelle ultime elezioni esse sono state diciannove[12].

2. Questioni a livello “macro”: soglie di sbarramento “esplicite”…

Anche sotto il differente profilo della formula elettorale, ovvero dello stretto meccanismo di trasformazione dei voti in seggi, si può osservare che, la L.R. n. 12/2023 pur ponendosi in termini generali in rapporti di continuità con quanto previsto in precedenza, presenta tuttavia alcune significative innovazioni.

La nuova disciplina riprende, infatti, il modello “misto” previsto dalla L. n. 108/1968 (a seguito dello “innesto” introdotto dalla L. n. 43/1995), secondo cui i quattro quinti dei cinquanta seggi consiliari sono attribuiti con formula proporzionale, mediante il metodo dei quozienti interi e dei resti più alti fra liste circoscrizionali e con distribuzione, in sede di collegio unico regionale, dei seggi residui[13]. Il restante quinto consiste invece nel premio di maggioranza, appannaggio della lista (o “listino”) regionale collegata al candidato vincitore alla carica di Presidente della Giunta regionale.

Alla suddivisione dei seggi proporzionali concorrono solamente quelle liste che, su base regionale, hanno superato previamente la soglia di sbarramento del 3%, se non coalizzate, oppure quelle bensì unite in una coalizione che abbia però raggiunto, sempre a livello regionale, almeno il 5% dei consensi[14]. Come noto, dal punto di vista dogmatico lo strumento in parola é ricondotto nel quadro di quelle soluzioni di “ingegneria elettorale” dirette alla riduzione della frammentazione nella rappresentanza assembleare in un’ottica di razionalizzazione e di favor verso la creazione di maggioranze stabili.

Nel contesto della disciplina elettorale dedicata alle Regioni a Statuto ordinario, la Sperrklausel pare rispondere alla previsione dell’art. 4, c. 1, lett. a) della L. n. 165/2004, che prescrive in capo alle discipline elettorali regionali la “individuazione di un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel Consiglio regionale e assicuri la rappresentanza delle minoranze[15]. La scelta lessicale del Legislatore statale, nel formulare il duplice comando destinato ai legislatori regionali, non appare casuale e induce anzi ad una riflessione “di sistema”. La norma, infatti – nella sua dichiarata funzione attuativa del precetto costituzionale “di cornice” – sembra invero diretta a definire un (elastico ma) preciso rapporto, in termini di equilibrio, fra governabilità e rappresentatività. La L. n. 165/2004 appare in effetti prescrivere alle Regioni la definizione di un meccanismo elettorale che innanzitutto “assicuri” la rappresentatività e quindi “agevoli” la governabilità, attribuendo rilievo prevalente, al profilo della rappresentatività.

In quest’ottica, la previsione di soglie di accesso di cui alla L.R. n. 12/2023 appare prima facie funzionale ad implementare il profilo della governabilità.

Come quantificate nella disciplina piemontese, dette soglie coincidono con quelle già previste dall’art. 7, L. n. 43/1995 (ad integrazione della L. n. 108/1968 nella definizione del “Tatarellum”) e paiono porsi in coerenza con i parametri – comunque elastici – di “tollerabilità”, costituzionali e sovranazionali, generalmente previsti sul punto[16]. Tuttavia, si deve osservare che, laddove la Sperrklausel viene calata all’interno di un modello elettorale già connotato, come meglio si vedrà fra poco, da un sistema di premi di maggioranza (che, per come congegnato, non solo agevola, ma assicura ampie maggioranze consiliari alla lista o coalizione di liste collegate al candidato vincitore alla carica di Presidente della Giunta regionale) essa non appare tanto rispondere a finalità di governabilità – essendo ciò già assolte proprio dal premio di maggioranza – quanto piuttosto ad incidere sul profilo della composizione della rappresentanza assembleare[17].

Peraltro, il “doppio binario” realizzato dalla Sperrklausel piemontese sembra dare luogo ad una torsione, nella dinamica politico-elettorale, rispetto alla descritta finalità razionalizzatrice.

Per un verso, infatti, l’effetto selettivo insito nella previsione di una soglia di sbarramento di media entità (3%) per una lista singola, viene neutralizzato allorché la medesima lista aderisca invece ad una coalizione, chiamata a superare uno sbarramento proporzionalmente assai meno arduo (5%), specialmente se si considera che il modello elettorale regionale, a turno unico con premio di maggioranza favorisce – specie in un contesto tendenzialmente bipolare – il coagularsi di coalizioni particolarmente ampie. Questa dinamica tende – per altro verso – a dare luogo a maggioranze eterogenee, nelle quali spesso sono presenti partiti elettoralmente piccoli, dotati però di un forte “potere di ricatto” nei confronti della coalizione medesima: risultato che pare collocarsi in contraddizione rispetto alla descritta finalità razionalizzatrice[18].

L’insieme dei fattori descritti potrebbe dunque sollevare qualche perplessità in ordine alla utilità stessa dello strumento in esame nel contesto dell’attuale disciplina elettorale piemontese. Ciò anche tenuto conto del fatto che, in termini puramente matematici, la consistenza numerica dei seggi distribuiti in ragione proporzionale presso il Consiglio regionale piemontese (quaranta) parrebbe – in astratto – già di per sé in grado di realizzare una soglia di sbarramento implicita del 2,5%, dunque non troppo distante dal valore normativamente individuato per la selezione delle liste singole.

Si tratta nondimeno di un calcolo indicativo. Occorre infatti tenere presente che, nel concreto operare della L. n. 12/2023, per un verso le liste unite in una coalizione che superi il 5% dei voti possono accedere al Consiglio pur ottenendo un risultato individuale inferiore al 2,5%[19]; per altro verso, la suddivisione del territorio regionale in circoscrizioni dà luogo, come si vedrà immediatamente di seguito, all’incremento del tasso di selettività implicita del sistema.

3. …e soglie di sbarramento “implicite”

Al di là del profilo “a monte” delle soglie esplicite, occorre infatti tenere anche conto dell’effetto selettivo giocato “a valle”, nel momento di trasformazione dei voti in seggi, dalla particolare conformazione, in termini di ampiezza – o magnitudo[20] – delle circoscrizioni.

Secondo la L.R. n. 12/2023, infatti, le circoscrizioni ricalcano la suddivisione amministrativa intermedia del territorio regionale[21] e i seggi sono ripartiti fra le medesime sulla base della loro consistenza demografica[22]. Come già osservato in dottrina[23], questo criterio differenzia nettamente in particolar modo la Città Metropolitana di Torino, che esprime 21 seggi, dalle altre circoscrizioni, per giungere a quella del Verbano Cusio Ossola, che esprime 1 seggio[24].

Ciò produce, all’atto pratico, due effetti rilevanti. In primo luogo, la diversa magnitudo delle circoscrizioni si traduce, in sede di ripartizione dei seggi tra le cifre elettorali circoscrizionali delle liste o coalizioni di liste[25], in un differenziale fra le rispettive soglie di accesso implicite che in determinate circostanze non appare indifferente per i risultati finali[26]. In secondo luogo, la previsione del collegio unico regionale per il riparto dei seggi non attribuiti nelle singole circoscrizioni (di qui la natura “aperta”[27] delle circoscrizioni piemontesi) tende a produrre un effetto “attrattivo” in favore delle circoscrizioni più ampie, a svantaggio di quelle più “piccole”[28].

Si tratta, per il vero, di effetti distorsivi già presenti nella disciplina previgente[29] che, ove ritenuti problematici, a ben vedere potrebbero trovare agevole soluzione nella ridefinizione delle circoscrizioni, con l’accorpamento delle province meno popolose oppure mediante la suddivisione delle circoscrizioni di maggiore magnitudo[30]. Probabilmente, la prima opzione appare preferibile perché, come visto, maggiore è il numero di seggi in palio, minore é la soglia di accesso “implicita”, con guadagno complessivo in termini di rappresentatività.

4. Questioni a livello “macro”: il premio di maggioranza…

Venendo ora al profilo che più distingue i sistemi elettorali degli ordinamenti regionali, ovvero la previsione dell’attribuzione del restante quinto dei seggi a titolo di premio di maggioranza, come accennato supra la nuova legge piemontese presenta alcuni caratteri innovativi rispetto alla normativa previgente.

Il combinato disposto degli artt. 11 e 27 della L. R. 12/2023 modifica infatti la soluzione del “Tatarellum” – che prevede(va) due sole ipotesi di premio di maggioranza, con discrimen operativo rappresentato dal raggiungimento o meno del 40% dei suffragi – delineando, come si vedrà meglio subito infra, una soluzione “scalare”[31], strutturata su tre “gradini”, che consente di attingere variamente al “listino” regionale, collegato al candidato alla Presidenza della Giunta proclamato vincitore[32].

Come noto, sul premio di maggioranza la dottrina si è molto soffermata – tanto rispetto alla dimensione nazionale, quanto a quella regionale – con riguardo alla sua compatibilità costituzionale, segnatamente rispetto all’effetto distorsivo che esso realizza in funzione della sua finalità essenziale, vale a dire la stabilità degli esecutivi[33]. Lo strumento in parola è stato introdotto, per ciò che riguarda la dimensione regionale, dalla già richiamata L. 108/1968, così come modificata dalla L. 23 febbraio 1995, n. 43, per porre rimedio alla frequente instabilità delle Giunte[34]. Detta ratio essendi ha trovato un’ulteriore conferma con l’introduzione del principio simul stabunt simul cadent quale cardine della relazione Consiglio regionale-Presidente della Giunta, ad opera della legge costituzionale n. 1/1999 e dalla di cui al già richiamato art. 4, c. 1, L. n. 165/2004.

Le normazioni delle singole Regioni hanno tutte conservato l’istituto del premio di maggioranza, sia pure con diverse declinazioni. Per ciò che riguarda il Piemonte, si può dire che l’approccio “scalare”, adottato dalla L. R. 12/2023 per la definizione dell’entità del premio, supera l’aporia già evidenziata nella vigenza della L. n. 108/1968, per la quale un premio maggiore veniva attribuito alla lista o coalizione con un numero minore di voti, e viceversa[35]. Resta da valutare in quali termini si pongono i “gradini” della soluzione piemontese rispetto alla già descritta “tensione” esistente fra il principio di rappresentatività e quello di governabilità.

Sotto questo profilo, nella prima ipotesi – che prevede l’attribuzione del 55% seggi alla lista o coalizione collegata al candidato vincitore alla carica di Presidente della Giunta che ha ottenuto meno del 45% dei voti – la distorsione (sovra)rappresentativa operata dallo strumento in parola pare trovare piena giustificazione dalla ratio di stabilità sottesa alla previsione di cui all’art. 123, u.c., della Costituzione, in presenza di un Presidente di Giunta eletto direttamente e contestualmente al Consiglio regionale.

Occorre d’altro canto tenere conto del fatto che la legge n. 12/2023, nel confermare[36] l’assenza di una “soglia minima” di voti, ai fini dell’operatività del premio di maggioranza, realizza una distorsione “in uscita”, rispetto ai rapporti di forza elettorali fotografati “in entrata”, a prescindere dalla percentuale di voti effettivamente conseguita. Come è stato osservato in dottrina, <<n uno scenario di forte frammentazione partitica, nel caso in cui una coalizione che fa capo al Presidente eletto abbia ottenuto tra il 30 e il 35 percento dei voti, il premio di maggioranza>> così previsto <<consentirà alla coalizione di avere comunque il 55 percento dei seggi, mentre qualora una coalizione ottenga poco più del 50 percento dei voti, avrà un premio limitato che le assicurerà tra il 60 e il 64 percento dei seggi>>[37].

Quest’ultimo aspetto è a ben vedere superato dalla seconda ipotesi – o “scalino” – prevista dalla L. R. n. 12/2023, che attribuisce almeno il 60% dei seggi alla lista o coalizione vincente ottenga dal 45 al 60 per cento dei suffragi. Si può nondimeno osservare, sotto altro profilo, che, se la ratio sottesa al premio di maggioranza appare pienamente soddisfatta nel caso di una lista o coalizione che abbia ottenuto un risultato prossimo al 50%, risulta meno necessario attribuire una quota di seggi così ampia ad una lista che abbia già ottenuto una percentuale di voti maggiore, collocabile nell’intorno del primo “scalino” del 55% di seggi[38] (e, dunque, per definizione legislativa, già di per sé in grado di soddisfare il requisito della governabilità).

Si deve inoltre considerare che questo meccanismo attribuisce automaticamente una consistenza, in termini di seggi, pari al quorum richiesto dallo Statuto regionale per modificare la legge elettorale medesima[39], la cui ratio parrebbe consistere nella condivisione di tale intervento normativo con (almeno parte de)i gruppi di opposizione.

Il medesimo discorso parrebbe a fortiori applicabile con riguardo alla terza ipotesi, che attribuisce alla lista o coalizione vincitrice, che abbia già ottenuto più del 60% dei voti validi, il 64% dei seggi. In questo caso, la L.R. n. 12/2023, prevedendo l’incremento della consistenza “in uscita” (ovvero: in termini di seggi) di una compagine consiliare già di per sé, “in entrata” (cioè in termini di voti ottenuti), nettamente maggioritaria – e pertanto astrattamente idonea a garantire stabilità alla Giunta (a prescindere, naturalmente, dal grado di coesione interna) – sembra attribuire preponderante rilievo alle esigenze di governabilità.

5… con “riserva di minoranza”

Alla previsione dei premi di maggioranza fa da contraltare l’innovazione, rispetto al “Tatarellum”, della garanzia di un numero minimo di seggi comunque assicurato alle liste o coalizioni non collegate al candidato vincitore alla carica di Presidente della Giunta regionale.

Introdotta dal combinato disposto degli artt. 11 e 27 della L. R. n. 12/2023, la soluzione si dimostra diretta ed esplicita attuazione della già richiamata disposizione di cui all’art. 4, c. 1, L. n. 165/2004, finalizzata a garantire la rappresentanza delle minoranze politiche. Essa appare peraltro particolarmente funzionale in contesti nei quali è storicamente presente una marcata inclinazione dell’elettorato verso un determinato “polo” politico[40].

Nella disciplina piemontese, detta “riserva di minoranza” si può presentare in due forme, a seconda dei risultati elettorali. Deve consistere in almeno il 40% per cento dei seggi assegnati al Consiglio regionale nel caso in cui la coalizione o il gruppo di liste collegati al candidato proclamato eletto Presidente abbia “ottenuto una percentuale inferiore o uguale al 60 per cento del totale dei voti validi”. È invece pari ad almeno il 36% dei seggi a fronte di una compagine di maggioranza che ottenga più del 60% dei voti.

Il sistema dà perciò luogo a una dinamica che, specialmente al crescere della consistenza elettorale della compagine maggioritaria, tende a realizzare un rapporto “a incastro” nella relazione numerica maggioranza/opposizione. <<Al limite>>, come è stato osservato, <<in un contesto nel quale una coalizione ottenga il 65 percento nelle urne, [quest’ultima] riceverà meno seggi di quanto i voti ottenuti le consentirebbero di ottenere>>[41].

Peraltro, sempre secondo la dottrina, il rapporto strettamente “speculare” fra le percentuali dei premi di maggioranza di più incisivo impatto (60% e 64% dei seggi) e le corrispondenti percentuali costituenti la “soglia minima” riservata alle minoranze (40% e 36% dei voti validi) darebbe luogo a una soluzione di <<non […] di facilissima intuizione […], da un lato, poiché il richiamo alle soglie mescola voti e seggi, dall’altro poiché è controintuitivamente volto a conciliare a tutti i costi l’attribuzione del premio con la garanzia delle minoranze>>[42]. Nondimeno, come si é già osservato supra, a prescindere dalle singole quantificazioni, tanto dei “premi” quanto delle “riserve”, siffatta conciliazione fra i due elementi appare piuttosto una (condivisibile) implementazione dei principi generali della materia (nonché di attuazione costituzionale).

6. Considerazioni conclusive

Da quanto brevemente esposto finora, rispetto ai profili considerati la L. R. Piemonte n. 12/2023 delinea una disciplina elettorale per l’elezione del Consiglio regionale piemontese in termini di sostanziale continuità con l’impianto generale della L. n. 108/1968, pur con alcuni “innesti” innovativi, tratti dalle esperienze delle altre Regioni, specialmente con riguardo agli strumenti tesi a favorire la parità di genere fra gli eletti e le elette.

A livello generale, il sistema delineato dalla disciplina in parola realizza un compromesso sostanzialmente attento alle opposte esigenze di rappresentatività e governabilità, sebbene la compresenza delle soglie di sbarramento e dell’insieme dei premi di maggioranza paia attribuire significativo rilievo al secondo aspetto, laddove la normativa statale di principio sembra dare prevalenza all’aspetto della rappresentatività. D’altro canto, se la previsione di premi idonei a realizzare maggioranze “iperqualificate” pare integrare un sistema particolarmente attento alla ratio della stabilità, l’introduzione dell’appena descritta “riserva di minoranza” realizza un significativo elemento di equilibrio nel senso della rappresentatività, quest’ultima in effetti essendo concepita dalla disciplina statale “di principio”, innanzitutto e specialmente, proprio come strumento di garanzia per le minoranze.

Nondimeno, una prospettiva che cerchi di tenere conto di quanto finora considerato potrebbe condurre ad ipotizzare un sistema elettorale fondamentalmente proporzionale, che contempli il premio di maggioranza quale strumento, per così dire, sussidiario ed eventuale[43], nella sola declinazione del 55% e operante unicamente qualora la lista o coalizione di liste, collegate al candidato Presidente vincitore, non ottenga tale percentuale in base ai voti ricevuti.

Siffatto modello contemplerebbe così un “livello minimo essenziale” di governabilità[44] in ossequio ai principi generali e, d’altro canto, nel caso in cui la lista o coalizione di liste già conseguisse “in entrata” almeno il 55% dei voti (come avvenuto nelle ultime elezioni piemontesi[45]), non produrrebbe – sotto questo punto di vista – effetti distorsivi più ampi, non intaccando, ad esempio, la ratio sottesa al quorum previsto dall’art. 17 dello Statuto regionale per l’approvazione di leggi in materia elettorale.

A differenza dell’attuale impostazione della L.R. n. 12/2023, la soluzione in ipotesi potrebbe prevedere inoltre una soglia minima per la sua operatività, quantificabile intorno al 40%. È vero che, in questo modo, allorché nessuna lista o coalizione di lista raggiungesse tale soglia, non si avrebbe una maggioranza netta in Consiglio, ma è altrettanto vero che, come già osservato, il principio della governabilità appare declinato dalla L. n. 165/2004 in termini meno pregnanti rispetto a quello della rappresentatività. Così, se una distorsione della rappresentatività “limitata”, pari al 10-15%, potrebbe apparire un bilanciamento accettabile per favorire la governabilità, un effetto disrappresentativo (anche molto) maggiore[46] sembrerebbe comprimere eccessivamente la rappresentatività, la quale a quel punto non sarebbe più assicurata.

La mancanza di una maggioranza “netta” nel Consiglio regionale, in questo caso, non farebbe altro che restituire (rappresentare) la frammentazione politica esistente: ciò che potrebbe indurre alla formazione di coalizioni più ampie onde prevenire tale risultato. Contro una eccessiva frammentazione provocata dal formarsi di coalizioni “acchiappatutto” potrebbe essere opportuno conservare una soglia di sbarramento unica e operante in ogni caso, tanto per le liste che concorrano singolarmente, quanto per le liste coalizzate.

Su tutto quanto finora brevemente considerato – e al di là di astratte considerazioni de jure condendo – un dato tuttavia si impone sugli altri, ovvero il crescere del tasso di astensione dal voto, ormai endemico nelle consultazioni elettorali del Paese. L’affluenza registrata nelle ultime elezioni regionali piemontesi è stata infatti del 55,30% degli aventi diritto: in calo dell’8% rispetto alle precedenti elezioni, che a loro volta registrarono un dato in diminuzione di circa il 3% rispetto al 2014[47].

Il fenomeno, come noto, presenta molteplici cause, ulteriori e assai più pregnanti della scelta del modello elettorale. In simili circostanze, la definizione di un buon punto di equilibrio fra due principi in prima battuta apparentemente inconciliabili – rappresentatività e governabilità – può contribuire, unitamente ad altri e più rilevanti fattori, ad incentivare la partecipazione democratica dei cittadini.

  1. Funzionario presso il Consiglio Regionale del Piemonte. Dottore di ricerca in Diritto Pubblico.
  2. Per un esame completo dei risultati, si rinvia a elezioni.interno.gov.it.
  3. Rimangono perciò sullo sfondo del presente lavoro quegli elementi di una disciplina elettorale che vanno a formare la normazione “di contorno”, quali ad esempio le cause di ineleggibilità e di incompatibilità (delineate dalla L.R. Piemonte n. 12/2023 agli artt. 6 e 7), oppure le modalità ed i requisiti per la presentazione delle candidature e delle liste. Quest’ultimo aspetto è contenuto nell’art. 19 che al comma 3, recepisce in particolare il principio, di cui all’art. 4, c. 1, lett. c-ter), L. 2 luglio 2004, n. 165, della “esenzione dalla sottoscrizione degli elettori per le liste che, al momento dell’indizione delle elezioni regionali, sono espressione di forze politiche o movimenti corrispondenti a gruppi parlamentari presenti in almeno una delle due Camere, sulla base di attestazione resa dal segretario o presidente del partito rappresentato nella Camera” ed anzi ha anzi ampliato le ipotesi. Sul punto si veda G. Boggero, Habemus Piemontellum, in Il Piemonte delle Autonomie, 2023, n. 2, pag. 4. Per approfondire in generale il tema della disciplina elettorale di contorno nel contesto delle normazioni regionali, si veda per tutti P. Milazzo, Come cambia la legislazione elettorale di contorno, in Riforme istituzionali e rappresentanza politica nelle Regioni italiane a cura di Chiaramonte, Tarli Barbieri, Bologna, il Mulino, 2007.
  4. “Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione”. Per una distinzione concettuale fra normative di principio e normative di dettaglio cfr. Corte cost., 26 novembre 2010, n. 341 (in cortecostituzionale.it). A. Sterpa, La legge quadro statale nelle materie di cui all’art. 122 Cost. e la fase statutaria delle Regioni, in www.federalismi.it, 2004.
  5. La nuova normativa effettua un unico – sebbene rilevante – riferimento puntuale con riguardo all’art. 8 della L. n. 108/1968 relativo alla disciplina degli Uffici centrali circoscrizionali e regionali. Per una ricapitolazione del limitato impatto della normativa regionale previgente sul punto, si rinvia a G. Boggero – A. Fusco, Vent’anni senza Piemontellum: tra inerzia del legislatore e contenzioso elettorale, in Diritti regionali – Rivista di diritto delle autonomie territoriali, 2017, III, 439 ss.
  6. Esula dal presente lavoro l’analisi delle discipline elettorali vigenti presso le Regioni a Statuto speciale, per via della loro “eccentricità” in termini di riferimenti costituzionali. Per una recente disamina complessiva delle legislazioni elettorali regionali, si rinvia, per tutti, a L. Trucco – F. Bailo, Forma di governo regionale e legislazione elettorale, in www.osservatoriosullefonti.it 2020, f. 2.
  7. Cfr. l’art. 4, c. 1, lett. b, L. n. 165/2004 che, in attuazione dell’art. 122 Cost, eleva a previsione “di principio”, fra gli altri, la contestualità dell’elezione del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale, nel caso di elezione diretta del Presidente della Giunta. Per approfondire, si rinvia a: Forma di governo regionale e clausola simul stabunt simul cadent, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica, 2004 (in www.senato.it); M. Cosulich, La disciplina legislativa elettorale nelle Regioni ad autonomia ordinaria: ex uno, plura, in Le Regioni, 2004, f. 2, pagg. 471 ss.; ID., Il sistema elettorale del Consiglio regionale tra fonti statali e fonti regionali, Padova, CEDAM, 2008; A. Floridia – F. Sciola, Il «federalismo elettorale», dieci anni dopo: il gioco vale la candela?, ivi, 2015, f. 3, pagg. 643 ss. Cfr. recentemente, L. Trucco- F. Bailo (2020).
  8. Art. 25, c. 2.
  9. La prima Regione ad aver introdotto la soluzione in parola è stata la Campania (art. 4, L.R. n. 4/2009). Si può nondimeno osservare che, a quindici anni dalla sua introduzione, i suoi effetti in tema di riequilibrio di genere sembrano essersi attenuati, atteso che attualmente il Consiglio regionale campano annovera soltanto dieci componenti di genere femminile su cinquanta (cr.campania.it/consiglio-regionale/consiglieri). Negli altri ordinamenti regionali, il sistema della doppia preferenza di genere è disciplinato dagli artt. 7 e 9, L.R. Abruzzo n. 9/2013; dall’art. 17, L.R. Basilicata n. 20/2018; dall’art. 10, L.R. Emilia-Romagna n. 21/2014; dall’art. 5 bis, L.R. Lazio n. 2/2005; dall’art. 7, L.R. Liguria n. 18/2020; dall’art. 16, L.R. Marche n. 27/2004; dall’art. 10, L.R. Molise n. 20/2017; dall’art. 14, L.R. Toscana n. 51/2014; dall’art. 11 bis; L.R. Umbria n. 2/2010; dall’art. 20, L.R. Veneto n. 5/2012.
  10. Art. 14, c. 1. Nello stesso senso, la Basilicata (art. 3, L.R. n. 20/2018), la Liguria (art. 6, L.R. n. 18/2020), le Marche (art. 9, L.R. n. 27/2004), il Molise (art. 6, L.R. n. 20/2017), la Puglia (art. 8, L.R. n. 2/2005). L’Umbria (art. 9, L.R. n. 2/2010). Altri ordinamenti prescrivono invece l’alternanza di genere nella compilazione delle liste circoscrizionali (cfr. l’art. 8, L.R. Toscana, n. 51/2014; l’art. 1, c. 11, L.R. Lombardia n. 17/2012; l’art. 13, L.R. n. 5/2012). La L.R. Emilia-Romagna dispone la necessaria parità nelle candidature (Art. 8, L.R. n. 21/2014), così come la L.R. Lazio, n. 2/2005 (art. 3). La L.R. Calabria n. 1/2005 si limita a richiedere che le liste contemplino “candidati di entrambi i sessi” (Art. 1, c. 6).
  11. La norma dispone nello specifico che: “1) qualora la legge elettorale preveda l’espressione di preferenze, in ciascuna lista i candidati siano presenti in modo tale che quelli dello stesso sesso non eccedano il 60 per cento del totale e sia consentita l’espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso, pena l’annullamento delle preferenze successive alla prima; 2) qualora siano previste liste senza espressione di preferenze, la legge elettorale disponga l’alternanza tra candidati di sesso diverso, in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale; 3) qualora siano previsti collegi uninominali, la legge elettorale disponga l’equilibrio tra candidature presentate col medesimo simbolo in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale”.
  12. www. https://elezionistorico.interno.gov.it.
  13. Artt. 10 e 27.
  14. Artt. 13 e 27.
  15. Corsivi miei.
  16. La questione rientra nella problematica definizione di un limite massimo per la quantificazione della soglia, onde bilanciare la finalità di razionalizzazione della rappresentatività, insita nello strumento, de quo, con l’esigenza di garantire il pluralismo stesso delle Assemblee rappresentative. Per una recente ricognizione degli orientamenti della Corte costituzionale sul punto, si rinvia a G. Tarli Barbieri, Il sistema elettorale per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia: problemi e prospettive dopo la sent. 239/2018 della Corte costituzionale, in giurcost.org, 2019, f. 1; A. Rauti, La Corte costituzionale ed il legislatore. Il caso emblematico del controllo sulle leggi elettorali, ivi, 2017, f. 2. Per una breve ricapitolazione della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sul punto, a partire dalla nota sentenza della Corte EDU Yumak e Sadak v. Turchia dell’8 luglio 2008, sia consentito rinviare a A. Racca, I sistemi elettorali sotto la lente costituzionale, Milano, Ledizioni, 2018, pagg. 42 ss.
  17. Si noti nondimeno che la Corte costituzionale, con sentenza n. 35/2017, ha escluso che la contemporanea presenza del premio di maggioranza e della soglia di sbarramento in una disciplina elettorale contrasti, di per sé, con il dettato costituzionale.
  18. Questo fenomeno era già stato evidenziato della dottrina, a livello nazionale, sotto la vigenza prima della l. 21 dicembre 2005, n. 270 e poi, almeno in parte, della l. 3 novembre 2017, n. 165. Per una rapida ricapitolazione, si consenta il rinvio a A. Racca (2018), pagg. 163 ss.
  19. È il caso della lista “Stati Uniti d’Europa per il Piemonte”, appartenente alla coalizione di centrosinistra, che nel corso delle ultime elezioni ha conseguito 1 seggio pur essendosi fermata al 2,4% dei consensi (elezioni.interno.gov.it).
  20. Così D. Rae, The Political consequences of electoral law, Cambridge University Press, London, 1971, pag. 20.
  21. Le circoscrizioni coincidono con la Città metropolitana di Torino e delle province di Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Novara, Vercelli, Verbano-Cusio-Ossola (art. 12, c. 1, L.R. Piemonte, n. 12/2023).
  22. Art. 12, L.R. n. 12/2023.
  23. Cfr. G. Boggero (2023), pag. 1.
  24. Cfr. il Decreto del Presidente della Giunta Regionale 8 aprile 2024, n. 12.
  25. Cfr. l’art. 27, c. 4.
  26. Si confrontino, ad esempio, i risultati del Movimento 5 Stelle nelle circoscrizioni di Novara e Alessandria dove, a fronte di risultati sostanzialmente identici in termini percentuali di voto (rispettivamente: 7,37% e 7,35%), nella prima circoscrizione (che esprime 2 seggi) tale lista non ha ottenuto eletti, mentre nella seconda (che esprime 4 seggi), ne ha ottenuto uno. Cfr. elezioni.interno.gov.it.
  27. In contrapposizione alle circoscrizioni “chiuse” nelle quali la ripartizione dei seggi avviene al loro interno, anche mediante conteggio dei resti, senza previsione di un collegio unico nazionale (o regionale) per la distribuzione dei seggi residui.
  28. Il caso più significativo, all’esito delle ultime elezioni regionali, è rappresentato dalla circoscrizione del Verbano-Cusio-Ossola che, come detto poc’anzi, esprime 1 seggio ma nella quale non è stato eletto nessun candidato fra le liste ivi presentate. Ciò perché, in sede di riparto dei seggi fra le liste circoscrizionali presentate in detta circoscrizione (art. 27, c. 4, L.R. n. 12/2023), nessuna di queste ha ottenuto un quoziente intero, sì che i resti sono confluiti nel collegio unico regionale per la distribuzione dei seggi residui (giusta la previsione dell’art. 27, c. 7, L.R.n. 12/2023) e la successiva suddivisione ha favorito le liste presentate in altre circoscrizioni. Cfr. elezioni.interno.gov.it.
  29. La L.R. n. 12/2023 ricalca infatti l’articolato dell’art. 1, L. n. 108/1968.
  30. In questo senso, ad esempio, G. Boggero (2023), pag. 1. Alcune discipline regionali hanno a ben vedere proceduto a superare la regola della corrispondenza delle circoscrizioni alle province, dettata dall’art. 1, c. 1, L. n. 108/1968 (cfr. ad esempio l’art. 1, L.R. Calabria n. 1/2005, che ha suddiviso il territorio regionale in tre circoscrizioni: nord (comprendente la Provincia di Cosenza); centro (costituita dalle Province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia); sud (formata dalla Provincia di Reggio Calabria).
  31. G. Boggero (2023), pag. 2.
  32. Altri ordinamenti regionali non prevedono il listino regionale, ma dispongono attingersi, per la formazione della maggioranza consiliare, alle liste circoscrizionali legate al candidato vincitore alla Presidenza della Giunta regionale. Cfr. la L.R. Campania 27 marzo 2009, n. 4 e la L.R. Liguria n. 18/2020.
  33. Per una ricognizione sul dibattito dottrinale e giurisprudenziale che ha interessato l’istituto in parola, con particolare riguardo alla disciplina elettorale nazionale, si consenta il rinvio a A. Racca (2018), pagg. 139 ss. Più recentemente, si veda, ex multis, E. Aureli, Premio di maggioranza e vincolo di mandato governativo: rilievi critici ad una prima lettura del ddl Costituzionale Meloni, in Osservatorio AIC, 2024, f. 2; F. Blando, Politica riformatrice, forma di governo, sistemi elettorali, in giurcost.org, 2024, f. 1, pagg. 209-210.
  34. Sul punto si rinvia, ex multis, ai vari contributi dottrinali presenti in Le leggi elettorali regionali — problematiche ed approfondimenti, a cura di M. Raveraira, Napoli, 2009. Cfr. anche C. Fusaro, Statuti e forme di governo, in Riforme istituzionali e rappresentanza politica nelle Regioni italiane, a cura di A. Chiaramonte, G. Tarli Barbieri, Bologna, Il Mulino, 2007, pagg. 13-40; S. Mangiameli, Aspetti problematici della forma di governo e della legge elettorale regionale, in Le Regioni, 2000, pagg. 565 e ss..
  35. In questo senso, a proposito della disciplina previgente, G. Boggero – A. Fusco (2017).
  36. Sulla disciplina piemontese previgente, cfr. G. Boggero – A. Fusco (2017).
  37. G. Boggero, 2023, 2.
  38. Si tratta peraltro della situazione concretamente verificatasi a seguito delle ultime elezioni. Ottenendo il 56,13% dei suffragi, la coalizione di liste facente capo al candidato Presidente della Giunta eletto ha infatti conseguito 30 seggi (più il Presidente della Giunta). Cfr.: elezioni.interno.gov.it.
  39. Cfr. 17, c. 4, Statuto regionale.
  40. Sotto questa ottica va letto, ad esempio, l’art. 17, c. 2, L.R. Toscana n. 51/2014, che garantisce alle liste o gruppi di liste non collegate al candidato vincitore alla carica di Presidente della Giunta regionale almeno il 35% dei seggi proporzionali.
  41. G. Boggero (2023, 3).
  42. Ibidem.
  43. Si noti, infatti, che tanto la Costituzione quanto la L. n. 165/2004 non impongono la previsione dello strumento del premio di maggioranza.
  44. A ben vedere, infatti, l’esperienza concreta dimostra che maggioranze consiliari pari al 55% dei seggi realizzano, generalmente, condizioni di stabilità.
  45. Così definito, il premio di maggioranza non avrebbe operato a seguito delle ultime elezioni (cfr. nota 36). Sarebbe invece scattato in tutte le consultazioni precedenti, dal momento che in nessuna di queste la coalizione di liste vincitrice ha superato la soglia del 55% dei voti. Solo nelle elezioni del 2000 e in quelle successive del 2005, peraltro, la coalizione vincitrice ha ottenuto più del 50% dei suffragi.
  46. Si pensi al caso in cui la lista o coalizione di liste collegata al candidato Presidente della Giunta risultato vincitore si fermi al 30% dei suffragi.
  47. elezioni.interno.gov.it.