Le implicazioni dell’eventuale attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione per quanto riguarda i rapporti internazionali e con l’Unione europea della Regione Piemonte
Michele Vellano[1]
1. Premessa.
L’analisi che segue prende in considerazione e analizza il paragrafo h, intitolato Rapporti internazionali e con l’Unione europea del documento di indirizzo che, sotto forma di allegato A, è stato adottato con delibera del Consiglio regionale del Piemonte il 6 novembre 2018[2] in vista dell’attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione rispetto alla Regione Piemonte.
Tenuto conto del contesto in cui la presente riflessione trova collocazione, si ometterà di prendere in considerazione i profili di inquadramento e di carattere generale che contraddistinguono l’attuazione dell’art. 116 della Costituzione. Ci si atterrà, perciò, a riferimenti indispensabili per comprendere le peculiarità dell’argomento trattato e per il resto si fa, fin d’ora, espresso rinvio all’ampia produzione dottrinale in argomento[3].
Come si evince dal contenuto dalla premessa del documento di indirizzo dedicata alla situazione regionale di contesto economico e sociale, la Regione Piemonte è uno degli enti territoriali infrastatali più rilevanti nell’Unione europea. La consistente estensione territoriale (25.387 km²), il ragguardevole numero di abitanti (attualmente, 4,3 milioni), nonché le caratteristiche morfologiche del suo territorio (allo stesso tempo, di montagna e di pianura) e le specificità della sua economia (in cui rivestono importanza tanto l’industria, quanto i servizi e l’agricoltura) potrebbero essere quelle di uno Stato europeo. Si consideri che la Regione Piemonte ha una popolazione equivalente a quella della Repubblica d’Irlanda e superiore a quella di ben otto (su ventotto)[4] Stati membri dell’Unione europea[5].
Non sorprende, dunque, che la Regione Piemonte abbia assunto, fin dalla sua istituzione e negli anni a seguire, un ruolo originale e riconoscibile sul proscenio continentale, valorizzando le sue caratteristiche e le sue tradizioni, diventando riferimento importante per altre regioni europee e interlocutore apprezzato dalla Commissione europea rispetto a molteplici aspetti di adeguamento dell’ordinamento giuridico locale a quello dell’Unione europea. L’ormai consolidata esperienza in qualità di gestore delle risorse tratte dai fondi strutturali dell’Unione europea a beneficio degli operatori economici e sociali del territorio ha ulteriormente rafforzato il dialogo tra la Regione Piemonte e la Commissione europea[6].
Tali caratteristiche si sono evidenziate anche nelle relazioni con altri enti omologhi territoriali all’interno dell’Unione europea, facendo salvi i rapporti con il Parlamento e il Governo italiani nell’ambito di una leale salvaguardia delle prerogative di autonomia riconosciute al Piemonte sulla base del suo statuto. La Regione Piemonte si è mossa, talvolta in anticipo sui tempi, nell’ambito di un ampio processo evolutivo che ha interessato tutte le Regioni italiane e, più in generale, l’assetto ordinamentale di quasi tutti gli Stati membri dell’Unione europea[7]. La predetta vocazione “europeista” della Regione Piemonte trova, del resto, conferma nel contenuto dell’art. 1 del suo statuto, là dove si legge che il Piemonte «è Regione autonoma nell’unità e indivisibilità della Repubblica italiana, secondo le norme e i principi della Costituzione e dello Statuto, nel quadro dei principi definiti dall’Unione europea»[8].
I riferimenti ai rapporti con l’Unione europea e alle relazioni internazionali della Regione Piemonte sono attualmente contenuti nell’art. 15 del suo statuto. La scelta di concentrare in un unico articolo i due temi non appare felice. Sarebbe stato preferibile, infatti, disciplinare le due materie separatamente, tenuto conto della loro oggettiva e sempre più evidente distinzione, nonché importanza. Più in generale, l’enunciato dell’art. 15 è talvolta poco chiaro e sistematico e avrebbe meritato più attenzione nella sua redazione[9].
Per non cadere nello stesso errore di impostazione contenuto nell’art. 15 dello statuto, analizzeremo, qui di seguito, il paragrafo h del documento di indirizzo in relazione prima ai rapporti della Regione con l’Unione europea e, successivamente, alle relazioni transfrontaliere.
2. I rapporti con l’Unione europea.
Il primo punto del paragrafo h dell’Allegato A (documento di indirizzo) è intitolato Riconoscimento dello status di regione associata. In esso viene riportato una citazione tratta dal cosiddetto Rapporto Lamassoure del 24 aprile 2002 in cui si da ampio risalto alle prerogative degli enti territoriali dotati di competenze legislative e si invitato gli Stati membri a dare spazio al loro coinvolgimento nell’elaborazione e implementazione delle politiche dell’Unione europea. Sulla base di tale premessa, viene richiesto allo Stato di domandare «all’Unione europea, in particolare alla Commissione che detiene l’iniziativa legislativa, di riconoscere lo status di partner nelle fasi di elaborazione e attuazione delle relative politiche. In particolare, la Regione dovrebbe essere associata nelle valutazioni di impatto amministrativo e finanziario (impact assessment) che la Commissione conduce preliminarmente alla predisposizione di una proposta legislativa». Si tratta di una richiesta che non può non sorprendere per la sua ingenuità. Infatti, se la richiesta attiene all’instaurazione di rapporti informali tra la Regione Piemonte e la Commissione europea essi sono già pacificamente possibili e praticati[10], se, invece, mira all’ottenimento di uno status qualificato (regione associata), a latere dello Stato, occorrerebbe la modifica dei trattati istitutivi dell’Unione europea che appare tanto complessa quanto improbabile da realizzare e, comunque, sottratta alla sola disponibilità della Repubblica italiana.
La richiesta, inoltre, non sembra tenere conto di quanto è già attualmente previsto dal suo statuto e garantito alla Regione Piemonte dall’art. 117 della Costituzione. Dal combinato disposto dei due commi dell’art. 15 dello statuto, si evince, come già ricordato, il ruolo della Regione in ordine, da un lato, allo svolgimento delle fasi cd. “ascendente” e “discendente”, rispettivamente, della formazione e dell’applicazione del diritto dell’Unione europea, come oggi previste dall’art. 117 della Costituzione[11], e, dall’altro lato, all’assolvimento dell’obbligo di leale cooperazione volto a rendere l’ordinamento giuridico della Regione continuamente coerente con quello dell’Unione europea.
La Regione Piemonte, per l’assolvimento del dovere di recepimento delle direttive o di adattamento del proprio provvedimento come conseguenza della vigenza di norme dell’Unione europea, ricorre, attualmente, a provvedimenti adottati di volta in volta. Una soluzione possibile ma certo non la più efficace in assoluto. La Regione, allora, potrebbe, invece di avanzare la richiesta di nuove competenze in questo ambito, dotarsi finalmente[12]di un’apposita legge quadro regionale di applicazione del primo comma dell’art. 15 dello Statuto, anche sulla base di quanto disposto dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234 “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea” e, più in generale, per tenere conto della riforma costituzionale del titolo V della Costituzione, attuata, come ampiamente noto, con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 e completata con la legge 5 giugno 2003, n. 131 (nota come legge “La Loggia”).
Il secondo punto del paragrafo h del documento di indirizzo è dedicato all’accesso alla Corte di Giustizia della Regione Piemonte[13]. Anche in questo caso, come con riferimento al precedente punto dedicato al riconoscimento dello status di regione associata, si rimane sorpresi per l’ingenuità della proposta in esso contenuta. La richiesta, in primo luogo, è mal posta rispetto al destinatario. Chi abbia accesso e con quali modalità alla Corte di giustizia dell’Unione europea non è nella disponibilità dello Stato italiano, essendo stabilito dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Di conseguenza, qualsiasi modifica dell’attuale regime di accesso passerebbe attraverso una modifica del TFUE che richiede, come noto, l’accordo di tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Una modifica, come ovvio, che non potrebbe limitarsi a dare riscontro alle aspirazioni individuali della Regione Piemonte e presupporrebbe un vaglio, complesso e tutt’altro che scontato, di una rimodulazione dei rapporti tra Enti territoriali infrastatali, Stati membri e Unione europea per quanto riguarda l’accesso alla Corte di giustizia.
D’altra parte, l’art. 5 della legge 131/2003 ha già introdotto la possibilità (confermata dall’art. 42 della legge 234/2012) per le Regioni o le Province autonome di chiedere al Governo di proporre ricorso di annullamento di atti dell’Unione europea dinanzi alla Corte di giustizia nelle materie di rispettiva competenza. In base alla stessa disposizione (secondo periodo), il Governo è tenuto a proporre tale ricorso qualora esso sia richiesto dalla Conferenza Stato-Regioni a maggioranza assoluta delle Regioni e delle Province autonome.
Non risulta che, a oggi, la Regione Piemonte abbia avanzato richieste in tale senso. È appena il caso di ricordare, infine, che la Regione, in ogni caso, è legittimata, come persona giuridica, a proporre direttamente un ricorso individuale contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardino direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardino direttamente e che non comportano alcuna misura di esecuzione, come dispone il quarto comma dell’art. 263 TFUE[14].
3. I rapporti transfrontalieri.
Il Piemonte è una regione di confine. Il suo territorio è a contatto, per centinaia di chilometri, con la Francia e con la Svizzera con cui la sua popolazione ha risalenti e consolidate relazioni commerciali e culturali che si riconoscono anche in considerazione della diffusione, come seconda lingua, del francese. La Regione Piemonte ha, quindi, sviluppato e consolidato nel tempo rapporti particolarmente intensi e stabili con i corrispondenti enti territoriali, rispettivamente, francesi e svizzeri posti al di là delle frontiere nell’ambito delle c.d. «relations de proximité».
L’esigenza di dare un sia pure minimo inquadramento giuridico a tali rapporti di collaborazione ha indotto, nel tempo, la Regione a stipulare, da un lato, intese bilaterali e, dall’altro lato, a partecipare ad accordi estesi a una pluralità di enti territoriali (italiani ed esteri). La legge regionale n. 50 del 18 novembre 1994, intitolata “Iniziative per l’attuazione di accordi di collaborazione fra la Regione ed entità istituzionali di Paesi esteri” ha costituito la principale fonte di riferimento[15].
La collaborazione con gli enti territoriali omologhi, sia francesi sia svizzeri, si è resa particolarmente concreta nell’ambito del programma Interreg, nelle tre edizioni che si sono succedute nel tempo (in particolare Interreg A Italia–Francia e Italia–Svizzera) e poi proseguita nell’ambito della cooperazione territoriale finanziata attraverso i fondi strutturali per il periodo 2007-13 e per il periodo, in corso, 2014-2020[16]. Appare poco significativa, invece, l’attività di collaborazione seguita all’entrata in vigore degli Accordi di applicazione della Convenzione quadro di Madrid del 1980, per quanto riguarda, rispettivamente, il confine della Francia, entrato in vigore il 6 ottobre 1995[17], e il confine con la Svizzera, entrato in vigore il 26 aprile 1993[18].
L’esperienza di collaborazione multilaterale forse più ambiziosa, se non altro per l’estensione dell’area territoriale interessata, è rappresentata dall’Euroregione Alpi Mediterraneo che vede coinvolte, oltre alla Regione Piemonte, la Regione Autonoma Valle d’Aosta e la Regione Liguria e, sul versante francese, la Région Provence-Alpes-Côte d’Azur (oggi Région Sud) e la Région Rhône-Alpes (oggi Région Auvergne-Rhône-Alpes) e in continuità con la Communauté de Travaildes Alpes Occidentales (Cotrao) fondata a Marsiglia nel 1982 con il coinvolgimento anche dei cantoni di Genève, Vaud e Valais[19]. Questa collaborazione è, però, al momento molto debole (per non dire completamente ferma) e incapace di produrre effetti concreti sul territorio.
La Regione Piemonte ha aderito, più recentemente, a un ambizioso progetto europeo di creazione di una strategia per una macroregione alpina (acronimo EUSALP). L’iniziativa, che coinvolge un vasto territorio di oltre 450.000 chilometri quadrati dove risiedono oltre 70 milioni di cittadini di sette Stati diversi[20], mette al centro della sua azione la realizzazione di progetti concreti con risorse economiche già previste dai budget dell’Unione europea, degli Stati membri e delle Regioni. Il modello preso a riferimento è quello, già sperimentato con successo, adottato per le strategie macroregionali del Danubio e del Baltico e in fase di start-up per la macroregione dell’Adriatico e dello Ionio[21].
Nell’ultimo punto del paragrafo h, intitolato politiche transfrontaliere, si chiede di stipulare accordi «con Stati confinati o comunque insistenti nell’area interessata alle attività di cooperazione». La richiesta, ancora una volta, lascia perplessi. Prescindendo da una valutazione circa l’effettiva attinenza della richiesta rispetto alla ratio dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione, non è chiaro che cosa si intenda là dove si domanda l’attribuzione della facoltà di stipulare «anche in difetto di tali accordi tra questi Stati e lo Stato italiano». Premesso che ci si colloca «nell’ambito di attività di cooperazione transfrontaliera disciplinate dalla legge di ratifica della Convenzione quadro europea» (n.d.r. la Convenzione di Madrid del 1980?) e, dunque, quanto meno in Europa e, più verosimilmente, nell’Arco alpino non si capisce a quali scenari si faccia riferimento. Come si è appena visto, la cooperazione nell’Arco alpino è ormai attratta nella strategia macroregionale dell’Unione europea per le Alpi (EUSALP) che non necessita la stipula di accordi internazionali visto che viene attuata nella cornice dell’Unione europea, quindi, per un verso, la richiesta è superflua. D’altra parte, gli ipotetici accordi potrebbero, ragionevolmente, avvenire con la Francia e la Svizzera e seguire la procedura di cui all’art. 6 della L. 5.6.2003, n. 3, ma è ben difficile ipotizzare che ciò accada in difetto di pregressi Accordi tra Italia e i predetti Stati[22].
Più comprensibile e opportuna, la richiesta «di partecipare al procedimento di definizione degli accordi con Stati confinanti diretti a regolare materie con ricadute immediate sul territorio regionale». Poiché le ricadute sul territorio della Regione Piemonte di accordi bilaterali e/o multilaterali conclusi dall’Italia con gli Stati confinanti interessati (in pratica, Italia e Svizzera) sono evidenti, in particolare in relazione a determinate materia (ad esempio, quella della mobilità dei lavoratori transfrontalieri), appare più che opportuna la definizione di modalità di un maggior coinvolgimento degli organi politici e amministrativi della Regione nella delicata fase del negoziato dei contenuti, e quindi, della stesura dell’accordo internazionale.
4. Conclusioni.
L’analisi del paragrafo h del documento di indirizzo volto, nell’intenzione della Regione Piemonte, ad accrescere le sue competenze per quanto riguarda i suoi rapporti con l’Unione europea e i rapporti internazionali, specialmente transfrontaliere, ha messo in evidenza l’obiettiva fragilità della maggior parte delle proposte avanzate e, talvolta, persino la loro inammissibilità.
Al di là della posizione specifica della Regione Piemonte, è indubbio che l’art. 116, terzo comma, della Costituzione non pare concepito e funzionale a rendere possibile un ampliamento delle competenze delle Regioni rispetto ai temi esaminati. Per quanto riguarda i rapporti con l’Unione europea l’ampliamento dovrebbe, comunque, tenere conto dei limiti costituiti dall’attuale formulazione dei Trattati istitutivi che, nonostante le modifiche via via introdotte, continuano a privilegiare i rapporti con gli Stati membri rispetto a quelli con gli enti territoriali infrastatali. Per quanto riguarda i rapporti internazionali transfrontalieri, l’attuale disciplina costituzionale, a esito della riforma del Titolo V, si è già spinta molto avanti e le opportunità che, almeno in astratto, consente non sembrano colte appieno, certamente non dalla Regione Piemonte.
Appare, allora, più utile accrescere la capacità di azione della Regione Piemonte, con riferimento al settore considerato, sulla base del quadro normativo vigente. In questa prospettiva due sono gli obiettivi da perseguire per ordine di priorità: da un lato, dotarsi finalmente di un’apposita legge quadro regionale di applicazione del primo comma dell’art. 15 e dell’art. 42 dello Statuto[23], anche sulla base di quanto disposto dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, e, così da procedere, in modo periodico e ordinato, all’adeguamento dell’ordinamento regionale a quello dell’Unione europea e, dall’altro lato, impegnarsi convintamente, sul piano legislativo e amministrativo, nell’elaborazione e attuazione della politica per la macroregione alpina.
[1] Professore Ordinario di Diritto dell’Unione europea nell’Università degli Studi di Torino.
[2] Delibera del Consiglio regionale del Piemonte n. 319-38783 del 6.11.2018, Allegato A (d’ora innanzi, Allegato o documento di indirizzo). La delibera del Consiglio regionale è stata assunta a seguito di un’iniziativa della Giunta di cui alla delibera della Giunta regionale del Piemonte n. 2.72227 del 20.7.2018.
[3] Sia sufficiente qui rinviare ai recentissimi contributi di F. Pallante, Nel merito del regionalismo differenziato: quali «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» per Veneto, Lombardia ed Emila Romagna?, in federalismi.it, 6/2019 e M. Olivetti, Il regionalismo differenziato alla prova dell’esame parlamentare, in federalismi.it, 6/2019.
[4] Ventisette Stati, se si considera l’uscita in atto del Regno Unito a seguito del referendum svoltosi il 23 giugno 2016.
[5] Gli otto Stati, in ordine decrescente di popolazione sono: Croazia, Lituania, Lettonia, Slovenia, Estonia, Cipro, Lussemburgo e Malta. Si consideri, del resto, che alcuni micro Stati europei, come il Principato d’Andorra (468 km² e 85.000 abitanti), il Principato del Liechtenstein (160 km² e 36.000 abitanti), la Repubblica di San Marino (62 km² e 31.000 abitanti) o il Principato di Monaco (2 km² e 35.000 abitanti) hanno dimensioni e popolazioni nettamente inferiori a quelle del Piemonte e, nondimeno, sono dotati di soggettività internazionale e intrattengono intense e regolari relazioni internazionali.
[6] È attualmente in atto la spesa conseguente all’approvazione dei Programmi operativi regionali (POR) Piemonte per il Fondo europeo di sviluppo regionale e per il Fondo sociale europeo per il periodo 2014-2020 approvati dalla Commissione europea, rispettivamente, il 12 dicembre 2014 e il 12 febbraio 2015. A essi si aggiunge il Programma di sviluppo rurale 2014-2020. Per maggiori dettagli si rinvia alla pagina del sito www.regionepiemonte.it/europa2020.
[7] In generale, per un inquadramento dei vari temi sottesi, cfr., per tutti, A.M. Poggi, Dove va il regionalismo in Europa?, in federalismi.it, n. 16/2018 e O. Porchia, Sub-nationalUnits, MemberStates, and the European Union in (Eds.) M. Burgess, G. A. Tarr, Constitutional Dynamics in Federal Systems – Sub-nationalPerspectives, McGill-Queen’sUniversity Press, Montreal 2012 , p. 280 ss.
[8] Nel Preambolo dello statuto si legge altresì che l’azione della Regione Piemonte si colloca «nel quadro dei principi dell’Unione europea, ispirandosi ai principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo».
[9] In base al primo comma dell’art. 15, «la Regione, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato, concorre alla determinazione delle politiche dell’Unione europea, partecipa alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvede all’attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali e comunitari». In base al secondo comma, «nelle materie di sua competenza la Regione conclude accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme stabiliti dalle leggi dello Stato». Infine, nel terzo comma del medesimo articolo, si legge che «la Regione adatta tempestivamente la legislazione ai principi e agli obblighi contenuti nella normativa comunitaria e direttamente applicabili».Per una disamina approfondita (e critica) del testo dell’art. 15 dello statuto sia consentito rinviare a M. Vellano, I rapporti con l’Unione europea e la cooperazione transfrontaliera, in M. Dogliani, A. Poggi, J. Luther (a cura di), Lineamenti di diritto costituzionale della Regione Piemonte, Torino, 2018, pp. 359-371.
[10] L’Amministrazione regionale è oggi libera di tenere contatti diretti con le istituzioni dell’Unione europea (in primis, con la Commissione europea) onde realizzare, in fase di programmazione come in quella di esecuzione, il migliore coordinamento possibile rispetto alle azioni e alle politiche che la coinvolgano direttamente, in particolare in materia di politica di coesione economica, sociale e territoriale, ma non solo.
[11] Si precisa che il testo di legge costituzionale recante: “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione” (16A03075) e pubblicato in GU n. 88 del 15 aprile 2016 non innova rispetto alle parti dell’art. 117 della Costituzione che rilevano nell’analisi condotta in questa sede.
[12] Seguendo l’esempio di Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Marche, Calabria, Umbria, Emilia Romagna, Molise che vi hanno già provveduto. In proposito, si rinvia a G. Pastore, La legge comunitaria regionale, in Astrid, reperibile on line.
[13] In detto punto si legge: «alla Regione dovrebbe essere consentito accesso autonomo alla Corte di Giustizia sia nel caso di procedure derivanti da infrazioni che rientrino nelle proprie competenze, sia in presenza di lamentate lesioni di interessi o legittime prerogative, che si ritengono violati da parte di istituzioni dell’Unione europea o da altri soggetti in applicazione di norme europee. L’esercizio del diritto di difesa autonomo non esclude la costituzione dello Stato al fianco della Regione, laddove rilevante».
[14] In base all’art. 263 TFUE, quarto comma, «qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari e che riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura di esecuzione».
[15] Pubblicata in B.U.R. 23 novembre 1994, n. 47 e reperibile tramite la banca dati arianna al link http://arianna.consiglioregionale.piemonte.it/.
[16] Sia consentito rinviare, sempre per un inquadramento generale, a M. Vellano, Cooperazione transeuropea e Interreg III, nuove soluzioni e alcuni problemi irrisolti, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2000, p. 789 ss. Per i riferimenti alla programmazione in corso (2014-2020), rispettivamente, con Francia e Svizzera si rinvia al sito istituzionale https://www.regione.piemonte.it/web/temi/fondi-progetti-europei/fondo-europeo-sviluppo-regionale-fesr/programma-operativo-por-fesr-2014-2020/programma-operativo-fondo-europeo-sviluppo-regionale-2014-2020, nonché, più in particolare, a www.interreg-alcotra.eu/it e www.interreg-italiasvizzera.eu/notizie/.
[17] In proposito, M. Frigo, Dalla Convenzione di Madrid all’Euroregione; prove di integrazione transfrontaliera, in Il Diritto dell’Unione Europea, 2005, pp. 701 ss. V. la legge 5 luglio 1995, n. 303 (in s.o. alla GU n. 172 del 25 luglio 1995) di esecuzione e autorizzazione alla ratifica con allegato il testo dell’Accordo.
[18] Se ne può leggere il testo in GU n. 164 del 15 luglio 1993, p. 1 ss.
[19] Per un inquadramento cfr. M. Ghidinelli, L’Euroregione Alpi-Mediterraneo, in «Le istituzioni del federalismo», suppl. XXVIII, 2007, p. 73.
[20] Sono coinvolti i territori di cinque Stati membri dell’Unione europea (Italia, Slovenia, Austria, Germania, Francia), due Stati extra-EU (Svizzera e Liechtenstein) e quarantotto Regioni.
[21] L’iniziativa è stata ufficialmente inaugurata il 25 gennaio 2016 a Brdo, in Slovenia, in occasione della Conferenza di lancio di EUSALP – EU Strategy for the Alpine Region.L’attività si concentrerà nell’ambito di tre pilastri principali (competitività, attrattività e ambiente sostenibile) tramite Gruppi di azione, coordinati da una singola Regione, con il compito di elaborare idee progettuali da sottoporre all’approvazione dell’organo decisionale della strategia, l’Executive Board. Bisognerà, ovviamente, attendere i prossimi anni per valutare l’effettiva efficacia di questo nuovo approccio di cooperazione transfrontaliera che responsabilizza maggiormente le Regioni coinvolte e le vede protagoniste direttamente e non subordinatamente agli Stati di cui fanno parte.
[22] Con l’Addendum sui rapporti internazionali e con l’Unione europea tra il Governo e la Regione Veneto all’Accordo preliminare in merito all’Intesa prevista dall’art. 116, terzo comma, della Costituzione, «il Governo si impegna a presentare un disegno di legge recante l’autorizzazione alla ratifica dei Protocolli aggiuntivi alla Convenzione quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività e autorità territoriali, stipulata nell’ambito del Consiglio d’Europa a Madrid il 21 maggio 1980 e ratificata dall’Italia con legge 19 novembre 1984, n. 948, al fine di consentire alla Regione di operare più incisivamente nell’ambito della cooperazione transfrontaliera, nel rispetto dei limiti procedurali e costituzionali».
[23] L’articolo 42 dello statuto prevede espressamente che: «la Regione, con legge comunitaria regionale, adegua periodicamente la propria normativa all’ordinamento comunitario. I lavori del Consiglio regionale per l’approvazione della legge comunitaria regionale sono organizzati in un’apposita sessione da tenersi entro il 31 maggio di ogni anno».