L’illegittimità costituzionale della modifica unilaterale del Piano piemontese di rientro dal disavanzo sanitario (nota a Corte costituzionale, sentenza n. 87/2024)

Giulia Casto[1]

(ABSTRACT) ITA

Con sentenza 14 maggio 2024, n. 84 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di una norma di legge della Regione Piemonte, recante una modifica in via unilaterale dei termini e delle modalità di restituzione di 1.505 milioni di euro nei confronti del Servizio sanitario regionale, previamente e concordemente stabiliti in sede di riunioni riferibili al periodo in cui la Regione era sottoposta a Piano di rientro dal disavanzo sanitario, per violazione dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma Cost.) nonché del principio di leale collaborazione. Tale pronuncia offre uno spunto per svolgere alcune brevi riflessioni circa il modulo concertativo-pattizio che costituisce il caposaldo dell’organizzazione e della gestione finanziaria nell’ambito sanitario, nonché dei principi che presidiano tale materia, alla luce della legislazione nazionale e della giurisprudenza della stessa Corte costituzionale.

(ABSTRACT) EN

With Sentence no. 84 of 14 May 2024, the Constitutional Court declared illegitimate a provision of the law of the Piedmont Region, unilaterally modifying the terms and procedures for the repayment of 1,505 million euro to the Regional Health Service, previously and jointly established during meetings referable to the period in which the Region was subject to the healthcare deficit recovery plan, for violation of the fundamental principles on the coordination of public finance (Article 117, third paragraph of the Italian Constitution) and the principle of loyal cooperation. This pronouncement offers a starting point for some brief reflections on the concerted-agreement module that constitutes the cornerstone of the organization and financial management in the health sector, as well as the principles that govern this matter, considering the national legislation and the case law of the Constitutional Court itself.

Sommario:

1. La questione sottoposta al giudizio della Corte – 2. Il modulo concertativo-pattizio di disciplina del finanziamento del servizio sanitario – 3. Il principio di definizione concordata delle misure di mantenimento del sistema sanitario regionale – 4. Considerazioni finali

1. La questione sottoposta al giudizio della Corte

Può una Regione unilateralmente modificare il programma di restituzione delle somme in favore del Servizio sanitario regionale contenuto nel Piano di rientro dal disavanzo finanziario sottoscritto con lo Stato?

Questa è la questione che la Corte costituzionale è stata chiamata a decidere con la sentenza 14 maggio 2024, numero 87, a seguito del ricorso in via principale sottopostole dall’Avvocatura generale dello Stato.

La sentenza ha ad oggetto la legittimità costituzionale di una norma della Regione Piemonte[2], che, nell’ambito del bilancio di previsione finanziario per il triennio 2023-2025, disponeva una allocazione dei trasferimenti di cassa alla gestione sanitaria diversa rispetto a quella prevista qualche anno prima[3], la quale era stata elaborata alla luce della relazione cooperativa tra la Regione stessa e gli organi incardinati presso il Ministero dell’Economia e il Ministero della Salute, al fine di agevolare l’uscita della regione dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario.

In particolare, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha lamentato, da un lato, la violazione del titolo competenziale del coordinamento della finanza pubblica (art. 117, co. 3, Cost.), del quale gli accordi in materia di risanamento finanziario della sanità regionale – con le modalità che si vedranno – costituiscono fondamentale espressione; dall’altro la violazione del principio di leale collaborazione (artt. 5 e 120 Cost.), in quanto la modifica legislativa impugnata sarebbe avvenuta in via unilaterale, al di fuori delle logiche concertativo-pattizie che presidiano il settore del finanziamento sanitario e, quindi, senza il coinvolgimento delle istituzioni statali che pure hanno competenza in materia.

Il caso portato all’attenzione della Corte costituzionale prende le mosse dalla sottoscrizione del Piano di riqualificazione del Servizio sanitario regionale e di riequilibrio economico (c.d. Piano di rientro sanitario) da parte della regione Piemonte nel 2010, non già a causa di una situazione di criticità derivante dallo sforamento dei parametri sul disavanzo sanitario, bensì al fine di ottenere la quota parte del finanziamento ancora spettante per l’anno 2004, sulla base di quanto stabilito dall’art. 14 dell’Intesa Stato-Regione del 3 dicembre 2009[4].

Il triennio 2010-2012 è stato, così, contraddistinto dall’adozione di una serie di misure[5] – racchiuse nel Programma attuativo del Piano di rientro di fine settembre 2010 e nel successivo Addendum[6]– contraddistinte dalla ratio del perseguimento di una riduzione di spesa, al fine di dimostrare il possesso dei requisiti necessari per ricevere l’ulteriore stanziamento.

Nel dicembre 2011, tuttavia, gli organi preposti al monitoraggio dell’attuazione del Piano in conformità con l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza – il c.d. Tavolo di verifica degli adempimenti[7] e il c.d. Comitato LEA[8] – hanno verificato la sussistenza di una situazione di disavanzo sanitario, ostativa dell’erogazione dei finanziamenti ex art. 14 dell’Intesa Stato-Regione del 3 dicembre 2009.

Il perdurarsi della situazione di disavanzo finanziario è stato accertato dagli stessi organi anche per l’anno 2012, contestualmente all’emersione di un ulteriore debito derivante dal mancato conferimento alle ASL di una parte delle risorse trasferite alla Regione. Alla somma di tutti questi elementi si deve la valutazione negativa dello stato di attuazione del Piano e l’invito a proseguire l’iter di rientro dal disavanzo mediante la predisposizione di un Programma operativo[9] per il successivo triennio.

Infine, nell’aprile 2016 è pervenuta la valutazione positiva da parte del Tavolo tecnico e del Comitato LEA circa l’attuazione del Programma operativo 2013-15, benché permanesse un insufficiente livello di liquidità del Servizio sanitario regionale, con conseguenze negative circa il tempestivo pagamento dei fornitori delle prestazioni (ASL). Per tale ragione, il 21 marzo 2017 è stato formalizzato un accordo tra Regione e Ministero dell’Economia e delle Finanze con cui la prima si impegnava a pagare il debito residuo nei confronti degli operatori del sistema sanitario (pari circa a 1,5 miliardi di euro) in un arco temporale di dieci anni e a portare, entro sei anni, i tempi di pagamento a 60 giorni, così come previsto dalla normativa europea[10].

Il contenuto di tale ultimo accordo[11] è confluito nell’art. 14, comma 2, l.r. Piemonte 5 dicembre 2016, n. 24, costituendo il programma di restituzione della liquidità regionale in favore delle Aziende sanitarie locali, poi modificato unilateralmente dalla norma impugnata dinanzi alla Corte costituzionale.

La Corte costituzionale, dichiarando fondata la questione promossa in riferimento all’art. 117, comma 3, Cost., in relazione ai principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica[12], avuto anche riguardo al principio di leale collaborazione, e dichiarando a questa assorbite le censure promosse sempre in riferimento all’art. 117, comma 3, Cost., in relazione al principio di vincolatività dei piani di rientro e dei successivi programmi operativi[13], dichiara la parziale illegittimità costituzionale della norma censurata.

Di talché, la sentenza offre un valido spunto per affrontare le questioni concernenti l’ormai predominante modulo concertativo-pattizio di disciplina del finanziamento del servizio sanitario e del generale principio di definizione concordata fra Stato e regioni delle misure volte a realizzare gli obiettivi di mantenimento del sistema sanitario regionale.

2. Il modulo concertativo-pattizio di disciplina del finanziamento del servizio sanitario

Fin dall’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale[14], il finanziamento delle prestazioni è stato definito in base al criterio della “spesa storica”[15], che tiene conto non già della reale “domanda di salute” della comunità territoriale da soddisfare e del fabbisogno di prestazioni sanitarie a questa correlato, bensì delle esigenze di bilancio delle amministrazioni. Le risorse destinate alle regioni si determinavano in ragione delle spese sostenute senza considerare l’adeguatezza ed efficienza delle prestazioni erogate. In questo modo, secondo i principi della c.d. finanza derivata e da trasferimento, si è in definitiva consentito alle regioni di aumentare costantemente il livello della spesa, abbandonando qualsivoglia velleità di autonomia fiscale[16], nonché producendosene la tendenziale deresponsabilizzazione finanziaria.

Il superamento di tale modello è stato preannunciato anzitutto con il d.lgs. 18 febbraio 2000, n. 56[17], il quale, anticipando alcuni degli elementi contenuti nella riforma del Titolo V della Costituzione (l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3), perseguiva l’obiettivo di abbandonare progressivamente il criterio della spesa storica, per realizzare un sistema di fiscalità regionale di tipo federale che favorisse la diffusione della cultura dell’autogoverno responsabile[18], nel solco tracciato dalle riforme Bassanini degli anni ‘90. La ratio di fondo di tale impianto normativo era di predisporre un sistema di finanziamento parametrato sulla capacità fiscale regionale, destinando direttamente alle regioni parte dei tributi statali, di modo da garantire l’erogazione omogenea dei livelli essenziali di assistenza[19] su tutto il territorio nazionale[20].

A cavallo di questi interventi normativi si collocano i primi esperimenti di concertazione in materia di finanziamento del servizio sanitario, che apriranno la strada all’applicazione del c.d. modulo concertativo-pattizio nella disciplina del finanziamento del servizio sanitario[21]. Il riferimento va alla sottoscrizione dei c.d. Patti per la salute fra Stato e Regioni. Si tratta di accordi finanziari e programmatici di valenza triennale che Governo e Regioni raggiungono, in sede di Conferenza permanente, in merito alla spesa e alla programmazione del Servizio Sanitario Nazionale, per migliorare la qualità dei servizi, promuovere l’appropriatezza delle prestazioni e garantire l’unitarietà del sistema[22].

Il modus operandi che si è andato a definire a partire dall’adozione del primo Patto per la Salute è quello di una cooperazione[23] istituzionale in materia di tutela della salute tra Stato e Regioni, dando realizzazione al principio costituzionale della leale collaborazione[24], mediante la quale stipulare un accordo condiviso tra gli enti territoriali competenti, cosicché siano proprio i rappresentanti dello Stato e delle Regioni a dialogare in ordine agli aspetti critici degli obiettivi da raggiungere e ai mezzi attraverso cui farlo.

I Patti sono poi trasfusi nelle manovre finanziarie adottate di anno in anno con legge del Parlamento, andando a definire il quadro finanziario della sanità italiana: a partire dal 2001 sono stati stipulati, periodicamente, cinque Patti per la salute[25], che hanno segnato la stagione di concertazione del finanziamento dei sistemi sanitari.

È, dunque, all’interno del modello concertativo-pattizio, così evolutosi, che vengono adottate le misure atte a sostenere le regioni in difficoltà economica, a intraprendere percorsi di risanamento delle condizioni finanziarie della sanità regionale, ponendo financo limiti alla loro autonomia normativa e amministrativa, sotto il controllo e il monitoraggio dei preposti organi statali e ministeriali.

È stato, infatti, il Patto per la salute 2007-2009[26] a istituire il Fondo transitorio dedicato alle regioni in difficoltà[27], l’accesso alle cui risorse veniva subordinato alla “sottoscrizione di apposito accordo ai sensi dell’articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, comprensivo di un piano di rientro dai disavanzi”. L’applicazione dei primi Piani di Rientro si riscontra, dunque, solo a partire dall’anno 2007.

La locuzione “Piano di rientro”[28] definisce l’accordo tra presidente di Regione, Ministro dell’Economia e Ministro della Salute, quale “programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio», introdotta con la legge finanziaria 2005[29].

Tale istituto risulta essere una delle espressioni più compiute del c.d. modulo concertativo-pattizio in materia, posto che dalla sua disciplina emerge un costante dialogo tra la Regione sottoposta al Piano e lo Stato, da un lato proseguendo in quella tradizione di collaborazione che è propria del regionalismo italiano, soprattutto post Riforma del Titolo V[30], dall’altro innovando le modalità attraverso cui lo Stato è chiamato a supervisionare l’operato delle Regioni in un quadro costituzionale votato alla loro autonomia[31].

A ben vedere, l’individuazione di procedimenti di natura concertativo-pattizia per affrontare, nello specifico, la situazione di disavanzo sanitario regionale si deve anzitutto alla normativa posta dall’art. 19-ter del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502[32], di disciplina del “Programma operativo di rientro dal deficit”[33], la quale contiene il procedimento in nuce che verrà adottato per i Piani di Rientro.

La ricostruzione normativa di tale istituto non si presenta agevole, in quanto il legislatore, a partire dalla loro introduzione nella finanziaria del 2005, non ne ha mai proposto una disciplina organica, adottando invece varie disposizioni nel corso degli anni, sulla base delle esperienze maturate, per lo più nelle leggi finanziarie di recepimento dei Patti per la salute, che ne hanno di fatto massimizzato la frammentarietà.

Originariamente introdotti col fine precipuo di rafforzare i vincoli del Patto di stabilità[34], si obbligavano le regioni in cui fossero accertati rilevanti disavanzi di gestione a stipulare un apposito accordo con lo Stato, accompagnato dal Programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Ssr (Piano di rientro), al fine di individuare gli interventi necessari[35] per il perseguimento dell’equilibrio economico nel rispetto dei Livelli essenziali di assistenza. A ciò e alla verifica dell’effettiva attuazione del programma, si subordinava l’accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato e in favore della regione interessata.

La procedura concertata di stipulazione del Piano e dei coordinati accordi di attuazione è ispirata e guidata dal principio di leale collaborazione[36], così come la fase di monitoraggio dell’attuazione del Piano di rientro nel rispetto dell’erogazione dei Lea, cui sono preposti due organismi paritetici: il Tavolo congiunto tra le regioni e i ministeri dell’economia e della Salute di verifica degli adempimenti che opera presso il Ministero dell’Economia e il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei Lea che opera presso il Ministero della Salute.

I Piani di Rientro dal disavanzo sanitario, così come introdotti e disciplinati dal legislatore statale, si presentano quali strumenti giuridici deputati a duplice funzione. Innanzitutto, la sottoscrizione del Piano reca in sé l’impegno formale e sostanziale di porre rimedio a una situazione di debito sanitario regionale pregresso, la quale si ripercuote sull’intero sistema finanziario nazionale, con il rischio di disattendere i vincoli di stabilità interni ed europei[37]. Il procedimento trova pertanto fondamento a livello costituzionale nell’art. 117, comma 3, il quale, tra le materie a legislazione concorrente, inserisce il coordinamento della finanza pubblica, così come nel principio di copertura della spesa dello Stato di cui all’art. 81, comma 4, Cost.

In secondo luogo, l’intesa racchiusa nel Piano di Rientro è volta ad assicurare che, nonostante la situazione di disavanzo e per tutta la durata del Piano, sia garantita l’effettività dei livelli essenziali di assistenza, a conferma dell’impostazione che interpreta tale istituto come preordinato a presidiare – anche – la realizzazione del diritto alla salute (art. 32 Cost.)[38]. Perciò, per tutta la vigenza del Piano, alla Regione sono imposte due preclusioni, che sono effetto della forza vincolante dello stesso[39]. La prima riguarda l’adozione di qualsiasi provvedimento – anche legislativo – che ne ostacoli l’attuazione, ovvero che incida sulle misure in esso contenute. La seconda riguarda la politica sanitaria regionale stricto sensu, in quanto, per tutta la vigenza del Piano, le Regioni non possono introdurre livelli di assistenza sanitaria ulteriori rispetto a quelli essenziali.

Il risultato che si ottiene – almeno prima facie – è quello di comprimere l’autonomia legislativa regionale anche oltre il limite dei principi fondamentali previsti in materia di tutela della salute (art. 117, comma 3), in ragione del prevalente bilanciamento degli obiettivi di finanza pubblica e del contenimento delle spese del sistema sanitario regionale da un lato, e del principio di uniforme erogazione dei LEA su tutto il territorio nazionale dall’altro.

Tali limiti – fissati nel perseguimento di obiettivi di tutela della salute della popolazione[40] – sono, in un certo qual modo determinati dallo stesso comportamento degli organi regionali, cui è addebitabile una gestione finanziaria generatrice di una situazione di deficit tale da richiedere l’intervento dello Stato e il ricorso alle suddette misure straordinarie[41]. Alla sottoscrizione del Piano di rientro può infatti succedere – nel caso di mancata conclusione positiva entro il triennio – un procedimento di diffida e di messa in mora, con nomina di un commissario ad acta incaricato di provvedere alla gestione sanitaria[42].

3. Il principio di definizione concordata delle misure di mantenimento del sistema sanitario regionale

L’obbligo di restituzione delle somme in favore del SSR gravante sulla Regione Piemonte, dopo l’uscita positiva dal Piano[43], rappresenta un passaggio necessario ed obbligato in vista del risanamento del bilancio pubblico. Infatti, a partire da uno storico ricorso al debito al fine di ridurre il disavanzo sanitario, si è generato un pericoloso circolo vizioso, il quale produce come effetto principale quello di ritardare il pagamento ai fornitori (le Aziende sanitarie pubbliche, nel caso di specie) ed ha come risultato ulteriore quello di creare una situazione di patologica ingovernabilità della spesa sanitaria regionale[44].

Lo Stato ha sollevato questione di illegittimità costituzionale in relazione all’articolo 1, c. 173 della l. 311/2004, assunta quale norma interposta, cui si deve l’affermazione del principio generale di definizione concordata fra Stato e regioni delle misure volte a realizzare gli obiettivi di mantenimento del sistema sanitario regionale. Quest’ultimo, unitamente al modulo concertativo-pattizio di cui si è detto, si configura quale principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 117, terzo comma Cost.

La funzione sanitaria pubblica, come noto, è articolata su due livelli di governo, statale e regionale, che, a partire dall’intreccio dei profili costituzionali e organizzativi[45] nonché dal riparto di competenze[46], si arricchisce di ulteriori limiti e procedimenti in una situazione di disavanzo finanziario, come quella che ha conosciuto la Regione Piemonte e che ha portato nel 2010 alla sottoscrizione del Piano di rientro[47]. Peraltro, al Piano è riconosciuta una forza vincolante[48], in ragione del principio di leale collaborazione (art. 120 Cost.) che informa i rapporti tra gli enti della Repubblica e del vincolo solidaristico (art. 2 Cost.).

La procedura concertata di stipulazione del Piano e dei coordinati accordi di attuazione è ispirata e guidata dal principio di leale collaborazione[49], in quanto in una prospettiva relazionale, realmente collaborativa e, appunto, leale gli attori istituzionali sono coinvolti in maniera paritaria, raggiungendo un accordo sostanziale comune in maniera attiva e non meramente passiva[50].

Di talché, risulta effettivamente irragionevole e contraddittoria la scelta dal legislatore regionale piemontese di modificare in via unilaterale, e quindi al di fuori da modalità concertativo-pattizie, nonché di ogni canone di leale collaborazione, un accordo al contrario raggiunto secondo questi schemi.

Non è ridondante richiamare in questa sede il principio solidaristico che nella sua variante pubblica, ovvero da taluno definita “paterna”[51], esercita un ruolo fondamentale nei rapporti tra Stato e autonomie territoriali, imponendo alla Repubblica nel suo complesso e alle sue articolazioni (art. 114 Cost.), di accettare limitazioni alle proprie sfere di competenza. Ciò purché tali limitazioni siano legittimate da una ratio di raggiungimento degli obiettivi comuni di volta in volta perseguiti, che, nel caso di specie, possono essere rinvenuti nel risanamento finanziario della sanità regionale[52].

Neanche l’interpretazione “storica”[53] soccorre a evitare la pronuncia di illegittimità costituzionale: non vi è traccia nei lavori preparatori di elementi utili a salvaguardare la ragionevolezza della scelta assunta dal legislatore regionale in violazione del principio di leale collaborazione e di quello solidaristico[54]. Più precisamente non c’è traccia di quanto eccepito dalla regione in sede di costituzione in giudizio a proposito del “radicale mutamento delle circostanze di fatto” sopravvenute dal 2016 – in primis la pandemia da Covid-19 – che avrebbero distratto le risorse finanziarie contenute nel piano e indirizzate alla riduzione dei residui passivi verso le aziende sanitarie regionali.

Viceversa, dai lavori preparatori del previgente art. 14 della l.r. Piemonte n. 24 del 2016 emerge, proprio in ragione dell’esito della valutazione positiva richiamata, come si siano presi in considerazione, nella elaborazione del programma di restituzione delle somme, quegli accordi raggiunti in sede di monitoraggio, nel rispetto del principio di definizione concordata delle misure di mantenimento del sistema sanitario regionale, nonché del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo della sanità, racchiudendo coerentemente nella disciplina legislativa quanto stipulato in sede pattizia.

4. Considerazioni finali

Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, si può concludere che la sentenza in questione contribuisca a definire i limiti dell’autonomia legislativa delle regioni[55], in un bilanciamento che richiede il continuo confrontarsi dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e di tutela alla salute, cui l’ordinamento impone che si pervenga nel segno del principio di leale collaborazione tra i livelli di governo della sanità pubblica[56].

Così, la Corte afferma che nell’esercizio della competenza concorrente in materia di gestione del Servizio sanitario regionale, la Regione Piemonte avrebbe dovuto rendere incisivo ossequio al principio di definizione di definizione concordata degli obiettivi e delle misure di mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema sanitario regionale, instaurando un’interlocuzione con le amministrazioni statali competenti nello spirito di leale collaborazione.

Come si è ricostruito, a prevalere nelle relazioni tra Stato e regioni in materia di finanziamento del servizio sanitario è il c.d. modulo concertativo-pattizio, di cui il Piano di Rientro è espressione. Così che, nell’esercitare la potestà legislativa concorrente, gli organi regionali sono tenuti ad agire conformemente ai principi che si sono affermati, a partire da quello fondamentale di coordinamento della finanza pubblica[57].

Tale circostanza, pacifica durante la vigenza dei Piani di Rientro e nel corso dell’attività svolta dai commissari ad acta incaricati di darvi attuazione[58], viene estesa dalla Corte – nel caso in esame – a un momento successivo alla chiusura del Piano, esplicitando una sorta di ultrattività degli accordi[59] raggiunti in quella sede, in nome del predominante fine di assicurare una gestione del servizio sanitario efficiente e capace di rispondere alle istanze dei cittadini in coerenza con le regole di bilancio.

Infatti, non rileva che la Regione avesse riacquisito la propria autonomia in ambito sanitario e di bilancio. Dal momento che questa viene esercitata in contrasto con gli accordi raggiunti in via concertativo-pattizia tra Stato e regione e che essi hanno costituito “un fondamentale elemento di valutazione al fine della conclusione positiva del Piano”, viene riconosciuto ad essi un innovativo carattere precettivo, tale da condurre a una dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma regionale successiva modificativa del loro contenuto e adottata unilateralmente.

Ciò che sarebbe risultato più aderente rispetto a tutti i profili fin qui trattati, sarebbe stato di intraprendere un’interlocuzione, secondo il modello concertativo-pattizio, con le amministrazioni statali competenti e gli organi appositamente previsti e già incontrati nel 2017, al fine di pervenire a due risultati fondamentali. Il primo di motivare le ragioni dell’asserita sopravvenuta impossibilità di realizzare il programma di restituzione delle liquidità entro il termine e con le modalità concordate. Il secondo di giungere, in via necessariamente concordata, a un nuovo termine finale entro il quale modulare il trasferimento di cassa, in ogni caso dovuto alla gestione sanitaria regionale. Solo in questo modo risulterebbe soddisfatto il principio di definizione concordata degli obiettivi e delle misure di mantenimento dell’equilibrio finanziario del servizio sanitario regionale.

Per concludere, si deve dare conto che è in queste settimane in discussione in Consiglio regionale il progetto di legge regionale n. 52[60], il quale reca all’articolo 8 la “sostituzione dell’articolo 14 della l. r. 24/2016”. Il legislatore piemontese, prendendo atto dei motivi della sopravvenuta pronuncia di illegittimità costituzionale, intenderebbe completare entro il 2028 – invece che nel 2032 – l’allocazione dei trasferimenti di cassa alla gestione sanitaria da destinare alla riduzione dei residui passivi verso le aziende sanitarie regionali al 31 dicembre 2015, prevedendo un prelievo dal conto di tesoreria della gestione ordinaria per importi pari a 153 milioni di euro nel 2025 e 2026, a 152 milioni di euro nel 2027 e 2028. In tal modo, si porterebbe il termine per la restituzione integrale a una data più vicina all’originario 2026, secondo una rimodulazione degli importi considerata “idonea e congrua” con il rispetto degli obblighi eurounitari e con la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica. Dai lavori preparatori allegati al progetto, emerge come tale norma costituisca il recepimento legislativo dell’intesa raggiunta nel luglio 2024 tra la Regione, Tavolo tecnico e Comitato LEA. È stato, infine, raggiunto un accordo sul programma di restituzione delle somme tra la Regione e lo Stato, come caldeggiato dalla Corte costituzionale, recuperando la logica concertativo-pattizia del finanziamento del servizio sanitario e il rispetto dei principi di definizione concordata delle misure di mantenimento del sistema sanitario regionale, nonché di leale collaborazione.

  1. Dottoressa magistrale in Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino.
  2. L’art. 8 della legge della Regione Piemonte 24 aprile 2023, n. 6, Bilancio di previsione finanziario 2023-2025.
  3. Con art. 14, del comma 2, l.r. Piemonte 5 dicembre 2016, n. 24, Assestamento del bilancio di previsione finanziario 2016-2018 e disposizioni finanziarie.
  4. Rubricato: Piani di rientro per le regioni inadempienti rispetto ad adempimenti diversi dall’obbligo di equilibrio di bilancio.
  5. Tra queste: un risparmio sulle prestazioni da privati accreditati, con la revisione dei tetti di spesa;  il contenimento del costo del personale, attraverso il parziale blocco del turnover, la sospensione delle prestazioni aggiuntive per il personale dipendente, la mancata attivazione di servizi a gestione diretta e la riduzione dei contratti atipici; un risparmio sulla spesa per acquisti di beni e servizi, mediante la diffusione della procedura centralizzata di acquisto; la razionalizzazione della spesa farmaceutica, con la revisione del prontuario regionale e il monitoraggio dell’appropriatezza prescrittiva; la ristrutturazione della rete diagnostica e dei laboratori.
  6. Deliberazione della Giunta Regionale 29 aprile 2011, n. 49-1985.
  7. Istituito dall’art. 12 dell’Intesa 23 marzo 2005, è il Tavolo tecnico congiunto tra le regioni, il Ministero della Salute e il Ministero dell’economia e delle finanze, istituito presso quest’ultimo, al quale spetta la verifica degli adempimenti di cui ai commi 173 e 181, dell’art. 1, l. 311/2004.
  8. Istituito dall’art. 9 dell’Intesa 23 marzo 2005, è il Comitato permanente che opera presso il Ministero della Salute al quale spetta la verifica dell’erogazione dei LEA in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo delle risorse e la verifica della congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione (co. 1).
  9. Recepito con D.G.R. 30 dicembre 2013 n. 25-6992. Il PO ha riproposto il percorso di contenimento della spesa tramite interventi strutturali quali la revisione della rete ospedaliera, il riordino e il potenziamento della rete territoriale e la definizione dei budget destinati alla rete privata accreditata. Con riferimento all’efficienza, sono state confermate misure di centralizzazione degli acquisti e di integrazione delle reti logistiche, insieme a una serie di interventi per il contenimento della spesa farmaceutica come la definizione di tetti e il monitoraggio della spesa stessa, un maggior utilizzo di farmaci a brevetto scaduto, la formazione degli operatori del settore e la verifica dell’appropriatezza prescrittiva.
  10. Direttiva 2011/7/UE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
  11. Dal verbale della riunione congiunta del 16 novembre 2016 risulta che il Tavolo tecnico e il Comitato permanente “pur esprimendo il proprio favore nei confronti della scelta regionale di procedere a una definizione formale della procedura di restituzione della liquidità regionale dovuta nei confronti del SSR, mediante apposita norma da inserire nella legge regionale di assestamento di bilancio per l’anno 2016, avevano chiesto, tuttavia, di contenere la proposta di restituzione in un numero di annualità non superiore alle dieci, formulando altresì una proposta di modulazione annuale degli importi da prelevare dal conto di tesoreria della gestione ordinaria e da destinare alla gestione sanitaria entro il decennio”, v. punto 4.1.2. del Considerato in diritto di C. cost. 14 maggio 2024, n. 87.
  12. Espressi dall’art. 1, co. 173, l. 30 dicembre 2004, n. 311, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005.)
  13. Contenuto nell’art. art. 1, co. 173, l. 30 dicembre 2004, n. 311, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005).
  14. Per una organica ricostruzione dell’evoluzione del sistema di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, v. Viceconte N. (2012), L’evoluzione del sistema di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale tra federalismo “promesso” ed esigenza di bilancio, in Italian Papers on Federalism, n. 2012/01. Da ultimo, si segnala, incidentalmente, che a seguito dell’Intesa in Conferenza Stato-Regioni del 21 dicembre 2022 è stato varato un nuovo meccanismo di riparto dei finanziamenti per la sanità tra le Regioni, il quale ha previsto, a partire dal 2023, l’ampliamento dei criteri, per un approfondimento v. Ufficio parlamentare di bilancio, Il riparto del fabbisogno sanitario nazionale tra nuovi criteri e attuazioni incompiute, 27 marzo 2024.
  15. Pinelli C. (2018), La revisione costituzionale del 2001 e le sue ricadute in campo sanitario, in Corti supreme e salute, n. 2018/03, p. 660 ss.; Viceconte N. (2013), Il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, in Manuale di diritto sanitario, R. Balduzzi, G. Carpani (a cura di), Bologna, Il Mulino, p. 372.
  16. Calzolaio S. (2014), Il modello dei Piani di rientro dal disavanzo sanitario dal punto di vista dell’equilibrio di bilancio, in federalismi.it, n. 2014/23, p. 8.
  17. Attuativo della legge 13 maggio 1999, n. 133, Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale. Dirindin N. (2001), Federalismo fiscale e servizio sanitario: un percorso di responsabilizzazione o il presupposto per cambiamenti strutturali? in Governare il federalismo. Le sfide per la sanità, N. Dirindin, E. Pagano (a cura di), Roma, Il pensiero scientifico, 2001.
  18. Tieghi G. (2023), Repubblica delle autonomie o Repubblica “spaesata”? Federalismo, fiscalità e l’Italian case-law tra Stato e Regioni, in federalismi.it, n. 2023/05 p. 115.
  19. Sui quali è presente una densa letteratura. Per ciò che qui rileva si rinvia a: Balduzzi R., Servetti D. (2013), La garanzia costituzionale del diritto alla salute e la sua attuazione nel Servizio sanitario nazionale, in Balduzzi R., Carpani G. (a cura di), Manuale di diritto sanitario, Bologna, Il Mulino, p. 80 ss; Molaschi V. (2010) I livelli essenziali delle prestazioni nella sanità, in Ferrara R. (a cura di), Salute e Sanità, Milano, Giuffrè; Costanzo A. (2008), Il principio di proporzionata collaborazione fra Stato e regioni, in Giur. Cost., n. 2008/03; p. 2817 ss. Nel caso di Regioni sottoposte a commissariamento: Buzzachi C. (2019), Chi garantisce i Lea nelle Regioni commissariate?, in Le Regioni, n. 2019/01, p 307 ss.
  20. Saitta F. (2018), Autonomie territoriali e governo della sanità, in Istituzioni del Federalismo, p. 808.
  21. Sul sistema degli accordi nell’ambito della materia sanitaria v. Carpani G. (2001), Cogestire la sanità. Accordi e intese tra Governo e regioni nell’ultimo decennio, relazione al Master in diritto sanitario dell’Università degli studi di Bologna “La tutela della salute tra garanzie degli utenti ed esigenze di bilancio”, Bologna, Spisa, 30 maggio 2001.Cfr. Accordo Stato-Regioni dell’8 agosto 2001; d.l. 18 settembre 2001, n. 347, convertito con modificazioni dalla l. 16 novembre 2001, n. 405, Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria.
  22. Cfr. Viceconte N. (2013), Il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, cit., p. 376; Viceconte N. (2012), L’evoluzione del sistema di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale tra federalismo “promesso” ed esigenze di bilancio, in Italian Papers on Federalism, 2012/01.
  23. Sulla cooperazione in diritto amministrativo v. tra gli altri: D’Angelo F. (2016), Relazioni organizzative, coamministrazione, principio di cooperazione, in Cavallo Perin R., Police A., Saitta F. (a cura di) L’organizzazione delle pubbliche amministrazioni tra Stato nazionale e integrazione europea, vol. I, in Ferrara L., Sorace D. (a cura di) A 150 anni dall’unificazione amministrativa italiana. Studi, Firenze, Firenze University Press; Macchia M. (2012). La cooperazione amministrativa come “questione di interesse comune”, in Chiti M.P., Natalini A. (a cura di) Lo Spazio amministrativo europeo: le pubbliche amministrazioni dopo il Trattato di Lisbona, Bologna, Il Mulino, 87 ss.; Galetta D.U. (2009), Coamministrazione, reti di amministrazioni, Verwaltungsverbund: modelli organizzativi nuovi o alternative semantiche alla nozione di “cooperazione amministrativa” dell’art. 10 TCE, per definire il fenomeno dell’amministrazione intrecciata?, in Riv. Ital. Dir. Pubbl. Comunitario, n. 2009/06, 1689 ss.; Zanetti L. (2007), Gli strumenti di cooperazione funzionale nell’azione pubblica, in Cammelli M. (a cura di) Territorialità e delocalizzazione nel governo locale, Bologna, Il Mulino, pp. 507 ss.
  24. Saitta F. (2018), Autonomie territoriali e governo della sanità, cit. p. 805.
  25. Cfr. in www.salute.gov.it/, i patti 2002-2004; 2007-2009; 2010-2012; 2014-2016 e l’ultimo 2019-2021.
  26. Patto per la salute del 5 ottobre 2006, relativo al triennio 2007-2009 recepito nella legge finanziaria per l’anno 2007 (l. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).
  27. Art. 1, comma 796, lett. b), l. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annual e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007). La normativa originaria quantificava tale difficoltà in disavanzi pari o superiori al 7 per cento, successivamente rimodulati al 5 per cento. Rispetto alle previsioni ivi contenute, Corte cost. sent. n. 216/2008: è legittimo uno “speciale contributo finanziario dello Stato, purché sia subordinato a particolari condizioni finalizzate a conseguire un migliore o più efficiente funzionamento del complessivo servizio sanitario”, inoltre si tratta di “un’erogazione condizionata al rispetto di obiettivi precisi stabiliti a livello centrale, la cui realizzazione sarà monitorata periodicamente attraverso appositi nuclei di affiancamento formati da rappresentanti del Governo e della Conferenza delle Regioni”, non già di “un’invasione di competenze da parte dello Stato”.
  28. Sulla quale in dottrina si rinvia: Patanè A. (2021), I piani sanitari: studio sul modello solidale di regionalismo in Italia, Paciani Editore, Pisa; Bordignon M., Coretti S., Turati G. (2019), I piani di Rientro della sanità regionale: quali risultati finora?, in Osservatorio sui conti pubblici italiani, 5 agosto 2019; Carpani G. (2018) Cogestire un servizio sanitario regionalizzato. Gli strumenti in campo: dai LEA ai piani di rientro, in Colapietro C., Atripaldi M., Fares G., Iannuzzi A. (a cura di) I modelli di welfare sanitario tra qualità e sostenibilità, Napoli, Editoriale scientifica; Bellentani M., Bugliari Armenio L. (2013), La logica dei piani di rientro e il difficile equilibrio tra autonomia e responsabilità, in Balduzzi R., Carpani G. (a cura di), Manuale di diritto sanitario, Bologna, Il Mulino, p. 392; Balduzzi R. (2010), Piani di rientro: difficile equilibrio tra autonomia e responsabilità, in Monitor, n. 2010/22, p. 4 ss.; La Falce M.G. (2008), L’attività di affiancamento delle Regioni in materia socio-sanitaria: i Piani di rientro, in Balboni E. (a cura di), La tutela multilivello dei diritti sociali, Jovene, Napoli, p. 850 ss.
  29. Articolo 1, comma 180, l. 30 dicembre 2004, n. 311, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005.), integrati con la successiva Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 e con i Patti per la salute che sono conseguiti.
  30. Carpani G. (2010), Accordi e intese tra Governo e Regioni nella più recente evoluzione del SSN: Spunti ricostruttivi, in Balduzzi R. (a cura di), Trent’anni di Servizio sanitario nazionale, Il Mulino, Bologna, p. 39.
  31. Patanè A. (2021), I piani di rientro sanitari: il perimetro di un’indagine nella prospettiva delle possibili modifiche normative dopo la pandemia da Covid-19, in Queste istituzioni, n. 2021/02, p. 68.
  32. Introdotto dall’art. 16 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419.
  33. Innanzitutto, il Ministro della sanità, anche sentita l’Agenzia per i servizi sanitari regionali (Assr, oggi Agenas) segnala alle regioni gli eventuali scostamenti osservati rispetto ai valori di riferimento valutati a livello nazionale (comma 1); dopodiché le regioni, anche avvalendosi del supporto tecnico di Agenas, procedono a una ricognizione delle cause dello scostamento ed elaborano programmi operativi di riorganizzazione, riqualificazione o di potenziamento dei ssr, di durata massima di tre anni (comma 2); infine i due protagonisti principali (Ministro della sanità e regione coinvolta) stipulano una convenzione, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, avente ad oggetto le misure per il sostegno al Programma operativo di rientro dal deficit e che, in particolare, definisce gli obiettivi, le modalità, i tempi e le forme di penalizzazione per ritardi o inerzie nell’attuazione del programma stesso (comma 3). Cfr. Bellentani M., Bugliari Armenio L. (2013), La logica dei piani di rientro e il difficile equilibrio tra autonomia e responsabilità, in Balduzzi R., Carpani G. (a cura di), Manuale di diritto sanitario, Bologna, Il Mulino, p. 392.
  34. Viceconte N. (2013), Il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, cit. p. 376.
  35. Tra i quali l’innalzamento automatico al livello massimo delle aliquote Irpef e Irap.
  36. In questo senso, C. Cost. 40/2022: La “fisiologica dialettica” fra Stato e regioni deve essere improntata alla “leale collaborazione orientata al bene comune” attraverso cui “il modello pluralistico riconosciuto dalla Costituzione può (…) svilupparsi in una prospettiva generativa (…) verso la migliore tutela del diritto alla salute”.
  37. Cfr. Cerruti T. (2013), I piani di rientro dai disavanzi sanitari come limite alla competenza legislativa regionale, in Rivista AIC, n. 2013/04, p. 3.
  38. Patanè A. (2021), I piani di rientro sanitari: il perimetro di un’indagine nella prospettiva delle possibili modifiche normative dopo la pandemia da Covid-19, cit. p. 68.
  39. Ricondotta all’art. 1, c. 180, l. 311/2004.
  40. Sotte V. (2024), Programmazione sanitaria, finanziamento del servizio sanitario nazionale e piani di rientro, in G. Boldi G., Sinisi M. (a cura di), Osservatorio di diritto sanitario – ottobre 2024, in federalismi.it, n. 2024/24.
  41. V. art. 1, c. 174, l. 311/2004, art. 4 della l. 29 novembre 2007 n. 222, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale.
  42. Sull’esplicazione del potere sostitutivo ex art. 120, co. 2 Cost. e sulle criticità sollevate dalla nomina dei commissari ad acta: Gardini G, Tubertini C. (2022), L’amministrazione regionale, Torino, Giappichelli, pp. 130 ss. Cfr. Rivasecchi G. (2023), Poteri sostitutivi straordinari e piani di rientro dal disavanzo sanitario, in Italian Papers on Federalism, n. 2023/03, i poteri sostitutivi straordinari, in generale, sono da interpretarsi “in stretta connessione al principio di sussidiarietà e alle norme costituzionali sulla distribuzione delle competenze assicurando, in caso di fallimento dell’autonomia, l’intervento degli organi centrali e dello Stato quale garante di ultima istanza della tenuta del sistema policentrico”, p. 5; Ciolli I. (2021), Poteri sostitutivi statali, Piani di rientro e vincoli di bialcio in materia sanitaria. Tra diseguaglianze e tentativi di emarginalizzazione della decisione politica, in Diritti regionali, n. 2021/01, 304 ss.
  43. Avvenuta e formalizzata in occasione della riunione del 21 marzo 2017 in cui i tavoli tecnici avevano preso atto dell’approvazione della legge reg. Piemonte n. 24 del 2016 che, all’art. 14, comma 2, aveva disposto quanto da essi richiesto e concludevano che, pertanto, il programma di restituzione della liquidità al SSR per 1.505 milioni di euro rifletteva quanto richiesto dai medesimi nella riunione dell’anno precedente.
  44. Fiorani G., Meneguzzo M. (2008), I piani regionali di rientro. Analisi dinamica sistemica, in Mecosan, n. 2008/68, pp. 41 ss.
  45. Come sottolineato dalla Corte costituzionale in Corte cost. n. 25 luglio 2022 n. 190.
  46. Ferrara R. (2020), L’ordinamento della sanità, Torino, Giappichelli, pp. 121 ss.
  47. Per una ricostruzione delle cause, Imarisio L. (2018), Il governo della sanità piemontese tra rientro dall’emergenza finanziaria e indirizzi nazionali (e tra Consiglio e Giunta), in Le Regioni, n. 2018/04, pp. 782 ss.
  48. “Il principio di vincolatività dei piani e dei successivi programmi operativi, sottoscritti da Stato e regione, e il conseguente divieto per le regioni di adottare leggi e/o provvedimenti contrastanti con gli interventi indicati nei medesimi piani o programmi, nel periodo di vigenza di questi ultimi”, C. cost, 87/2024, è contenuto nell’art. 1, comma 180 della l. 311/2004, posto come seconda norma interposta dall’Avvocatura generale. Nella sentenza in commento, la Corte ritiene assorbite le censure promosse in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione a questa norma (Considerato in diritto, punto 5).
  49. In questo senso, C. Cost. 40/2022: La “fisiologica dialettica” fra Stato e regioni deve essere improntata alla “leale collaborazione orientata al bene comune” attraverso cui “il modello pluralistico riconosciuto dalla Costituzione può (…) svilupparsi in una prospettiva generativa (…) verso la migliore tutela del diritto alla salute”.
  50. Cfr. Cerutti T. (2013), I piani di rientro dai disavanzi sanitari come limite alla competenza legislativa regionale, in AIC, n. 2013/04, p. 4. E poi, C. cost. 217/2020: (il principio di leale collaborazione) “si traduce infatti in concreto in doveri e aspettative – di informazione, di previsione di strumenti di raccordo e, in generale, di comportamenti realmente collaborativi, corretti e non ostruzionistici, in definitiva, appunto, leali – che non possono che essere reciproci”. Si vedano anche, Patanè A. (2020), Il principio di leale collaborazione come parametro di costituzionalità nella più recente giurisprudenza costituzionale sui piani di rientro sanitaria, in Corti supreme e salute, n. 2020/03, pp. 513 ss., Griglio E. (2012), La legislazione regionale alla prova dei piani di rientro dai disavanzi sanitari: possibile la ratifica, non la conversione in legge, del piano in Rivista AIC, n. 2012/03.
  51. Troilo S. (2022), Il principio di solidarietà tra Stato, Regioni e Unione europea: uno sguardo alla sua declinazione in Lombardia, in Consulta Online, n. 2022/03, pp. 1384-1385.
  52. Cfr. Cerutti T. (2013), I piani di rientro dai disavanzi sanitari come limite alla competenza legislativa regionale, cit., p. 4.
  53. Zagrebelsky G., Marcernò V. (2018), Giustizia costituzionale, Bologna, Il Mulino, 2018, vol. I, pp 84 ss.
  54. Boggero, G. (2023), Ultrattività dei vincoli derivanti da un piano di rientro sanitario ormai concluso, in Diritto e Conti, 19 ottobre 2023 (v. ad es. la relazione tecnico-finanziaria allegata al disegno di legge di bilancio di previsione).
  55. Sulla compressione dell’autonomia legislativa regionale in materia di tutela della salute e di coordinamento della finanza pubblica (materie di competenza concorrente) per il perseguimento dell’obiettivo del contenimento della spesa in regime di Piano di Rientro, si segnalano tra gli altri: Paris D. (2014), Il titolo V alla prova dei piani di rientro: delegificazione dei principi fondamentali e asimmetria fra Stato e Regioni nel rispetto delle procedure di leale collaborazione, in Le Regioni, n. 2014/01, pp. 203 ss.; Griglio E. (2012), Il legislatore «dimezzato»: i Consigli regionali tra vincoli interni di attuazione dei piani di rientro dai disavanzi sanitari ed interventi sostitutivi governativi, in Le Regioni, n. 2012/03, pp. 462 ss.; D’auria G. (2010), Gli accordi Stato-Regioni sui «piani di rientro» dai disavanzi sanitari. Quali vincoli per il legislatore regionale?, in Foro.it. n. 2010/10; Carpani G. (2009), Accordi e intese tra Governo e Regioni nella più recente evoluzione del Ssn: spunti ricostruttivi, in Balduzzi R. (a cura di), Trent’anni di Servizio sanitario nazionale. Un confronto interdisciplinare, Bologna, Il Mulino, 2009, pp.35 ss.
  56. Per un’ampia e puntuale ricognizione v. Gagliardi B. (2020), Il sindacato del giudice costituzionale sull’organizzazione sanitaria tra autonomia regionale e diritto alla salute, in Diritto e società, n. 2020/03, pp. 477 ss.
  57. Paris D. (2014), Il titolo V alla prova dei piani di rientro: delegificazione dei principi fondamentali e asimmetria fra Stato e Regioni nel rispetto delle procedure di leale collaborazione, cit.
  58. Molteplici sono le pronunce della Corte costituzionale che hanno dichiarato l’incostituzionalità di leggi regionali recanti norme incompatibili con gli impegni assunti nel Piano di Rientro. In senso non esaustivo: C. cost. 25 luglio 2022, n. 190; C. Cost. 30 giugno 2022, n. 161; C. cost. 20 ottobre 2020, n. 217; C. cost. 9 luglio 2013, n. 180; C. cost. 29 maggio 2013, n. 104; C. cost. 28 marzo 2013, n. 51; C. cost. 25 maggio 2012, n. 132; C. cost. 18 aprile 2012, n. 91; C. cost. 12 maggio 2011, n. 163; C. cost. 18 febbraio 2010, n. 52; C. cost.15 gennaio 2010, n. 10; C. cost. 14 giugno 2007, n. 193.
  59. Cfr. Boggero, G. (2023), Ultrattività dei vincoli derivanti da un piano di rientro sanitario ormai concluso, cit.
  60. Progetto di legge n. 52, presentato il 11 ottobre 2024, Disposizioni finanziarie e variazione del bilancio di previsione finanziario 2024-2026.