L’XI legislatura regionale: una preoccupante continuità

Massimo Cavino[1]

Con le elezioni dell’8 e del 9 giugno scorsi si è chiusa l’XI legislatura piemontese. Per trarne un bilancio non riesce utile prendere le mosse dalla lettura del programma illustrato nel discorso di insediamento, il 9 luglio 2019, dal Presidente della Giunta Regionale Alberto Cirio e verificarne lo stato di attuazione. In quell’occasione veniva sottolineata l’importanza di segnare un significativo cambiamento che si sarebbe dovuto produrre sul piano delle politiche regionali, ma anche sul piano organizzativo-istituzionale. Rispetto al primo si indicava come prioritario l’equilibrio nella rappresentanza delle diverse istanze territoriali (superando il Torino-centrismo senza trasformarlo in un provincia-centrismo); l’impegno ad avviare con decisione il percorso dell’autonomia differenziata; la responsabilità nel consolidare il risanamento dei conti della sanità regionale rendendola più efficiente; la capacità di utilizzare efficacemente i fondi strutturali europei, realizzando le infrastrutture necessarie alle esigenze della Regione, nel rispetto dell’ambiente e della sua vocazione turistica. Sul piano della struttura e del funzionamento delle istituzioni particolare attenzione avrebbe dovuto essere prestata alla semplificazione normativa, riducendo il numero delle leggi a vantaggio dei regolamenti regionali.

Chiaro appare che l’attuazione di questo programma è stata fortemente condizionata dalla crisi pandemica e dalle ricadute della guerra russo-ucraina sul sistema economico europeo che hanno imposto di rivedere le priorità in agenda.

In questa prospettiva possono essere letti gli scarsi progressi compiuti nella elaborazione di una credibile proposta di attuazione dell’articolo 116, comma 3, Cost. L’impegno a mettere l’autonomia differenziata al centro della politica regionale è stato suffragato dalla istituzione presso il Consiglio regionale, con delibera C.R. 73-10869 del 7 luglio 2020, della VII commissione, competente su “Analisi e monitoraggio del percorso di riconoscimento di particolari forme di autonomia di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e valutazione delle ricadute gestionali delle funzioni nelle materie oggetto di autonomia differenziata; affari istituzionali, federalismo, enti locali, Comunità di lavoro Regio Insubrica e frontalierato”. I lavori della Commissione non hanno dato tuttavia un contributo significativo; neppure dopo la ripartenza del dibattito sulla differenziazione successiva al superamento della crisi pandemica, avviata con l’incontro a Roma il 18 novembre 2022 tra il Ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli, l’assessore Marco Gabusi e il Presidente della stessa VII Commissione, consigliere Riccardo Lanzo. Così l’unico atto di indirizzo politico degno di nota in tema di regionalismo differenziato è rimasto quello adottato in avvio di legislatura, vale a dire la deliberazione del Consiglio regionale n. 48 del 19 dicembre 2019, con la quale si procedeva ad integrare l’elenco delle materie oggetto di differenziazione sostituendo l’allegato A alla deliberazione del Consiglio regionale 6 novembre 2018, n. 319-38783.

L’attuazione del PNRR ha finito per essere il reale programma di legislatura, andando di fatto a coprire tutti gli oggetti, dalle politiche sulla sanità, a quelle sulla transizione ecologica, a quelle sull’inclusione sociale e sul potenziamento infrastrutturale. E questo può essere considerato il primo elemento critico sul quale soffermarsi. Il coinvolgimento della regione Piemonte nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si è collocato quasi esclusivamente sul piano dell’attuazione, essendo irrilevante il contributo fornito alla sua elaborazione. E se è vero che lo spazio regionale nella programmazione era, in generale, sostanzialmente limitato alla definizione delle priorità strategiche territoriali, non si può non convenire con quanti hanno sottolineato che proprio in quello spazio il Piemonte non ha saputo collocarsi adeguatamente, proponendo al Governo una “progettualità diffusa”, costruita su un ascolto generico di tutte le istanze territoriali che «rischia di non cogliere le esigenze che sono emerse al fine di recuperare il divario piemontese rispetto alla ben superiore crescita avvenuta nell’ultimo ventennio in quello che è stato identificato come un nuovo “triangolo di sviluppo” incentrato su Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, con delle punte in Friuli-Venezia Giulia e nel Trentino-Alto Adige/Südtirol» (C.A. Barbieri, G. Boggero, S. Piperno, Il Piemonte e il PNRR. Una nuova fase della programmazione regionale, in questa rivista, 2021, n.2, 5). Emblematica di questa difficoltà strategica è la vicenda dell’ammodernamento della linea ferroviaria del Sempione, non considerata come prioritaria per le proposte PNRR e poi indicata come essenziale allo sviluppo del Piemonte nella mozione n.918, con la quale il Consiglio regionale il 23 maggio 2023 impegnava la Giunta ad aderire al partenariato pubblico-privato elvetico OUESTRAIL che mira a promuovere lo sviluppo della ferrovia nella Svizzera occidentale: nella mozione si ricordava come il sistema informativo delle opere strategiche della Camera dei deputati contemplasse fino al 2019 l’opera ferroviaria “Sempione Traforo Ferroviario” da realizzarsi da RFI sul territorio della Regione Piemonte con una previsione di costi al 31 ottobre 2019 di 446 milioni di euro di cui disponibili 35,96 in parte impegnati per studi di fattibilità.

Al netto di queste mancanze strategiche, l’attuazione del Piano ha visto il Piemonte impegnato in 975 interventi, per un totale di 1363 progetti che hanno coinvolto 1180 comuni con una assegnazione di 1.599.185.139 euro (dati riferiti all’aggiornamento trimestrale del 31 marzo 2024). Le tre missioni più finanziate sono la missione salute (803 milioni), la missione rivoluzione verde e transizione ecologica (340 milioni) e la missione inclusione (204 milioni) problemi non diversi da quelli affrontati dalle altre regioni, in particolare di coordinamento tra la gestione dei fondi PNRR e degli ordinari fondi strutturali europei. La gestione del fondo ha posto al Piemonte problemi comuni alle altre regioni, in particolare legati al coordinamento con la gestione degli ordinari fondi strutturali europei che ha portato ad interventi di ridefinizione connessi alle diverse tempistiche di attuazione (si consideri in tal senso la delibera 1-7601/2023/XI del 30 ottobre 2023, con la quale la Giunta regionale prendeva atto della Decisione di esecuzione della Commissione Europea C(2023)5578 del 10.8.2023 che imponeva di aggiornare il Programma Regionale FSE plus 2021-2027 della Regione Piemonte).

Per quanto concerne il funzionamento delle istituzioni la XI legislatura potrà essere ricordata per l’approvazione della legge elettorale e per la revisione dello Statuto che ha introdotto la figura dei sottosegretari; l’una e l’altra sono state deliberate nella sua fase conclusiva ed è quindi possibile formulare solo qualche ipotesi sull’impatto che queste riforme potranno avere sulla forma di governo regionale.

La legge regionale 19 luglio 2023, n. 12, recante “Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale” non modifica i criteri di riparto dei seggi, confermando che 40 consiglieri siano eletti con sistema proporzionale sulla base di liste provinciali concorrenti, e 10 con sistema maggioritario sulla base di liste regionali concorrenti. Presenta invece elementi significativi di novità rispetto alla attribuzione del premio di maggioranza e alla disciplina della incompatibilità tra la carica di consigliere e di assessore regionale. La nuova disciplina del premio di maggioranza prevede che esso venga attribuito secondo una logica scalare, con l’attribuzione di seggi calcolata sulla base di diverse ipotesi di risultato conseguito dalle liste collegate col Presidente eletto e da quelle non collegate; in questo modo si vuole evitare un effetto eccessivamente distorsivo del premio e garantire le opposizioni (per una lettura dettagliata delle diverse ipotesi di calcolo cfr. G. Boggero, Habemus Piemontellum, in questa rivista, 2023, n.2). Particolare interesse merita l’espressa previsione della incompatibilità tra le cariche di consigliere e di assessore che viene però risolta con la soluzione della sospensione dalla prima per chi assume la seconda, con relativa supplenza da parte del primo candidato non eletto della lista circoscrizionale o del listino; la durata della sospensione e della supplenza corrisponde a quella dell’incarico assessorile del consigliere sospeso. Di là da ogni considerazione di carattere politico, pare di poter osservare che la norma attribuisce al Presidente della Giunta il potere di intervenire direttamente sulla composizione del Consiglio regionale: all’inizio della legislatura esercitando il suo potere di nomina degli assessori; ma anche nel corso della legislatura, esercitando il potere di revoca.

La legge regionale statutaria 13 settembre 2023, n.8 ha invece introdotto i commi 5 bis e 5 ter all’articolo 50 dello Statuto, in forza dei quali «5 bis. Il Presidente della Giunta regionale può nominare e revocare, con proprio decreto, fino a due sottosegretari, dandone immediata comunicazione al Consiglio regionale. La legge regionale ne stabilisce il trattamento economico e lo stato giuridico, nonché le cause di ineleggibilità e incompatibilità. 5 ter. I sottosegretari coadiuvano il Presidente della Giunta regionale nello svolgimento dei compiti inerenti il suo mandato e nell’ambito delle sue funzioni. Partecipano senza diritto di voto alle sedute della Giunta regionale, pur non facendone parte». Pare di poter affermare che l’istituzione della nuova carica non abbia altra funzione se non quella di consentire al Presidente della Giunta di disporre di uno strumento per la definizione degli equilibri interni alla sua maggioranza, e per la correzione delle eventuali sperequazioni tra le diverse province sul piano della rappresentanza in Consiglio. Occorre infatti sottolineare che la nuova legge elettorale non ha saputo risolvere il problema della sottorappresentazione di alcune province a vantaggio di altre, con il risultato, alla sua prima applicazione, di non portare all’elezione di nessun consigliere del VCO; assenza in Consiglio compensata, appunto, dalla nomina di uno dei due sottosegretari.

Un primo sguardo su queste vicende evidenzia come sia confermata la tendenza, consolidatasi da tempo, a fornire una interpretazione delle norme costituzionali e statutarie sulla forma di governo svalutativa delle diverse funzioni degli organi regionali; e a proporre l’immagine di un unico apparato politico decidente che manifesta la sua volontà in Giunta o in Consiglio, non già in virtù del principio di separazione dei poteri, ma in forza di quello di divisione del lavoro.

Sul piano della produzione normativa l’annunciata semplificazione non ha avuto luogo: il numero delle leggi non è diminuito; anzi, nel corso della legislatura appena conclusa sono state approvate 154 leggi a fronte delle 104 promulgate in quella immediatamente precedente; i regolamenti sono invece passati da 48 a 54, ma questo leggero incremento non ha comunque significato il superamento della tendenza, ormai consolidata, di dare attuazione alle leggi con provvedimenti amministrativi di varia natura. In particolare si deve notare che lo strumento della delegificazione non è stato mai utilizzato, neppure per dare attuazione alle direttive europee. Sul piano del recepimento del diritto comunitario si segnala, per altro, la perdurante inattuazione dell’articolo 42 dello Statuto regionale, secondo il quale l’adeguamento della normativa regionale all’ordinamento comunitario è demandato ad una “legge comunitaria regionale” approvata nel corso di una seduta appositamente convocata entro il 31 maggio di ogni anno; e del successivo articolo 56, comma 2, lettera b), che attribuisce alla Giunta la predisposizione del disegno di legge comunitaria regionale. Dal 2005 a oggi non si sono svolte sessioni comunitarie del Consiglio regionale e l’adeguamento dell’ordinamento regionale a quello europeo continua ad avvenire – per il vero, non diversamente da quello che accade nelle altre regioni – con interventi puntuali o in occasione del riordino di normative di settore. Non minore è il ritardo della Regione rispetto alla partecipazione alla fase ascendente.

Alla luce di queste osservazioni pare di poter concludere che l’XI legislatura abbia rappresentato per il Piemonte una stagione di sostanziale continuità. Conclusione non molto rassicurante se si considera la storica occasione di rilancio fornita dal PNRR la cui mancata messa a frutto potrebbe rappresentare un’ipoteca pesante per il futuro della Regione.

  1. Professore Ordinario di Diritto costituzionale e pubblico nell’Università del Piemonte Orientale.