Qual(che)e referendum sulla nuova linea ferroviaria Torino-Lione?

Jörg Luther[1]

 

1. La questione politica della nuova linea ferroviaria Torino-Lione e i quesiti giuridici collegati

Il contratto di Governo riserva una frase di non facile interpretazione alla cd. TAV o TAC, il progetto di nuova linea ferroviaria ad Alta Velocità/Alta Capacità Torino-Lione : “Con riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia.” Al riguardo, il ministero alle infrastrutture ed ai trasporti ha comunicato che “nel rispetto degli accordi internazionali, si sta provvedendo a una analisi costi-benefici scientifica ed econometrica, i cui esiti saranno condivisi con la Commissione Ue” (13.7.2018).[2]

Il presidente della Regione Piemonte aveva espresso già a fine giugno 2018 l’idea di un referendum consultivo sulla TAV: “se malauguratamente il Governo dovesse davvero decidere di bloccare la Torino-Lione, un’opera come che si sta già realizzando nella parte internazionale, è evidente che bisognerà trovare uno strumento – e il referendum consultivo potrebbe essere quello adatto – per far sentire l’opinione di tutti i cittadini e far capire che il Tav non interessa solo il mondo dell’economia, ma la nostra comunità nella sua interezza. (…) A chi ha espresso tante perplessità sul referendum, chiedo quale altra idea ha per conoscere il pensiero dei cittadini. So bene che ci vuole una legge regionale, ma se il Consiglio vuole si può approvare la legge in autunno e andare a referendum all’inizio del 2019″.[3]

Né ha fatto eco il ministro degli interni all’inizio di dicembre[4] in occasione di un incontro a porte chiuse con gli industriali lombardi a Milano a inizio dicembre 2018: “aspettiamo il rapporto costi/benefici, ma visto che riguarda soprattutto torinesi e piemontesi e gran parte della penisola italiana, se non si arrivasse a una decisione, chiedere ai cittadini cosa ne pensano potrebbe essere una strada”. Secondo il Ministro per le infrastrutture e i trasporti, invece, “il referendum sulla TAV comporta una legge costituzionale, quindi doppie letture parlamentari, il che significa anni. (…) non ne vedo la necessità francamente. I referendum non li chiedono i ministri, non li chiedono i governi ma i cittadini. Non ci opporremo mai se lo chiedono i cittadini”.[5]

La questione politica della TAV resta controversa non solo nei comuni della Valle Susa e nella nuova città metropolitana. Mentre la maggioranza del Consiglio comunale di Torino ha impegnato la sindaca a sostenere la contrarietà della città alla nuova linea Torino-Lione (5.12.2018)[6], la conferenza dei sindaci della città metropolitana di Torino ha impegnato la stessa sindaca “a riconoscere i benefici dell’opera per l’intero territorio metropolitano e a svolgere ogni azione finalizzata a sostenerne la realizzazione nei tempi previsti”.[7]

Il Consiglio regionale piemontese aveva approvato già a giugno 2018 due ordini del giorno, uno di maggioranza “Garantire la realizzazione dell’infrastruttura ferroviaria Torino-Lione”, l’altro del centrodestra “Tav, indietro non si può tornare”, respingendo invece l’ordine del giorno del M5s “TAV, si deve ridiscutere l’opera”.[8]  All’ultima interpellanza parlamento nazionale (31.10.2018), il Ministro dell’Economia e delle finanze ha  risposto che “la sospensione della pubblicazione delle gare, in attesa che venga completata l’analisi costi-benefici dell’opera, è avvenuta sulla base di uno scambio di lettere tra i Ministeri competenti di Italia e Francia” e che “non dispone di elementi informativi in merito alla data di chiusura dell’analisi costi-benefici in corso. Pertanto, in relazione al rischio di perdita dei finanziamenti europei per la stessa o agli impatti macroeconomici dell’intervento è prematuro approntare alcuna quantificazione e valutazione i cui elementi sono oggetto stesso, e devono essere oggetto stesso, dell’analisi costi-benefici in corso.”[9]

Nei sondaggi d’opinione sembra da tempo prevalere il SI. Secondo un sondaggio dell’Osservatorio del Nord-Ovest del 2007, il 78 % era favorevole e solo il 20 % contrario alla TAV.[10] Secondo un sondaggio a livello nazionale SWG del luglio 2018, l’alta velocità Torino-Lione è ora ritenuta indispensabile dal 49% degli intervistati e solo per il 30% andrebbe fermata, mentre il 21% non sa rispondere.[11] Secondo un sondaggio analogo IPSOS di novembre, il SI prevarrebbe con un 59 % sul No al 19 %.[12] Tuttavia non sono pubblicati dati né per la Valle di Susa, né per la Regione e non è dato sapere se alle attuali condizioni di finanza pubblica e di nuove emergenze sociale ed ambientali la cittadinanza desideri confermare la priorità del progetto e della spesa relativa.

Ad ogni questione politica si collegano quesiti giuridici, di diritto amministrativo e costituzionale. Il primo quesito riguarda le competenze: chi può decidere che cosa attraverso quale tipo di atto ? Un secondo quesito riguarda il procedimento attraverso il quale si giunge alle varie decisioni, in particolare le forme di pubblicità degli atti e di partecipazione del pubblico. Un terzo quesito riguarda le forme di controllo politico e giurisdizionale.

Nel caso della TAV Torino-Lione, si tratta di un’opera grande[13] del “governo del territorio” (art. 117, comma 3 Cost.) in materia di “grandi reti di trasporto” che impatta su altre materie di competenza anche esclusiva dello Stato quali, ad es., “rapporti internazionali dello Stato”, “perequazione delle risorse finanziarie”,  “ordine pubblico e sicurezza”,  “dogane e protezione dei confini nazionali”,  “opere dell’ingegno”, “tutela dell’ambiente” (art. 117, comma 2 lett. a), e), h), q), r), s). Si tratta di un complesso variegato di decisioni che possono riguardare in particolare a) l’ammissione di nuove tecnologie e la definizione di valori limite per il loro impatto ambientale (ad es. per i procedimenti di estrazione e deposito di amianto naturale), b) la pianificazione e programmazione degli interventi sulla rete delle infrastrutture a livello europeo e nazionale, c) la pianificazione settoriale, la determinazione della linea e la pianificazione territoriale generale, d) l’autorizzazione delle opere concrete e degli appalti relativi, e) le decisioni riguardanti il finanziamento delle opere, f) le decisioni necessitate dall’esecuzione dei lavori.

Proprio la complessità delle decisioni e la molteplicità dei livelli di governo coinvolti – comuni, comunità montane, città metropolitana, regioni, Stati, Unione europea ecc. – producono carenze di trasparenza, eccessi di durata e costi burocratici dei procedimenti. In questo contesto, gli interventi del Presidente della Regione e del Ministro degli Interni sollevano la questione dell’ammissibilità di forme di referendum sulla TAV Torino-Lione. Per poter valutare a quale livello possa essere presa quale iniziativa per quale tipo di referendum, conviene preliminarmente abbozzare il quadro delle decisioni prese e di quelle ancora da prendere, ricerca non facilitata né dai siti istituzionali e dagli studi scientifici finora compiuti.

  

2. Il quadro delle decisioni prese e di quelle da prendere

 

 Tracé ferroviaire Lyon Turin     http://www.savoie.cci.fr/270-liaison-europenne-lyon-turin.htm

Tracé ferroviaire Lyon Turin     http://www.savoie.cci.fr/270-liaison-europenne-lyon-turin.htm

 

Le prime idee per una nuova linea ferroviaria Torino-Lione si leggono nel 1989 sul periodico “Lettera da TecnoCity” della Fondazione Agnelli.[14] Nel 1990, nasce un Comitato promotore per l’Alta velocità sulla direttrice est-ovest (Trieste-Torino-Lione), presieduto per la parte privata da Umberto Agnelli e per quella pubblica dal presidente della Regione Piemonte Vittorio Beltrami.[15]

Successivamente il contestuale progetto della Commissione europea di una rete trans-europea per le telecomunicazioni, l’energia e i trasporti (TENT) viene recepito nell’art. 129 del Trattato di Maastricht del 1992. Nelle conclusioni del Consiglio europeo di Essen del  9-10.12.1994, l’elenco dei progetti prioritari nel settore dei trasporti contempla sotto la rubrica “Lavori già iniziati o che dovrebbero iniziare entro la fine del 1996”: “6. Treno ad alta velocità/trasporto combinato Francia-Italia F/I  Lione-Torino, Torino-Milano – Venezia-Trieste”, progetto a suo tempo contestuale all’allargamento dell’Unione verso l’Europa centrale e orientale. 

In data 15 gennaio 1996 viene concluso a Parigi un primo “Accordo tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo della Repubblica francese relativo alla creazione di una Commissione intergovernativa” incaricata di preparare un ulteriore accordo intergovernativo,  di compiere studi preliminari e preparare primi capitolati in collegamento informativo e consultivo con le comunità territoriali interessate, in particolare con le Regioni Piemonte e Rhône-Alpes  (Art. III: “informa e consulta”).[16]

Sono seguiti altri tre accordi intergovernativi italo-francesi, ratificati rispettivamente con legge 27 settembre 2002, n. 228 “Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese per la realizzazione di una nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Torino il 29 gennaio 2001” (GU n.248 del 22.10.2002), legge 23 aprile 2014, n. 71 “Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per la realizzazione e l’esercizio di una nuova linea ferroviaria Torino-Lione, con Allegati, fatto a Roma il 30 gennaio 2012”  (GU n.104 del 07.05.2014) e legge 5 gennaio 2017, n. 1 “Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per l’avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Parigi il 24 febbraio 2015, e del Protocollo addizionale, con Allegato, fatto a Venezia l’8 marzo 2016, con annesso Regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016”  (GU n.9 del 12.01.2017).

In particolare, l’art. 3 dell’Accordo del 2001 ha precisato che la parte comune italo-francese della nuova linea ferroviaria Torino-Lione sia costituita da un tunnel ferroviario a due canne lungo circa 52 chilometri scavato sotto le Alpi in territorio italiano e francese, dalle opere di raccordo del tunnel in Italia, da tutte le opere annesse (stazioni, installazioni elettriche, ecc.) necessarie all’esercizio ferroviari nonché da tutte quelle che le Parti decideranno in futuro di inserire nella parte comune in oggetto. L’accordo consentiva la creazione della società LTF, ma rinviava la definizione delle modalità di realizzazione delle fasi seguenti alla conclusione di protocolli addizionali (art. 4), “tenendo conto in particolare della partecipazione definitiva dell’Unione europea al progetto” (art. 1, comma 3).[17]

In seguito fu adottata la prima decisione del CIPE[18] e emanata la legge 21 dicembre 2001, n. 443 “Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive” la quale, novellata e attuata nel 2002, consentiva di inserire la TAV Torino-Lione in un programma predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti “d’intesa con i Ministri competenti e le Regioni o Province autonome interessate”. Gli interventi in esso previsti “sono automaticamente inseriti nelle intese istituzionali di programma e negli accordi di programma quadro nei comparti idrici ed ambientali […] e sono compresi in un’intesa generale quadro avente validità pluriennale tra il Governo e ogni singola Regione o Provincia autonoma, al fine del congiunto coordinamento e realizzazione delle opere”. La legge non fu impugnata dalla Regione Piemonte, ma dichiarata incostituzionale in una parte che tentava di assegnare alle Regioni un ruolo meramente consultivo nella fase di approvazione dei progetti definitivi delle opere individuate nel programma governativo.[19]

La fonte legislativa è stata peraltro abrogata dal nuovo codice degli appalti (art. 217 d. lgs. 50/2016) che ha creato anche il nuovo istituto di dibattito pubblico concretizzato dal recente D.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76 (“Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico”), istituto che non si applica ai contratti e concorsi di progettazione aggiudicati o  organizzati  in base agli accordi internazionali (art. 16 comma 1) e ai procedimenti di VIA su opere di grandi infrastrutture già avviati (art. 126 comma 1 bis aggiunto dall’art. 128 d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56).

Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri fu poi istituito nel 2006 l’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione come “luogo di confronto per tutti gli approfondimenti di carattere ambientale, sanitarie ed economico” con la “precisa finalità di esaminare, valutare e rispondere alle preoccupazioni espresse dalle popolazioni della Valle di Susa” (art. 3), organo consultivo composto da rappresentanti della Presidenza del Consiglio, dei ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, della salute, dell’ambiente e delle politiche comunitarie, nonché da rappresentati “designati dagli enti territoriali interessati (Regione Piemonte, Comune e Provincia di Torino, Comunità Montane di Alta e Bassa Valle di Susa, Comuni della Gronda di Torino)” (art. 2).[20]

La decisione C-(2008) 7733 del 5 dicembre 2008 della Commissione europea ha poi approvato la concessione di un contributo finanziario a favore del progetto nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione, sezione internazionale, parte comune italo-francese per un importo non superiore a 671,8 milioni di euro, successivamente ridotto a 662,62 milioni di euro.

In seguito alle incessanti manifestazioni di protesta, l’art. 19 della legge n. 183/2011 ha invece definito le aree del comune di Chiomonte, individuate per la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione, come aree di interesse strategico nazionale, la cui violazione costituisce reato.[21]

In seguito al secondo accordo (2012), la linea Alta Velocità Torino–Lione è stata integrata con il  Regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’ 11 dicembre 2013, sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti nel cd. “corridoio mediterraneo” Lisbona-Budapest (confine con l’Ucraina) della Rete transeuropea dei trasporti TEN-T (Trans-European Networks–Transport). Questo corridoio è una parte essenziale (core) di TEN-T, da completare entro il 2030 e il cui finanziamento è operato dai seguenti fondi: 1. Connecting Europe Facility (CEF). 2. European Fund for Strategic Investment (EFSI). 3. Horizon 2020. 4. European Structural and Investment Funds (ESIFs): Cohesion Fund (CF) + European Regional Development Fund (ERDF).[22]

Il terzo accordo (2015) reca la disciplina della costruzione e futura gestione della sezione transfrontaliera della parte comune italo francese dell’opera infrastrutturale, nonché la disciplina della costituzione e del funzionamento del Promotore pubblico gestore della stessa. Il costo complessivo certificato dell’intera  sezione transfrontaliera, è stato rivalutato pari a 9.630,25 milioni di euro in valuta corrente, la parte di competenza italiana pari a 6.371,17 milioni di euro e soggetto a una rivalutazione annua pari a 1,5 % applicabile fino alla fine dei lavori. Il 30 maggio 2018 è stato pubblicata in Gazzetta Ufficiale la  delibera n. 6/2018 del CIPE, il parere sul Contratto di programma 2015-2029 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ferrovie dello Stato Italiane S.p.a. e Tunnel Euralpin Lyon Turin S.a.a. (TELT) per il finanziamento, la progettazione e la realizzazione della sezione transfrontaliera della parte comune della nuova linea ferroviaria Torino – Lione. Lo schema di contratto di programma 2015-2029  precisa che il costo complessivo è composto dal costo dei cinque lotti costruttivi, delle opere compensative, di studi ed opere geognostiche. Le risorse attualmente disponibili sono pari a 3.632,33 milioni di euro (2.966,76 milioni di euro di risorse dello Stato quasi integralmente stanziate dall’art. 1, comma 208, della legge di Stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012). I fabbisogni residui, pari a 2.738,84 milioni di euro, sono relativi al 3°, 4°, 5° lotto costruttivo e opere compensative aggiuntive. I lavori sono organizzati in 81 bandi di gara – 45 per opere e 36 per l’ingegneria – distribuiti su 12 cantieri operativi: 9 per i lavori destinati a realizzare l’attraversamento alpino (4 in Italia e 5 in Francia), 2 per la valorizzazione dei materiali di scavo in Italia e in Francia e 1 per gli impianti tecnologici e per la sicurezza. Il cronoprogramma prevede l’ultimazione entro il 2029.

Secondo un documento del gruppo di lavoro “Verifica del modello di esercizio per la tratta nazionale lato Italia Fase 1 -2030” (10. 11. 2017) in sede di Osservatorio[23] sarebbero stato decisi “in via definitiva”:

  • “REALIZZAZIONE DEL TUNNEL DI BASE DEL MONCENISIO ED INTERCONNESSIONE ALLA LINEA ESISTENTE A BUSSOLENO fine lavori 2029 – esercizio 2030 (TELT – delib CIPE n. 23/2012, n.19/2015, n. 67 del 7/8/2017);
  • ADEGUAMENTO DELLA LINEA STORICA BUSSOLENO-AVIGLIANA (RFI Accordo Italia-Francia 2012, L. 71/2014, delib. CIPE n.23/2012);
  • Sospensione del tunnel dell’Orsiera tra Susa e Chiusa S. Michele (TELT Accordo Italia-Francia 2012, L. 71/2014, delib. CIPE n.23/2012);
  • Sospensione della tratta Chiusa S. Michele-Avigliana in galleria naturale (Sant’Antonio) (RFI Accordo Italia-Francia 2012, L. 71/2014, delib. CIPE n.23/2012) ;
  • Anticipazioni del Progetto Preliminare tratta nazionale per il Sistema Ferroviario Metropolitano (SFM3 e SFM5): fermata Ferriera-Buttigliera Alta, stazione S. Luigi-Orbassano (RFI CdP RFI-MIT- 2016-2017).

 Le opzioni progettuali ancora da verificare riguarderebbero invece le tratte di adduzione nazionali di competenza RFI:

  • ADEGUAMENTO L.S. BUSSOLENO AVIGLIANA – verifica tecnica della capacità della tratta di gestire i flussi di circolazione previsti;
  • VARIANTE DELLA “COLLINA MORENICA” – lotto funzionale PP2011 n° 1; verifica della criticità della tratta di linea storica Avigliana – San Paolo a gestire i flussi di circolazione previsti e verifica della necessità di realizzare la variante;
  • NODO DI TORINO; ADEGUAMENTO E COMPLETAMENTO. Verifica della capacità del nodo di gestire i flussi di traffico merci per l’attraversamento sulle direttrici San Paolo-Stura-Settimo T.se (NE) e San Paolo-Lingotto-Trofarello (SE) in sostituzione della nuova Gronda Merci di Torino.

A dire il vero, le decisioni definitive adottate dal CIPE non sono state finali. Infatti, era ancora pendente il procedimento della valutazione di impatto ambientale speciale (VIA e VAS) sulla variante in ottemperanza della delibera CIPE 19/2015 riguardante la localizzazione dei cantieri il cui parere è stato reso solo il 16 febbraio 2018. Tale parere, pur confermando la conformità del progetto, prescrive peraltro “in relazione alla gestione delle terre e delle rocce da scavo in accordo e sotto il controllo di ARPA e Regione Piemonte” la costituzione di tavole di approfondimento per la valutazione dei rischi connessi all’amianto.

La Regione Piemonte ha peraltro contribuito non solo forze amministrative e designato rappresentanti nel citato Osservatorio, ma anche reso pareri a partire dalla  D.G.R. n. 18-1954 del 29.04.2011 con la quale è stato espresso un parere regionale in ordine al progetto preliminare, lamentando successivamente  la mancata ottemperanza alle prescrizioni della deliberazione CIPE n. 57 del 2011 nn. 61 e 197. La maggior parte delle prescrizioni (nn. 70-184) che gravano sull’approvazione del progetto definitivo con delibera CIPE n. 19/2015 ai fini della tutela dei beni paesaggistici, del monitoraggio e accompagnamento ambientale ecc.  sono caratterizzate come “prescrizioni della Regione Piemonte”, peraltro successivamente ridimensionate con delibera del CIPE n. 39/2018. 

La Deliberazione della Giunta Regionale 20 luglio 2018, n. 14-7239, intitolata “Nuova linea ferroviaria Torino-Lione – Sezione internazionale – parte comune italo francese – sezione transfrontaliera – parte in territorio italiano CUP C11J05000030001 – Approvazione dello schema di Protocollo di Intenti tra Regione Piemonte e TELT per l’attivazione di tavoli tecnici di approfondimento, relativi alle tematiche individuate nell’ambito della D.G.R. n. 17- 6445 del 02.02.2018”, costituisce un’ulteriore atto amministrativo con il quale si intende dare esecuzione a tali prescrizioni.   

 

3. La difficile, ma non impossibile via verso qualche referendum locale consultivo

L’ordinamento degli enti locali ha conosciuto negli ultimi trent’anni una crescente apertura a forme di “partecipazione popolare” in forme associative, organiche, di consultazione, di istanze, petizioni e proposte nonché di referendum.[24] Ai sensi dell’art. 8 co. 4 del Testo Unico del 2000, la disciplina spetta allo Statuto comunale, ma i referendum “devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali.”

Per ragioni storiche, la forma di referendum locale ancora più diffusamente prevista è quella del referendum consultivo. L’art. 68 dello Statuto della Città di Susa, adottato ancora sulla base della legge n. 142/1990, prevede pertanto un referendum consultivo con ulteriori limiti e norme procedurali riservate a una delibera che non risulta pubblicata sul sito istituzionale. Lo stesso per il referendum consultivo di cui all’art. 51 dello Stato del Comune di Chiomonte, per il referendum “tout court” ex art. 71 dello Statuto della Città di Avigliana nonché per il referendum consultativo e quello abrogativo di cui all’art. 40 dello Statuto di Bussoleno e per i referendum che possono avere ad oggetto anche “atti amministrativi già approvati” ai sensi dell’art. 32 dello Statuto del Comune di Venaus e dell’art. 36 dello Statuto di Borgone Susa, i quali escludono peraltro anche la materia dei piani regolatori e degli strumenti urbanistici.

Sulle ragioni della mancata adozione dei regolamenti esecutivi non è possibile investigare o speculare in questa sede. L’effetto della mancanza è paralizzante, perché “l’esistenza del regolamento si pone senz’altro come presupposto per la realizzazione della procedura referendaria”.[25] Avere la promessa statutaria di un referendum il quale secondo la giurisprudenza costituisce diritto soggettivo[26], ma rendere tale diritto non esercitabile per non aver emanato il regolamento non è certo segno di buon andamento dell’amministrazione del Comune, ma non vuol dire che siano carenti le consuetudini democratiche, specialmente se basate su forme più direttamente assembleari della cittadinanza, specialmente nei piccoli comuni. Eppure, gli stessi organi consigliari che hanno adottato una serie di atti politici per lo più contrari alla TAV, dovrebbero non negare ai propri cittadini il diritto di esprimere anch’essi atti politici. Un aiuto alla redazione dei regolamenti potrebbe poi venire anche dalla Comunità montana Valle di Susa, specialmente se i comuni partecipanti intendessero associarsi nell’esercizio anche della funzione referendaria ad es. in concomitanza con le prossime elezioni europee.

Dalla consuetudine di inadempienza si è discostata la Città di Torino il cui Statuto (pluri-)riformato prevede forme di referendum consultivo, abrogativo e propositivo, precisando che il referendum consultivo si esprime “in merito a temi, iniziative, programmi e progetti di competenza del Consiglio Comunale”  “non può essere indetto in materia di tributi locali e di tariffe, su provvedimenti amministrativi a contenuto legislativamente vincolato o meramente esecutivi” (art. 16), mentre quello propositivo è escluso sulle “linee programmatiche relative alle azioni ed ai progetti da realizzare nel corso del mandato” del sindaco (art. 18). Le complesse norme procedurali sono state raccolte in un “Testo Unico delle norme regolamentari sulla partecipazione, il referendum, l’accesso, il procedimento, la documentazione amministrativa e il difensore civico” approvato nel 2004 e da ultimo modificato con deliberazione del Consiglio Comunale in data 26 febbraio 2018.

La Città Metropolitana di Torino invece non dispone ancora di un meccanismo referendario utilizzabile.. L’art. 42 dello Statuto 5  La Città Metropolitana, rinvia la disciplina dell’istituto “Referendum”  al “regolamento sulla democrazia partecipata”, limitandosi a dettare la tipologia (“propositivo, consultivo o abrogativo di atti e provvedimenti di carattere generale”) e ad allungare il catalogo dei limiti alla “designazione e nomina di rappresentanti” e agli “atti conclusivi dei procedimenti avviati, svolti e definiti ai sensi delle vigenti disposizioni di legge o quando sono stati utilizzati gli altri strumenti di consultazione previsti dallo Statuto”.[27]

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il referendum consultivo impone solo all’amministrazione che lo ha indetto di tener conto della volontà popolare. Non esplica alcun effetto sull’azione amministrativa che ne è stato oggetto, né tanto meno su vicende successive o di altre amministrazioni, né la volontà popolare espressa con il referendum è idonea ad attribuire all’ente locale poteri estranei alla sfera di attribuzioni fissate con legge.[28] Le consultazioni, tuttavia, costituiscono strumento di partecipazione popolare all’elaborazione delle scelte amministrative, non strumento di verifica a posteriori da parte dei cittadini di scelte già definite con formali provvedimenti amministrativi. Questo non vieta di sottoporre a referendum eventualmente degli atti politici come ad es. quello citato del Consiglio comunale di Torino o l’ordine del giorno approvato dalla città di Susa in data 30. 3.2018.[29]

Restano tuttavia alcune ombre di dubbio sul limite delle “materie di esclusiva competenza locale”. Al riguardo va ricordato che l’art. 8 T.U.E.L aveva recepito tale formula dall’art. 6 della legge n. 142/1990 prima che la riforma del 2001 prevedesse l’attribuzione preferenziale, forse anche generale residuale, delle funzioni amministrative ai Comuni, sostituendo il principio (e criterio) di parallelismo con quelli della sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (art. 118 co. 1 Cost.). A rigore, la competenza non è pienamente sinonimo di funzione, essendo teoricamente immaginabili forse anche funzioni senza competenze. La costituzione rinnovata distingue inoltre tra funzioni “fondamentali” (art. 117 co. 2 lett. p), per lo più “attribuite” come “proprie” essenziali  (art. 118 co. 2 Cost.) dallo Stato, e altre funzioni non fondamentali “conferite” dallo Stato o dalla Regione ed equiparate a quelle proprie (accessorie).  In questo assetto tutte le funzioni e competenze si possono presumere esclusive, ad eccezione solo di quelle espressamente qualificate “concorrenti” dalla legge (ad es. in materia di industria art. 18 co. 2 d. lgs. 31. 3. 1998, n. 112), potendosi pertanto creare anche situazioni di conflitto di competenza ed esigenze di leale collaborazione, da svolgersi mediante forme di consultazione, parere, ricerca di intesa, accordo o intesa, tutti atti o attività endo-procedimentali che come tali non incidono sulla titolarità ma solo sulle modalità di esercizio di funzioni e competenze.

Per quanto riguarda la molteplicità delle scelte amministrative collegate alla realizzazione della TAV Torino-Lione, si possono tuttavia individuare varie competenze statali nel catalogo del d. lgs. 31. 3. 1998, n. 112 (“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”):

1) identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento alla articolazione territoriale delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale, coordinamento con l’Unione europea in materia di politiche di assetto territoriale (art. 52 co. 1 e 2);

2) localizzazione di opere di interesse statale (art. 55);

3) recepimento delle convenzioni internazionali e delle direttive comunitarie relative alla tutela dell’ambiente, tutela della biodiversità, della fauna e flora specificamente protette da fonti internazionali, determinazione di valori limite, standard, obiettivi di qualità e di sicurezza e norme tecniche necessari al raggiungimento di un livello adeguato di tutela dell’ambiente sul territorio nazionale, supporto tecnico alla progettazione in campo ambientale nelle materie di competenza statale, VIA per opere e infrastrutture di rilievo internazionale e nazionale (art. 69 co. 1, lett. a, b, e, f). 71);

4) rifiuti radioattivi e contenenti amianto (art. 85), direttive e parametri tecnici per la individuazione delle aree a rischio di crisi idrica con finalità di prevenzione delle emergenze idriche (art. 88 co. 1 lett. f);

5) programmazione, progettazione, esecuzione e manutenzione di opere pubbliche di rilievo internazionale e di grandi reti infrastrutturali dichiarate di interesse nazionale con legge statale e relativa valutazione tecnico-amministrativa (art. 93 co. 1, lett. b, c, h);

6) piano generale dei trasporti, servizi di trasporto pubblico di interesse nazionale, gli accordi, le convenzioni ed i trattati internazionali relativi a servizi transfrontalieri per il trasporto di persone e merci, definizione di standard e prescrizioni tecniche in materia di sicurezza dei trasporti ferroviari, rilascio di concessioni per la gestione delle infrastrutture ferroviarie, programmazione realizzata previa intesa con le Regioni degli interporti e delle intermodalità di rilievo nazionale ed internazionale (art. 104 co. 1 lett. a, b, c, d, g) h));

7) norme, linee-guida e prescrizioni tecniche di natura igienico-sanitaria relative ad attività, strutture, impianti ecc. (art. 115 lett. b).

Tali competenze sono essenziali per il progetto della TAV Torino-Lione, ma non necessariamente assorbono le funzioni fondamentali dei comuni in materia di “assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico” e di “servizi alla persona e alla comunità” (art. 13 T.U.E.L.), né quelle ulteriori conferite con legge statale o regionale ai comuni o alle comunità montane “per la valorizzazione delle zone montane” (art. 27 T.U.E.L.). A titolo di esempio si prendano le competenze degli enti locali in materia di turismo non trattenute dalla legge regionale 26 aprile 2000, n. 44, in particolare le iniziative di promozione culturale dello stesso. Nella misura in cui l’esercizio di tali funzioni implica l’esercizio di competenze e poteri per l’adozione di atti discrezionali, le scelte pubbliche possono essere condizionate da posizioni tanto favorevoli quanto contrarie alla realizzazione della TAV Torino-Lione, nel caso del turismo privilegiare il turismo che vuol vedere i progressi dei cantieri o quello che vuole manifestare il proprio dissenso (o tanto l’uno quanto l’altro).Altri esempi possono riguardare l’esercizio dei poteri di ordinanza del sindaco ex art. 56 T.U.E.L. per la disciplina degli orari dei lavori rumorosi, le varianti ai piani regolatori generali finalizzate ad opere collegate,  la cessione o locazione di parte del proprio patrimonio immobiliare per attività collegate alla realizzazione dell’opera etc.  

Nella misura in cui si esercitano simili funzioni e competenze ulteriori sulla base di discrezionalità condizionati o condizionabili da simili indirizzi politici, i relativi atti possono essere resi oggetto di referendum abrogativi o propositivi, ma anche di referendum consultivi ove non ancora resi efficaci. Il limite tra i referendum “deliberativi” e “consultivi” può essere relativizzato se si ammettono referendum propositivi o abrogativi di atti di indirizzo politico del consiglio comunale (ad es. quelli dei consigli comunali d Torino e di Susa) o se si formula il quesito della consultazione popolare in forma analoga a una mozione consigliare.

Il manuale di Luciano Vandelli sottolinea al riguardo che il referendum consultivo può atteggiarsi in modi assai variegati: “può trattarsi di una sottoposizione al voto di un progetto preciso, oppure di una ipotesi generica.”[30] Sul piano formale, l’art. 8 T.U.E.L. non sembra postulare il collegamento a un atto amministrativo preciso, limitando il referendum solo alle “materie”. Se un legame anche solo possibile con una materia di esclusiva competenza locale può essere sufficiente, non dovrebbe nuocere un atto di indirizzo politico locale che possa avere effetti anche su atti di collaborazione all’esercizio di competenze riservate ai livelli superiori di governo regionale, statale e sopranazionale, purché non inviti ad intralciare l’effettività dell’esercizio delle competenze degli altri enti. La compresenza di interessi territoriali superiori non dovrebbe precludere la difesa di interessi locali da parte dei cittadini. Sul punto, i pareri del Ministero degli interni sembrano finora non sufficientemente precisi.[31] Non si può certo vietare né un atto politico del consiglio, né un referendum consultivo con il quale si intende impegnare politicamente un consiglio e il sindaco a promuovere o stesso indirizzo politico anche attraverso posizioni ed istruzioni che l’ANCI possa dare ai rappresentanti di categoria nelle varie conferenze regionali e statali.

La reinterpretazione dell’art. 8 T.U.E.L. in un contesto di indebolimento del radicamento locale dei partiti e di percepito pericolo di derive plebiscitarie dovrebbe orientarsi in ogni caso ad esigenze di salvaguardia e restaurazione della democrazia locale. Al riguardo si potrebbe anche obiettare che il referendum consultivo, proprio per il fatto di non poter produrre vincoli giuridici, tutt’al più  – per volontà dello Statuto – oneri di motivazione o quorum per una eventuale delibera finale del consiglio comunale, rischia di degradare una parte del popolo sovrano – cioè la cittadinanza locale – da sovrano decisore in semplice deliberatore di pareri non vincolanti.[32] E più generici saranno i quesiti, più simbolico e manipolabile sarà il consenso, più forte il rischio di una deriva plebiscitaria sia nel senso di una tirannia della plebe, sia nel senso di una chiusura nella sovranità territoriale.

Questa obiezione va presa sul serio, ma ignora la diffusione dell’istituto in altri ordinamenti a partire da quelli statunitensi[33] e potrebbe essere basata su una concezione della sovranità popolare troppo pessimistica rispetto a quel senso civico che è sotteso dall’obbligatorietà del voto (art. 48) e dall’inderogabilità dei doveri di solidarietà politica (art. 2) e che si salda con il repubblicanesimo su cui si fonda la “forma repubblicana”. Pertanto si potrebbe replicare che il valore politico di un referendum consultivo dipenderà dal suo peso sulle altre forme di esercizio della sovranità, in particolare quelle elettorali che non si esauriscono in scelte di persone ma si estendono in virtù della partecipazione dei partiti politici sempre anche ad indirizzi politici. Non è affatto escluso che anche in tempi di crisi dei partiti e di timori di degenerazioni del parlamentarismo in populismo, sovrano possa essere anche una cittadinanza che resiste alla tentazione di comandare e dirigere e piuttosto preferisce partecipare alla politica e cooperare attraverso qualche “consiglio” dato a un consiglio spesso troppo debole nei confronti della maggioranza del sindaco. Sovrano non è colui che dal nulla decide tutto, ma un insieme di cittadini che sulla base di un procedimento di consultazione effettiva riesce a sapere di più dei propri rappresentanti e a fare ascoltare e valere la propria parola con autorità anziché la propria voce con forza. Questa sovranità non si concretizza nell’imposizione di decisioni, ma nella condivisione di domande di decisione, non si simbolizza nella spada e nel tirannicidio, piuttosto nella soft power della persuasività e della dissuasione del tiranno. Non è la ricostituzione del regno della legge popolare  (“lex est quod populus iubet atque constituit”), semmai l’accesso della cittadinanza al regno della “soft law”.  Sovrano non è già il cittadino arrabbiato che sfoga una “dies irae” fulminando la politica e i politici, sovrano diventa il cittadino che conosce i luoghi e sa informarsi e impara a esprimere giudizi sulle “cose” pubbliche oltre che sulle persone che le amministrano e che riesce avere un minimo di fiducia nelle capacità politiche dei propri concittadini.[34]

Questo modello normativo della sovranità è ovviamente più fattibile e più convincente se praticato a livello locale. Occorre ora verificare se è applicabile anche agli altri livelli di governo o se si debba parlare – come nella maggior parte dei modelli federali – di una sorta di sussidiarietà nell’allocazione delle competenze  partecipative del corpo elettorale.

  

4. Le lettere morte, ma rianimabili dello Statuto piemontese sulla partecipazione dei cittadini

Nel suo ultimo lavoro, Luigi Bobbio ha disegnato un quadro tanto chiaro quanto desolante della partecipazione dei cittadini alla vita dell’autonomia regionale del Piemonte. Nonostante sia considerata “condizione essenziale “ per lo sviluppo della vita democratica della Regione (art. 2 comma 2 dello Statuto del 2005), la loro partecipazione alla funzione legislativa e a quella amministrativa nonché alle scelte pubbliche e al controllo dei poteri pubblici sarebbe stata attuata in sostanza solo “mediante la proclamazione di un altro principio di cui non si riescono a intravedere le modalità concrete di attuazione”, pertanto risulterebbe un principio “sistematicamente disatteso sia nella legislazione, sia nella prassi amministrativa, sia nei momenti di crisi; è stato soprattutto ignorato e probabilmente neppure compreso nella sua reale portata”.[35]

In effetti, per quanto riguarda gli istituti statutari del referendum abrogativo e consultivo e della cd. “consultazione popolare” riferita a “particolari categorie e settori della popolazione su provvedimenti di loro interesse”, la non-partecipazione dei cittadini è oramai consuetudine piemontese. Delle sole 23 petizioni della decima legislatura finora schedate sul sito, nessuna ha osato tematizzare la TAV. Delle interrogazioni istituzionali “agli organi della Regione” di cui all’art. 85 comma 2 dello Statuto, l’art. 107 del Regolamento del Consiglio del 2009 ha attuato solo l’”interrogazione al Consiglio” non anche l’interrogazione alla Giunta in Consiglio e comunque non si trova traccia specifica sul sito.

A differenza dei singoli cittadini, i movimenti No- e SI-TAV potrebbero essere consultati ora anche on-line dalle commissioni permanenti e speciali (art. 41 Regolamento del Consiglio), ma le loro memorie ed eventuali pareri dell’Ufficio legislativo non sono accessibili al pubblico internet e le sessioni delle commissioni che esaminano le interrogazioni sono inspiegabilmente non pubbliche (art. 30 co. 8 regolamento del Consiglio).

Non solo non risulta mai essere stata istituita una commissione speciale o di inchiesta (art. 31 dello Statuto) su temi legati alla TAV Torino-Lione, ma pare anche che le Commissioni non abbiano mai organizzato audizioni di esperti.[36]  Senza precedenti sarebbe infine anche una consultazione popolare “di particolari categorie o settori della popolazione su provvedimenti di loro interesse” ai sensi dell’art. 86 dello Statuto, peraltro come anche lo strumento degli osservatori e delle consulte (art. 1000) non annoverato tra gli istituti della partecipazione di cui all’art. 72 dello Statuto.

Lo Statuto della Regione Piemonte rubrica prevede invece come istituti della partecipazione oltre all’iniziativa popolare e degli enti locali entro vari limiti soprattutto tre diverse forme di referendum:

1) approvativo dello Statuto e delle sue modifiche;

2) abrogativo di leggi regionali, regolamenti regionali e provvedimenti amministrativi di interesse generale,;

3) consultivo su iniziative legislative o determinati provvedimenti amministrativi.

Una prima forse più accademica ipotesi di referendum approvativo di una riforma dello Statuto potrebbe riguardare ad es. un principio fondamentale di promozione dei rapporti e trasporti transfrontalieri, anche attraverso nuove infrastrutture quali la nuova linea ferroviaria Torino-Lione (art. 5) o una contrarietà a infrastrutture deliberate e progettate senza un’adeguata partecipazione diretta dei cittadini (art. 2).

Più difficile da prospettare sarebbe invece un referendum abrogativo di norme legislative in chiave NO- o SI-TAV. Infatti, da una ricerca su ARIANNA si potrebbe evincere che nessuna norma di legge o di regolamento risulta essere stata esplicitamente destinata a promuovere o ostacolare la Torino-Lione.

Questo non vuol dire che alle procedure riguardanti tale opera non possano trovare applicazione leggi e regolamenti regionali. Un primo esempio oggetto di controversie tra fautori del No- e del SI-TAV è stata la Legge regionale n. 4 del 21 aprile 2011 “Promozione di interventi a favore dei territori interessati dalla realizzazione di grandi infrastrutture. Cantieri – Sviluppo – Territorio”.  La legge stanziava 200.000 Euro per

azioni di intervento quali “a) concorso alla definizione delle prescrizioni da recepire ai vari livelli di progettazione; b) individuazione e predisposizione delle attività di accompagnamento alla fase di avvio degli interventi riconducibili ai lavori di realizzazione dell’opera, mitigando gli impatti negativi, producendo delle ricadute positive per i territori e garantendo la sostenibilità delle trasformazioni; c) sviluppo e gestione delle opportunità per il territorio anche al fine di favorirne la competitività; d) promozione della idonea pubblicità e della massima trasparenza degli atti formali inerenti al procedimento di approvazione delle opere di cui all’articolo 2 attraverso gli organismi di monitoraggio operanti presso le strutture regionali e provinciali;

e) promozione dell’impiego di tecnologie innovative nelle fasi di cantiere e di monitoraggio dei lavori al fine di garantire i massimi livelli di sicurezza e di tutela della salute e dell’ambiente; f) preparazione delle fasi successive alla realizzazione dell’opera anche attraverso la verifica, la garanzia della trasparenza e il monitoraggio delle azioni di cui alle lettere a), b), c), d) ed e).” (art. 3) Al di là dei costi amministrativi del comitato di pilotaggio, della struttura di coordinamento tecnico-operativa e dei “comitati specifici competenti per ambiti territoriali o per materia” (art. 4ss.), si segnala l’elenco degli “ambiti tematici di intervento” che si può  leggere come una mappatura dell’intreccio delle competenze regionali coinvolte: “a) salute, prevenzione, sicurezza sul lavoro e tutela ambientale; b) formazione e occupazione; c) sviluppo di opportunità per le imprese locali; d) offerta abitativa e ricettiva; e) valorizzazione dei materiali di risulta; f) fiscalità agevolata; g) promozione dei progetti di territorio e di valorizzazione paesaggistica; h) promozione dei progetti a valenza educativa, ambientale, culturale e sociale; i) pianificazione e gestione urbanistica; l) attività espropriative; m) comunicazione” (art. 9). Nulla vieterebbe di chiedere tramite referendum l’abrogazione dell’art. 1 comma 3 di tale legge: “In sede di prima attuazione le disposizioni di cui alla presente legge si applicano agli interventi relativi: a) alla galleria geognostica La Maddalena; b) al nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione.” Trattandosi tuttavia di una legge destinata a “mitigare” l’impatto dell’infrastruttura, sarebbe facile attribuire all’abrogazione il significato di una disapprovazione dell’opera stessa, ma sarebbe anche più difficile ottenere un consenso ampio.

Un altro esempio di legge regionale avente impatto sulla linea TAV Torino-Lione è offerto dagli art. 13 e 14 della Legge regionale n. 30 del 14 ottobre 2008 “Norme per la tutela della salute, il risanamento dell’ambiente, la bonifica e lo smaltimento dell’amianto” in relazione alle attività estrattive e a quelle di movimento e sbancamento di terreni. In esecuzione della prima disposizione sembrano essere stati fermati i lavori nel cantiere di Castagnola per il terzo valico, trovando 4,6 fibre al litro nell’aria all’interno della galleria.[37] In esecuzione della seconda disposizione era stata “predisposta un’analisi geologica preventiva per accertare l’eventuale presenza di amianto nell’area interessata dai lavori, al fine di prevedere le precauzioni per la realizzazione dei lavori nel rispetto della sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente”. In realtà non sono controverse tali norme, piuttosto lo sono i valori limite stabilite dalle fonti nazionali[38] (e internazionali) e i dettagli procedurali del protocollo gestione amianto, tuttora inesistente stante il citato parere del Ministero dell’ambiente.

Non meno difficile è la ricerca di provvedimenti amministrativi di interesse generale. Al riguardo bisogna innanzitutto premettere che l’art. 80 comma 3 dello Statuto, con disposizione forse non ineccepibile e certamente oscura vieta ogni referendum su “atti amministrativi di interesse generale” se sono “di esecuzione di norme legislative e regolamentari e di esecuzione delle delibere consiliari”. Al riguardo è stato osservato non solo la mancata innovazione rispetto al primo Statuto, ma anche la probabile improcedibilità del referendum amministrativo piemontese visto che anche gli atti di pianificazione e programmazione, anzi forse tutti gli atti del potere esecutivo regionale possono dare esecuzione a norme legislative. Quali siano i provvedimenti amministrativi di interesse generale suscettibili di referendum in base a questa bizzaria normativa forse incomprensibile con la conseguente irragionevolezza e incostituzionalità di un combinato disposto apparentemente contraddittorio e perplesso.[39]         

Il tutto si complica ulteriormente per il referendum consultivo di cui all’art. 83 dello Statuto secondo il quale il Consiglio regionale “può deliberare di sottoporre a referendum consultivo iniziative di legge o determinati provvedimenti amministrativi, nei limiti e secondo le modalità fissate con legge”. Innanzitutto non restringe i soggetti autori delle iniziative legislative e pertanto non solo non esclude iniziative popolari e degli enti locali, ma non esclude nemmeno iniziative legislative della stessa Regione indirizzate alle Camere ai sensi dell’art. 121 comma 2 per. 2 Cost., a meno che i commi 2 e 3 che disciplinano il seguito di un esito favorevole siano da intendere come divieto implicito di un tale referendum consultivo di indirizzo. In secondo luogo, resta da precisare in che misura il referendum consultivo possa vertere su “determinati provvedimenti amministrativi”, specialmente se tali provvedimenti danno esecuzione a leggi, se possono essere già stati adottati e da chi devono essere stati determinati. In terzo luogo occorre prendere atto della mancata attuazione della riserva di legge procedurale, in piena coerenza alla sopra constatata consuetudine di non-attuazione seguita al riguardo degli statuti comunali e provinciali. Significa questo che per rendere ammissibile un referendum consultivo occorre prima modificare l’art. 83 dello Statuto o fissare con legge “i limiti” e le modalità per attenderne l’entrata in vigore o sarebbe possibile avviare il primo referendum consultivo uno actu con una delibera legislativa (o di riforma statutaria) che inglobi anche in sede di prima applicazione l’indizione del primo referendum ? Una interpretazione in dubio pro populo dello Statuto ai fini della risposta a tali quesiti potrebbe essere segno di prudenza maggiore rispetto a quella invocabile dal legislatore che forse per timore di incentivare la crescita dei risentimenti populisti ha preferito incrociare le braccia (e le dita), privilegiando una politica di “degrado e commiato del referendum consultivo” avvallata ben prima dei lavori per lo Statuto anche da una parte della dottrina costituzionale.[40]

Resta tuttavia il problema di definire meglio il quesito di un simile referendum consultivo regionale senza trasformarlo in un’indebita interferenza nelle competenze nazionali ed euro-unitarie, difendibili anche tramite conflitto di attribuzione.[41] Questa interferenza si potrebbe verificare ad es. qualora il referendum consultivo intendesse impegnare la Regione Piemonte o in forma di auto-coordinamento interregionale anche le altre regioni dell’Italia settentrionale interessate dalla linea a presentare una legge per l’abrogazione delle leggi che hanno autorizzato la ratifica e dato esecuzione ai sopra citati accordi tra Italia e Francia. Una simile scelta del Parlamento non sarebbe in contrasto con il vincolo degli obblighi internazionali di cui all’art. 117  co. 1 Cost. se fosse legittimo il recesso da simili obblighi, ad es. per ragioni di sopravvenuta insostenibilità finanziaria comprovata. Anche se il valore di un simile referendum consultivo sarebbe solo regionale e politico, si potrebbe tuttavia obiettare che esso consentirebbe almeno indirettamente di “condizionare scelte discrezionali affidate alla esclusiva competenza di organi centrali dello Stato”[42] e, soprattutto, di aggirare il divieto di referendum abrogativo nazionale sulle leggi di autorizzazione alla ratifica ed esecuzione di trattati internazionali di cui all’art. 75 comma 3 Cost..

In una simile censura non incorrerebbe invece una consultazione referendaria tesa a promuovere una

iniziativa legislativa regionale ad es. a favore di un irrigidimento/non irrigidimento dei valori limite delle fibre di amianto riscontrabili nella vicinanza dei cantieri di opere pubbliche o una revoca/conferma dei rappresentanti della Regione in sede all’Osservatorio. I rapporti tra Regione e Stato non sono equiparabili ai rapporti intergovernativi internazionali e divieti di interferenza asseriti dalla giurisprudenza riguardavano esclusivamente le fonti costituzionali.[43]

Inoltre, nella misura in cui restano aperte le decisioni sopra individuate con ricerca di intesa su singole varianti e tratte della linea nella Bassa Valle di Susa, forse nulla potrebbe opporsi a un referendum consultivo regionale di indirizzo in grado di condizionare l’intesa sui provvedimenti relativi. Un simile referendum consultivo potrebbe anche aiutare a optare per soluzioni più economiche, mobilitando i cittadini in Regione a favore della salvaguardia delle finanze pubbliche da spese sproporzionate.

Un’ulteriore ipotesi di referendum consultivo potrebbe essere desunta dal dibattito sul cd. regionalismo differenziato in attuazione dell’art. 116 comma 3 Cost.. L’approvato ordine del giorno sulla “Gestione opere strategiche infrastrutturali conseguenti all’autonomia differenziata”, impegna la Giunta a chiedere che la Regione possa “acquisire la titolarità italiana dell’opera” qualora “il Governo nazionale intendesse interrompere la realizzazione dell’opera”.[44] Al di là dei limiti di competenza, superabili da deroghe legislative al catalogo delle competenze sopra indicato, e di finanza pubblica, verificabili da parte della Corte dei conti, le competenze attuali non precluderebbero un referendum consultivo analogo a quello tenutosi sul regionalismo differenziato nelle regioni della Lombardia e del Veneto, specialmente se corredato da maggiori garanzie di trasparenza sui costi e da appositi quesiti sui limiti di spesa aggiuntiva alla finanza regionale. Proprio il carattere consultivo e non vincolante del referendum lascerebbe intatta l’autonomia di bilancio della Regione, ma renderebbe il cittadino più responsabile del patrimonio pubblico. Altra questione più politica è se questo uso degli strumenti del regionalismo differenziato, specialmente se condiviso dalle altre regioni attraversate dal corridoio non comporti – in conformità forse ad alcuni retro-ragioni della disposizione costituzionale creata nel 2001 – una maggiore disparità tra Nord e Sud dell’Italia.

In sintesi, esistono ancora margini per un referendum statutario o abrogativo o consultivo, ma il legislatore regionale ha mandato chiari segni di insufficienza e insofferenza nei confronti di una cittadinanza tratta forse con troppa ipocrisia, se non addirittura con involontario cinismo e arroganza come incapace di referendum e pertanto anche incapace di arbitrare tra SI e No-TAV. Luigi Bobbio aveva davvero ragione a concludere che nel “più virulento conflitto territoriale/ambientale della recente storia italiana” la Regione Piemonte non ha superato la prova del fuoco per la partecipazione dei cittadini.[45]

  

5. L’inammissibile o inutile referendum abrogativo nazionale e la proposta di referendum propositivi 

Da quanto finora analizzato si può desumere innanzituttoche i margini per un referendum a livello nazionale sono forse non grandi, semmai più chiari di quelli a livello locale e regionale. Innanzitutto va ricordato che il popolo italiano ha già disapprovato con referendum costituzionale del 2016 l’attribuzione allo Stato di una nuova competenza legislativa esclusiva riguardante “infrastrutture strategiche e  grandi  reti  di  trasporto  e  di navigazione di interesse nazionale e  relative  norme  di  sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale” (art. 117 comma 2 lett. z)). Rispetto a questo tentativo di accelerazione, una controstrategia referendaria potrebbe puntare semmai sulla regionalizzazione delle competenze amministrative statali sopra elencate non solo attraverso la procedura dell’art. 116 comma 3 Cost., ma anche  attraverso l’abrogazione di singole voci del d. lgs. 112/1998. Una tale abrogazione, tuttavia, in base al principio tempus regit actum, non invaliderebbe le decisioni già prese, né permetterebbe un referendum su atti amministrativi pregressi.

Altre ipotesi di referendum abrogativo nazionale sono molte più difficili. Per effetto della lettura estensiva dei limiti espliciti del referendum abrogativo nazionale da parte della giurisprudenza costituzionale sono escluse non solo le leggi di autorizzazione alla ratifica degli accordi internazionali sopra citati, ma anche

le norme delle leggi di stabilità che hanno autorizzato le spese, in lo stanziamento complessivo di 2.940 milioni di euro nel periodo 2013-2029, per il finanziamento di studi, progetti, lavori preliminari e definitivi connessi alla nuova linea ferroviaria Torino-Lione di cui all’articolo 1, comma 208, della legge n. 228/2012. Ugualmente al riparo dal referendum abrogativo sembrano poste le disposizioni di tutela penale del cantiere di cui all’art. 12 novembre 2011, n. 183  (“Legge di stabilità 2012”), anche se l’idea che il divieto di referendum in materia di bilancio si estenda a tali disposizioni penali sembra incompatibile con il canone di ragionevolezza che non solo legittima, ma vincola anche la giurisprudenza costituzionale in materia di referendum.

Formalmente non collegato ad una manovra finanziaria sarebbe invece l’art. 47 comma 9  del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 “Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo” che ha autorizzato in anticipo sulla decisione del CIPE le attività propedeutiche all’avvio dei lavori relativi alla sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, ponendo i relativi oneri a carico delle risorse stanziate dall’art. 1, comma 208, della legge 228/2012.[46] L’abrogazione di tale norma tuttavia non invaliderebbe gli atti del CIPE e non avrebbe quindi – a prescindere dall’eventuale valore simbolico – alcun effetto paralizzante concreto. Similmente inutile sarebbe un’eventuale abrogazione ad es. dell’art. 126 comma 1 bis del Codice degli appalti che escludeva l’applicazione del dibattito pubblico ai procedimenti di VIA e VAS per le varianti della linea in Bassa Valle. 

Pertanto si può concludere che la Torino-Lione è stata quasi integralmente riparata – per non dire  “blindata” – dal referendum abrogativo, ma solo per effetto di una giurisprudenza costituzionale estensiva dei suoi limiti costituzionali. Tale estensione merita di essere riflettuta anche nel contesto dell’attuale dibattito sulle necessità o opportunità politiche del cd. referendum propositivo, anche per evitare conclusioni affrettate. Al di là del quorum di partecipazione servirebbe forse una rimeditazione dell’estensione dei limiti di cui all’art. 75 comma 3 Cost., in particolare di quelli finanziari ed internazionali.

Per quanto riguarda i limiti finanziari, le stesse buone ragioni di prevenzione del conflitto d’interesse del cittadino che decide di abrogare leggi tributarie giustificano infatti la scelta di consentire il referendum abrogativo su leggi di spesa, almeno se le spese non sono vincolate da diritti fondamentali.[47] Inoltre, se basta inserire le scelte di spesa in una legge di stabilità per vietare ai cittadini di contraddire scelte di spreco e se si portano addirittura delle norme penali in una legge di stabilità, si rischia di ridurre i margini di virtù repubblicana e democratica della cittadinanza e di porre limiti irragionevoli ai referendum.

Anche per i limiti internazionali potrebbe essere utile una riflessione aggiuntiva. Innanzitutto, essendo decisivi gli obblighi internazionali e i vincoli comunitari, nulla vieterebbe di inserire nei trattati delle clausole facoltizzanti eventuali referendum abrogativi (parziali) in modo tale da escludere una responsabilità internazionale. Per rendere in questo modo possibile un procedimento di dibattito pubblico, magari organizzato sotto l’egida della Commission Nationale du Débat Public, e un referendum consultivo conclusivo dello stesso, anche solo ristretto ai territori delle regioni interessate, potrebbe essere sufficiente un’ulteriore accordo internazionale ispirato peraltro ai principi della Convenzione di Aarhus del 1998 che dovrebbero trovare applicazione anche a progetti internazionali.

Si potrebbe obiettare subito che sarebbe sempre preferibile un referendum consultivo precedente la conclusione  degli accordi finalizzati all’avvio delle opere e infrastrutture comuni, perché altrimenti si rischierebbe di decidere non tanto sull’infrastruttura quanto sulla sorte degli accordi precedenti. Tuttavia, se la ratio del divieto di referendum abrogativo di leggi di autorizzazione alla ratifica o di esecuzione di trattati internazionali è semplicemente la prevenzione di situazioni di responsabilità internazionale, l’accordo tra le nazioni interessate dovrebbe rendere irrilevanti tali obiezioni. Altro sono in effetti i referendum previsti dagli accordi internazionali, altro sarebbero un referendum obbligatorio approvativo per i trattati internazionali come quello discusso in Svizzera per trattati che avrebbero effetti analoghi ad una revisione della costituzione.[48]

Si potrebbe allora obiettare che tanto le nuove forme di referendum obbligatorio approvativo di accordi internazionali quanto le forme di referendum consultivo previste dagli stessi sarebbero nuove forme di esercizio della sovranità popolare per le quali l’art. 1 Cost. potrebbe stabilire una riserva di legge di revisione costituzionale. A ben vedere, l’esercizio della sovranità ai sensi di questa disposizione sembra riferirsi piuttosto alle forme dirette o indirette, tramite rappresentanti, di deliberazione di atti che non forme di consultazione su atti, quindi includere più i referendum deliberativi che quelli consultivi. Se l’estensione del divieto dalle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati alle leggi strettamente collegate all’esecuzione degli impegni nazionali, con scelte “per le quali non vi sia margine di discrezionalità”,[49] un dibattito pubblico

Su progetti di infrastrutture internazionali che si conclude con un referendum consultivo ristretto al territorio di determinati enti locali o regionali potrebbe non rientrare in tale riserva.

Il progetto di revisione dell’art. 71 della Costituzione peraltro non affronta questi problemi. Il referendum propositivo risulta inammissibile non solo se viola i principi e diritti fondamentali, ma anche se la legge proposta “presuppone intese o accordi, se richiede una procedura o una maggioranza speciale per la sua approvazione e se non provvede ai mezzi per far fronte ai nuovi o maggiori oneri che essa importi”. Nella motivazione ufficiale si legge che “la formulazione preferita non fa esplicito rinvio al testo dell’art. 75 Cost., in modo che essa ne risulti più estesa: il riferimento alle leggi ad iniziativa riservata, esclude il nuovo istituto non solo per il bilancio (art. 81, 4° comma) ma anche – invero pleonasticamente – per le leggi di conversione dei decreti legge (art. 77 Cost.) e per le leggi di cui all’art. 116, 3° comma, Cost., in materia di autonomia regionale differenziata; il riferimento ad intese o accordi vale ad escludere le materie di cui agli art. 7 e 8 Cost. (rapporti con la Chiesa e le altre confessioni religiose), nonché – di nuovo – l’art. 116, 3° comma, Cost., e anche tutti i Trattati internazionali per la ratifica dei quali sia richiesta una legge di autorizzazione (…).” La riforma in itinere si propone comunque di “potenziare gli strumenti di democrazia diretta, per dare nuova linfa alla nostra democrazia, rilanciando la partecipazione dei cittadini alla vita politica del paese”.[50] Il potenziamento puntuale degli strumenti richiederebbe forse una analisi più differenziata del sistema complessivo delle forme della democrazia anche rappresentativa e partecipativa, evidenziando i punti di forza da conservare e quelli di debolezza da riformare.

  

6. Le responsabilità dell’Unione europea

I treni ad alta velocità sono stati costruiti in Europa per la prima volta in Italia nel 1977 (Roma-Firenze). Pertanto non sorprende che anche la TAV Torino-Lione sia stata dichiarata di interesse nazionale, ma in questo caso sarebbe forse più corretto precisare che è soprattutto di interesse europeo, cioè di interesse innanzitutto dell’Unione europea, ma anche del Consiglio d’Europa, dell’OCSE e dell’OSCE avere un corridoio mediterraneo funzionale e funzionante e che pertanto la dichiarazione dell’interesse nazionale è stata preceduta da varie procedure di dichiarazione di interesse  internazionale.  

Al riguardo sono già state indicate alcune norme e scelte rilevanti del diritto dell’Unione europea, a partire dall’accordo politico del Consiglio Europeo di Essen del 1994, peraltro preparate in Commissione dal Master Plan del Gruppo Christophersen (1993). Nel 1996, l’indicazione del Consiglio fu incorporata come progetto di comune interesse nelle prime “linee guida comunitarie”, successivamente modificate nel 1999 e ricompreso nel Libro Bianco sulla politica dei trasporti del 2001.[51] Il “Corridoio transeuropeo V” era da realizzare entro il 2015, termine poi slittato al 2017, attraverso la sottoscrizione di protocolli di intesa (memorandum of understanding) tra i Paesi confinanti, anche per facilitare l’accesso ai finanziamenti comunitari regolamentati sin dal 1995 e controllati sulla base di relazioni annuali della Commissione esaminate dal Parlamento europeo, dal Consiglio, al Comitato economico e sociale e dal Comitato delle regioni.[52]

Nel 2004, i 14 progetti elencati dal Consiglio europeo di Essen sono diventati 30 progetti di corridoi prioritari ed è stato istituito a Trieste il Segretariato permanente del Corridoio V, con il compito di fornire assistenza agli Stati coinvolti nella definizione dei progetti di infrastrutture e della relativa copertura finanziaria.[53]  Nel 2006, uno studio incaricato dalla Commissione consigliava una nuova “politica di comunicazione con le comunità locali e i detrattori del progetto”, raccomandando peraltro  di “realizzare su base annua dei sondaggi (barometro) per mezzo di questionari individuali (anonimi) su un campione della popolazione locale, come quello realizzato da LTF nell’ottobre 2005”.[54]

Il primo finanziamento approvato nel 2008 sulla base del nuovo regolamento n. 680/2007[55]

ha poi consentito nel 2010 la delibera CIPE di finanziamento del cunicolo della Maddalena.[56]

Sin dal 2009, la Commissione ha lavorato sulla base di un libro verde per una riforma delle politiche della rete transeuropea dei trasporti che ha portato il nuovo “corridoio mediterraneo” nel citato Regolamento n. 1315/2013. Alcuni studi del Parlamento europeo hanno invece evidenziato notevoli problemi di trasparenza e partecipazione pubblica. Gli studi degli economisti Schade et al. per la commissione TEN nel 2013 e nel 2014 distinguono tre tipi di problemi di implementazione, il primo la carenza o debolezza di una deinizione degli obiettivi strategici, il secondo la carenza o debolezza dei piani dei trasporti e il terzo la carenza o debolezza della partecipazione pubblica (“lack of or flawed public participation”).[57]

Il giudizio sulla linea Lione-Torino è differenziato, non lusinghiero, considerando nemmeno dalla sua revisione assicurati i benefici di passaggio dei trasporti dalla strada al treno e lamentando deficit di partecipazione pubblica e trasparenza dei costi. Si definiscono come precondizioni della sua utilità la liberalizzazione dei mercati ferroviari, l’aumento dei costi di utilizzo del valico di Ventimiglia e una riduzione delle capacità di trasporto via autostrada, un controllo dei costi da parte di autorità indipendenti e un’analisi finanziaria della fase operativa.[58]

A differenza dell’art.9 del regolamento UE n. 347/2013 del 17 aprile 2013 sugli orientamenti per le infrastrutture energetiche transeuropee[59], il regolamento n. 1315/2013 su quelle dei trasporti non contempla appositi orientamenti per la trasparenza e la partecipazione del pubblico, limitandosi a permettere al coordinatore europeo di “consultare, insieme agli Stati membri interessati, le autorità regionali e locali, gli operatori dei trasporti, gli utenti dei trasporti e i rappresentanti della società civile, in relazione al piano di lavoro e alla sua realizzazione” (art. 45 comma 6). Nel piano di lavoro del coordinatore devono configurare dettagli e le consultazioni pubbliche (art. 47), ma la relazione più recente sui lavori del corridoio mediterraneo non tiene traccia di tali consultazioni, limitandosi a segnare per la Torino Lione la dicitura: “works foreseen, but delayed, compliance doubted”.[60]

In sostanza, il cittadino non compare nel regolamento, il pubblico si scompone in categorie e anche la Commissione sembra consultare solo gli Stati ed esperti, riluttante a misurare la consumer satisfaction rispetto alle proprie politiche in materia di trasporti ferroviari[61] e tutt’al più condizionabile dalla critiche della Corte dei conti europea.[62] Quali sarebbero allora i canali di partecipazione rimasti ai cittadini ? L’art. 11 comma 3 TUE e l’art. 2 del protocollo su sussidiarietà e proporzionalità obbliga la Commissione “ad ampie consultazioni delle parti”, ma non vieta di considerare tali anche gli stessi cittadini ai quali si aprono le consultazioni online. Sulla Lione-Torino e sulle infrastrutture della mobilità e dei trasporti non sembra che si siano tenute delle consultazioni pubbliche.[63] Né è stata su questi temi registrata un’iniziativa dei cittadini europei, introdotta dal trattato di Lisbona nell’art. 11 comma 4 TUE, peraltro con due quesiti riguardanti l’introduzione di forme di referendum dichiarate inammissibili. Restano in ultima analisi solo le petizioni al Parlamento che ha riservato comunque una discreta attenzione soprattutto alle petizioni NO-TAV, svolgendo già nel 2005 una prima fact-finding-mission.[64] E resterebbe un dialogo indiretto con gli enti locali e le Regioni attraverso il Comitato delle Regioni dell’UE che ha recentemente avviato una consultazione dei propri stakeholders sulla Connecting Europe Facility.

In ultima analisi, la democrazia partecipativa a livello Europea non ha dato prova migliore di quella degli altri livelli di governo. Più che rassegnarsi all’invocazione rituale del deficit democratico dell’Unione europea, converrebbe chiedere una miglioria del regolamento n. 1315/2013 al fine di creare procedure di dibattito pubblico anche nei progetti di interesse comune. In questo modo si potrebbe rafforzare la formazione di un’opinione pubblica europea e di una sfera pubblica capace di interlocuzione civica, presupposti culturali di ogni futuro sviluppo di forme di referendum a livello dell’UE (almeno medio termine).[65]

 

7. Qualche osservazione conclusiva

In conclusione, occorre osservare innanzitutto che non è possibile viaggiare ad alta velocità tra le istituzioni referendarie e di democrazia partecipativa rilevanti per progetti infrastrutturali come la TAV/TAC Torino-Lione. Innanzitutto il tentativo di una ricostruzione delle decisioni prese e di quelle da prendere dimostra una complessità ben superiore a quella appalesata dai siti LTF e TELT o dell’Osservatorio che non contemplano, ad es., tutte le delibere del CIPE, né atti regionali e comunali, né le relazioni delle Corti dei conti, né i lavori preparatori e i pareri tecnici con le relative parcelle, per non parlare delle webcam pubbliche raccomandate dagli esperti del Parlamento europeo. Se la trasparenza e pubblicità è un principio suscettibile di attuazione graduale, le “politiche della comunicazione pubblica” – se giuridicamente legittimate e limitate da doveri di ricerca di verità – possono dare maggiore o minore peso, ottimizzare o minimizzare, anticipare o posticipare informazioni. Nel caso delle grandi opere costitutive di nuovo patrimonio pubblico, tanto il principio repubblicano quanto il principio democratico potrebbero esigere di più, di meglio e massima tempestività dell’informazione.

Servirebbero non solo comunicati di stampa e carte di sintesi, come ad es. nelle 19 pagine di certificazione dei costi della società di consulenza belga pubblicata sul sito della TELT:[66] Forse più che poesie da presentare al Salone dei libri potrebbero servire film documentari e dossier dettagliati che consentano non solo agli intellettuali del regime, ma ad ogni cittadino uno studio più approfondito e una valutazione della congruenza tra analisi e sintesi. Inoltre gli studi commissionati da strutture governative devono corrispondere ai più alti canoni di qualità che forse – il conflitto di interesse sia perdonabile – potrebbero essere quelli scientifici. Ad es., il quaderno dell’Osservatorio dal titolo “Contributi all’approccio decisionale alle grandi opere. Spunti di analisi e discussione in un ottica operativa sulla base dell’esperienza dell’Osservatorio”, atti di un seminario del 2012 pubblicati nel 2015, non solo non specifica i propri costi di produzione, ma evidenzia anche un notevole grado di improvvisazione di “esperti” accreditati senza alcun comitato scientifico e denota forti carenze di scientificità: non segue alcun approccio interdisciplinare, non ricostruisce lo stato dell’arte, sottovaluta i problemi di metodologia di un’auto-osservazione ed esclude dalla prospettiva comparata esperienze come quelle svizzere, tedesche e scandinave.

Le politiche della comunicazione pubblica dell’Osservatorio e quelle del contro-osservatorio consentono solo la composizione di frammenti di un mosaico più ampio. L’assenza di inchieste parlamentari e la carenza dell’accompagnamento scientifico imparziale e critico rispetto ad ogni pregiudizio, sia da parte delle università, sia da parte delle istituzioni pubbliche e delle fondazioni che sponsorizzano le ricerche impattano negativamente sui presupposti culturali della democrazia partecipativa e diretta. Senza volontà di cultura, la volontà di politica dei cittadini rischia di piegarsi a logiche solo economiche che consiglierebbero di sostituire ai referendum costosi le ricerche più risparmiose della demoscopia.

Per quanto riguarda poi il quadro della democrazia partecipativa negli enti locali, sarebbe affrettato concludere che realisticamente un referendum locale legato alla TAV/TAC verrebbe giudicato illegittimo per il solo fatto di condizionare l’esercizio di competenze nazionali perché occorre distinguere i condizionamenti legittimi da quelli illegittimi. Nella misura in cui gli enti locali, anche per la difesa delle competenze proprie, sono legittimati a collaborare, sembra paradossale da un lato permettere delle delibere consigliari locali di indirizzo politico, dall’altro lato escludere referendum locali che possano precedere o contraddire tali delibere. Le interpretazioni restrittive dell’art. 8 T.U.E.L. da parte delle istituzioni statali, la rinuncia degli enti locali a tradurre le proprie norme statutarie in regolamenti e l’inesistenza di un registro o censimento degli stessi referendum locali anche solo da parte dell’ANCI indicano una forte discrasia tra le norme e la realtà della democrazia partecipativa referendaria a livello locale. Questo non vuol dire che la partecipazione dei cittadini soprattutto nei piccoli comuni non sia realizzata per vie più informali, anche assembleari, ma potrebbe spingere i cittadini a preferire la piazza e il corteo. Una semplificazione della democrazia partecipativa locale potrebbe essere possibile.

Per quanto riguarda poi lo stato della democrazia partecipativa nella Regione Piemonte, il quadro non muta molto. Semmai si potrebbe dire che aumenta il numero degli istituti e delle norme e diminuisce la partecipazione. Un referendum consultivo legato alla Torino-Lione non sarebbe impossibile, ma forse

l’ipotesi insieme più realistica e quella più difficile sarebbe quella dell’art. 161 co. 3 Cost., specialmente qualora una simile scelta avesse un impatto sulle finanze della Regione. Nulla vieterebbe di chiedere l’abbinamento di questo referendum alle prossime elezioni europee. Le manifestazioni SI- e No-TAV a Torino verso la fine del 218 dimostrano che l’interesse politico dei cittadini piemontesi è cresciuto e forse anche superiore al loro interesse di partecipazione alla vita dei partiti politici. E se l’istituzione della Regione in questo momento stenta a riguadagnare fiducia da parte dei cittadini, potrebbe essere non fuori luogo investire in strumenti che consentono ai cittadini di riprendere fiducia in se stessi.[67]

Per quanto riguarda invece il livello nazionale, l’esito delle elezioni e l’indirizzo politico definito dal contratto di governo ha generato delle incertezze anche all’interno della maggioranza governativa. L’avvisata “ridiscussione” deve mantenersi “nell’applicazione” degli accordi o può investire anche gli accordi stessi, specialmente nell’attuale contesto critico delle finanze pubbliche ? La “pausa di riflessione” e i suoi effetti di ulteriore rallentamento saranno il primo passo verso un downgrading e allungamento dei tempi di realizzazione o addirittura verso una sospensione e revoca di scelte forse non irreversibili o aiuterà solo a rendere la scelta più finanziariamente sostenibile e consentire magari con l’avvallo ? Allo stato attuale, essendo sostanzialmente inammissibile o inutile un referendum abrogativo nazionale, l’unica possibilità potrebbe consistere in una rinegoziazione degli accordi con la Francia che consenta un referendum consultivo nelle regioni o nelle comunità locali maggiormente interessate.      

Fa parte anche delle responsabilità dell’Unione europea di aver creato delle consuetudini di non aver sufficientemente promosso la democrazia partecipativa in loco. Mentre la Commissione preferisce il dialogo con gli esperti, il parlamento europeo si è dimostrato più aperto. L’Eurobarometro non è solo nelle mani della Commissione e un’iniziativa per l’estensione delle regole della partecipazione pubblica dalle reti energetiche a quelle dei trasporti potrebbe essere non impossibile.

Se si confrontano i risultati per i vari livelli di governo, quello regionale potrebbe essere quello ottimale per l’organizzazione di un referendum. Quello locale sarebbe il livello più vicino per le persone e le proprietà, quello nazionale più pertinente alla valutazione degli interessi internazionali, quello regionale invece la migliore via di mezzo, anche secondo criteri di sussidiarietà. Più in generale, dal punto di vista delle culture della partecipazione pubblica in Europa, il referendum potrebbe essere lo strumento di partecipazione pubblica più adeguato e preferibile rispetto alla consultazione corporativa delle categorie, quello consultivo più virtuoso di quello deliberativo.[68]  

Alla fine, le esperienze fin qui raccolte del conflitto sulla nuova linea ferroviaria Torino-Lione possono consentire un moderato ottimismo nella capacità dei cittadini di venirne a capo. Trent’anni sono quasi una generazione, con rimpianti dall’una come dall’altra parte. Può darsi che il treno per un referendum sia definitivamente partito e che non si riesca trovare alcun altro. Può darsi anche che i sondaggi d’opinione privati siano meno costosi e più efficienti dei referendum consultivi. Ad ogni modo, il caso della Torino-Lione potrebbe insegnare che senza una rigenerazione della fiducia nei cittadini difficilmente si riesce a mantenere la sostenibilità della democrazia rappresentativa. Per osare un po’ ottimismo si potrebbe sostenere che i mondi del SI e del NO sono molto meno incomunicabili di quanto si percepisce. Non sarà tragedia né se vince il Si, né se vince il No.

 

 


 


[1] Professore Ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico presso l’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”.

 

[13] Sulla disciplina dei “grandi progetti” nelle costituzioni regionali tedesche e dalla prospettiva del diritto pubbblico generale cfr. K. Waechter, T. Mann, Grossvorhaben als Herausforderung für den demokratischen Rechtsstaat, in: Veröffentlichungen der Vereinigung der Deutschen Staaatsrechtslehrer  72. 2013, 499ss.

 

[14] http://www.byterfly.eu/islandora/object/librib:670217#page/2/mode/2up; cfr. ora l’associazione transpadana che già nel 2001 pubblicava propri studi sui costi della mancata realizzazione della TAV http://www.transpadana.org/images/pdf/studi/2001/I-COSTI-DELLA-MANCATA-REALIZZAZIONE-DELLA-LINEA-AV-AC-TRAN.pdf.

 

[16] Gazz. Uff. 15. 7.  1996, pp. 118-120.

 

[17] Prospettati per le politiche dei TransEuropean Networks in materia di trasporti (TEN-T) dalla “Regulation (EC) No 1655/1999 of the European Parliament and of the Council of 19 July 1999 amending Regulation (EC) No 2236/95 laying down general rules for the granting of Community financial aid in the field of trans-European networks”.

 

[18]Delibera numero 44, del 04 Aprile 2001 “Contratto di programma tra Ministero trasporti e Ferrovie dello Stato s.p.a.“  http://ricerca-delibere.programmazioneeconomica.gov.it/44-04-aprile-2001/.

 

[19] Corte costituzionale sent. n. 303/2003.

 

[20] Il Comune di Torino ha ritirato nel 2015 i propri rappresentanti. Per l’input delle scienze all’istituzione dello stesso cfr. L. Bobbio, Discutibile e indiscussa: l’Alta velocità alla prova della democrazia,  Il Mulino,  n. 423, 2006, 124-132. Per una prima analisi delle scienze politiche cfr.  L. Bobbio, E. Dansero, La TAV e la Valle di Susa : geografie in competizione, Torino : Allemandi, 2008;  N. Podestà, Conflitti territoriali e strumenti di confronto : l’esperienza dell’Osservatorio per il nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione, Roma: Aracne, 2009; F. Marincioni, F. Appiotti, The Lyon-Turin High-Speed Rail: The Public Debate and Perception of Environmental Risk in Susa Valley, Italy,  Environmental Management, 43.2009, 863-875. Cfr. anche il lavoro premiato con la nomina a commissario straordinario del governo di P. Foietta, M. Rocca, L. Ambrogio, Le infrastrutture al tempo della crisi : perché bisogna fare la nuova linea Torino Lione ed è necessario farla in fretta, Torino : Sottosopra, 2013.

 

[21] Art. 19 Interventi per la realizzazione del corridoio Torino-Lione e del Tunnel di Tenda.

1. Per assicurare la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione e garantire, a tal fine, il regolare svolgimento dei lavori del cunicolo esplorativo de La Maddalena, le aree ed i siti del Comune di Chiomonte, individuati per l’installazione del cantiere della galleria geognostica e per la realizzazione del tunnel di base della linea ferroviaria Torino-Lione, costituiscono aree di interesse strategico nazionale.

2. Fatta salva l’ipotesi di più  grave reato, chiunque si introduce abusivamente nelle aree di interesse strategico nazionale di cui al comma 1 ovvero impedisce o ostacola l’accesso autorizzato alle aree medesime è punito a norma dell’articolo 682 del codice penale.

3. Le risorse finanziarie a carico dello Stato italiano previste per la realizzazione del nuovo Tunnel di Tenda, nell’ambito dell’Accordo di Parigi del 12 marzo 2007 tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese, ratificato ai sensi della legge 4 agosto 2008, n. 136, da attribuire all’ANAS S.p.a., committente delegato incaricato della realizzazione dell’opera, sono da considerare quali contributi in conto impianti, ai sensi dell’articolo 1, comma 1026, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

4. Le entrate derivanti dal rimborso da parte della Repubblica francese, ai sensi degli articoli 22 e 23 dell’Accordo di cui al comma 3, della propria quota di partecipazione per i lavori di costruzione del nuovo Tunnel di Tenda, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato italiano per essere riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze relativo ai fondi da attribuire ad ANAS S.p.a. per il contratto di programma.

5. Le entrate derivanti dal rimborso da parte della Repubblica francese, ai sensi degli articoli 6 e 8 del predetto Accordo, della propria quota di partecipazione dei costi correnti della gestione unificata del Tunnel di Tenda in servizio, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato italiano per essere riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze relativo ai fondi da attribuire ad ANAS S.p.a. per il contratto di servizio.

 

 

[23] http://presidenza.governo.it/osservatorio_torino_lione/Verifica_esercizio/relazione_it.pdf. La relazione è stata integrata da un capitolo redatto da personale tecnico della Regione Piemonte.

 

[24] Cfr. da ultimo la tesi di dottorato bolognese di F. Conte, La partecipazione popolare nell’esperienza dei referendum comunali (2015), http://amsdottorato.unibo.it/7018/1/conte_francesco_tesi_.pdf;  per il periodo anteriore al T.U.E.L.: E. Rotelli, Il referendum deliberativo comunale in Italia, in Amministrare, n. 1999, 297-308, A. Lazzaro, I referendum negli statuti comunali, Milano, 1998; B. Pezzini, Il referendum consultivo nel contesto istituzionale italiano, in Diritto e società, 1992, 429-473; A. Di Giovine, I referendum locali, in M. Luciani, M. Volpi (a cura di), Referendum, Bari, 1992, 153 ss; M.P. Vipiana, Referendum consultivi regionali e comunali, in Diritto e società, 1990, 225-298; B. Caravita, I referendum locali tra sperimentazione, orientamenti giurisprudenziali e innovazioni legislative, Politica del diritto 1989,  23-45; G.M. Salerno, Referendum (voce), Enciclopedia del diritto, XXXIX, Milano, 1988; L. Vandelli, Consultazioni popolari a livello locale: prospettive e ipotesi, in Regione e governo locale, 1986, n. 3/5, 1-8; T. Martines, Il referendum negli ordinamenti particolari, Milano, 1960.

 

[25] Consiglio di Stato,  parere n. 464/98. Cfr. Consiglio di Stato – sez. IV – sentenza n. 3769/2008 secondo cui il regolamento  “dovrà stabilire chi siano i soggetti ai quali spetti il potere di iniziativa, quelli interessati alla consultazione, come venga formulato il quesito da sottoporre a votazione, le modalità e i tempi dell’iter, le materie ammesse e quelle escluse, quali siano i sistemi con cui sindacare l’ammissibilità della consultazione …”.

 

[26] La giurisdizione del giudice ordinario in materia di referendum abrogativo regionale e in materia di referendum consultivo e propositivo comunale è rivendicata da Cass. Sez. Un., 24 giugno 2009 n. 14803; 3 febbraio 2004 n. 1991; 28 ottobre 1998 n. 10735; 6 giugno 1994 n. 5490.

 

[27] Il rischio di una duplicazione dei regolamenti deriva dall’ulteriore previsione secondo la quale “in ordine all’ammissibilità del referendum deve pronunciarsi un collegio di esperti nominato dal Consiglio della Città Metropolitana secondo le modalità stabilite da un apposito regolamento”..

 

[28] Consiglio di Stato, sez. VI, 20 maggio 2004, n. 3263 e Tar Puglia, Bari, sez. II, 10 marzo 2003, n. 1098; Consiglio di Stato, sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3769 e Tar Veneto, Venezia, sez. II, 21 marzo 2007, n. 807.

 

[29] “Con il presente ordine del giorno si impegna l’Amministrazione della Città di Susa: a) a rivolgere un forte appello affinché il Governo avvii un periodo di riflessione e di ulteriore valutazione sull’opportunità della realizzazione della nuova linea e del relativo tunnel di base nonché a valutare, in alternativa a tali nuove opere, di assumere la decisione di proseguire nel miglioramento dell’intera linea storica tra Torino e Bardonecchia;  b) a sollecitare il sostegno a tale richiesta da parte delle altre istituzioni interessate (Unione Montana Valle Susa, Unione Montana Alta Valle Susa, Città Metropolitana di Torino, Città di Torino, Comuni della cintura torinese, Regione Piemonte).” https://www.comune.susa.to.it/it-it/amministrazione/atti-pubblicazioni/delibere-di-consiglio/2018/ordine-del-giorno-linea-ferroviaria-torino-lione-407696-1-9fcb55d181a19db954fd946c8bb250a2.

[30] L. Vandelli, Il sistema delle autonomie locali, Bologna 7a ed. 2018, 235.

 

[32] Sul punto cfr. con riferimento al referendum abrogativo nazionale C. Mortati, citato da P. Barrera, op. cit., 115: “”non sembra che la posizione di organo supremo rivestita da popolo del regime democratico si concili con l’esercizio di una funzione subordinata, come quella che si sostanzia nell’emissione di pareri”..

 

[33] Cfr. per un panorama comparatistico, con particolare attenzione anche alla controversia francese  tra Esmein (contrario) e Duguit (favorevole) cfr. U. Rommelfanger,  Das konsultative Referendum, Berlin, 1988, 31ss.

 

[34] Altra questione giuridica tutta aperta è se al referendum consultivo possa essere reso partecipi oltre ai cittadini anche, eventualmente in un corpo separato, il resto della popolazione. Ai sensi dell’art. 8 co. 5 T.U.E.L., “lo statuto, ispirandosi ai principi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203, e al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell’Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti.”.

 

[35] L. Bobbio, La partecipazione dei cittadini, in: M. Dogliani, J. Luther, A. Poggi, a cura di, Lineamenti di diritto costituzionale della Regione Piemonte, Torino, 2018, 111. Cfr. anche L. Bobbio et al.,  Un sondaggio deliberativo in Italia: il caso della TAV e del diritto di voto a Torino (2007), https://www.socialesalute.it/res/download/maggio2012/sondaggio_deliberativo_TAV_e_diritto_di_voto.pdf.

 

[37] http://www.regione.piemonte.it/pinforma/infrastrutture/835-terzo-valico-fatta-chiarezza-sull-amianto.html . “E’ stato poi specificato che la notizia sull’amianto nei cantieri si riferisce a presenza nei siti monitorati entro i limiti di legge (concentrazione della soglia di contaminazione del suolo di 1000 mg al kg) per l’uso delle terre come sottoprodotto industriale e residenziale. A titolo puramente precauzionale gli enti di controllo hanno assunto il valore soglia di 100 mg/kg come parametro per incrementare l’osservazione del materiale di scavo e che gli esiti delle analisi sono inviati tramite ai sindaci interessati e alle Prefetture, secondo un principio di massima trasparenza, dal sito Sigmap su indicazione dell’Osservatorio ambientale.”.

 

[38] Per uno sguardo d’insieme sui valori e le rispettive fonti finalizzate alla tutela degli ambienti di lavoro, alla tutela dalle emissioni in atmosfera, effluenti liquidi, all’amianto negli edifici e alle opere di bonifica  cfr. soltanto. https://www.unito.it/sites/default/files/info_valori_limite_amianto.pdf . Per le fonti francesi cfr. Décret n° 2012-639 du 4 mai 2012 “relatif aux risques d’exposition à l’amiante”.  Cfr. anche le norme tecniche per i materiali di rischio riguardanti “attività con materie minerali potenzialmente contenenti amianto e prodotti di miscele e derivati “ (TRGS  517)  attualmente in uso in Germania. https://www.baua.de/DE/Angebote/Rechtstexte-und-Technische-Regeln/Regelwerk/TRGS/pdf/TRGS-517.pdf?__blob=publicationFile&v=2.

 

[39] Cfr. P. Barrera, in: F. Pizzetti, A. Poggi (a cura di), Commento allo Statuto della Regione Piemonte, Torino 2006, 128. Cfr. invece per la ricca esperienza svizzera di referendum amministrativi anche in materia di ferrovie C. Mannhart Gomez,  Das Verwaltungsreferendum in Bund und Kantonen,  Bern, 2007.

 

[40] Così esplicitamente in seguito alle sent. n. 469/200 e 102/2001 della Corte costituzionale E. Balboni, Degrado e commiato del referendum consultivo, Quaderni costituzionali 2001, 605ss. Simile P. Ciarlo, I Referendum consultivi regionali: ecco perché illegittimi, Quaderni costituzionali 2001, 129ss. Contrario invece L. Pegoraro, Il referendum consultivo del Veneto: illegittimo o inopportuno ? Quaderni costituzionali 2001, 126ss.

 

[41] Sent. 256/1989 in materia di competenze esclusive riguardanti la difesa militare.

 

[42] Sent. n. 470/1992.

 

[43] Non sufficientemente chiaro sul punto sembra F. Pastore, Il referendum negli statuti delle regioni ad autonomia ordinaria “di seconda  generazione” (2009), 12  https://www.federalismi.it/nv14/articolo-documento.cfm?Artid=11890&content=Il+referendum+negli+statuti+delle+regioni+ad+autonomia+ordinaria+di+seconda+generazione&content_author=Fulvio+Pastore.

 

[45] Op. cit., 110s.

 

[46] “Nelle more del perfezionamento della delibera del CIPE relativa alla sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione ai fini dell’avvio della realizzazione dell’Opera con le modalità di cui all’articolo 2, commi 232, lettere b) e c), e 233, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, come previsto dalla legge 5 gennaio 2017, n. 1, sono autorizzate le attività propedeutiche all’avvio dei lavori a valere sulle risorse di cui all’articolo 1, comma 208, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 allo scopo finalizzate a legislazione vigente. L’opera è monitorata ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229.”

 

[47] Cfr. ora anche sent. n. 6/2015.

 

[49] Sent. n. 30, 31/1981.

 

[50] L. Spadacini, Prospettive di riforma costituzionale nella XVIII legislatura, in:  Astrid rassegna n. 13/2018.

 

[51] Decision No 1692/96/EC of the European Parliament and of the Council of 23 July 1996 on Community guidelines for the development of the trans-European transport network. https://publications.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/f34131d1-aae6-4421-8394-c1cd130a4ed5.

 

[52] Cfr. Regolamento (CE) n. 1655/1999 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 luglio 1999 recante modifica del Regolamento (CE) n. 2236/95 che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee.

 

[53] Cfr. anche le raccomandazioni di miglioramento della  “politica di comunicazione con le comunità locali e i detrattori del progetto” nell’analisi degli studi di LTF del 2006 da parte di una società di analisi http://ec.europa.eu/ten/transport/priority_projects/doc/2006-04-25/2006_ltf_final_report_it.pdf.

 

[54] Cfr. il riferimento a uno studio di Marketing della ditta Mailander in: Analisi degli studi condotti da LTF in merito al progetto Lione-Torino (sezione internazionale), 2006, 145 http://ec.europa.eu/ten/transport/priority_projects/doc/2006-04-25/2006_ltf_final_report_it.pdf.

 

[55] Regulation (EC) No 680/2007  of the European Parliament and of the Council of 20 June 2007 laying down general rules for the granting of Community financial aid in the field of the trans-European transport and energy networks (OJ L 162 of 22.06.2007).

 

[57] Schade W., Senger F., Rothengatter W., Meyer-Rühle O., Brouwer I.S. , TEN-T Large Projects – Investments and Costs. Report to the European Parliament, Brussels, 2013, p. 82: “Better participation of stakeholders is indispensible because of growing resistance to large transport investment projects. Participation is a current process which must begin long before deciding about a project and should not stop after the formal approval of a project. Public access to the data office should be an asset, at least enabling access to meaningful summaries of the assessments.”  http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/etudes/join/2013/495838/IPOL-TRAN_ET(2013)495838_EN.pdf.

 

[58] Update on investments in large TEN-T projects (2014), http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2014/529081/IPOL_STU(2014)529081_EN.pdf:

 “Lyon-Turin is obviously a bottleneck on major corridors of the EU TEN-T network important for East-West Alpine crossing and to some extent also for flows in a Northwest-South direction. Though the project has been revised, and a phased approach for its implementation has been developed, there are doubts as to whether, in the current setting, the project could become beneficial and fulfil its objectives i.e. to shift existing freight from road to rail and generate new trade that would chose rail mode. A shift from air to rail is also expected for passenger transport. Conditionalities for making the project beneficial seem to us to be:

• The French and Italian rail markets (SNCF, FS) should be liberalised such that on the freight rail market further operators make offers to the market that benefit from the new base tunnel.

• The Ventimiglia Alpine crossing is the cheapest of all Alpine crossing alternatives and freight traffic accordingly grows there. The cost of the Ventimiglia route needs to increase to favour rail freight (either there or on the Lyon-Turin base tunnel) and to reduce the environmental impact along the densely populated and touristic Mediterranean coast.

• During the construction phase, monitoring and transparency of progress and cost will be of utmost importance. The Swiss tunnel boring process provides good examples such as real time webcams of the boring works. Cost control by independent authorities will be even more relevant. This includes the EC who will be funding the largest share of the investment.sections of the Corridor.

• In parallel to the rail tunnel boring there are initiatives to increase the Lyon-Turin road capacity. This would counter funding a huge investment for rail.

• A financial analysis of the operation phase does not seem to exist, nor is there an updated assessment of the wider economic effects considering the most recent cost estimates and the phased implementation approach. Such analyses should be developed and published.”

 

[59] Cfr. l’allegato VI e la seguente premessa significativa: “Nonostante l’esistenza di regole consolidate per la partecipazione del pubblico ai processi decisionali in campo ambientale sono necessarie ulteriori misure per assicurare i livelli più elevati possibile di trasparenza e di partecipazione del pubblico per tutte le questioni importanti nel procedimento di rilascio delle autorizzazioni per i progetti di interesse comune.”.

 

[60] Cfr. la segnalazione come principale criticità nel Third Work Plan of the European Coordinator Laurens Jan Brinkhorst, aprile 2018, https://ec.europa.eu/transport/sites/transport/files/work_plan_med_160418_webfinal_0.pdf.

“France-Italy: the steep gradient of the existing railway line on the French side of the border requires double push locomotives for regular sized freight trains (single loco trains are limited to 650 tons). In addition, the existing sidings and passing tracks restrict further the train lengths making the line uncompetitive. The new railway link Lyon-Turin with a 57km base tunnel as its main part is the main project of the whole Mediterranean Corridor. It is highly strategic, because it is the main missing link in the Corridor which aims at connecting south-western Europe with central and eastern European countries. Failing this high performance connection transport relations especially between Italy and France, Italy and Spain, Spain and Italy, and Spain and central and Eastern Europe are hampered. As a consequence freight flows are confined to road transport and deviated to other routes causing congestion and creating additional costs. Renewed commitment of both governments has been announced for the completion of the cross-border section by 2030, while reflexions are ongoing  to optimize the projects of the access lines. Still, it is important to ensure that the potential of the new basis tunnel will not be diminished by bottlenecks on nearby.”.

 

[61] Cfr. l’ultimo “Eurobarometer Flash 463” sui servizi ferroviari solo nazionali (e non sui collegamenti internazionali)  http://ec.europa.eu/commfrontoffice/publicopinion/index.cfm/survey/getsurveydetail/instruments/flash/surveyky/2172.

 

[62] Dall’ultima relazione sui costi e benefici dei treni ad alta velocità risulta peraltro che l’Italia spende circa il doppio per le linee ferroviarie ad alta velocità rispetto a Germania, Francia e Spagna, per ogni chilometro di linea super veloce 28 milioni di euro, contro i 13 dei tedeschi, i 15 dei francesi e i 14 degli spagnoli, peraltro con maggiore velocità di crescita dei costi: https://www.eca.europa.eu/Lists/ECADocuments/SR18_19/SR_HIGH_SPEED_RAIL_EN.pdf.

 

[64] http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2004_2009/documents/dt/597/597026/597026it.pdf. Cfr. da ultimo la discussione di tre petizioni sulla TAV in data 2 giugno 2016, European Parliament 2014 – 2019, Committee on Petitions, PETI_OJ(2016)254_1.

 

[65] Cfr. in dottrina da ultimo soltanto F. Cheneval, M.  Ferrín, Referendums in the European Union: Defective by Birth? (July 2018). JCMS: Journal of Common Market Studies, Vol. 56, 2018, pp. 1178-1194 In precedenza ad es. M. Mezzanotte, La democrazia diretta nei trattati dell’Unione europea, Padova, 2015.  

 

[67] Per quanto riguarda la fiducia nelle istituzioni locali (incluse quelle regionali) misurata dall’ISTAT, il valore del Piemonte 4,2/ è superiore alla media italiana (4,0/10), ma inferiore a quelli di tutte le altre regioni del nord.  https://www.istat.it/it/files/2013/03/6_Politica-e-istituzioni.pdf . Secondo dati DEMOS (I. Diamanti) riferiti al 2018, la percentuale di coloro che dichiarano fiducia nella Regione è calata dal 2010 da 39/100 a 30/100, restando maggiore rispetto allo Stato (da 37 a 29/1000), ma minore all’UE (da 58 a 33/100) e ai Comuni (da 44 a 38/100). Cfr. http://www.demos.it/rapporto.php.

 

[68] Cfr., dal punto di vista della scienza politica, P. Nanz, C. Leggewie, Die Konsultative, Berlin 2016; U. Allegretti (a cura di), Democrazia partecipativa: esperienze e prospettive in Italia e in Europa, Firenze University Press 2010.