Quando il diritto diventa finanziariamente incondizionato. Il progetto di vita individuale per lo studente con disabilità grave
(Abstract)
Muovendo dalla sentenza del Tar Valle D’Aosta n. 2 del 2019, il contributo affronta il complesso tema del rapporto tra tutela dei diritti costituzionali delle persone con disabilità grave (nel caso in esame, uno studente minorenne) e sostenibilità finanziaria dei servizi loro dedicati da parte della pubblica amministrazione. Attraverso un’articolata motivazione, i giudici amministrativi affermano la natura finanziariamente incondizionata del diritto al progetto di vita della persona disabile, appositamente previsto dalla normativa regionale della Valle d’Aosta. La decisione conferma pertanto, pur non richiamandolo, il principio affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 275 del 2016, secondo cui “è la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione”.
1. La questione oggetto del contendere.
La sentenza del Tar Valle d’Aosta n. 2 del 14 gennaio 2019 costituisce lo spunto per riflettere sul rapporto tra tutela dei diritti costituzionali delle persone con disabilità grave (nella fattispecie in esame viene in rilievo uno studente minorenne) e sostenibilità finanziaria dei servizi loro dedicati da parte della pubblica amministrazione [3].
Nel caso oggetto di controversia, i genitori di uno studente gravemente disabile [4] chiedevano alla Regione Valle d’Aosta, ai sensi dell’art. 8 della l.r. Valle d’Aosta, n. 14 del 2008, la definizione di un progetto individuale per il proprio figlio, “costituito da un complesso di azioni e interventi attivati a partire dai bisogni e dalle aspettative della persona con disabilità e della sua famiglia” [5], al fine di individuare “i soggetti coinvolti, le potenzialità, le modalità di attuazione, i tempi di realizzazione e la spesa occorrente”.
Pur riconoscendo che il bambino necessitava sia di un Piano Assistenziale Individuale (PAI), volto a precisare le prestazioni di cura, riabilitazione e assistenza socio-sanitaria, che di un Piano Educativo Individuale (PEI), mirante a stabilire gli interventi educativi, formativi e di inclusione scolastica adatti alla sua condizione, la Regione rigettava, anche in seguito a richiesta di riesame in autotutela, la domanda di progetto individuale. Nel merito, l’amministrazione rilevava che, per l’anno 2018, la giunta regionale aveva deciso di considerare un campione di soli 15 ragazzi in uscita dal percorso scolastico e che, pertanto, nel periodo in questione, considerato di sperimentazione, non era possibile definire il progetto individuale di cui alla menzionata normativa.
I ricorrenti impugnavano il diniego innanzi al Tar Valle d’Aosta, che con la sentenza in commento, in accoglimento del ricorso, annullava i provvedimenti de quibus, “con condanna della Regione Autonoma della Valle d’Aosta ad attivare con decorrenza immediata per il minore […] un progetto di vita individuale di cui all’art. 8 della l.r. n. 14 del 2008, con tutte le misure ivi previste” [6].
2. Natura e funzione del progetto individuale per la persona disabile.
Al fine di comprendere la ratio della decisione recentemente adottata dal Tar Valle d’Aosta, occorre preliminarmente ricostruire la disciplina del c.d. “progetto individuale per la persona disabile”, previsto dall’art. 14 della nota legge n. 328 del 2000, in base al quale, al fine di “realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all’art. 3 della legge 5 febbraio1992, n. 104, nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell’interessato, un progetto individuale”.
Ai sensi dell’art. 14, il progetto individuale comprende, “oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale”.
In altri termini, il legislatore indica un modello di servizi incentrato su un progetto di “presa in carico globale” del disabile, mirante a garantire all’utente quel nucleo indefettibile di garanzie volto a promuovere l’autorealizzazione della persona e il superamento di ogni condizione di esclusione sociale. In questa logica, lo strumento del progetto individuale, da considerarsi alla stregua di un contratto tra beneficiari ed enti pubblici competenti, va ricondotto al concetto di accomodamento ragionevole espresso dagli artt. 19 e 25, lett. e) della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 2006 [7], nonché al modello bio-psico-sociale dell’International Classification of Functioning [8], pubblicato nel 2002 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Il progetto globale di presa in carico costituisce il documento generale, cui devono coerentemente uniformarsi i diversi progetti e programmi specifici [9], come ad esempio: a) il progetto riabilitativo di cui al d.m. 7.5.1998 (rubricato “Linee-guida perle attività di riabilitazione”); b) il progetto di integrazione scolastica di cui agli artt. 12 e 13 della legge n. 104 del 1992; c) il progetto di inserimento lavorativo mirato di cui all’art. 2 ss. della legge n. 68 del 1999; d) il progetto di inserimento sociale che può avvalersi, per la sua realizzazione, dei programmi di cui alla legge n. 162 del 1998, dei centri socio-riabilitativi e della rete dei servizi sociosanitari di cui alla legge n. 104 del 1992, del sistema integrato previsto dalla n. 328 del 2000, delle disposizioni di cui al d.p.c.m.12.1.2017, nonché degli emolumenti economici di cui all’art. 24 della legge n. 328 del 2000.
Il procedimento finalizzato all’approvazione del progetto individuale per la persona disabile viene avviato su istanza dell’utente o del suo rappresentante. Secondo l’art. 8, co. 2, l. reg. Valle d’Aosta n. 14 del 2008, il progetto individuale “è approvato dall’unità di valutazione multidimensionale (UVMD) operante in ambito distrettuale per la presa in carico della persona con disabilità”; inoltre, come si specifica al successivo co. 4, la presa in carico comporta, con il sostegno della famiglia, “l’attivazione coordinata delle prestazioni e dei servizi previsti dal progetto individuale”.
Con la decisione in commento, il Tar Valle d’Aosta specifica che “il progetto di vita individuale è qualcosa se non di diverso, certamente di più della semplice sommatoria degli strumenti” [10] di cui già il bambino disabile dispone, vale a dire: il Piano Assistenziale Individuale (PAI) elaborato dall’unità di valutazione multidimensionale distrettuale (UVMD), consistente nell’erogazione dei livelli di assistenza sanitaria e socio-sanitaria; il Piano Educativo Individuale (PEI), di competenza dall’istituzione scolastica, che prevede la presenza dell’insegnante di sostegno, dell’operatore di sostegno per un certo numero di ore, nonché di un infermiere.
In altri termini, il progetto individuale è quell’insieme di “interventi e prestazioni multidisciplinari che vanno erogati in modo organico e continuativo, sì da assicurare quelle condizioni ottimali di assistenza, recupero funzionale, riabilitazione e inserimento sociale ed educativo del disabile” [11].
3. Il diritto all’istruzione degli studenti disabili.
Dalle considerazioni poc’anzi svolte emerge che il progetto di vita individuale risulta funzionale non solo a soddisfare le esigenze assistenziali, ma altresì quelle educative del soggetto disabile; esso serve infatti a garantire (anche) il diritto all’istruzione dello studente disabile, che costituisce oggetto di specifica tutela sia da parte dell’ordinamento interno, che di quello europeo e internazionale.
Com’è noto, fino all’entrata in vigore della Costituzione trovava applicazione il principio della separazione degli alunni diversamente abili dagli altri, attuato mediante la presenza di “scuole speciali” e “classi differenziali” [12]. Successivamente, la prima legislazione repubblicana faceva propria la logica della separazione [13], superandola parzialmente soltanto nei primi anni ‘70, attraverso una serie di agevolazioni concernenti i mutilati e gli invalidi civili [14], quali: il trasporto gratuito dalla propria abitazione alla sede della scuola o del corso e viceversa; l’accesso alla scuola mediante accorgimenti volti al superamento e alla eliminazione delle barriere architettoniche che ne impediscono la frequenza; l’assistenza durante gli orari scolastici degli invalidi più gravi; la necessità che, salvo casi eccezionali, l’istruzione dell’obbligo si realizzasse nelle classi normali della scuola pubblica; la facilitazione nella frequenza delle scuole medie superiori e delle università.
Il definitivo abbandono delle classi speciali si concretizzava nel 1977, in favore del principio di integrazione scolastica, la cui ratio era quella di adattare l’alunno disabile alla classe. Tale fine veniva perseguito attraverso l’introduzione nelle scuole medie inferiori (e poi, grazie all’intervento della Corte costituzionale, anche nelle scuole medie superiori e nelle università) [15] di «forme di integrazione e di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap da realizzare mediante l’utilizzazione dei docenti» [16], nonché stabilendo la necessità, pur nei limiti delle disponibilità di bilancio, di assicurare la presenza di specialisti e del servizio socio-psico-pedagogico.
Infine, solo negli anni successivi si comprendeva che, per includere pienamente lo studente disabile nella società, non sarebbe stato sufficiente provare ad adattare il soggetto all’ambiente, dovendo al contrario modificare il contesto sociale di vita e di relazione con il medesimo.
Così, anche grazie ai principi di carattere generale affermati dai giudici costituzionali nella sentenza n. 215 del 1987, il legislatore italiano approvava la nota legge quadro n. 104 del 1992, la quale, tra le altre cose, disciplinava il diritto all’istruzione dei diversamente abili [17].
L’evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia di disabilità si colloca indubbiamente entro il disegno personalista presente nella Costituzione italiana che, nel guardare l’individuo nella specificità delle sue condizioni umane e non secondo il paradigma astratto della soggettività, promuove in favore dei soggetti deboli un processo di riduzione delle diseguaglianze e dell’integrazione sociale, per garantire loro l’effettivo godimento dei diritti fondamentali. Pertanto, in ossequio agli artt. 32, 34 e 38 Cost., che a loro volta costituiscono attuazione dei principi fondamentali di cui agli artt. 2 e 3 Cost., di pari dignità sociale e di eguaglianza sostanziale, con la solidarietà che funge da motore affinché le differenze di cui ciascuno è portatore non si trasformino in fattori di inferiorità e di esclusione, l’art. 12 della legge n. 104 del 1992 attribuisce al disabile il diritto soggettivo all’educazione e all’istruzione nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie.
Se poi si considera il piano internazionale, viene in rilievo soprattutto la menzionata Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che all’art. 24 pone a carico degli Stati il compito di dar vita ad un sistema educativo che preveda l’integrazione scolastica degli studenti disabili a tutti i livelli e che offra possibilità di istruzione finalizzata: al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell’autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana; allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, fino al loro massimo potenziale; a consentire alle persone con disabilità di partecipare effettivamente a una società libera. La norma stabilisce inoltre che l’intervento dello Stato e delle strutture pubbliche debba mirare all’abbattimento delle barriere che impediscono l’integrazione del disabile e alla predisposizione di misure pensate per andare incontro alle sue esigenze individuali.
Allo stesso modo, a livello europeo, nel quadro dei valori del rispetto della dignità umana e dell’uguaglianza proclamati nell’art. 2 del Trattato sull’Unione Europea, gli artt. 9 e 10 TFUE definiscono due criteri-obiettivo nella determinazione delle politiche e azioni dell’Unione: la promozione di un elevato livello di istruzione e la lotta contro ogni tipo di discriminazione, compresa quella fondata sulla disabilità. Il contrasto alle discriminazioni fondate (tra l’altro) sulla disabilità costituisce oggetto della previsione contenuta nel successivo art. 19 del TFUE.
Infine, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea prevede che: ogni persona ha diritto all’istruzione (art. 14); tutte le persone sono uguali davanti alla legge (art. 20); è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sulla disabilità (art. 21); l’Unione riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità (art. 26).
Dalle considerazioni poc’anzi svolte emerge dunque che il diritto all’istruzione dei disabili è ascritto alla categoria dei diritti fondamentali, la cui tutela passa inevitabilmente attraverso l’attivarsi della pubblica amministrazione per il suo riconoscimento e la sua garanzia, mediante le doverose misure di integrazione e sostegno atte a rendere possibile lo sviluppo di un progetto educativo. In tal senso, muovendo dal principio del diritto del disabile all’integrazione scolastica e allo sviluppo delle sue potenzialità di apprendimento [18], il Tar Valle d’Aosta giunge a configurare in capo all’amministrazione “una sorta di obbligazione di risultato, che impone alla medesima di adottare tutte le necessarie misure affinché la fruizione delle prestazioni prevista in favore del disabile sia effettiva e quanto più possibile esaustiva” [19].
4. Progetto individuale e riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario.
Il procedimento giudiziale finalizzato a ottenere l’annullamento dei provvedimenti regionali, con la condanna della Regione Valle d’Aosta alla predisposizione di un progetto di vita individuale dello studente disabile, è stato correttamente instaurato innanzi al giudice amministrativo.
Al riguardo, è utile ricordare che, tanto la Suprema Corte a Sezioni Unite [20], quanto l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato [21], hanno riconosciuto che spettano alla cognizione del giudice amministrativo le controversie afferenti alla fase che precede la formalizzazione del progetto, mentre sono di competenza del giudice ordinario le liti relative alla fase di attuazione.
In particolare, la menzionata Adunanza plenaria, pronunciandosi sui criteri identificativi dell’ambito della giurisdizione esclusiva amministrativa sulle controversie relative all’erogazione di pubblici servizi ex art. 133, co. 1, lett. c), del c.p.a., ha escluso da tale ambito i giudizi sulla fase di esecuzione del PEI (relativi ad esempio all’erogazione delle ore di sostegno settimanali nel corso dell’anno scolastico, o all’accertamento del diritto alle ore di sostegno per gli anni successivi).
Secondo i giudici amministrativi, rientrano al contrario nell’ambito della giurisdizione esclusiva le domande che, come accade nel caso di specie, si riferiscono a fasi antecedenti all’adozione del piano e che si basano sulla prospettazione preventiva del pericolo di una futura lesione del diritto azionato. Detto in altri termini, la giurisdizione in materia di pubblici servizi incontra “il necessario limite dell’esplicazione del potere pubblicistico per mezzo dell’adozione di un provvedimento amministrativo” [22]; occorre quindi operare una verifica di legittimità sull’azione autoritativa della pubblica amministrazione [23].
La giurisprudenza successiva in materia ha ritenuto che tali principi, dettati per il PEI, siano applicabili anche alle controversie relative alla fase di predisposizione e di attuazione di un PAI [24]. Del resto, i progetti individuali per i soggetti con disabilità fisica, psichica e/o sensoriale, costituiscono pur sempre lo strumento principale per la creazione di percorsi personalizzati, in cui i vari interventi sono coordinati in maniera mirata, massimizzando così i benefici, al fine di ottenere la piena integrazione scolastica, lavorativa, sociale e familiare della persona.
5. Il progetto di vita individuale: se la normativa regionale lo prevede, è un diritto finanziariamente incondizionato.
La decisione in commento muove dai seguenti presupposti: lo studente disabile grave minore d’età ha diritto a vedersi definita positivamente la domanda di progetto di vita individuale; la Regione Valle d’Aosta deve garantire al beneficiario l’insieme degli interventi oggetto del progetto di vita individuale, senza poter opporre misure organizzatorie di qualsivoglia natura, le quali andrebbero illegittimamente “a condizionare un diritto che non tollera limitazioni” [25], finendo col “frustrare illogicamente le finalità di assistenza che la stessa legislazione regionale ha inteso espressamente far conseguire con la prevista concessione delle prestazioni” [26].
A partire da siffatti passaggi argomentativi, la parte della pronuncia più interessante è senza dubbio quella in cui il Tar Valle d’Aosta afferma che il diritto del disabile “alla definizione positiva del progetto di vita sussiste e va riconosciuto con immediatezza e pienezza” [27], prevalendo anche “sulle esigenze di natura finanziaria” [28], nonché su ogni ulteriore questione di tipo organizzativo della pubblica amministrazione.
Si tratta indubbiamente di un principio che mal si concilia con la teoria classica che vede il diritto alla tutela della salute e quello all’assistenza quali situazioni giuridiche soggettive finanziariamente condizionate [29], trovando peraltro sostegno in alcune recenti decisioni della Corte costituzionale, che ha posto l’accento sulla strumentalità dei servizi dedicati ai disabili rispetto alla salvaguardia del nucleo incomprimibile dei diritti fondamentali loro garantiti [30]; diritti che trovano diretta copertura negli artt. 2, 3, 32 e 38 della Costituzione, ma anche nella richiamata Convenzione di New York sui diritti delle persone con disabilità che, a fronte della ratifica, è entrata nel nostro ordinamento in virtù dell’art. 117, co. 1, Cost., quale parametro interposto.
Tuttavia, il contenuto essenziale dei diritti, che funge al tempo stesso da limite alla discrezionalità del legislatore [31] e da ambito riservato al sindacato del giudice delle leggi, nonostante lo sforzo da quest’ultimo profuso al fine di delineare dei criteri oggettivi e certi (anche e soprattutto per garantire un equilibrio tra i valori di rango costituzionale e l’art. 81 della Costituzione [32]), assume tuttora, specie in tempi di crisi [33], confini alquanto incerti e mobili [34].
A ciò si aggiunga che, tra l’altro, la Corte costituzionale ha più volte espresso un favor rispetto al ruolo di garanzia esercitato dal giudice amministrativo nella difesa dei c.d. diritti finanziariamente condizionati [35].
Premesso dunque che la Regione Valle d’Aosta è stata chiamata ad attivare immediatamente un progetto di vita individuale per il minore disabile grave, considerando la fase attuativa, occorre osservare che, come recentemente ha osservato il Consiglio di Stato, non è compito del giudice amministrativo fornire istruzioni in merito alle “corrette modalità procedimentali da seguire per la gestione delle risorse di bilancio ai fini dell’ottemperanza al giudicato” [36]. Sarà dunque dovere dell’amministrazione apportare “le corrispondenti variazioni di bilancio per reperire i fondi necessari” [37], ovvero allocare diversamente le risorse disponibili [38], nell’ipotesi in cui quelle stanziate risultino insufficienti [39].
Del resto, non attuare i diritti sociali invocando la limitatezza delle risorse, o i vincoli che provengono dall’Europa, “è un alibi che non tiene” [40], comportando esclusivamente il ribaltamento del modo di intendere la Costituzione. Piuttosto, “la questione deve risolversi con una diversa (e costituzionalmente corretta) allocazione delle risorse” [41], anche eventualmente rimodulando le entrate pubbliche, che rappresentano il mezzo indispensabile per lo svolgimento delle attività statali; ciò in ossequio all’art. 53 della Costituzione, che, nella logica degli artt. 2 e 3, co. 2, della Costituzione, impone il dovere di contribuire alla spesa pubblica in ragione della propria capacità contributiva.
Con particolare riguardo alla fattispecie in esame, nel caso patologico di inerzia della Regione nella predisposizione del progetto, si renderà necessario un nuovo ricorso al Tar ex art. 117c.p.a., affinché, in assenza di spontanea esecuzione della sentenza, quest’ultimo nomini un Commissario ad acta che provveda in luogo dell’amministrazione inadempiente [42].
Rinvenire il giusto punto di equilibrio tra l’ineludibile esigenza di contenimento della spesa pubblica e il diritto dei disabili di fruire di un supporto pubblico adeguato a garantire l’espletamento dei loro diritti fondamentali, risulta indubbiamente poco agevole. Tuttavia, quando viene in rilievo uno studente minorenne e con disabilità grave, allora non possono esservi incertezze sulla soluzione più equa e opportuna da adottare.
In conclusione, la sentenza in commento, nel ribadire la natura finanziariamente incondizionata del diritto al progetto di vita della persona disabile – appositamente previsto dalla normativa regionale della Valle d’Aosta – rappresenta una (positiva) conferma del principio secondo cui “è la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione” [43].
[1] Assegnista e dottore di ricerca in Istituzioni di diritto pubblico nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.
[3] Ex plurimis, cfr. C. Colapietro, La giurisprudenza costituzionale nella crisi dello Stato sociale, Padova, 1996; id., Diritti dei disabili e Costituzione, Napoli, 2011; id. Disabilità, crisi economica e giudice delle leggi, in C. Colapietro, A. Salvia (a cura di), Atti del Convegno internazionale Fondazione Santa Lucia IRCCS, Roma – Università degli Studi Roma Tre, 13-14 giugno 2012, Napoli, 2013, p. 157 ss. Con riguardo alla dottrina di carattere generale sul tema oggetto del presente contributo, sia consentito un rinvio ai riferimenti bibliografici contenuti in A. Candido, Disabilità e prospettive di riforma. Una lettura costituzionale, Milano, 2017.
[4] Si tratta di un minore al quale è stata riconosciuta: la condizione di handicap grave ex art. 3, co. 3, l. n. 104 del 1992; l’invalidità civile con diritto all’indennità di accompagnamento, in quanto minore invalido con necessità di assistenza continua per non essere in grado di compiere gli atti quotidiani della vita; la condizione di non autosufficienza ai sensi della l. reg. Valle d’Aosta n. 23 del 2010; la certificazione per l’erogazione del bonus sociale per disagio fisico per la fornitura di energia elettrica in presenza di apparecchiature medico-terapeutiche.
[7] La Convenzione è stata sottoscritta a New York il 13 dicembre 2006 e resa esecutiva con la legge di autorizzazione alla ratifica 3 marzo 2009, n. 18. Il concetto di “accomodamento ragionevole”
si riferisce all’eliminazione delle barriere di diversa natura che ostacolano la piena ed effettiva inclusione sociale delle persone disabili. Per un commento sistematico, cfr. V. Della Fina, R. Cera, G. Palmisano (a cura di), The United Nations Convention on the Rights of Persons with Disabilities. A Commentary, New York 2016.
[8] Su questo tema, cfr. L. Busatta, L’universo delle disabilità: per una definizione unitaria di un diritto diseguale, in F. Cortese, M. Tomasi (a cura di), Le definizioni nel diritto. Atti delle giornate di studio 30-31 ottobre 2015, Napoli 2016, p. 335 ss.
[9] Cfr. Tar Calabria, 12 aprile 2013, n. 440. In quel caso il Tar ha affermato che “la ratio legis dell’art.14 della legge n. 328 del 2000, come già evidenziato, è quella assegnare un ruolo fondamentale all’ente Comune per la elaborazione del “Progetto individuale per la persona disabile” d’intesa con la ASL competente, proprio perché il cittadino disabile e la sua famiglia hanno come punti di riferimento il Comune e l’ASL, tenuti a garantire la programmazione, l’organizzazione e la valutazione dei servizi”.
[12] Si fa riferimento al r.d. 5 febbraio 1928, n. 577, rubricato “Approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche emanate in virtù dell’art. 1, n. 3, della l. 31 gennaio 1926, n. 100, sull’istruzione elementare, post-elementare e sulle opere di integrazione”.
[13] Cfr. in particolare: la l. 31 dicembre 1962, n. 1859, che all’art. 12, co. 1, prevedeva la possibilità di istituire “classi differenziali per alunni disadatti scolastici”; al d.p.r. 22 dicembre 1967, n. 1518, che all’art. 30, co. 1 e 3, stabiliva che “i soggetti che presentano anomalie o anormalità somato-psichiche che non consentono la regolare frequenza nelle scuole comuni e che abbisognano di particolare trattamento e assistenza medico-didattica sono indirizzati alle scuole speciali” e che “i soggetti ipodotati intellettuali non gravi, disadattati ambientali, o soggetti con anomalie del comportamento, per i quali possa prevedersi il reinserimento nella scuola comune, sono indirizzati alle classi differenziali”.
[14] Cfr. l’art. 28 della l. 30 marzo 1971, n. 118 (legge di conversione del d.l. 30 gennaio 1971, n. 5).
[15] La Corte costituzionale ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, co. 3, l. 30 marzo 1971, n. 118 (che in ogni caso sarebbe successivamente stata abrogato dall’art. 43, l. 5 febbraio 1992, n. 104), nella parte in cui, in riferimento ai soggetti portatori di handicap, prevede che “sarà facilitata”, anziché disporre che “è assicurata” la frequenza alle scuole medie superiori. Cfr. Corte cost., 3 giugno 1987, n. 215.
[17] Analogamente, cfr. la normativa sui docenti di sostegno, chiamati ad adempiere alle “ineliminabili (anche sul piano costituzionale) forme di integrazione e di sostegno” in favore degli alunni diversamente abili (Corte cost., 15 febbraio 2000, n. 52, n. 4 Cons. in dir.). In particolare, in materia di insegnanti di sostegno, cfr. art. 127, d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297. In giurisprudenza, cfr. la decisione del Cons. St., sez. VI, 15 maggio 2017, n. 2287.
[18] Ex plurimis, cfr. Cons. St., sez. VI, 3 maggio 2017, n. 2023; cfr. Tar Lazio, sez. III-bis, 1 ottobre 2018, n. 8596; id., 21 dicembre 2018, n. 12506.
[22] Cons. St., Ad. Plen., n. 7 del 2016 cit. Su questo tema, si rinvia alla fondamentale sentenza della Corte costituzionale del 6 luglio 2004, n. 204.
[23] Tar Lombardia, Milano, 12 marzo 2017, n. 703. Così ha osservato il Tar: “va, preliminarmente, respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Infatti il presente ricorso è diretto ad ottenere la predisposizione di un progetto individuale per persona disabile disciplinata dall’articolo 14 della legge 328 del 2000, i cui contenuti presentano aspetti di discrezionalità anche nel definire le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare nonché per l’adozione delle misure economiche necessarie per il superamento delle condizioni di emarginazione di esclusione sociale. Si tratta, quindi, di una controversia rientrante nella giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di servizi pubblici che, nel caso concreto, concerne la verifica di legittimità dell’azione autoritativa della P.A.”.
[24] Cfr. ad es. Cons. Giust. Amm. Regione Siciliana, 8 marzo 2018, n. 128, secondo cui “invero, i principi posti dalla Cassazione (n. 25011/2014) e dalla plenaria (n. 7/2016), confermati dalla giurisprudenza successiva in subiecta materia, pur riguardando nello specifico la questione di giurisdizione su controversie afferenti la fase di predisposizione, prima, e quella di attuazione dopo, di un P.E.I., sono applicabili anche alle controversie relative alla fase di predisposizione e di attuazione di un P.A.I. I progetti individuali per ogni singola “persona con disabilità fisica, psichica e/o sensoriale, stabilizzata o progressiva (art. 3 l. n. 104/1992: “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”), siano essi P.E.I. o P.A.I., costituiscono infatti, secondo quanto previsto in via generale dalla l. n. 328/2000, lo strumento principale per la creazione di percorsi personalizzati per ciascuna persona con disabilità fisica, in cui i vari interventi siano coordinati in maniera mirata, massimizzando così i benefici effetti degli stessi al fine di ottenere in pieno l’integrazione scolastica, lavorativa, sociale e familiare della persona”.
[28] Ibid. Su questo tema, cfr. anche Cons. St., sez. VI, 31 maggio 2017, n. 2624. Più recentemente, cfr. Cons. St., sez. III, 13 novembre 2018, n. 6371, secondo il quale “la sostenibilità finanziaria dei relativi costi andrebbe prudentemente evocata tenendo conto della strumentalità del servizio […] rispetto alla salvaguardia di diritti a nucleo incomprimibile secondo i principi più volte affermati dalla Consulta (cfr. fra le altre, le sentenze C. Cost. nn. 80/2010 e n. 275/2016) e che trovano diretta copertura negli artt. 32, 38 e 53 della Costituzione e dell’art. 3 e 28 della Convenzione di New York sui diritti delle persone con disabilità (ratificata con legge n. 18 del 3.3.2009) che assicurano la tutela assistenziale ad ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere”.
[29] Sulla natura dei diritti sociali quali diritti finanziariamente condizionati, cfr. ad es. Corte cost., 28 luglio 1993, n. 355; 17 luglio 1998, n. 267 e 20 novembre 2000, n. 509. Recentemente, in dottrina, cfr. M. Luciani, I diritti “finanziariamente condizionati”, in La tutela degli interessi finanziari della collettività nel quadro della contabilità pubblica: principi, strumenti, limiti, Atti del LXIII Convegno di studi di Scienza dell’Amministrazione,Milano, 2018.
[30] Cfr. ad esempio Corte cost., 26 febbraio 2010, n. 80, sul limite al numero degli insegnanti di sostegno e 16 dicembre 2016, n. 275, con riguardo al diritto al trasporto scolastico degli studenti disabili. In quest’ultimo caso, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di una norma della Regione Abruzzo, nella parte in cui prevedeva che, per lo svolgimento del servizio di trasporto degli studenti disabili, la Giunta regionale avrebbe garantito un contributo pari al 50% della spesa necessaria. Cfr. al riguardo: L. Madau, “È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione”. Nota a Corte cost. n. 275/2016, in Oss. AIC, n. 1/2017; L. Ardizzione, R. Di Maria, La tutela dei diritti fondamentali ed il “totem” della programmazione: il bilanciamento (possibile) fra equilibrio economico-finanziario e prestazioni sociali (brevi riflessioni a margine di Corte cost., sent. 275/2016), in Diritti regionali, n. 2/2017; A. Apostoli, I diritti fondamentali “visti” da vicino dal giudice amministrativo Una annotazione a “caldo” della sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 2016, in forumcostituzionale.it, 2017; E. Furno, Pareggio di bilancio e diritti sociali: la ridefinizione dei confini nella recente giurisprudenza costituzionale in tema di diritto all’istruzione dei disabili, in giurcost.org, 2017; A. Longo, Una concezione del bilancio costituzionalmente orientata: prime riflessioni sulla sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 2016, federalismi.it, 2017;R. Cabazzi, Diritti incomprimibili degli studenti con disabilità ed equilibrio di bilancio nella finanza locale secondo la sent. della Corte costituzionale n. 275/2016, in forumcostituzionale.it, 2017.
[31] Cfr. V. Onida, Eguaglianza e diritti sociali, in Costituzionalismo.it, n. 3/2015, p. 116; M. Ainis, I soggetti deboli nella giurisprudenza costituzionale, in Politica del diritto, n. 1/1999, p. 25 ss.
[32] Su questo tema, ex plurimis, si rinvia a C. Buzzacchi, Equilibrio di bilancio versus autonomie locali e ‘Stato sociale’, in Amministrare, n. 1/2014, p. 49 ss.; id., Spesa pubblica ed indebitamento: le regole dei nuovi artt. 81 e 97 Cost., in Riv. it. dir. pubbl. comunit., n. 2/2016, p. 421 ss.
[33] Cfr. E. Grosso, I diritti sociali e la crisi economica. Linee di tendenza nella giurisprudenza dei giudici comuni, in M. D’Amico, F. Biondi (a cura di), Diritti sociali e crisi economica,Milano, 2017, p. 38 ss.
[34] Cfr. M. D’Arienzo, La salute ai tempi della spending review: come conciliare il controllo della spesa sanitaria con l’effettività del diritto alla salute e della relativa tutela giurisdizionale, in Il diritto dell’economia, n. 3/2018, spec. p. 1092.
[35] Cfr. F. Zammartino, Sulla salvaguardia dei diritti sociali tra interpretazioni della Costituzione economica e incertezze della recente giustizia costituzionale: alcune osservazioni, in Il diritto dell’economia, n. 3/2018, p. 1077.
[36] Cons. St., sez. III, 7 gennaio 2019, n. 160. Tra l’altro, nel caso oggetto deciso dai Giudici di Palazzo Spada, “il Comune ha chiesto l’indicazione delle modalità procedimentali da seguire, in conformità alle vigenti regole contabili, per provvedere alla corretta esecuzione di pagamenti, laddove (come nel caso di specie) per i medesimi (nell’esercizio in cui si è perfezionato il titolo di credito) non siano state previste in bilancio le relative coperture oppure quando i crediti provengano da rapporti obbligatori perfezionatisi in esercizi pregressi, in cui, comunque, si sia omesso l’accantonamento di corrispondenti fondi oppure non si sia provveduto ad iscrivere tra i residui passivi il debito, corrispondente all’obbligo di pagamento del credito, non estinto entro la chiusura dell’esercizio”.
[37] Ibid. In quell’ipotesi, bisognava riconoscere l’importo oggetto di pagamento quale debito fuori bilancio ai sensi dell’art. 194 del. T.U.E.L.
[38] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 febbraio 2018, n. 809, con commento di F. Paterniti, La necessaria collaborazione tra enti locali nelle azioni di sostegno alla disabilità al fine di tutelare il diritto fondamentale all’istruzione, in Federalismi.it, n. 7/2018.
[41] Ibid.; id., Priorità costituzionali e controllo sulla destinazione delle risorse, in Studi in onore di Antonio D’Atena, t. I, Milano, 2014, p. 375 ss.
[42] Ad esempio, cfr. Tar Lombardia, Milano, n. 703 del 2017 cit., oppure Tar Calabria, Catanzaro, sez. II, 10 dicembre 2015, n. 1861. Sull’illegittimità del silenzio-inadempimento in mancanza di spontanea predisposizione del piano individualizzato di vita, cfr. Tar Sicilia, Catania, sez. II, 12 febbraio 2010, n. 194; ma cfr. anche id., sez. III, 25 settembre 2008, n. 1712; id., sez. II, 10 aprile 2014, n. 1047.