Sanità: “Il Piemonte punta sui servizi territoriali”. Intervista a Ferruccio Fazio, presidente del gruppo di lavoro per la gestione della fase 2 dell’emergenza

 

In Piemonte la situazione Covid è sotto controllo, in questo momento non abbiamo praticamente più contagi, salvo qualche caso proveniente dall’estero. È tutto tracciato, monitorato, controllato: conosciamo vita, morte e miracoli di chi è stato colpito dal Coronavirus, sappiamo le condizioni dei parenti, degli amici e di chi è entrato in contatto con loro. Penso di poter dire che la nostra Regione ha fatto un lavoro fenomenale e i dati dimostrano un controllo della situazione persino superiore a quello di quasi tutte le altre regioni italiane, che peraltro hanno compiuto altrettanti encomiabili sforzi”.

Ferruccio Fazio, capo della task-force subalpina contro il Covid-19, fa una breve ricognizione sullo stato dell’arte, ma si sofferma soprattutto sul futuro della sanità piemontese. Del resto anche il disegno di un’evoluzione organizzativa era tra i compiti che gli sono stati affidati al momento della nomina.

 

Come avete pensato il prossimo avvenire della nostra sanità?

Secondo me non vanno potenziati gli ospedali, come dice il governo nazionale, ma vanno migliorati i servizi territoriali. Medicina di base, medicina generale, Usca, vale a dire le Unità speciali di continuità assistenziali.

Stiamo provando a immaginare come potrà essere il sistema sanitario territoriale proponendo di rendere centrale il medico di medicina generale e di favorire l’associazionismo. Solo così si potranno lasciare sul territorio alcune patologie non gravi e contribuire al decongestionamento dei pronto soccorso e degli ospedali, favorendo il benessere e la qualità della vita dei cittadini

Perché?

La Sanità piemontese, in questa pandemia, ha evidenziato una buona tenuta degli ospedali e una debolezza dei servizi territoriali. Se nella fase iniziale ci sono stati diversi affanni, come è successo nel resto del mondo, non è perché gli ospedali siano inefficienti, ma perché è risultato carente il primo filtro territoriale.

Quali le conseguenze?

Nelle primissime settimane, praticamente le persone non erano intercettate sul territorio dai medici, ma venivano mandate negli ospedali. Intasandoli. Noi abbiamo fatto un progetto per migliorare la situazione, anche al di là degli eventi eccezionali.

Le annose difficoltà economiche della Sanità e il piano di rientro di qualche anno fa hanno influito sull’organizzazione piemontese?

I piani di rientro hanno condizionato la nostra organizzazione, perché i governi regionali precedenti si sono trovati in difficoltà e hanno in qualche modo ridotto i servizi territoriali.

Ma quanto costerebbe potenziarli?

Abbiamo sviluppato un progetto dettagliato. Il costo della nostra riforma è di 16 milioni l’anno, tuttavia assicurerebbe risparmi di molto superiori. Perché con una migliore organizzazione di rete, alla fine si economizza. Certo, inizialmente si tratta d’investire sul personale: infermieri, medici e personale di supporto del territorio. Le Usca stesse vanno stabilizzate e hanno un costo. Ma sul lungo termine questi investimenti porteranno efficienza, assistenza migliore e in definitiva risparmi.

Torniamo al Covid. Perché parla di un lavoro fenomenale?

Oggi con la tracciatura dei contatti e tutto ciò che è stato messo sul campo, il Piemonte è in grado di assorbire anche un’eventuale recrudescenza. Abbiamo avuto qualche focolaio, come quello dei cittadini del Bangladesh, ma siamo intervenuti prontamente ed abbiamo bloccato sul nascere la cosa.

Dopo Lombardia ed Emilia Romagna, il Piemonte è stata la terza regione per numero di vittime, in Italia…

La questione Piemonte è nata all’inizio, perché siamo con la Lombardia una regione del Nord dove c’è molto spostamento di persone, dove il contagio ha colpito in maniera severa. Nel centro-sud Italia, per fortuna non ci sono stati gli stessi numeri. Ma ribadisco la risposta è stata notevole, a cominciare dai primi interventi che hanno più che raddoppiato i posti di terapia intensiva: oggi abbiamo un monitoraggio giornaliero e ogni piccolo focolaio viene bloccato immediatamente. Guardiamo i fatti. Ultimamente abbiamo uno o due sintomatici al giorno. Alcuni giorni nessuno. E di solito i nuovi casi arrivano tutti dall’estero.

E quindi?

E quindi, nonostante una grossa circolazione del virus, superiore a quella di molte altre regioni, abbiamo completamente arginato il contagio, cosa che non sta avvenendo con la stessa efficacia altrove. Siamo in situazione di controllo e questo è il dato importante che va sottolineato.