Semplificazione normativa e legislazione regionale: temi, casi e problemi

Luca Geninatti Satè[1]

(ABSTRACT) ITA

Il saggio affronta il tema della semplificazione normativa esaminando alcuni recenti esempi della legislazione regionale e individuando le principali criticità sollevate dall’utilizzo di strumenti quali l’abrogazione, la delegificazione e la deregolamentazione. Questa analisi, ancorché condotta su di un numero limitato di esempi, mostra non solo che l’impiego delle tecniche normative e dei criteri ordinatori del sistema delle fonti presenta tuttora profili problematici, ma anche che – a causa di ciò – l’obiettivo della semplificazione rischia in taluni casi di non essere pienamente attuato e, anzi, di condurre al risultato inatteso di una maggiore complessità normativa.

(ABSTRACT) EN

The essay addresses the issue of regulatory simplification by examining some recent examples of regional legislation and identifying the main critical issues raised using tools such as repeal, delegification and deregulation. This analysis, although conducted on a few examples, shows not only that the use of regulatory techniques and ordering criteria in the system of sources still has problematic profiles, but also that – because of this – the goal of simplification risks in some cases not being fully implemented and, indeed, leading to the unexpected result of increased regulatory complexity.

Sommario:

1. La semplificazione normativa e i suoi problemi – 2. Il caso della semplificazione in materia urbanistica ed edilizia: la l.r. n. 7/2022, la l.r. n. 3/2023, la l.r. 20/2023 e l’illegittimità costituzionale parziale della normativa regionale – 3. Il caso dei servizi educativi per l’infanzia: la l.r. n. 30/2023 – 4. Il sistema integrato delle politiche e dei servizi per il lavoro e la complessa portata abrogatrice della l.r. n. 32/2023 – 5. Coordinamento e semplificazione nella l.r. n. 16/2024 – 6. Considerazioni conclusive

1. La semplificazione normativa e i suoi problemi

La semplificazione normativa ha costituito uno degli obiettivi caratterizzanti la legislatura regionale, come si è già avuto modo di evidenziare in altro scritto su questa stessa rivista[2].

La semplificazione è però un concetto tradizionalmente ambiguo (o, quanto meno, polisemico[3]): in primo luogo, perché occorre distinguere tra semplificazione “normativa” e “amministrativa”[4], dove l’una si propone la riduzione delle disposizioni normative e il miglioramento della reciproca coerenza e della formulazione linguistica, mentre la seconda è volta allo snellimento dei procedimenti amministrativi attraverso la riduzione dei relativi oneri.

Un problema che si è frequentemente posto è che le due nozioni non sempre convergono: per esempio, quando si è ritenuto che la semplificazione amministrativa dovesse condurre all’abrogazione di norme che prevedono vincoli all’iniziativa economica privata (la c.d. “semplificazione procedimentale”), ciò ha spesso condotto a problemi di incoerenza tra le fonti, tanto da far ritenere (non solo una possibile divergenza, ma) una vera e propria contraddizione fra i due concetti di semplificazione[5].

Una disamina analitica delle due nozioni ha in effetti consentito di rilevare che, in molti casi, sussiste addirittura una incompatibilità logica fra “semplificazione normativa” e “semplificazione amministrativa”.

Nella versione più comunemente diffusa[6], gli obiettivi della semplificazione normativa si dovrebbero principalmente ottenere attraverso due strumenti: da un lato la deregolamentazione, dall’altro la riduzione delle disposizioni di rango legislativo a favore delle fonti regolamentari.

Il primo strumento sconta a propria volta la polisemia del termine “deregolamentazione”[7], che – per semplicità – può ricondursi alla nozione consolidata in dottrina (e nelle scienze sociali) secondo cui essa consiste nella riduzione dell’area coperta dalla regolamentazione pubblica[8].

Il secondo strumento è di per sé assimilabile alla delegificazione, che però dovrebbe intendersi nel senso della riduzione delle fonti normative primarie a favore di quelle secondarie (il che non conduce, quindi, alla diminuzione del numero di regole, ma soltanto alla diversa collocazione di alcune di esse nel sistema delle fonti, ancorché ciò non avvenga conformemente al procedimento disciplinato dalla l. n. 400/1988[9]).

Sebbene questi due strumenti conducano ad esiti non coincidenti (perché il primo ha un effetto deflattivo sulla quantità delle regole mentre il secondo no, limitandosi ad una loro diversa distribuzione nel sistema delle fonti), il simultaneo utilizzo di essi non genera ancora contraddizioni, potendo in astratto configurarsi in termini di complementarietà.

Ma se la semplificazione/deregolamentazione (ossia: la semplificazione intesa come azione) viene correlata con la semplificazione/miglioramento della regolazione (ossia: la semplificazione intesa come obiettivo di indirizzo politico), se ne dovrebbe inferire che migliorare la regolazione significhi ridurre le regole, ossia, in altri termini, che il primo strumento per migliorare la regolazione sia eliminarla (il che implica la possibilità di perfezionare un’attività cessando di compierla).

Se poi si confrontano la “semplificazione normativa” con la “semplificazione amministrativa”, si deve registrare il fatto che la seconda (alimentata da tutte le leggi mediante le quali sono stati ridotti o snelliti gli oneri procedimentali, semplificati i procedimenti, diminuiti gli adempimenti amministrativi) si attua mediante leggi, ossia mediante norme primarie che, al fine di semplificare i procedimenti, arricchiscono la disciplina vigente: ne consegue che la “semplificazione amministrativa” viene normalmente attuata mediante l’introduzione di nuove disposizioni normative (contrariamente a quanto richiederebbe la deregolamentazione, segmento della “semplificazione normativa”) che spesso assumono il rango di fonti primarie (contrariamente a quanto richiederebbe la delegificazione, altro segmento della “semplificazione normativa”)[10].

La “semplificazione amministrativa” conduce dunque spesso ad aumentare le regole, anziché ridurle, e ad incrementare la quantità delle fonti primarie, anziché a diminuirle a favore di quelle secondarie[11].

E’ in questo senso che i problemi della semplificazione sono apparsi riconducibili alla destrutturazione del suo concetto[12], destrutturazione “che consegue alla divaricazione (che degenera in incompatibilità e quindi in conflitto) fra gli obiettivi cui tendono le sue due varianti[13].

In sintesi, dunque: ciò a cui l’obiettivo di miglioramento della regolamentazione tende mediante la semplificazione normativa (la riduzione di regole esistenti e il passaggio da regole primarie a secondarie) confligge spesso con ciò che essa persegue con la semplificazione amministrativa (l’introduzione di nuove regole, e mediante fonti primarie).

Questa contraddizione risulta particolarmente problematica anche perché è di natura interna, nel senso che gli strumenti dell’una e dell’altra versione di “semplificazione” contrastano perché strutturalmente incompatibili, a prescindere dalla loro idoneità a raggiungere l’obiettivo.

2. Il caso della semplificazione in materia urbanistica ed edilizia: la l.r. n. 7/2022, la l.r. n. 3/2023, la l.r. 20/2023 e l’illegittimità costituzionale parziale della normativa regionale

Un primo esempio è rappresentato dalla l.r. 31 maggio 2022, n. 7, recante esplicitamente “Norme di semplificazione in materia urbanistica ed edilizia” e volta, ai sensi dell’art. 1, a supportare l’azione degli enti locali per l’attuazione del d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160 (“Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive”) e per l’attuazione del d.P.R. 12 settembre 2016, n. 194 (“Regolamento recante norme per la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti amministrativi, a norma dell’ articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124”).

La finalità di semplificazione che caratterizza la legge è anche dichiarata mediante riferimento espresso all’applicazione degli artt. 31 e 32 della l.r. 14 ottobre 2014, n. 14 (“Norme sul procedimento amministrativo e disposizioni in materia di semplificazione”), che prevedono una serie di iniziative a supporto degli sportelli unici delle attività produttive.

La legge appare dunque muoversi nel solco della “semplificazione amministrativa”, ponendo fra gli obiettivi “garantire e agevolare l’uniformità dei procedimenti e la certezza dei tempi e dei provvedimenti conclusivi”.

Nella sua versione originaria, essa costituiva la confluenza di due proposte di legge (la n. 70 e la n. 93) il cui esame consiliare è stato interessato dalle vicende legate all’emergenza epidemiologica, che hanno richiesto (secondo quando esposto dalla “Relazione” al progetto) l’introduzione di una serie di meccanismi di “semplificazione”.

Il testo risultante derivava però anche dalla necessità di recepire ulteriori impulsi semplificatori, derivanti dalla l.r. n. 13/2020 e dalla l.r. n. 22/2020 (entrambe recanti misure straordinarie per l’epidemia) e la l. 11 settembre 2020, n. 120, recante la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 7 (c.d. “decreto liberalizzazioni”).

Un testo dalla genesi complessa e articolata (quasi un ossimoro per una legge recante norme in materia di semplificazione), che si componeva di cinquanta articoli, dei quali, escluse le “norme in materia di altezza minima interna e utilizzo di vani e locali interrati e seminterrati dei fabbricati esistenti”, tutti recanti modifiche ad altre leggi regionali (alla l.r. n. 56/1977, alla l.r. n. 19/1999, alla l.r. n. 14/2014, alla l.r. 16/2018, alla l.r. 13/2020).

La semplificazione amministrativa intesa dalla legge regionale si è dunque attuata mediante la modifica di altre cinque leggi regionali, disseminando le nuove regole in un corpus normativo già stratificato e più volte rimaneggiato.

La stessa l.r. n. 7/2022 è poi stata oggetto di una prima modifica da parte della l.r. n. 3/2023 (che ha emendato gli articoli 17 e 19 e abrogato gli articoli 44 e 45, in ottemperanza all’impegno istituzionale assunto dal Presidente in data 28 luglio 2022 al fine di superare alcune censure di costituzionalità eccepite dai Ministeri) e quindi di una seconda modifica da parte della l. n. 20/2023, esplicitamente volta a superare l’impugnativa comunque proposta dal Governo innanzi alla Corte Costituzionale.

La l.r. n. 20/2023 (la terza legge in sedici mesi destinata a semplificare la normativa edilizia e urbanistica) consta di ulteriori quattordici articoli e ritorna su norme già modificate e abrogate dalla l.r. n. 7/2022 e dalla l.r. n. 3/2023, dando luogo una complicata sovrapposizione di disposizioni normative vigenti, in diversi periodi di tempo, in differenti versioni, con non irrilevanti questioni interpretative e applicative legate ai fenomeni abrogativi impliciti così generati e, quindi, alla corretta applicazione del principio tempus regit actum rispetto ai provvedimenti amministrativi da adottare.

Ciò nonostante, la Corte Costituzionale, con la sentenza 4 luglio 2024, n. 119, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale:

  1. dell’art. 5 l.r. n. 7/2022, n. 7, nella parte in cui, novellando i commi 1 e 2, lettera b), dell’art. 3 della legge della Regione Piemonte 4 ottobre 2018, n. 16, ha reso applicabile – in virtù del rinvio all’art. 2, comma 1, lettera d-bis), della legge regionale Piemonte n. 16 del 2018, nel testo antecedente alle modifiche apportate dall’art. 1, comma 2, della legge della Regione Piemonte 19 settembre 2023, n. 20, – la disciplina di cui all’art. 5, comma 9 e seguenti, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2011, n. 106, anche agli edifici per i quali «è stato rilasciato titolo abilitativo in sanatoria ai sensi» «della legge 28 febbraio 1985, n. 47” (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive), della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;
  2. dell’art. 7 della medesima l.r. n. 7/2022, nella parte in cui ha novellato l’art. 5, comma 9, della l.r. n. 16/2018;
  3. dell’art. 8, comma 1 della stessa l.r. n. 7/2022, sostitutivo dell’art. 6, comma 1, della l.r. n. 16/2017, limitatamente alle parole «

    er gli edifici realizzati dopo tale data, il sottotetto è recuperabile decorsi tre anni dalla realizzazione o ad avvenuto perfezionamento delle pratiche di legittimazione»;

  4. dell’art. 8, comma 6 della l.r. n. 7/2022;
  5. dell’art. 41, comma 1 della l.r. n. 7/2022 nella parte in cui ha sostituito l’art. 6, comma 1, lettere a), b) e c), della l.r. n. 19/1999, n. 19;
  6. dell’art. 47 della l.r. n. 7/2022, nella parte in cui prevede gli incisi: «anche se non previsto dai vigenti strumenti urbanistici generali ed esecutivi» (comma 2); «senza che ciò comporti incidenza sui valori di SL e sulla conseguente necessità di standard urbanistici, nel solo rispetto dei parametri riferiti ai limiti delle superfici coperte» (comma 2, lettera a); «senza che ciò comporti incidenza sui valori di SL e sulla conseguente necessità di standard urbanistici» (comma 2, lettere b e c); «in deroga alla densità fondiaria di cui all’articolo 7 del decreto ministeriale 1444/1968 e alle norme del PRG» (comma 4).

Esorbita naturalmente dai limiti di questo scritto una puntuale esegesi ricostruttiva della disciplina risultante da questi interventi parziali, che – come visto – riguardano una legge già reiteratamente modificata e che a propria volta emendava disposizioni normative precedenti.

Il quadro che ne deriva è in ogni caso immediatamente percepibile come fortemente destrutturato e certamente lontano dagli obiettivi della semplificazione normativa, quanto meno in termini di conoscibilità delle norme, coerenza tra le disposizioni normative e frammentazione dei precetti in una pluralità di fonti di difficoltoso coordinamento.

3. Il caso dei servizi educativi per l’infanzia: la l.r. n. 30/2023

Con la l.r. 3 novembre 2023, n. 30 (recante “Disciplina dei servizi educativi per l’infanzia e disposizioni relative al sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino a sei anni”) la Regione Piemonte si è proposta di definire i criteri generali per la programmazione, la realizzazione, l’attivazione, la gestione, la qualificazione e il controllo dei servizi per l’infanzia a livello regionale.

I servizi educativi per l’infanzia sono stati oggetto di alcune riforme normative (fra cui, in particolare: la l. 13 luglio 2015, n. 107, recante “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, che ha definito i criteri generali per la programmazione, la realizzazione, l’attivazione, la gestione, la qualificazione e il controllo dei servizi per l’infanzia, nel riconoscimento del pluralismo delle offerte educative; il d.lg. 13 aprile 2017, n. 65, recante “Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni”), che hanno reso unico il sistema integrato zero-sei anni, pur conservando al suo interno i due sotto-insiemi dei servizi 0/3 anni (nidi, micronidi, sezioni primavera, centri di custodia oraria e nidi in famiglia) e dei servizi 3/6 anni (scuola dell’infanzia).

La legge regionale n. 30/2023 non menziona esplicitamente gli obiettivi della semplificazione, ma la razionalizzazione del sistema dei servizi educativi è evocata dalla “Relazione” di accompagnamento rimarcato il fatto che gli insiemi dei servizi “zero-tre anni e tre-sei anni afferiscono ancora a norme e a istituzioni di riferimento differenti: la Regione e i comuni per i primi, le norme ministeriali per i secondi”.

Essi, tuttavia, fanno parte di un sistema integrato – il sistema regionale dei servizi per l’infanzia – e dunque la Regione Piemonte si propone di individuare la tipologia di servizi che formano il sistema integrato regionale, stabilirne le finalità educative e le caratteristiche.

Il testo di legge si compone di trentasei articoli, l’ultimo terzo dei quali volti alla disciplina dell’autorizzazione, accreditamento, vigilanza e gestione dei servizi “zero-tre anni” (in questo caso con richiamo esplicito alla semplificazione amministrativa, menzionata dall’art. 24 con riguardo alla concessione dell’autorizzazione, che deve seguire le forme previste dal citato d.P.R. n. 160/2010).

Il problema di questo intervento di semplificazione è tuttavia legato al fatto che esso è stato strutturato ab initio in forma incompleta, perché rinvia all’emanazione di una serie di provvedimenti attuativi per la definizione, in particolare, dei requisiti minimi strutturali e organizzativi-gestionali.

Nella “Relazione” traspare in effetti l’incompiutezza originaria di questo tentativo di razionalizzazione, perché la dichiarata finalità di disciplinare un sistema “integrato” di servizi, superando la frammentazione normativa, si arresta nell’affermata natura futura e progressiva dell’integrazione, la quale “sarà” finalizzata “a garantire una pluralità di offerte, flessibili e differenziate, idonee a rispondere in maniera adeguata alle esigenze dei bambini e delle loro famiglie”.

La criticità di questo metodo potrebbe quindi disvelarsi nel momento in cui l’attuazione del sistema prefigurato dalla legge regionale desse luogo alla sovrapposizione e stratificazione di ulteriori interventi normativi, di fonti regolamentari e di provvedimenti amministrativi, con un rischio di disorganicità che potrebbe costituire il presupposto di futuri interventi nella prospettiva di una semplificazione rimediale e “a posteriori”.

4. Il sistema integrato delle politiche e dei servizi per il lavoro e la complessa portata abrogatrice della l.r. n. 32/2023

L’obiettivo dell’integrazione fra sistemi ricorre anche tra le finalità della l.r. 24 novembre 2023, n. 32, appunto dedicata al “Sistema integrato delle politiche e dei servizi per l’orientamento permanente, la formazione professionale e il lavoro”.

Questo testo incorpora però anche un’esplicita funzione di semplificazione e riordino normativi, ambendo ad accorpare in un unico testo organico “tutte le disposizioni relative all’orientamento permanente, formazione professionale e lavoro, prevedendo l’abrogazione totale di undici leggi regionali e parziale di alcune leggi non settoriali” (come riporta la “Relazione” di accompagnamento alla legge).

Anche in questo caso, peraltro, il testo non si presenta come autosufficiente, rinviando a una serie di provvedimenti della Giunta Regionale (e dunque predefinendo un sistema normativo variamente stratificato lungo la gerarchia delle fonti e degli atti amministrativi) per la definizione del nuovo sistema di accreditamento degli operatori della formazione e dell’orientamento professionale, per l’approvazione del “Quadro Strategico triennale delle politiche dell’Orientamento, Lavoro e Formazione Professionale”, per la definizione di indirizzi per la costruzione di sedi di partenariato a livello territoriale e l’approvazione degli atti di indirizzo attuativi del predetto “Quadro Strategico”.

La legge si compone di cinque “Titoli”, dieci “Capi” e sessantaquattro articoli, ma l’obiettivo di un testo organico si è dovuto parzialmente adattare all’esigenza di introdurre alcuni emendamenti già con la l.r. 10 aprile 2024, n. 10 (la “Legge annuale di riordino dell’ordinamento regionale. Anno 2024”).

L’elemento formale di maggior rilievo appare in questo caso il cospicuo intervento abrogativo sulla legislazione previgente, che ripropone una serie di temi legati all’utilizzo della abrogazione come strumento di semplificazione.

Il ricorso a questo istituto pone in particolare il problema dell’abrogazione espressa relativamente a fonti che istituiscono norme secondarie.

Seguendo una rigorosa applicazione dell’art. 11 delle “Disposizioni sulla legge in generale” (ma anche del principio di legalità in senso formale, che impone la necessità della previa legge), si dovrebbe ritenere che, siccome l’esercizio del potere normativo secondario presuppone una disposizione di legge a contenuto autorizzativo, in applicazione del principio tempus regit actum la legittimità dell’approvazione di una norma secondaria implica la vigenza, al momento dell’approvazione, della previa norma di legge.

Conseguentemente, l’abrogazione della previa legge che sia successiva all’approvazione della norma secondaria non incide sulla legittimità di quest’ultima, dal momento che la legge abrogata continuerà ad avere efficacia con riguardo alle fattispecie anteriori all’abrogazione, e dunque, in particolare, con riguardo all’esercizio della potestà regolamentare (sempre ferma restando l’eccezionale possibilità di deroga, da parte del legislatore abrogante, all’art. 11 citato, e della conseguente approvazione di una norma abrogatrice che privi retroattivamente di efficacia la previa legge).

Applicando regolarmente le norme sulla produzione, dunque, un regolamento (ad esempio, di attuazione o di esecuzione) emanato durante la vigenza della propria legge autorizzatrice non subisce conseguenze allorché tale legge venga abrogata, né tanto meno allorché la disposizione abrogatrice sia accompagnata da un’altra norma che autorizzi un nuovo e diverso esercizio del potere regolamentare[14].

In realtà, l’articolo 62 della l.r. n. 32/2023 prevede nove “disposizioni transitorie” che si traducono, di fatto, (i) in clausole di persistente applicabilità di norme secondarie e di provvedimenti amministrativi e (ii) in clausole di ultrattività di norme abrogate.

In questo modo, da un lato la permanente applicabilità delle norme regolamentari – fatto del tutto regolare, come si è visto – è presentato quasi come una eccezionale “sopravvivenza” delle norme secondarie a quelle primarie, e subordinata all’entrata in vigore delle disposizioni attuative emanate in attuazione della previa legge acclusa alla disposizione abrogatrice.

Queste clausole, rischiano quindi di far intrecciare erroneamente la vigenza di norme secondarie in successione cronologica con la loro validità per conformità alla previa legge, inducendo a confondere l’efficacia delle fonti secondarie autorizzate da leggi cronologicamente successive con la loro validità e facendo derivare la prima dalla seconda (in quanto ritenuta dipendente dalla vigenza delle norme autorizzatrici), anziché ricondurla ad un normale avvicendamento fra disposizioni del medesimo rango.

Statuendo con legge la persistente applicabilità delle norme secondarie, infatti, si rischia di ingenerare l’errata convinzione che un regolamento (ma anche un provvedimento) divenga illegittimo per effetto dell’entrata in vigore di norme primarie incompatibili con la sua previa legge (ma non con il contenuto dell’atto stesso), e che la clausola di “persistente applicabilità” esplichi, rispetto a tale invalidità, un effetto sanante, che perdura sino all’entrata in vigore delle nuove norme regolamentari.

Correlativamente, questa impostazione rischia di indurre a ritenere che l’inapplicabilità del primo provvedimento attuativo a far tempo dall’entrata in vigore del secondo discenda dalla statuizione di “persistente applicabilità a tempo” disposta dal legislatore, e non, invece, dalla regolare successione cronologica delle due fonti secondarie e dalla conseguente abrogazione della prima ad opera della seconda.

Inoltre, la previsione legislativa secondo cui il regolamento emanato sulla base di norme abrogate continua ad applicarsi sino all’entrata in vigore delle nuove norme secondarie può condurre all’errore di ritenere che, dopo tale data, esso non possa più applicarsi nemmeno alle fattispecie verificatesi fra l’abrogazione della previa legge e l’entrata in vigore del regola- mento successivo (ciò che, invece, non è, perché la fonte regolamentare abrogata conserva comunque efficacia relativamente alle fattispecie anteriori all’abrogazione).

E infine, la presunta possibilità di disciplinare mediante fonte primaria l’applicabilità della secondaria induce talora il legislatore ad abrogare espressamente norme secondarie afflitte da invalidità sopravvenuta per promulgazione di una fonte primaria incompatibile con la precedente norma autorizzatrice, sovrapponendo un improprio effetto abrogativo all’applicazione del criterio gerarchico.

D’altra parte, anche la previsione secondo la quale “fino all’approvazione degli atti di indirizzo […], continuano ad applicarsi le norme previgenti” (art. 62, comma 1) genera varie complicazioni, perché fa dipendere l’effettiva abrogazione di una fonte primaria dall’adozione di un provvedimento della Giunta Regionale, con l’effetto che mentre le disposizioni normative dettate dalla l.r. 32/2023 entrano in vigore regolarmente nella loro portata precettiva, esse entrano invece in vigore successivamente nella loro parte abrogatrice.

5. Coordinamento e semplificazione nella l.r. n. 16/2024

La l.r. 9 aprile 2024, n. 16 reca “Disposizioni coordinate in materia di tutela degli animali da affezione e prevenzione del randagismo”.

La “Relazione” di accompagnamento e presentazione individua esplicitamente le finalità del testo nel “coordinamento” e nella “integrazione” di un insieme di previgenti disposizioni normative, con l’obiettivo di superare “il senso della dispersione, della frammentarietà e della disorganicità e scoordinamento del panorama normativo di settore, che va a discapito della possibilità di costruire e leggere con facilità un organico testo normativo in materia di tutela degli animali”.

La funzione di semplificazione normativa è dunque chiaramente connessa con l’obiettivo d’indirizzo politico della c.d. “better regulation”, obiettivo è perseguito (i) mediante l’abrogazione di sei leggi regionali e di alcuni articoli di altre cinque leggi, nonché (ii) attraverso il rinvio della disciplina “degli aspetti di maggior dettaglio e di gestione specifica” ad un unico testo regolamentare.

Anche in questo caso il progetto conserva un versante di incompletezza, perché alcune disposizioni normative regionali (p.e. quelle contenute la l.r. 6/2010, in materia di animali esotici) non vengono interessate dal riordino e dal coordinamento, in attesa dell’adozione di provvedimenti attuativi di livello nazionale.

La l.r. n. 16/2024, composta da quarantadue articoli suddivisi in cinque titoli, presenta però criticità analoghe a quelle della l.r. n. 30/2023, in relazione all’utilizzo dell’abrogazione come strumento di semplificazione.

Compaiono infatti esplicitamente clausole di “persistente applicabilità” degli atti regolamentari adottati in attuazione delle norme abrogate (art. 40, comma 2), con i connessi problemi già esaminati nel paragrafo precedente.

In questo caso, tuttavia, le criticità si accentuano perché viene anche prevista la persistente applicabilità di una legge (la l.r. 23 giugno 2021, n. 18) sino all’approvazione di un regolamento regionale.

Il meccanismo evoca un processo di delegificazione, che non può però venire inteso ai sensi dell’art. 17, comma 2 della l. n. 400/1988 (modello rispetto al quale manca, del resto, la previa determinazione delle “norme generali regolatrici”), bensì semplicemente nei termini della sostituzione di una disciplina recata da fonti primaria con un’altra disposta da fonti secondarie.

Si aprono così due problemi: uno correlato alla sovrapposizione fra delegificazione e semplificazione, che fa riemergere la risalente impostazione che tendeva a ridurre la seconda nella prima (mentre, com’è stato correttamente rilevato, “il processo di delegificazione non è di per sé risolutivo, se non accompagnato dalla revisione delle norme regolamentari, rischiando altrimenti di determinare un appesantimento del complessivo quadro regolativo”)[15].

L’altro rappresentato dal subordinare l’efficacia abrogatrice della legge a un evento “normativo” quale l’approvazione (e non l’entrata vigore) di una fonte secondaria.

6. Considerazioni conclusive

Nel complesso, dunque, e come questi esempi consentono di rilevare, il percorso verso la semplificazione normativa resta ancora accidentato.

Le difficoltà che la semplificazione incontra dovrebbero suggerire che l’obiettivo “politico” del miglioramento della regolazione (sia esso inteso come minor numero delle regole, come maggiore intellegibilità delle norme o come snellimento procedimentale) merita di essere affiancato da un impiego rigoroso delle tecniche e degli strumenti di drafting e di “manutenzione del libro delle leggi”[16]: l’abrogazione, per esempio, dovrebbe opportunamente essere utilizzata nella sua versione c.d. “espressa” e avendo cura di individuare puntualmente le disposizioni abrogate, abbandonando la prassi di ricorrere a clausole generiche ed ellittiche di “persistente abrogazione”, così come astenendosi dal disciplinare l’ultrattività di norme secondarie (e persino di provvedimenti amministrativi) pacificamente efficaci laddove adottati sotto la vigenza di norme abrogate.

Per altro verso, l’accorpamento di disposizioni normative dovrebbe tenere in particolare considerazione l’esigenza di garantire la coerenza del sistema delle fonti, evitando reduplicazioni di – e contraddizioni fra – norme e cercando di perseguire un obiettivo di costanza terminologica, così da ridurre espressioni ambigue o polisemiche.

La semplificazione orientata allo snellimento procedimentale, infine, dovrebbe considerare l’opportunità di adottare schemi regolatori uniformi (meglio se ispirati alla legge generale sul procedimento amministrativo), anche in questo caso con l’intento di addivenire a una sorta di “costanza dogmatica” grazie alla quale concetti e istituti giuridici, definiti stipulativamente dal legislatore, possano assumere, acquisire e conservare sempre il medesimo significato, e risultare perciò dotati di una permanente portata precettiva, limitando quanto più possibile l’ingresso di neologismi e di inserzioni procedimentali che si discostano da un modello generale di azione amministrativa.

  1. Professore associato di Istituzioni di Diritto Pubblico nell’Università del Piemonte Orientale.
  2. L. Geninatti Satè, Il nuovo corso della legislazione regionale: semplificazione, riordino e “taglia-leggi”, in questa Rivista, n. 3/2019.
  3. A. Pajno, La cabala delle leggi, in Rass. parl., 2009.
  4. P. Carnevale, Le politiche sulla legislazione: codificazione e semplificazione, in AA.VV., La funzione legislativa, oggi, Napoli, Jovene, 2007, pp. 55 ss.; N. Lupo, Dalla legge al regolamento. Lo sviluppo della potestà normativa del Governo nella disciplina delle pubbliche amministrazioni, Bologna, il Mulino, 2003, pp. 147 ss.; Id., Dal regolamento alla legge: semplificazione e delegificazione: uno strumento ancora utile?, in Dir. soc., 2006, p. 399; A. Natalini, Le semplificazioni amministrative, Bologna, il Mulino, 2002.
  5. A. Lucarelli, Il diritto pubblico tra crisi e ricostruzione, Atti del Convegno di Napoli, 12 aprile 2008, Napoli, Jovene, 2009.
  6. V., p.e., Cons. Stato, sez. Consultiva per gli Atti Normativi, parere 21 maggio 2007, n. 2024.
  7. Su cui sia consentito rinviare a L. Geninatti Satè, voce Deregolamentazione, in Enc. Dir., 2009.
  8. Cfr. S. Amorosino, Regolamentazione e deregolamentazione, in Enc. scienze soc., vol. VII, Roma, 1996, pp. 323 ss..
  9. Cfr. G. Demuro, Delegificazione come strumento di semplificazione: una difficile coesistenza, in U. De Siervo (a cura di), Osservatorio sulle fonti – 1999, Torino, Giappichelli, 2000.
  10. Questi temi sono già stati affrontati, anche più estesamente, in L. Geninatti Satè, Destrutturazione del concetto di “semplificazione” e usi impropri dell’abrogazione espressa, in Dir. Pubb., 2009.
  11. M.P. Chiti, Semplificazione delle regole e semplificazione dei procedimenti: alleati o avversari?, in Studi parl. pol. cost., 2005, pp. 27 ss
  12. V. L. Geninatti Satè, Destrutturazione del concetto di “semplificazione” e usi impropri dell’abrogazione espressa, cit..
  13. Ibidem.
  14. Così la dottrina maggioritaria: C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, IX ed., 1976., p. 959; F. Modugno, voce Abrogazione, in Enc. Giur., 1988; difforme S. Pugliatti, voce Abrogazione, in Enc. Dir., 1958, p. 146, secondo cui “le norme costituenti i così detti regolamenti esecutivi cessano di essere efficaci, tosto che siano abrogate le norme legislative delle quali disciplinano l’esecuzione”.
  15. Corte conti, sez. Riunite in sede di Controllo, Indagine conoscitiva sulla semplificazione normativa ed amministrativa, Audizione del Presidente della Corte dei Conti, 29 ottobre 2008. In dottrina, v. A. Ruggeri, Fluidità dei rap- porti tra le fonti e duttilità degli schemi d’inquadramento sistematico (a proposito della delegificazione), in Dir. pubbl., 2000, p. 371; G. Tarli Barbieri, Atti regolamentari ed atti pararegolamentari nel più recente periodo, in U. De Siervo (a cura di), Osservatorio sulle fonti, Torino, Giappichelli, 1999, p. 244; F. Patroni Griffi, La delegificazione in Italia, in Cons. Stato, 1998.
  16. Cfr., p.e., M. Dogliani (a cura di), Il libro delle leggi strapazzato e la sua manutenzione, Torino, 2012.