Sistema elettorale, regime delle incompatibilità e funzioni degli organi nelle nuove Province
Giovanni Boggero1
Sommario: 1. L’esperienza del nuovo sistema elettorale provinciale in Piemonte. 2. La “nuova” disciplina delle incompatibilità. 3. Le funzioni dei nuovi organi delle Province. 4. Cenni bibliografici.
1. L’esperienza del nuovo sistema elettorale provinciale in Piemonte.
Il nuovo sistema di elezione degli organi di governo delle Province, con il quale si è votato il 12 ottobre 2014 anche in sei Province piemontesi, stabilisce che i consiglieri provinciali siano eletti dai consiglieri comunali e dai Sindaci tra i consiglieri comunali, i sindaci dei Comuni della Provincia e, in sede di prima applicazione, anche tra i consiglieri provinciali uscenti. Il Presidente della Provincia è, invece, eletto da consiglieri comunali e Sindaci tra i Sindaci dei Comuni della Provincia che non sono in scadenza nei successivi diciotto mesi e, in sede di prima applicazione, tra i consiglieri provinciali uscenti (art. 1, co. l. n. 56/2014).
Molto si è già detto sull’elezione a suffragio ristretto e indiretto, anziché a suffragio universale e diretto degli organi di governo e sulla sua compatibilità con la Costituzione vigente, oltreché con le fonti sovranazionali. Ammesso che l’elezione indiretta sia di per sé appropriata per un ente chiamato all’esercizio unitario di funzioni asseritamente non di derivazione comunale, ma di cd. “area vasta”, vale la pena interrogarsi sulla democraticità del nuovo sistema elettorale, alla luce dell’esperienza elettorale piemontese di ottobre, applicando il metodo comparatistico. In particolare, al fine di garantire la sussistenza del presupposto di omogeneità tra le istituzioni da comparare (G. De Vergottini, 2004), si prenderà in considerazione il sistema elettorale di un ente realmente a derivazione comunale qual è la diputacion provincial spagnola. La tesi qui prospettata è che il nuovo sistema elettorale per le Province italiane, probabilmente già non appropriato in ragione del tipo di funzioni attribuite dalla legge alla Provincia (F. Merloni, 2014), non garantisca nemmeno quegli standard minimi di democraticità richiesti dalla Costituzione (M. Massa, 2013), oltreché dagli strumenti di diritto soft del Consiglio d’Europa, per un’elezione di tipo indiretto e che, invece, sono garantiti nel sistema spagnolo.
La legge Delrio procede innanzitutto a ridurre i componenti dei consigli provinciali da trentasei, trenta e ventiquattro membri, come previsto dal T.U.E.L., a sedici, dodici (Cuneo, Novara, Alessandria) o dieci (Asti, Verbania, Biella) componenti. A differenza del D.L. n. 201/2011 che indicava indifferentemente in un massimo di dieci il numero di componenti per ogni consiglio provinciale, la legge Delrio ha recuperato se non altro il criterio della misura proporzionale alla popolazione provinciale. Il consiglio provinciale di Vercelli rimane, invece, in carica sino alla scadenza, dato che l’abbreviazione del mandato attraverso una cd. legge-provvedimento sarebbe probabilmente incorsa in declaratoria di incostituzionalità (cfr. al proposito Corte costituzionale, sentenza n. 48/2003). Anche nel caso spagnolo, i consigli (Pleni) sono composti da un numero diverso di membri a seconda della popolazione provinciale, ossia venticinque, ventisette, trentuno o cinquantuno, senza che la differenza con gli assai più esigui numeri italiani si possa giustificare sulla base di popolazioni provinciali più cospicue. La modifica operata dalla legge Delrio con riferimento al numero dei componenti degli organi di governo pare quindi più che altro motivata da esigenze di revisione della spesa corrente degli enti locali (cfr. M. Gorlani, 2014).
Ciò detto, occorre sottolineare che il sistema elettorale per il consiglio provinciale, pensato inizialmente dalla Delrio come un proporzionale con voto di preferenza per un solo candidato consigliere, è stato modificato dal D.L. n. 90/2014 e trasformato in un voto di lista con eventuale preferenza, rendendo così necessaria l’adozione di nuove linee guida da parte del Ministero dell’Interno. Le liste non sono formalmente collegate ad un candidato Presidente, che viene eletto sulla base di un voto indipendente e separato da quello per il consiglio. Ciascun voto per il consiglio, di lista e di preferenza, è invece ponderato sulla base di una delle tre fasce demografiche del comune di appartenenza del consigliere o del sindaco. Un singolo Comune non può comunque superare il 45% dei voti complessivi disponibili e nessuna fascia demografica può superare il 35% dei voti complessivi disponibili. In caso di parità di voti, vince il candidato del sesso meno rappresentato oppure il più giovane. Per quanto riguarda i requisiti richiesti per l’esercizio dell’elettorato passivo, la legge richiede la sottoscrizione delle liste elettorali da parte del 5% degli elettori per il consiglio e del 15% per il Presidente.
In generale, il sistema elettorale presta il fianco alle seguenti critiche:
a) L’assenza di circoscrizioni o collegi e l’imposizione di un unico collegio provinciale sveltisce senz’altro le procedure e riduce i problemi di segretezza del voto ma, se non circondato da correttivi adeguati, non consente un’adeguata rappresentanza a tutti i territori della Provincia (cfr. M. Gorlani e S. Bellotta, 2014);
b) L’unico requisito per la presentazione delle liste è la loro sottoscrizione da parte del 5% degli aventi diritto, senza alcun obbligo di presentare candidati provenienti da comuni diversi, mentre il correttivo introdotto dall’allegato alla legge per la ponderazione dei voti non è uno strumento efficace per garantire rappresentanza territoriale, ma per ridurre differenze eccessive nella rappresentanza di Comuni appartenenti a fasce demografiche diverse. Solo a Cuneo ed Alessandria, ma non sufficientemente a Biella e solo parzialmente ad Asti, Novara e VCO è stata assicurata una “differenziazione territoriale” dei componenti le liste;
c) L’assenza di un quorum di validità sul modello di quanto previsto per le elezioni comunali dal D.P.R. n. 570/1960, il passaggio da un voto di preferenza per i consiglieri ad un voto di lista con il D.L. n. 90/2014, la presenza in una lista di un numero di candidati pari al numero di quelli eleggibili ha favorito alleanze tra i principali partiti di governo e la presentazione di “liste uniche” tra centro-destra e centro-sinistra (Asti, Cuneo e si può aggiungere la Città metropolitana di Torino);
d) La sottoscrizione del 15% degli aventi diritto al voto per la presentazione della candidatura a Presidente della Provincia ha limitato grandemente l’esercizio del voto passivo (cfr. M. Gorlani e S. Bellotta, 2014), rendendo più facile la presentazione delle candidature dei Sindaci dei Comuni capoluogo (Asti, Alessandria, Cuneo) o comunque candidature uniche (VCO, Novara, Cuneo, Asti) facenti capo ai partiti di governo nei capoluoghi.
La conclusione che si può trarre da queste osservazioni è che laddove è stata presentata una lista unica di centro-destra e centro-sinistra il Presidente è il Sindaco del Comune capoluogo e la sua è anche una candidatura unica. Nessuna garanzia per le minoranze territoriali e politiche è stata prevista dalla legge, ma anzi sono state deliberatamente favorite le alleanze trasversali tra i partiti più grandi, lasciando soltanto al buon senso dei presentatori delle liste di garantire una sufficiente diversificazione territoriale. Il collegio unico, il passaggio dal voto di preferenza al voto di lista bloccata, la possibilità di presentare liste uniche senza quorum di validità e la soglia molta elevata per la sottoscrizione della candidatura del candidato Presidente hanno favorito una rappresentanza parcellizzata dei territori. Ad uscirne vincitori sono i partiti di governo (gli incumbent) e gli amministratori locali dei capoluoghi. Il paradosso è quindi che è più democratica la tanto bistrattata elezione dei consigli delle unioni di comuni rispetto all’elezione del consiglio provinciale, ossia dell’organo di indirizzo e controllo di un ente costituzionalmente necessario come la Provincia.
In Spagna, invece, l’elezione dei consiglieri provinciali è strettamente connessa all’esito delle elezioni comunali. Gli artt. 204-206 della Ley Organica n. 5/1985 stabiliscono, infatti, che i componenti dei Pleni delle diputaciónes siano espressi attraverso l’attribuzione ai partiti o alle liste candidatisi per le elezioni dei consigli comunali che abbiano ottenuto almeno un consigliere comunale all’interno di ciascuna circoscrizione elettorale del diritto di eleggere, tra i componenti delle proprie liste, un numero di “deputati” provinciali proporzionale al risultato ottenuto nella competizione elettorale medesima. In particolare, una volta realizzata la distribuzione dei seggi sulla base del metodo proporzionale tra i deputati da eleggere, entro cinque giorni, la Giunta elettorale convoca i consiglieri dei partiti che abbiano ottenuto seggi, affinché siano separatamente eletti i deputati provinciali tra liste di candidati formate dai medesimi consiglieri e sottoscritte da un terzo di questi. Sono altresì eletti tre deputati supplenti. Ogni circoscrizione dovrà avere almeno un membro (consigliere comunale) rappresentato nel Pleno e in nessuna delle circoscrizioni di cui è formata la diputación dovranno essere concentrati più dei tre quinti degli eletti. Il sistema elettorale salda insieme il risultato delle elezioni comunali a quello delle elezioni provinciali, garantendo allo stesso tempo una migliore rappresentanza a tutti i diversi territori della provincia e in parte anche alle minoranze politiche. In questo modo si evita il problema della ponderazione, non si scimmiottano le elezioni democratiche di un ente territoriale per una carica che è a titolo gratuito e i cui posti disponibili molto limitati, ma allo stesso tempo si garantisce un’adeguata rappresentanza territoriale, raggiungendo lo scopo di rendere le Province rappresentative dei Comuni.
2. Un nuovo regime delle incompatibilità?
La legge Delrio si limita a stabilire che le due cariche di consigliere provinciale e comunale o sindaco non sono disgiungibili. Quindi, una volta cessati dalla carica di consigliere comunale o di sindaco, si decade automaticamente dalla carica di consigliere provinciale. La ratio è evidente ed è di garantire che le Province siano enti di derivazione comunale, rappresentative delle comunità municipali. Se questo sia o meno sensato alla luce del tipo di funzioni svolte dalla Provincia è una questione che eccede i limiti di questo intervento. Nondimeno, si può forse sottolineare che, una volta riconosciuto che gli organi provinciali sono chiamati a svolgere funzioni non di derivazione comunale, ma che anzi presuppongono una certa indipendenza dal Comune di provenienza, bisognerebbe stabilire un nuovo regime delle incompatibilità, con mandati separati e svincolati da quelli originari (cfr. F. Merloni, 2014). A questo punto, però, un sistema così strutturato sarebbe difficilmente compatibile con il principio della gratuità degli incarichi affermato dalla Delrio.
Ammesso e non concesso, quindi, che la non disgiungibilità delle due cariche sia una scelta corretta, occorre interrogarsi sulla nuova disciplina delle incompatibilità, solo marginalmente modificata dalla legge Delrio. Accanto alla già prevista ipotesi di ineleggibilità per consiglieri e presidenti di altre Province (art. 61 T.U.E.L.) e alla nuova incompatibilità della carica di presidente o consigliere provinciale con la carica di consigliere regionale (art. 65 T.U.E.L.), l’attenzione si è concentrata sull’art. 63, co. 1, n. 2 T.U.E.L.., che del tutto di proposito non è stato modificato dalla Delrio, dal momento che mantiene la sua funzione di prevenzione di conflitti di interesse anche nel nuovo quadro legislativo. Infatti, per la “nuova” Provincia non si pone alcun problema di successione tra enti, visto che l’istituzione provinciale non è abolita, ma esiste piena continuità delle situazioni giuridiche che possono determinare l’incompatibilità (cfr. F. Pinto, 2012). Così ha mostrato di ragionare anche il Ministero per gli Affari regionali e le autonomie, ricordando che il T.U.E.L. si applicherà per quanto compatibile con la Delrio e con lo statuto, una volta adottato. Anche in giurisprudenza incominciano a contarsi le prime adesioni a questa tesi. Con sentenza 8 marzo 2015, il Tribunale di Asti, nel dichiarare decaduto il Presidente della Provincia di Asti in quanto incompatibile con la carica di consigliere di amministrazione della Cassa di Risparmio di Asti, ha inequivocamente affermato che “la legge Delrio non ha espressamente abrogato il TUEL… l’effetto abrogativo è ravvisabile solo limitatamente alle disposizioni ivi contenute che siano implicitamente (ma comunque chiaramente) incompatibili con le nuove previsioni della legge 56/2014”. In particolare, tale effetto non è ravvisabile con riguardo alle cause di decadenza e incompatibilità di cui agli artt. 61 e sgg. TUEL.
Per quanto riguarda le incompatibilità del vicepresidente e dei consiglieri delegati, ad essi sembra potersi applicare la disciplina del T.U.E.L. che si applicava alla giunta ormai soppressa, nella misura in cui si ammetta che i consiglieri delegati esercitano funzioni esecutive e di amministrazione attiva. L’applicazione analogica può tuttavia porre problemi di costituzionalità con riguardo all’art. 51 Cost., visto che le cause di ineleggibilità e incompatibilità sono da considerare tassative, ed è per questo consigliabile che il legislatore integri quanto prima la disciplina delle incompatibilità. Nell’attesa, non sarebbe inutile se gli statuti provinciali operassero le dovute precisazioni. In particolare ai consiglieri delegati dovrebbe applicarsi la norma dell’art. 64, co. 4 T.U.E.L., nella parte in cui al Presidente è fatto divieto di conferire deleghe al coniuge, agli ascendenti, ai discendenti, ai parenti e affini entro il terzo grado. Risultano tacitamente abrogate, invece, le disposizioni di cui all’art. 64, co. 1-3 T.U.E.L. Allo stesso modo, si dovrebbe applicare ai consiglieri delegati il dovere di astensione di cui all’art. 78, co. 3 T.U.E.L., secondo il quale, se competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato. Infine, per quanto riguarda l’art. 236 T.U.E.L., la carica di revisore contabile dell’ente non può essere ricoperta non solo dal coniuge, dai parenti o affini entro il quarto grado del Presidente, ma oggi anche dai consiglieri delegati, nella misura in cui essi esercitino davvero funzioni di amministrazione attiva.
3. Le funzioni dei nuovi organi provinciali.
La nuova Provincia è dotata ex lege di tre nuovi organi di governo: Consiglio provinciale, Assemblea dei Sindaci e Presidente della Provincia. Sulla base del comma 55 della legge Delrio, il Presidente della Provincia assume tanto la funzione di convocare e presiedere il Consiglio e l’Assemblea, quanto la funzione di sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti, funzione storica del Presidente. Il Consiglio rimane organo di indirizzo e controllo, propone all’Assemblea lo statuto, approva tutti i regolamenti, piani e programmi e ogni altro atto sottoposto ad esso dal Presidente. L’Assemblea adotta e respinge lo statuto e ha poteri propositivi, consultivi e di controllo da specificare nello statuto. I voti dei Sindaci in Assemblea non sono ponderati, il che pare doversi valutare come contrappeso rispetto ad un sistema elettorale per il Consiglio che non riserva alcun tipo di garanzia territoriale (v. supra 1). Sulla base del comma 66, il Presidente può poi stabilire la delega di funzioni ad un vicepresidente individuato tra i consiglieri, dandone comunicazione al consiglio. Il vicepresidente sostituirà il Presidente in caso di impedimento. Ai consiglieri possono anche essere assegnate deleghe, sulla cui natura occorre riflettere. Presidente e Consiglio non sono legati da un rapporto di fiducia, visto che le due cariche sono elette in maniera indipendente ed in tempi diversi, ogni due anni il Consiglio e ogni quattro il Presidente. Il Presidente non ha quindi una propria maggioranza in Consiglio, dalla quale riceve una fiducia o dalla quale poter essere sfiduciato. Il modello che sembra aver abbozzato il legislatore è quello presidenzialista in uso nei piccoli Comuni sotto i 1000 abitanti (D.L. n. 138/2011), nei quali vi è confusione tra funzioni di indirizzo e controllo e funzioni esecutive.
Le domande a cui rispondere a questo punto sono:
a) Il Presidente della Provincia e parte del Consiglio possono ricostituire la Giunta?
b) La figura del Presidente del Consiglio provinciale può essere reintrodotta per via statutaria?
c) Lo statuto potrà prevedere la costituzione di commissioni consiliari?
d) Qual è l’organo a competenza residuale, ora che la Giunta è stata soppressa?
Prima di rispondere, occorre premettere che alla potestà statutaria, ancorché accresciuta, non è comunque concesso derogare al numero e al tipo di organi di governo definiti come tassativi dalla legge dello Stato. Tale principio è ribadito anche nella nota interpretativa del Ministero degli Affari regionali e per le autonomie del 23 ottobre 2014. Gli organi capaci di assumere atti amministrativi a rilevanza esterna rimangono i tre prima esaminati, ossia il Presidente, il Consiglio o l’Assemblea. Sulla base di norme statutarie, il Presidente della Provincia non potrebbe cioè surrettiziamente ricostituire la Giunta insieme con alcuni o con tutti i consiglieri (a).Tuttavia, il riferimento del comma 66 all’esercizio delle deleghe nel rispetto del principio di collegialità richiama l’art. 48 T.U.E.L. sulle deliberazioni della giunta e conseguentemente postula la necessità di deliberazioni congiunte di Presidente e Consiglio nella sua interezza o, quantomeno, di Presidente e consigliere delegato. Non sembra invece possibile che le deliberazioni in ordine a funzioni delegate possano essere adottate o soltanto dal Presidente o dal Presidente con una parte dei consiglieri, costituenti una riedizione della giunta e neanche dagli stessi consiglieri delegati i quali, in quanto non previsti dalla legge come organi monocratici, non possono assumere provvedimenti in proprio, ma al massimo adottare direttive rivolte agli uffici posti sotto la loro diretta supervisione o atti di impulso per l’attivazione delle procedure di deliberazione del Presidente o del Consiglio. Viceversa, si può dire che, sulla base del comma 66, il Vicepresidente sia investito di funzioni di amministrazione attiva stabilite e delegate dal Presidente, sul quale incombe un obbligo di comunicazione al Consiglio. Tale obbligo si spiega proprio sulla base della circostanza che, con l’attribuzione delle deleghe, si verifica una confusione tra indirizzo e controllo ed esecuzione. Tale confusione è quindi limitata alla carica di Vicepresidente.
Meno problematica è la questione (b) del Presidente del Consiglio e delle Commissioni consiliari. Per quanto riguarda il primo, pur non potendo adottare atti a rilevanza esterna, la sua ricostituzione su base statutaria, a meno di non configurarla come una delega, avverrebbe contra legem, dal momento che tale funzione pare esclusivamente posta in capo al Presidente della Provincia. Per quanto riguarda le commissioni consiliari, invece, (c) per espressa ammissione del Ministero, sono articolazioni interne del Consiglio e possono essere ricostituite laddove si renda davvero necessario. Eventualmente, le commissioni di controllo e garanzia o le commissioni di indagine potrebbero essere assunte dall’Assemblea dei Sindaci.
Più complessa è la domanda (d) in ordine all’organo titolare di competenza residuale. Allo stato attuale, sulla base della legge Delrio, solo l’Assemblea dei Sindaci non pare poter essere qualificata come organo a competenza residuale, visto che i poteri ad essa attribuiti potranno soltanto essere specificati, ma non ampliati dallo statuto, mentre tale competenza residuale sembra poter toccare in sorte tanto al Presidente, quanto al Consiglio. Infatti, il comma 55 stabilisce che altre funzioni possano essere attribuite dallo statuto sia al presidente, sia al consiglio, mentre all’assemblea restino soltanto i poteri propositivi, consultivi e di controllo, come delineati dallo statuto. E’ quindi lo statuto lo strumento attraverso il quale le province potranno differenziare la disciplina dei rapporti interorganici, stabilendo l’una eventualmente in maniera diversa dall’altra quali dei compiti un tempo assegnati alla giunta siano d’ora in poi di competenza del Presidente oppure del Consiglio. La legge esalta quindi l’autonomia statutaria delle Province e in particolare il loro potere di auto-organizzazione garantito anche all’art. 114, co. 2 Cost. Allo stato attuale, sulla base delle bozze di statuto preparate dall’UPP, pare che la competenza residuale un tempo riservata alla giunta sarà comunque generalmente posta in capo al Presidente.
Insediati i nuovi organi, ma nelle more dell’adozione dei nuovi statuti (il termine finale è previsto al 31 dicembre 2014, ma il potere sostitutivo dello Stato scatta a partire dal 30 giugno 2015), occorre tuttavia comprendere fin d’ora se: aa) il Presidente possa attribuire deleghe prima dell’adozione dei nuovi statuti e possano essere formate commissioni consiliari; bb) se le funzioni un tempo delle Giunte spettino provvisoriamente al Consiglio o al Presidente.
Per quanto riguarda la prima sub aa), diversamente da quanto sostenuto dal Ministero, non sembra potersi considerare contra legem l’assegnazione di deleghe ai consiglieri da parte del Presidente della Provincia di Asti o di Verbania, dal momento che il comma 66 si riferisce genericamente alle modalità e ai limiti previsti dallo statuto, senza specificare se si tratti dello statuto vigente o quello da adottare. E’ la stessa nota del Ministero a riconoscere che, nelle more, dovranno essere applicati gli statuti della Provincia ante reformam, in virtù del principio di continuità amministrativa. Quindi, il Presidente, sulla base delle modalità previste dallo statuto vigente, può anche riallocare al Vicepresidente e ai consiglieri quelle deleghe un tempo poste in capo agli assessori. Anche la formazione delle commissioni può seguire le modalità dello statuto vigente, ammesso che, stante l’esiguità dei consiglieri, essa si renda davvero necessaria.
Più complessa la seconda questione bb), ossia come vadano interpretate le varie disposizioni del T.U.E.L. o degli statuti vigenti che individuavano nella giunta provinciale il destinatario di uno specifico potere. A questo proposito, occorre proporre un’analisi caso per caso, fondata sulla attribuzione delle competenze operata dal comma 55 ovvero tenendo conto che le norme del Testo Unico si applicano in quanto compatibili con la nuova legge. Ad esempio, per quanto riguarda la rimozione del segretario provinciale che, sulla base dell’art. 100 T.U.E.L. doveva avvenire con provvedimento motivato del Presidente previa deliberazione della giunta, si potrebbe considerare che la deliberazione della giunta non sia più necessaria oppure, nel rispetto del principio di collegialità, si può ipotizzare una previa deliberazione del consiglio, nella misura in cui i consiglieri siano anche consiglieri delegati. Per quanto riguarda la nomina e la revoca del direttore generale, qualora esistente, (Art. 108 T.U.E.L.), sembra che la deliberazione di un organo diverso dalla giunta non sia più necessaria, visto che la durata dell’incarico direttore non può eccedere quella del presidente della Provincia ed esso è quindi una carica caratterizzata da uno stretto rapporto fiduciario con il Presidente. Per quanto riguarda il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi (art. 48, co. 3 T.U.E.L.), trattandosi di un regolamento, sembrerebbe più appropriato riconoscere il potere di approvazione al Consiglio, il quale in base al comma 55 della legge Delrio è chiamato ad approvare ogni genere di regolamento. Nel caso dell’art. 191 T.U.E.L., riguardante i lavori di somma urgenza, deliberazioni in ordine ai quali si sono già avute da parte del Consiglio provinciale di Alessandria, non sarà più la Giunta a sottoporre al Consiglio il provvedimento di riconoscimento della spesa, ma il Presidente o, in alternativa, il consigliere delegato ai lavori pubblici. Laddove il T.U.E.L. parla di organo esecutivo (artt. 159-169-170-175-176-177 T.U.E.L.), non può ora che intendersi il Presidente. Stessa cosa può dirsi per il trattamento economico accessorio al personale che poteva essere sostituito con un unico emolumento con provvedimento motivato della giunta (art. 90, co. 3 T.U.E.L.) e che oggi potrà essere sostituito con decreto del Presidente.
Dubbi esistono anche su tutti quei poteri del Presidente stabiliti dal T.U.E.L., non più previsti dalla legge Delrio e sui quali toccherà allo statuto intervenire, tra i quali potere di nomina dei responsabili degli uffici e dei servizi, di attribuzione e definizione degli incarichi dirigenziali e di quelli di collaborazione esterna, oltreché di nomina, revoca e designazione dei rappresentanti dell’Ente presso enti, aziende, istituzioni. Ad oggi, continuano ad applicarsi le disposizioni degli statuti vigenti. E’ possibile però che il richiamo alla collegialità del comma 66 possa imporre un ripensamento in sede di adozione dei nuovi statuti. In particolare, stanti i possibili conflitti di interesse dei Presidenti-Sindaci che siedono in consigli di amministrazione di società partecipate (v. supra par. 2), pare più appropriato che il potere di nomina, revoca e desginazione dei rappresentanti della Provincia presso enti, aziende ed istituzioni spetti al Consiglio e non al Presidente.
4. Cenni bibliografici.
M. Gorlani, La “nuova” Provincia: l’avvio di una rivoluzione nell’assetto territoriale italiano, in: www.forumcostituzionale.it, 2014.
F. Merloni, Sul destino delle funzioni di area vasta nella prospettiva di una riforma costituzionale del Titolo V, in: Istituzioni del Federalismo n. 2/2014.
M. Massa, L’esercizio associato delle funzioni e dei servizi comunali. Profili costituzionali, in: Amministrare 2/2013.
S. Bellotta, Il sistema elettorale nelle nuove Province, enti di secondo livello. Prime riflessioni sul disegno di legge in materia, in: www.federalismi.it, n.14/2012.
F. Pinto, Diritto degli Enti Locali, Torino, 2012.
G. De Vergottini, Diritto costituzionale comparato, Padova, 2004.
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